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Autore: cliffordismine    01/08/2013    2 recensioni
Se solo non fosse che siamo in guerra, se solo non fosse che abbiam la divisa a righe.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Affretto il passo, in questo quartiere non vengono visti di buon occhio gli ebrei. Sento le scarpe ormai vecchie e malandate cedere sempre di più ad ogni falcata sulla strada gelida, e il freddo mi attanaglia. Mi sento gli sguardi addosso, li sento tutti adosso alla stella di Davide che sono costretta a portare su tutti i vestiti. Sembra che il mio essere ebrea li minacci. In realtà sono loro a farlo.

La Germania è da qualche tempo entrata in guerra, ed ha cominciato un vero e proprio piano contro di noi. Chiaramente non lo dicono, ma stanno cercando di sterminarci. Non possiamo più possedere nulla, non possiamo entrare nella maggior parte dei negozi, non possiamo essere istruiti, non possiamo sposarci, non possiamo fare determinati lavori.

Io sono come loro. Mi ripeto cercando di non scontrare sguardi altrui. Sono in territorio nemico.

Se papà scopre che sto facendo tutto questo per il mio violino, mi strangola, penso. E guardo l’insegna del grande negozio di musica. Per me prima era una tappa fissa, passavo il tempo lì, guardavo tutti i violini, mi ripromettevo di mettere da parte qualche soldo per comprare quello lì nero, che era esposto in vetrina.

Adesso non c’è più, adesso non posso andarci, e se ci vado rischio. Sto rischiando. Apro la porta.

La gente dentro il negozio, mormora tra sè e sè, e capisco subito che stanno parlando della mia presenza. Vorrei gridargli che siamo tutti uguali. Ma non posso, mi arresterebbero.

Mi dirigo verso alcune corde, guardo quelle che sembrano più resistenti, le prendo. Un commesso guarda ogni mio singolo movimento, hanno messo in giro la voce che gli ebrei rubano, eppure io conosco molti ebrei, e sono tutta bella e brava gente. Io non lo contraddico, e accetto i suoi sguardi, tanto non ho intenzione di rubare nulla. Ho con me i miei soldi.

Ne prendo un paio, controllo la tasca, faccio il calcolo. Bastano appena, ma non importa, non voglio rimanere ancora senza musica.

Vado verso la cassa, sento gli sguardi pesare.

L’uomo alla cassa non mi parla, prende i soldi e mi consegna la mia roba. Io la metto nel cappotto, non vorrei che le guardie me le portassero via.

Quando esco la situazione sembra essere cambiata. La gente mormora molto, io sto zitta e mi rannicchio nel mio cappotto, che mi stava enorme, ma era l’unico che potevo avere.

Corro verso casa,tra la gente nervosa. Chi più, chi meno, sembravano tutti scappare da qualcosa. O almeno, tutti quelli che portavano la stella di davide al petto, sembravano scappare da qualcosa.

In salotto mi attende tutta la mia famiglia. Mi guardano con sguardi di fuoco, mamma sta piangendo, Regina la consola, Gustaw è accanto a papà, gioca nervosamente con le sue mani.

- Cosa ti viene in mente? Non puoi uscire. Dobbiamo nasconderci. -

E’ freddo, parla con una precisione chirurgica, come se non fossero fatti suoi.

- Papà, cosa vuol dire che dobbiamo nasconderci? - balbetto nervosa tastandomi le corde nella parte destra del cappotto.

Sento un vuoto al petto.

- Stanno deportando gli ebrei. I tedeschi parlano di centri di lavoro, in pochi sanno che se entri lì non esci. Abbiamo la possibilità di salvarci, la mamma e Regina ti hanno preparato la valigia, poche cose, quelle necessarie. -

Non capita tutti i giorni che casa tua non lo è più, che devi scappare dalla tua stessa città. Varsavia sta mangiando i suoi stessi abitanti, oppure i tedeschi, stanno mangiando Varsavia.

Io ho paura, corro da mia madre, non mi parla. Solo Regina mi guarda con i suoi occhi verdi e mi fa cenno di andare nella stanza accanto.

Io la seguo come un soldatino nella nostra camera, mi fa sedere sul letto e si siede accanto a me.

- Irina, papà vuole che te ne parli io. - inspira, le viene difficile parlarmene, glielo leggo in faccia. - Ci nasconderemo in un seminterrato, non sappiamo per quanto tempo, sappiamo che ci andremo, e che non potremo uscire da lì. - fisso la riga che divide le mattonelle del pavimento, cercando di dare un senso a tutte quelle frasi, che nella mia testa sembrano solo parole messe alla rinfusa. - noi e la famiglia di Roch, il tuo maestro di violino. Papà ha detto che puoi portarlo con te, ma non sa se puoi suonarlo, dobbiamo cercare di non far rumore. - poi si alza, e non mi guarda negli occhi. Sta cercando di far passare per buono ciò che non è, di fresco, una situazione fin troppo marcia. Lei è sempre positiva, ma le viene difficile esserlo anche in questa situazione. Sa che le cose non vanno bene.

Mi porge la mia valigia, il mio violino. Io li afferro e mi sento un’estranea nella camera in cui avevo dormito per diciassette anni fino ad oggi.

Accade tutto così in fretta.

Gustaw è sulla porta, ci guarda con aria frettolosa, ci osserva e ci sprona ad impiegare minor tempo possibile.

Io sto dietro a Regina, che avanza verso il salotto, nascondendo le lacrime che mi scorrono sul viso.

Andrà tutto bene,ripeto mentre guardo per l’ultima volta la mia casa.

Andrà tutto bene. ripeto mentre avanzo sul marciapiede furtivamente.

Andrà tutto bene, guardo la gente intorno a me piangere.

Andrà tutto bene, stiamo andando a nasconderci.


E' solo un'introduzione, nulla di che, proprio per questo dura solo qualche riga.
Spero vi incuriosisca, so che ho un'altra fan ficiton in eseguzione, ma ho visto un film riguardante la seconda guerra mondiale e la mia ispirazione ha cominciato a correre, quindi, è finita per quella lì, ed è cominciata per questa.
Spero vi piaccia, buona lettura.
  
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