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Autore: HeartSoul97    31/07/2013    14 recensioni
Solo una piccola one-shot su Sofia e Fabio, personaggi che amo tantissimo già dal secondo libro. Non è niente di che, solo un Fabio preoccupato per la sua Sofia, che ha paura di quanto è successo a Edimburgo. Tutto qui.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fabio, Sofia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                          Non c’è più niente di cui aver paura, Fabio
 
Fabio guardò fuori dalla finestra della sua camera. Ora che Nidhoggr era stato sconfitto, per lui era iniziata la pace. Anche se né il professore né Gillian ricordavano niente, entrambi provavano una certa simpatia per i Draconiani: il prof aveva adottato Lidja e Karl, Ewan e Chloe avevano convinto la madre a trasferirsi a Castel Gandolfo, e la donna, con grande sorpresa di tutti, aveva accettato a una condizione: adottare Fabio. Infatti i gemelli avevano parlato a Gillian di un ragazzo che viveva da solo e non aveva una famiglia, così lei lo aveva adottato. Dapprima lui non aveva voluto neppure sentirne parlare, ma poi si era arreso, se non altro per permettere ai gemelli di trasferirsi. E poi, strano ma vero, aveva cominciato a piacergli. Svegliarsi con il profumo dei buonissimi muffin di Gillian, tornare a casa e trovare ben tre persone che si preoccupano se fai tardi… cose che forse ad un normale sedicenne scoccerebbero, ma a lui erano mancate talmente tanto che non riusciva a capire i ragazzi che si lamentavano dei propri genitori.
Quindi ora abitava lì, in quella piccola villetta a Castel Gandolfo, dove aveva una stanza tutta per sé, ma non si sentiva mai solo.
Dalla sua finestra, aveva una buona visuale del lago. Magari non era la stessa che si poteva avere dalla finestra della vecchia camera di Sofia, quella della villa con l’albero in mezzo che sembrava più un sogno che una realtà, ma era comunque un bel panorama.
Quella notte, la luna era perfettamente rotonda e si specchiava sul lago, lontana e bellissima come un miraggio. Era tardi, ma Fabio non voleva dormire. Si vergognava, ma aveva paura. Aveva paura degli incubi.
Era da svariati mesi che faceva sempre lo stesso incubo. Per la precisione da quando, a Edimburgo, Nida lo aveva attaccato e Sofia, seppur allo stremo delle forze, era corsa in suo aiuto. Riprovava ancora quella terribile sensazione che aveva sentito quando aveva visto Nida con gli artigli sguainati a un soffio dal viso di Sofia, e quando il tempo sembrava scorrere troppo lento per lui e troppo veloce per loro. Era quella la scena che ogni notte lo veniva a trovare, che lo faceva svegliare all’improvviso madido di sudore e con gli occhi sgranati per la paura. Era anche colpa degli incubi se aveva deciso di allontanarsi da Sofia, dopo Edimburgo. Quegli incubi che gli avevano mostrato quanto fosse stato sciocco, a credere che a lui Sofia non importava. A lui quella ragazza importava eccome. Avrebbe messo a rischio la sua stessa vita, per lei.
Il ragazzo si costrinse ad andare a letto e chiudere gli occhi. Addormentarsi fu semplice. Il problema era ciò che veniva dopo. Una procedura abituale, un replay infinito che mostrava la sua immensa stupidità, in un momento come quello.
Come al solito, si risvegliò di colpo, con il cuore in gola. Prese il cellulare dal comodino e osservò lo sfondo. Era una foto di Sofia, scattata di nascosto mentre, pensierosa, guardava il lago. Era bellissima.
Dopo gli incubi, di solito gli bastava quell’immagine per tranquillizzarsi. Perché ormai era tutto finito, e lei stava bene. Non le sarebbe successo più nulla di male, ormai.
Eppure, quella notte Fabio era troppo agitato. Non gli bastava guardare la foto, aveva bisogno di sentire la sua voce, di vederla, ora più che mai.
Con le dita tremanti compose il numero sul cellulare, quel numero che ormai conosceva a memoria, e aspettò.
Squillò un paio di volte prima che una voce assonnata e un poco scocciata rispondesse.
«Pronto?»
«Sofia». Sollievo. Era l’unica parola in grado di descrivere cosa provasse.
«Fabio, sei tu? Che succede? Perché telefoni a mezzanotte passata?» la sua voce era carica di preoccupazione.
«Sono io. Non è successo niente. Solo…». Sperò che capisse. Le aveva già parlato dei suoi incubi, rimanendo però sempre vago su che cosa sognasse di preciso.
«Ancora gli incubi?» intuì lei.
«Sì» rispose Fabio, affranto, passandosi una mano sul volto. Non gli piaceva sembrare debole, ma era la verità.
«Ehi, va tutto bene. Non aver paura. È tutto finito. Ricordatelo, Fabio».
«Hai ragione. Sono uno sciocco… ma posso comunque venire a trovarti, domattina?».
«Ma certo. Ora dormi, e ricorda quello che ti ho detto».
«Sì. Buonanotte». Il suono della sua voce si spense con un click.
Adesso però stava meglio. Lei era viva e vegeta, a poca distanza da lui. Bastava far passare il resto della notte, e l’avrebbe rivista. Avrebbe rivisto la sua Sofia.
                                                                                                                 
                                                                                                                        ***

Il giorno dopo, alle 10.30 in punto, Fabio era davanti alla porta di casa di Sofia. Suonò il campanello, un po’ titubante, e subito la porta fu aperta da una Sofia sorridente, ma preoccupata.
«Ciao. Entra pure».
La ragazza lo guidò per quel corridoio che conosceva a menadito, e lo portò nella piccola biblioteca della villetta di Schlafen – minuscola rispetto a quella della vecchia villa – e lo fece accomodare su un divano.
In quell’esatto momento Lidja fece la sua comparsa, scrutando il corridoio e la porta d’ingresso. Non fu difficile intuire i suoi pensieri.
«Ewan non c’è, non è venuto con me».
La delusione della ragazza fu palese.
«Oh». Si voltò con grazia e tornò in camera sua.
Sofia e Fabio rimasero soli.
«Ci è rimasta male?»
«Sì. Sperava di vederlo perché ieri sera non ha risposto al suo messaggio».
«Ah».
Si guardarono, imbarazzati. Adesso che era lì, Fabio non sapeva cosa dire. Le parole gli morivano in gola. Fu Sofia a prendere l’iniziativa.
«Allora, questo incubo, me lo vuoi raccontare o no?».
Lui sospirò.
«Ecco, è che…» si bloccò, passandosi le mani sul volto. Faceva sempre così quando era nervoso. «Diamine, è così difficile…»
«È così brutto, quest’incubo?».
Fabio alzò la testa di scatto e la guardò con disperazione, immergendosi nei suoi occhi verdi come il mare.
«Se ti dicessi che sogno ancora quella volta a Edimburgo quando sei quasi morta per colpa mia, che mi diresti?»
«Ti direi che sei uno sciocco, Fabio Szilard, a pensarci ancora. È tutto finito. Nida non mi ha fatto neanche un graffio. E alla fine, si è rivelata una valida alleata»
«Non è questo il punto» la interruppe con rabbia. Era frustrato per il fatto che lei non avesse ancora capito. «E se fosse successo il contrario? Se fossi stata tu a venire attaccata da Nida, e io, allo stremo delle mie forze, fossi corso in tuo aiuto, come ti saresti sentita?».
Lei ci pensò un po’.
«Mi sarei sentita morire»
«Immagina di vedere quella scena ogni notte. E adesso prova a pensare come sarebbe stato se non avessi fatto in tempo, se avessi assistito impotente alla persona che più ami al mondo ferita a morte, e tu non avresti potuto fare niente». Aveva parlato con furore, voleva che capisse.
«È questo che passi ogni notte, Fabio? Pensi a come sarebbe stato se non fossi stato abbastanza veloce?»
«Sì, okay? È un problema, se penso che io sarei morto con te, se quel giorno fossi morta tu?».
Solo con quella frase Sofia si rese conto di quanto Fabio tenesse a lei. Sognava di perderla e poi la chiamava nel cuore della notte, tremante, solo per sentire che lei era ancora lì, che poteva ancora stringere le sue mani, come stava facendo in quel momento.
La persona che più ami al mondo.
Fabio scorse un sorriso timido e un luccichio negli occhi di lei.
«Quindi io sarei… la persona che più ami al mondo?» sapeva che era una domanda sciocca, che lui stava davvero male a causa di quegli incubi, ma non le importava, in quel momento.
Lui arrossì fino alla radice dei capelli.
«Be’, sì. Mi pareva che fosse chiaro» disse, grattandosi nervosamente la nuca.
«Anche tu». La ragazza divenne rossa quasi quanto i suoi capelli. Era così carina, quando arrossiva…
«Anche io cosa?» la stuzzicò.
«Lo sai» sbuffò.
Un ehm, ehm sommesso venne dalla porta della biblioteca. Il professore era ritto in piedi, con un libro in una mano, mentre con l’altra si aggiustava gli occhiali sul naso.
«Ciao, Fabio. Va tutto bene?».
«Ehm, sì, tutto bene» rispose nervosamente. Prima aveva stabilito un rapporto con Georg che, se non poteva essere definito di amicizia, era quantomeno conoscenza. Adesso erano entrambi a disagio, e dovevano ricominciare tutto daccapo.
«Io… devo giusto posare un libro…» disse, avvicinandosi allo scaffale che gli interessava, «e tolgo il disturbo». Girò i tacchi e uscì di corsa dalla stanza.
Quando sentirono la porta sbattere, Sofia si rivolse al ragazzo.
«Ehi, sei ancora preoccupato?»
«Per Georg? Ma no, figurati…»
«Non parlavo di lui. Parlavo del sogno».
«Ah. Sono ancora un po’ preoccupato, sì. Perché non sai che brutta sensazione che è… lascia perdere».
A quel punto Sofia prese coraggio.
«E se ti do un bacio, ti senti meglio?» disse, diventando viola.
«Tanto vale provare, no?».
E allora si baciarono, un bacio intenso, ma dolce, e Fabio dimenticò tutto, perché Sofia era lì con lui, e lo stava baciando, e non c’era altra cosa al mondo che servisse. Quel giorno a Edimburgo era solo acqua passata.
«Visto?» gli sussurrò lei nell’orecchio. «Non c’è più niente di cui aver paura, Fabio».
 
 
                                                                                                                      Fine


***
Angolino autrice

Ehilà? C’è nessuno? È tardi per pubblicare, ma volevo farlo assolutamente.
È una piccola One-shot, niente di troppo impegnativo. Spero vi sia piaciuta, spero di essere riuscita a comunicare il mio profondo amore per questi due timidoni. Se è così, sono felice.
Io scappo. Sto progettando una long su Karl e Chloe, ma ancora è solo un progetto…
In ogni caso, grazie a tutti per l’attenzione.
HeartSoul97  
  
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