Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: harryholdme    31/07/2013    11 recensioni
Ti amo Harry ed è per questo che ti devo lasciare. Forse farò di nuovo una scelta che ti farà soffrire, ma questa è la scelta più giusta di tutta la mia vita.
Ti ringrazio di aver fatto luce nel mio cuore per un tempo così lungo, tu sei stato la mia salvezza, ma ora devo andare. Scusa Harry, ancora, ti amo.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a Tutti!:D
Allora, sono ancora io con una OS (le OS sono la soluzione ad ogni vostro problema ouo)
Personalmente, per una volta, a me piace, spero solo che piaccia anche a voi! Gradirei davvero tanto vedere una vostra recensioncina çwç PLEASE!:D
Scusate se ho fatto morire Louis, poverino muore sempre lui nelle ff lol, ma non riesco proprio a scrivere qualcosa di non drammatico lol
Bene, ora vi lascio leggere e aspetto i vostri pareri!
Un besooooo! <3







I'll wait for you.

Estrassi i libri scolastici dalla borsa a tracolla, con una fantasia a quadri sulle sfumature del beige, e, dopo aver aperto l’armadietto, glieli infilai dentro, stando attento a metterli in modo ordinato.
Presi il materiale che mi sarebbe servito l’ora successiva senza dover sprecare molto tempo a cercare visto che i libri erano perfettamente disposti per categoria e poi chiusi lo sportello.

Avevo gli occhiali un po’ sporchi, così li sfilai da dietro le orecchie e con l’alito feci appannare le lenti, per poi prendere un lembo della mia camicia bianca e strofinarle con il tessuto. Li portai alla luce, socchiusi gli occhi per vedere se erano effettivamente puliti e, soddisfatto del mio lavoro, li rimisi sul viso.

“Ehi Marcel”, una voce acuta mi fece rabbrividire.

Non mi chiamo Marcel, mi chiamo Harry, Harry Styles, ma Louis Tomlinson mi aveva trovato un soprannome da sfigato per ricordarmi ogni santa volta che lo ero. Capelli leccati, occhiali da vista, camicetta bianca, gilet, pantaloni con il taglio dritto, ottimi voti a scuola, sempre gentile, con pochi amici. Ma di sicuro la cosa che più pesava era il fatto che fossi gay e tutti ormai lo sapevano.

Chiusi gli occhi, strinsi i pugni e presi un profondo respiro per farmi coraggio. A quel punto mi girai.
Da dietro Louis solo risatine, risatine così fastidiose.
Ridevano. Di me.
“...sfigato”, sussurrò Louis Tomlinson. L’aveva detto, ancora una volta mi aveva chiamato così, come se il nomignolo che mi aveva affibbiato non bastasse.
Credevo che almeno una volta mi avrebbe lasciato stare, invece no. Non mi avrebbe mai lasciato stare ma, nonostante questo, io continuavo a sperare in un suo cambiamento.
Corsi nel bagno della scuola prima che potessero picchiarmi ancora una volta e altre lacrime scesero sulle mie guance.
Lui e i suoi amichetti non mi lasciavano in pace. Mai.
Ogni santissimo giorno era lì, pronto a distruggermi. Ma nonostante questo io lo amavo.
Louis Tomlinson era il punto debole di Harry, Marcel, Styles. Louis Tomlinson era il mio punto debole.

*****

Stavo camminando lungo i corridoi della scuola con i libri di filosofia stretti al petto, quando dietro di me sentii di nuovo quella voce: “Ehi Marcel”
Fu una reazione quasi automatica, mi ero ripromesso di non avere più paura, così risposi semplicemente: “Ehi Louis!”. Feci un finto sorriso mentre le mie mani iniziavano a sudare e il cuore a battere velocemente.
Comparve un sorriso beffardo sul viso del ragazzo all’apparenza angelico. Si girò e lanciò un’occhiata ai suoi amici che lo incoraggiarono ad avvicinarmisi.
“Ti stai prendendo gioco di me?”, chiese duro. Fece qualche passo in avanti fin quando i nostri visi non furono a qualche centimetro di distanza. Mise il braccio in orizzontale sopra il mio collo e premette, rendendomi così difficile la respirazione. In quel momento i libri caddero dalla mia presa e si sparsero a terra, lasciando che gli appunti scritti sui foglietti, messi all’interno dei vari quaderni, svolazzassero intorno a noi.
“Attento che potrebbe baciarti!”, disse Zayn ironico, ma neanche poi tanto, prima di scoppiare a ridere accompagnato anche dagli altri loro amici, Liam e Niall.
Le mie guance si colorarono di un rosa accesso. Perché si, nonostante tutto il male che mi faceva, avrei voluto baciarlo.
Sorrise e fissò i suoi occhi azzurri nei miei verdi.
Per un attimo abbassai lo sguardo non riuscendo a sostenere quello del ragazzo, ma subito mi afferrò il mento con una mano e me lo fece riportare al suo.
Si avvicinò ancora di più, ora le nostre labbra quasi si toccavano. Lo stava facendo apposta, mi stava torturando.
“Baciami”, sussurrò a malapena mentre spostava gli occhi sulle mie labbra.
Lo guardai perplesso senza pronunciare parola. Avevo i palmi delle mani appoggiati contro gli armadietti dietro la mia schiena, soprattutto perché Louis mi faceva pressione spingendomi all’indietro.
Scossi leggermente la testa cercando di non farmi prendere dall’agitazione. Avevo paura che, se avessi fatto quello che mi era stato ordinato, mi avrebbe picchiato più forte di tutte le altre volte.
La sua espressione diventò più dura, arrabbiata, e la sua mascella si tese. Per un secondo il pavimento diventò un soggetto più interessante di me, ma un attimo dopo tornò al mio viso.
Fece un sorriso, quasi dolce, e subito dopo mi tirò a sé e si avventò sulle mie morbide labbra.
Quel bacio durò un paio di secondi, ma bastarono per far passare il colorito della mia pelle dal rosso, al verde, al pallido e poi di nuovo al rosso.
Si staccò dalla mia bocca e urlò: “Ma che cazzo fai?!”, mi osservò con un’espressione disgustata stampata in viso.
Mi guardai intorno disperato, con un evidente espressione dubbiosa. Louis si accorse che la mia perplessità era troppo palese, così, per non far capire che era stato lui a baciarmi, decise di afferrarmi per il colletto.
“Come ti permetti?!”, mi alzò da terra e mi spinse, facendomi andare a sbattere contro gli armadietti.
“Non ho fatto nien…”, non feci in tempo a rispondere perché mi sferrò un pugno, che mi fece girare la testa di lato e uscire sangue dal naso. Rimasi un attimo in quella posizione, ma poi con il dorso della mano mi asciugai la goccia di sangue che mi stava scivolando verso la bocca.
Cercai di ricompormi, ma il ragazzo mi afferrò le spalle e mi buttò a terra.
Per l’ennesima volta venni picchiato sotto gli occhi di tutti. Louis venne di nuovo portato in presidenza, forse venne pure sospeso quella volta, ma ad essere sincero non mi importò molto. Mi aveva baciato, non ero stato io, non era stato costretto, era stato Louis di sua spontanea volontà. Louis William Tomlinson, il ragazzo che mi picchiava così frequentemente, mi aveva baciato.

*****

Passò una settimana dall’accaduto e non vidi il ragazzo in nessuno di quei giorni.

La campanella suonò e presi velocemente i miei libri dal banco dov’ero seduto e mi avviai verso l’uscita, mentre tutti gli altri miei compagni di classe scherzavano tra loro ritirando con molta calma le cose scolastiche nei propri zaini. Camminai con la testa bassa cercando di non farmi notare, fin quando non fui fuori dalla massa e girai in una stradina, una scorciatoia per arrivare più in fretta possibile a casa mia.
Avevo paura, ma non come al solito. Ero davvero terrorizzato da tutto. Nei giorni precedenti avevo sempre saputo che verso le 10:45, l’orario di inizio intervallo, sarebbero venuti a picchiarmi, come tutte le mattine d’altronde, ma in quei momenti, dopo quello che era successo, non sapevo cosa mi sarebbe potuto accadere, visto che non mi facevano più niente da appunto una settimana.
Assorto nei miei pensieri, non mi accorsi che qualcuno mi stava seguendo, finché non mi sbatté al muro.
La mia presa si sciolse e i libri che tenevo in braccio caddero a terra. Strinsi gli occhi e mi morsi il labbro, preparandomi a quello che pensavo sarebbe stato un pugno.
Sentii la sua stretta farsi più salda intorno ai miei polsi, ma quella fu l’unica cosa che mi fece di male, quella volta. Così, dopo alcuni secondi, decisi di aprire lentamente gli occhi.
Davanti a me trovai un ragazzo dai capelli castani tendenti al rosso, gli occhi azzurri con alcune sfumature di verde, che attirarono particolarmente la mia attenzione, le labbra fini, un cappello di lana borduex sulla testa, una canottiera bianca con un disegno nero sul davanti e un sacco di tatuaggi, alcuni che non avevo mai notato prima.
“Louis”, riuscii a pronunciare solamente il suo nome.
“Harry”, rispose lui mollandomi bruscamente, permettendomi così di ricompormi.
Fui sicuro di vedere per qualche istante le guance di Tomlinson diventare rosse, ma cercò di non farmelo notare più di tanto abbassando la testa.
“C-cosa c’è?”, chiesi titubante. Per la prima volta dopo tanto tempo ero stato io ad aver fatto una domanda.
“Niente”, disse semplicemente il più grande, per poi spostarsi di lato invitandomi a proseguire per la mia strada.
Presi del tempo per decidere cosa fare, poi feci la scelta che cambiò la mia vita: “Tu mi hai baciato. Perché l’hai fatto?”. Ero ancora attaccato al muro, ma questa volta non ero obbligato da qualcuno a rimanere lì, ci stavo semplicemente perché ero perplesso da quella strana situazione e stavo pensando a come agire.
Non si aspettava quella domanda, infatti corrugò le sopracciglia e mi guardò.
“Sei stato tu a baciarmi, non io, tu.”, continuai.
“Si e allora?!”, quasi sbraitò mettendomi una mano sulla spalla destra e spingendomi, facendomi sbattere nuovamente la schiena contro il muro.
Mi massaggiai la spalla dolorante e, alleviato il dolore, mi misi a fissarlo cercando di capire cosa stesse frullando nella sua testa in quel momento.
“Picchiami se vuoi, non mi interessa se hai 3 anni in più di me, ormai sono abituato a tutte le volte che mi prendi di mira, voglio solo sapere perché l’hai fatto”, abbassai il tono di voce man mano che parlavo e mi chinai a raccogliere i libri precedentemente caduti mentre aspettavo una risposta che non arrivò.
Sospirai, rimasi a guardare il cemento della strada per qualche istante, e poi mi alzai e mi diressi verso casa mia.
Quando fui ad una certa distanza dal ragazzo sentii urlare: “Perché ti amo!”
Rimasi immobile. Il mio cuore batteva fortissimo, le farfalle nello stomaco, un sorriso comparve quasi automaticamente sul mio viso mentre le fossette si facevano largo tra le mie guance.
La sua voce si fece più vicina, stava venendo verso di me: “Ti amo sfigato, ti amo Marcel, ti amo Styles, ti amo Edward, ti amo Harry.”
Ricevetti un colpo al cuore che mi tolse il respiro.
“Ti amo”, mi sussurrò, da dietro, all’orecchio.
Feci un passo all’indietro facendo scontrare la mia schiena al suo petto.
Il ragazzo che più odiavo, ma che nello stesso tempo più amavo, mi aveva appena detto ‘ti amo’.
“Sai qual è il problema?”, domandai dandogli ancora le spalle.
“Quale?”, mi prese una mano e delicatamente mi fece girare.
Sussurrai sulle sue labbra: “Che ti amo anche io”
Un sorriso comparve sul suo viso stupendo e i suoi occhi si illuminarono. Ancora un volta mi soffermai sulle sfumature verdi dei suoi occhi per la maggior parte azzurri. Forse questo ragionamento è stupido, ma credo che sia stato così tanto tempo a fissarmi senza mai parlarmi che i miei occhi, la parte verde, si sono impressi nei suoi azzurri.
Dentro di lui c’ero io e non me ne sarei più andato, come dentro di me c’era lui, un segno indelebile nel mio cuore. Ci amavamo talmente tanto da odiarci.
Forse era un amore malato, ma io so che era amore.
Si avventò per la seconda volta sulle mie labbra. Questa volta il bacio fu più lungo, più dolce, più romantico, più vero.
Mi staccai da lui e gli appoggiai le mani sui bicipiti.
“Louis… tu non sei gay”, dissi con poco tatto, con in mente ancora impressa l’immagine delle sue labbra contro le mie.
“Non sono gay, sono solo innamorato di te”, spiegò semplicemente, poi mi baciò di nuovo.

Quello fu il giorno in cui tutto ebbe inizio.

*****

Suonò la campanella, rimasi al mio banco aspettando una persona precisa, che entrò nella classe quasi subito.
Si guardò intorno e quando mi vide venne dritto verso di me.
Mise i libri che era andato a prendere nel mio armadietto sul banco e poi si appoggiò con le mani su di esso, per poi avvicinare il suo viso al mio.
Mimai un grazie con le labbra, in riferimento al fatto che mi avesse portato i libri dell’ora successiva, evitando così che mi alzassi, e lui sorrise di rimando.
“Ehi… ti va di divertirti?”, mi chiese fregandosene delle persone che ci stavano fissando.
La mie schiena aderì contro lo schienale della sedia visto che mi concessi qualche centimetro di distanza tra i nostri visi.
“Mi va di divertirmi insieme a te”, ammiccai.
Louis Tomlinson non era mai stato un tipo dolce, con nessuno. Era sempre stato cattivo, ma davvero cattivo, e sembrava che quando stava con me cambiasse. Come se io fossi una specie di calmante per lui. Il punto è che quando era con i suoi amici mi trattava esattamente come prima di confessarmi il suo amore. Come se non gliene fregasse niente di me. Ma io sapevo che infondo, mi amava quanto l’amavo io.
Rise, mostrando quei due canini marcati che tanto amavo di lui.
“Allora a dopo”, schiacciò l’occhiolino e uscì dalla classe. Rimasi a fissare il vuoto sorridendo come un ebete.
L’amavo. Amavo ogni cosa di lui, il modo in cui sapeva farmi arrossire, il modo in cui sapeva ascoltarmi, il modo in cui cercava di farmi sentire speciale ogni giorno, il modo in cui sapeva essere un attimo prima aggressivo e un attimo dopo la persona più dolce del mondo, il modo in cui la mattina mi picchiava e il pomeriggio stesso si presentava a casa mia per medicarmi le ferite che lui stesso mi aveva procurato.

*****

“Haz?”, mi chiamò, mentre stavo sdraiato sul divano con la testa sulle sue gambe e lui mi medicava le ultime ferite, quelle sul viso, che mi aveva inflitto quella mattina.
“Mm..?”, tenevo gli occhi chiusi lasciandomi trasportare dal tocco dolce del ragazzo sulle mie ferite.
Ormai stavamo insieme da quasi due mesi e non c’era stata mai cosa che mi avesse fatto sentire più vivo di quella. Sapevo che mi amava e lui sapeva che io l’amavo, tutto il resto non importava.
“Quando avremo un figlio, o una figlia non so, come vorresti chiamarlo, o chiamarla?”.
Mise del disinfettante sulla ferita che avevo sulla fronte vicino al sopracciglio.
Era incredibile come riuscisse a passare da un discorso all’altro.
“Ehm… non lo so, perché?”, fui preso alla sprovvista.
“Dobbiamo pensarci!”, mi alzò la testa, scivolò via dal divano e rimpiazzò le sue gambe con un cuscino che prese dalla poltrona del salotto di casa sua, il posto in cui ci trovavamo.
“Cosa stai facendo?”, lo guardai mentre si avvicinava alla radio e metteva dentro non so quale CD.
“Ci vuole atmosfera, una canzone che faccia riflettere!”, mi spiegò entusiasta gesticolando, mentre schiacciava il tasto ‘avanti’ cercando la canzone che voleva mettere.
Partì ‘le tagliatelle di nonna pina’ e io lo guardai perplesso: “Louis ma ch…”
“Oddio!”, si mise a ridere: “credo di aver sbagliato CD”, spiegò poi grattandosi la testa.
La mia risata seguì la sua: “Non è possibile!”, scossi la testa in segno di disperazione.
“Ma se vuoi possiamo pensare a suon di ‘sono le tagliatelle di nonna pina un poco di efficacia, effetto vitamina’!”, canticchiò mentre prendeva un altro disco.
Lo guardai perplesso: “Vorresti dire ‘sono le tagliatelle di nonna pina un pieno di energia, effetto vitamina’!’”, lo corressi.
“E beh si, quello che ho detto io insomma! Ecco, questa è perfetta”, disse premendo sul tasto play.
Ascoltai le prime note della canzone, per poi intuire subito di quale canzone si trattasse: “E’ ‘wait for you’ di Elliot Yamin”.
Era la mia canzone preferita, anche se non conoscevo per niente il cantante né avevo sentito altre sue canzoni, e o lo sapeva, o era destino che avesse scelto proprio quella.
“Si.”, rispose secco.
“Perché hai scelto proprio questa?”, chiesi infatti, mettendomi a sedere.
“Perché se tu te ne dovessi andare un giorno, devi sapere che io ti aspetterò per sempre e sempre.”, mi porse la mano e io senza pensarci due volte la strinsi e lui mi tirò a sé facendomi alzare dal divano.
“Stessa cosa vale per me”, dissi sincero.
Iniziammo a ballare sulle note di quella stupenda canzone e sembrava di stare in paradiso con il ragazzo che avevo sempre amato, talmente tanto al punto di odiarlo, lì così vicino a me.
“Scusa per oggi”, sussurrò appena.
Si riferiva al male che mi aveva fatto quella mattina, a come senza mostrare alcuna emozione mi aveva picchiato. A come l’aveva fatto davanti a tutti senza sembrare preoccuparsi di quanto mi stava facendo soffrire. Ma io lo sapevo, sapevo che lui mi amava e continuavo a ripetermi che era l’unica cosa importante. Non mi importava se stava sempre con i suoi amici a scuola, non mi importava se mi prendeva di mira ogni giorno, non mi importava se usciva con altre ragazze, non mi importava se negava il suo amore per me a tutti. O forse mi importava, ma l’amore che provavo per lui, e sapevo lui ricambiasse, era più forte di tutto.
“Tranquillo”, lo consolai. Appoggiai il viso nell’incavo del suo collo e lui fece pressione dietro la mia schiena avvicinandomi ancora di più a sé.
Sospirò: “No Harry, non sto tranquillo proprio per niente”, disse affranto.
“Ma Louis va beh, io so che mi ami”, lo rassicurai.
“Ma non dovresti pensare che ti amo se ogni giorno ti picchio! Faccio del male alla persona a cui tengo di più al mondo solo perché sono un codardo!”.
Mi fece fare una giravolta e quando tornammo faccia a faccia mi lasciò andare all’indietro facendomi fare un casquè. Si avvicinò e mi stampò un bacio sulla bocca.
“Louis non sei un codardo, hai solo paura”, mi tirò su. Tra di noi non c’era neanche un centimetro di distanza.
“Hai paura di questa società, so che lo fai solo perché non vuoi che ti succeda quello che è successo a me”, ci dondolammo sulle parole del ritornello.
“Ma…”, provò a protestare. Appoggiai la testa sulla sua spalla.
“Ma niente Lou, è tutto ok.”, gli accarezzai la schiena.
Passarono circa tre minuti, fino al termine della canzone.
“Comunque io se fosse femmina la chiamerei Sunshine”, si riferiva al discorso per il quale in teoria aveva messo quella canzone.
Sorrisi: “Perché proprio raggio di sole?”
Si staccò un po’ da me: “Perché tu sei la luce che è venuta a tirarmi fuori dall’ombra, sei la luce che illumina il mio mondo, sei la persona che illumina il mio cuore”
Mi misi a fissarlo. Non capivo come una persona come lui potesse essere così crudele a volte: “Tranquillo Lou, ti aiuterò io”, non c’entrava niente con la scelta del nome, ma lui capì subito a cosa mi riferissi. Credevo davvero nelle parole che avevo pronunciato.
La cosa che non sapevo era che non erano solo i suoi amici, se così si potevano chiamare, a preoccuparlo.

*****

“Ehi Louis, Louis guardami!”, mi sedetti davanti a lui.
Si stringeva le gambe al petto, mentre piangeva come non lo avevo mai visto fare. Anzi, non l’avevo mai visto piangere ad essere sincero.
“L’ha fatto di nuovo, capisci?!”, sbraitò, per poi prendere a singhiozzare.
“Chi ha fatto cosa?”, gli misi una mano sulle spalle e cercai di farlo calmare.
“Mio padre, mi ha picchiato ancora!”, mise le mani sugli occhi.
Ricevetti un colpo al cuore, non poteva essere così. Non doveva essere così.

*****

Entrai in casa di quello che ormai era il mio ragazzo da quattro mesi. La porta era aperta, così non dovetti neanche suonare il campanello.
“Lou! Sono io”, avvisai.
Nessuno rispose. Non ci diedi molto peso e andai verso la cucina, dove aprii il frigo e presi una bottiglia di birra.
La aprii e bevvi a canna. Dopo una camminata sotto i caldi raggi del sole al tramonto ero abbastanza assetato.
“Beh, grazie dell’accoglienza!”, mi lamentai scherzando visto che nessuno mi era ancora venuto a salutare.
Salii le scale e andai nella camera di Louis.
Vidi la fioca luce di una cendela illuminare la stanza insieme a quella del crepuscolo. Non ci feci molto caso, infondo sapevo che il mio fidanzato fosse un tipo dalle usanze strane.
Sul comodino da parte al letto si trovava una tazza con un cucchiaino all'interno, così mi girai verso di lui e gli domandai cortesemente:"Devo metterli a lavare questi due?", indicando i due oggetti. Lui neanche si degnò di guardarmi.
“Louis?”, cercai di attirare nuovamente la sua attenzione.
Il ragazzo era seduto con le gambe incrociate a terra, stava guardando qualcosa oltre alla finestra.
Non rispose ancora una volta e mi avvicinai a lui, per poi stendermici da parte.
“Credo che chi muore sia una stella”, mi disse con lo sguardo perso.
Osservai il cielo e constatai che quella sera gli astri fossero più luminosi del solito.
Annuii, per poi portare gli occhi sul pavimento. Louis teneva il braccio teso e da parte ad esso c'era una siringa.
Scossi la testa:"Lou ma...", non finii la frase. Riguardai la candela, il cucchiaino e la siringa. Candela, cucchiaino e siringa.
“Che cosa hai fatto?!”, chiesi alzandomi di colpo. Persi la presa sulla bottiglia di birra che cadde a terra e si ruppe in mille pezzi.
Lui girò la testa verso di me: “Cosa?”, chiese semplicemente.
“Perchè ci sono questi”, presi il cucchiaino e la candela:"e questa?!", raccolsi da terra la siringa:"Ti sei drogato?", quasi urlai. Indietreggiai sconvolto da quell'orribile pensiero, che poi scoprii essere la realtà.
“E’ un problema?”, domandò mentre ancora fissava le stelle all'esterno.
“No no, assolutamente! Il mio ragazzo si è drogato e non è un problema”, dissi retorico. Scossi la testa e presi il braccio di Louis, per poi tirarlo e farlo alzare.
“Senti, ora dormi”, dissi duro, mentre un misto di rabbia e tristezza si faceva largo nel mio cuore. Lo accompagnai fino al letto:"io faccio sparire questa roba. Tu però promettimi che non lo farai mai più"
“Grazie Haz”, mi sorrise mentre entrava sotto le lenzuola.
“Di cosa?”, chiesi duro. Sbuffai rimboccandogli le coperte.
Il ragazzo chiuse gli occhi e in poco si addormentò. Non ricevetti mai una risposta.

La cosa che non sapevo era che Louis Tomlinson non aveva solo quella volta fatto uso di quelle sostanze. Louis Tomlinson era un drogato.
La seconda volta che scoprii che si era fatto fu quando, dopo che mi aveva picchiato, lo ritrovai in bagno che stava sniffando. L’ultima volta invece fu il giorno prima che morisse.

*****

“Basta Louis! Basta!”, gridai portandolo via da quelle sostanze per la terza volta.
Si mise a ridere come un’ebete.
“Se non lo vuoi fare per te, fallo per me! Fallo per la persona che ami!”
“Ma io non ti amo”, disse con tono crudele. Quelle parole sembrarono così vere che mi lasciarono un buco in mezzo al cuore.
“Beh, io ti amo e non voglio che tu muoia a 25 anni per colpa di ‘sta roba!”, una lacrima mi rigò la guancia destra.
“Tanto cosa te ne frega a te?! A te non importa niente di nessuno, altrimenti ti saresti accorto di quanto sto soffrendo! Ti saresti accorto che mi sto autodistruggendo e mi piace farlo! Ti saresti accorto che sto solo cercando di sfuggire dalla realtà!”.
Mi persi di nuovo nei suoi occhi, ma quella volta non notai il verde che pensavo mi rappresentasse. Quella volta notai le pupille a spillo, lo sguardo perso nel vuoto, la sclera rossa.
Quella volta mi accorsi che Louis Tomlinson stava morendo dentro, ma ‘quella volta’ fu troppo tardi.

*****

“Ciao.
Non scrivo nessun nome perché non so chi tu sia e sinceramente non voglio neanche saperlo. Non so chi sarà il primo a prendere in mano questa lettera, spero solo che non sia Harry. Lo farei soffrire troppo, ma visto che so che in ogni caso la vorrà leggere alla fine siamo punto e a capo.
Sto scrivendo questa lettera perché semplicemente non so esprimermi a parole, non riesco ad esprimere i miei sentimenti. Non riesco a guardare una persona negli occhi e vedere il dolore che sta provando ascoltando quello che ho da dire.
Ho sempre vissuto una vita senza trama né contenuto, una vita vuota. Fino a ieri l’unica persona che mi teneva qui su questo mondo che neanch’esso ha un senso era Harry, ma da quando ho capito che neanche lui, l’unica persona importante per me, capisce come sto veramente, mi sono reso conto che infondo non ha senso rimanere qui. Non ho mai provato un dolore intenso, profondo e logorante come quello che mi sono trovato a vivere negli ultimi anni e auguro a tutti quelli che ancora vivono una vita spensierata e felice di non trovarsi mai in una situazione simile o, peggio, uguale. Mi sono sempre messo a riflettere su quali fossero i veri valori di questa vita, ma ho scoperto che non ce ne sono. Non c’è niente di bello, ci sono tante speranze e il doppio delle delusioni. La cosa più importante che ho appreso è che nessun urlo, neanche il più potente, può eguagliare il rumore del silenzio. Quel silenzio che ho sempre amato e alla fine reso mio, quel silenzio che mi ha sempre avvolto, che mi ha sempre dato un senso di protezione. Se solo sapessi che voi riuscite a cogliere questo silenzio, assaporarlo in ogni suo piccolo dettaglio e capirlo, allora non sarei qui a scrivere questa lettera, che non è un addio, ma solo un arrivederci. Per questo non lo dico a nessuno ma lo scrivo, perché in ogni caso sto zitto e così voi potrete capire senza che io dica a voce, senza guardarvi negli occhi e sapere le emozioni che vi stanno scoppiando nel cuore, tutto quello che provo, o meglio, provavo. Questa lettera è pura, rispecchia tutto quello che sono io, mentre spesso, le parole possono essere ambigue e trarre in inganno, possono essere fraintese o sbagliate.
Harry mi ha sempre detto che avrei potuto lasciar perdere tutto, lasciar perdere mio padre, mia madre, che tra poco raggiungerò, i miei amici, il mondo, tutto quello che mi circonda, quindi tutto quello che mi fa soffrire, e trovare la Felicità. Lo scrivo con la maiuscola perché voglio chiarire cosa intendo quando dico ‘Felicità’ . La Felicità è quella che ti toglie il respiro, quella che ti fa sentire sempre come se ogni giorno sia un giorno nuovo, che inizia nel migliore dei modi e le uniche volte che mi sento così è quando sono tra le braccia del mio ragazzo. Si papà, ho un ragazzo. Te lo dico ora perché quando sarò morto non potrai più neanche sfiorarmi, ma sai, non ce la facevo più a tenerti nascosta la mia vita. Si cari amici, ho un ragazzo. Sapete quello sfigato di Marcel? Ecco, lui è la mia vita. Tutto quello che mi ha permesso di restare più a lungo su questo mondo e giuro che se lo toccherete anche solo con un dito io farò in modo che vi succedano le cose peggiori del mondo, perché lui è l’unica cosa che vi rimarrà, oltre questa lettera, di me. Si mamma, ho un ragazzo. Spero che tu da lassù sia fiera di me. Capisci mamma? Ho trovato finalmente la Felicità! Ma non me la merito. Io non merito tutto questo. Siamo tutti buoni quando siamo 3 metri sotto terra, ma adesso, ignari di quello che sta accadendo nel salotto di casa mia, voi tutti pensate che io sia la persona più orribile di questa terra. E lo sono. Sono lo schifo in persona ed è per questo che voglio lasciarvi, perché senza di me starete tutti meglio. Voi ragazzi andrete avanti con le vostre vite e non condurrete più la vita che vi stavo facendo seguire, voi continuerete al meglio e sarete dei ragazzi da cui prendere esempio. Tu papà sarai felice. Nonostante tutto ti voglio bene e tutte le volte che mi hai detto che non mi meritavo di esistere in questo pianeta, che qui ci doveva essere mamma al posto mio, ecco, tutte quelle volte, tutte quelle volte che io mi ritiravo in camera pensando che tu avessi torto, solo ora capisco che in realtà avevi ragione. Così me ne vado e tu potrai essere di nuovo felice. Tu mamma mi riavrai tra poco, potremo finalmente abbracciarci. E tu Harry…Harry io ti amo.
Ieri ti ho detto che non ti amavo solo perché volevo che fossi arrabbiato con me, almeno così avresti attutito un po’ il dolore della perdita che avverrà tra poco, che poi non è chissà quale grande perdita, ma so che tu mi ami almeno la metà di quanto ti amo io, quindi so che in realtà per te non è una cosa da niente pensare che io non ci sarò più. Ti amo Harry ed è per questo che ti devo lasciare. Forse farò di nuovo una scelta che ti farà soffrire, ma questa è la scelta più giusta di tutta la mia vita.
Ti ringrazio di aver fatto luce nel mio cuore per un tempo così lungo, tu sei stato la mia salvezza, ma ora devo andare. Scusa Harry, ancora, ti amo.
L’unica cosa che lascerò qui sarà questo foglio e Haz. Tutte le mie cose verranno bruciate, come sta facendo il mio cuore in questo momento. Il mio cuore si sta distruggendo, o forse è già distrutto.
La sola cosa che vi chiedo è un trattamento speciale: non dite in giro lagnandovi quanto vi manco e quanto facessi differenza nelle vostre vite, perché entrambi sappiamo che non è così. Per chi invece davvero soffrirà a causa mia, mi dispiace, ma non abbattetevi, rimarrò. Rimarrò nei vostri cuori, nella vostra mente, nelle vostre giornate abituali. Rimarrò nei raggi di sole che la mattina vi svegliano, nel soffio di vento che vi scompiglia i capelli, nell’erba sulla quale siete sdraiati con la persona della vostra vita. Rimarrò anche nella farfalla che ha appena cominciato una nuova vita, migliore, che vi passerà accanto quando sarete per mano alla vostra bambina, un pomeriggio, fuori. Rimarrò e vi ricorderò che ogni inizio ha la sua fine, ma la fine non è che un nuovo inizio, come la fenice che rinasce dalle sue ceneri, più bella e maestosa di prima, più felice.
Una goccia ha appena bagnato il foglio, è andata a finire sulla parola ‘felice’. Magari è un segno del destino, forse tutto questo non mi condurrà alla Felicità, ma ora penso che sia la cosa giusta da fare. Sto piangendo perché so che probabilmente lo farete anche voi, soprattutto tu Harreh.
Dite a tutti i miei amici, o almeno a Zayn, Liam e Niall, che sono stati i protagonisti fantastici della storia della mia vita nella quale, anche se breve e inutile, ne hanno preso parte in modo molto più che egregio. Ragazzi, vi voglio bene.
Adesso vado via, e cerco un nuovo inizio, un inizio migliore. Un inizio che tra 80 anni condurrò anche insieme all’amore della mia vita.
Ora vado, non vedo l’ora di abbracciare mia madre e papà, l’abbraccio anche per te e per tutti quelli che non hanno potuto abbracciarla come non potrete abbracciare me.
Grazie, credo, a tutti.
P.S.: Harry, scusa ma sei l’unico a cui sto pensando in questo momento e credo l’unico che starà davvero male. Scusami davvero tanto, ma non ce la faccio a rimanere qui. Ti amo, tuo Boo.”

*****

Cinque giorni prima eravamo andati ad adottare nostra figlia, che, secondo quanto ci avevano riferito, sarebbe dovuta arrivare l’anno successivo. Purtroppo Louis non la vide mai.

Ogni sera mi fermo a guardare le stelle e pensare che lui avesse ragione. Quando guardo il cielo di notte penso che Louis sia la stella più luminosa, perché il suo sorriso illuminava il mondo e di sicuro fa lo stesso anche lassù.
Magari non è neanche così, ma a me piace pensare che invece sia come ha detto lui. Mi piace pensare che sia una stella, che sia nei raggi di sole che la mattina mi svegliano, nel soffio di vento che mi scompiglia i capelli, nelle foglie che scricchiolano sotto i miei piedi, nell’erba sulla quale sono sdraiato con mia figlia, la persona della mia vita, nella farfalla che ha appena cominciato una nuova vita, migliore, che mi passa accanto quando sono per mano alla nostra bambina, un pomeriggio, fuori.

*****

Sveglio mia figlia, aprendo le finestre e lasciando che i raggi illumino la stanza attraversando il vetro.
“Ci vuoi davvero andare?”, è la prima cosa che chiedo sbuffando a mia figlia di 8 anni quando si sveglia. Lei annuisce tutta sorridente.
Sospiro e mi maledico di aver raccontato la storia della mia adolescenza a Sunshine. Ovviamente l’ho chiamata così, era così che lui voleva chiamassimo nostra figlia.

Intorno a me ci sono persone sedute sulle panchine, innamorati che si scambiano baci, donne adulte che spingono carrozzine con dentro i loro bambini che non hanno un padre e padri che, come me, stanno portando le proprie figlie in giro per Londra.
Sono più concentrato su quello che c’è intorno a me, sulle case e sui particolari che le rendono affascinanti, sulla bambina che mi sta tenendo la mano, piuttosto che sul posto dove stiamo andando.
Siamo arrivati e quindi superiamo il cancello.
Sento le foglie scricchiolare sotto i miei piedi.
Sento il vento scompigliarmi i capelli, prima che io li sistemi.
Sento il calore della sua mano stretta alla mia.
Sento il rumore delle macchine parcheggiare. Sento il clacson.
Sento ogni suono, ogni rumore, ogni scricchiolio oggi e non so il perché.
E’ il giorno del nostro anniversario ed, forse è destino, è stata Sunshine a scegliere di andare a trovarlo proprio oggi.
Ricordo tutto di lui; il suo gusto di gelato preferito, l’amarena, il suo colore preferito, il verde, le sue abitudini, i suoi difetti, i suoi occhi, che credo sia la cosa che mi ha attirato di più di lui, il suo sorriso…il suo sorriso, chi potrebbe scordarselo? Quel sorriso che mi dava felicità.
Ricordo anche le sue labbra.
Ricordo quanto ogni giorno, quando si avvicinava a me furente, volessi tappargli la bocca e poi baciargliela.
Ricordo appunto il primo bacio, tutto quello che seguì.
Ricordo che una settimana dopo mi disse il primo ‘ti amo’.
Ricordo che una volta litigammo per il suo comportamento, ma che il giorno seguente arrivò sotto casa mia e raccolse da terra qualche sassolino per poi lanciarli alla finestra per attirare la mia attenzione.
Ricordo che scesi di fretta pronto ad urlargli contro, ma lui mi bloccò per primo con un bacio.
Fu uno dei baci più veri che ci dammo, fu il primo bacio che mi trasmetté tutto l’amore che provevamo l’uno per l’altro.
Un bacio perfetto, un bacio che desideravamo entrambi, un bacio senza nessuno che ci giudicasse, un bacio nostro, del nostro amore.
Ricordo bene quello mi diede il giorno del mio compleanno. Me lo diede davanti a tutta la scuola, nonostante lui l’avesse già finita da tre anni e io fossi all'ultimo giorno di quinta, per poi dire ‘ti amo, non scordartelo’, perché sapeva quanto io ci tenessi.
E proprio quella notte divenne mio. Fu la notte più bella della mia vita, la notte che non dimenticherò mai. Non perché era la prima volta, ma perché la passai con lui.
Ricordo qualche anno dopo quando decidemmo di adottare una bambina.
Ricordo che non lo vidi per un cinque giorni, non so ancora adesso cosa successe, e poi lo ritrovai strafatto. Il giorno in cui litigammo per l’ultima volta, il giorno prima che lui morisse.
E piango ancora solamente a pensarci, perché ogni volta che mi ritornano in mente quei ricordi sento tutte le emozioni che stavo provando in quei momenti.
Adesso sento il calore della mano della bimba intrecciata alla mia e la stringo ancora di più, fin quando non arriviamo a destinazione e la lascio andare.
Mi asciugo velocemente le lacrime traditrici che mi sono scese sul viso.
E’ da tanto che non lo vedo e la voglia di riabbracciarlo è tanta, troppa. Non ho mai realmente accettato che lui non ci fosse più.
Lo vedo da lontano, così corro verso di lui seguito da mia figlia.
“Amore, vieni!”, urlo indicandolo.
“Dove papà? Dove?”, mi chiede entusiasta con una voce sottile.
Me lo ritrovo davanti e finalmente sorrido.
“Lo vedi tesoro? Eccolo...”
Altre lacrime hanno iniziato a scendere dai miei occhi.
E’ tutto troppo silenzioso. Ora sento solamente i passi della mia piccola che mi sta per raggiungere.
E’ con me, lui non se n’è mai andato. E’ rimasto come aveva promesso, come aveva scritto nella lettera.
Mi siedo a terra, lo stesso fa mia figlia che ormai mi ha raggiunto. La stringo a me.
“Lo vedi?”, chiedo asciugandomi una lacrima.
“Ciao Papà…”, saluta lei.
“E’ stupendo, vero?”, domando guardando quella foto come se fosse davvero il mio ragazzo in carne ed ossa.
Vedo che inizia a piangere in silenzio e che un piccolo sorriso le compare sul viso.
Le accarezzo la schiena e lei stringe forte il mio braccio muscoloso e appoggia il capo sulla mia spalla.
“Si papà, papà è stupendo”
Così rimaniamo lì, a fissarlo.
A fissare quella roccia con inciso ‘qui giace Louis Tomlinson’ che ancora non mi capacito contenga il corpo della mia vita.
Sunshine prende il suo orsetto di peluche, la cosa più importante che ha, e lo appoggia sulla foto del suo secondo padre, per poi rimettersi a sedere accanto a me.
“Nonostante non ci siamo mai conosciuti, ti amo papà”, sussurra.
Vedo una farfalla posarsi sulla foto del mio ragazzo. So che è Louis, ne sono certo. Quando diceva un cosa non mentiva mai, così scoppio a piangere.
Mia figlia mi vede e sorride, per poi riprende a parlare: “E sono sicura che anche papà ti ama”






   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: harryholdme