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Autore: cheesecake94    09/02/2008    2 recensioni
Una volta, incontrai un lago che mi raccontò di avere fatto un sogno che stava per avverarsi.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kelsi Nielsen, Ryan Evans, Sharpay Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia prima Ryelsi. Una coppia che in fondo non adoro, ma in questo caso… bè, sembrava adatta. Dedicata a Temperance Booth, l’unica che sappia farmi davvero apprezzare questo pairing,ed a tutte le meravigliose autrici di questa sezione.

 

 

 

Una volta incontrai un lago che mi disse di aver fatto un sogno che stava per avverarsi.

Kelsi, seduta al piano, rigirava il foglietto tra le mani.

Ryan Evans, ai suoi occhi, era tutto ciò che si potesse desiderare. Aveva un fascino misterioso e sfuggente, dietro la maschera da re del teatro che portava ogni giorno bruciava un brulichio di idee, pensieri e speranze, una vita interiore impercettibile ad occhi inesperti. Il suo spirito era quanto di più vitale si potesse immaginare. Era innegabilmente attraente, con quel viso aperto e sincero e quel corpo temprato da lunghe ore di allenamento in sala da ballo. Il suo modo di camminare, deciso ed impalpabile, era una danza di passione, ogni singolo muscolo pronto a scattare nell’esatto movimento che avrebbe reso un gesto anche minimo ed appena accennato una vera opera d’arte. La sua voce, poi, era come un quadro di Leonardo, come un cantico di Dante: oltre al suono chiaro e cristallino che non lasciava mai l’abbraccio corretto delle note c’era molto altro da scoprire, infiniti livelli di percezione che inducevano a sussultare quando una nuova sfumatura veniva alla luce.

Ma lei, cos’era lei? Nient’altro che la timida, insipida pianista perennemente nascosta da abiti troppo grandi, incapace di ridere e scherzare, incapace di pronunciare più di due parole di seguito senza balbettare. Il gioco del chiaroscuro non aveva nessun segreto per lei che aveva imparato a sviare lo sguardo degli estranei in modo efficace molto prima di rendersi conto a livello cosciente del suo comportamento. Già, i suoi abiti colorati e stravaganti, i suoi ridicoli cappelli e quegli occhiali che sarebbero apparsi troppo antiquati persino su una delle nonnine delle favole non erano altro che ingegnosi specchietti per allodole. Ogni giorno il suo spettacolo andava in scena alla perfezione, e nessuno aveva mai sospettato di essere ingannato. In quel costume sgargiante, nessuno avrebbe mai notato quello che lei voleva nascondere, il suo corpo, i suoi occhi.

“Non ero che una misera pozzanghera, allora, e sognai di diventare oceano.”

Quel giorno, nel suo armadietto, aveva trovato un biglietto in cui Ryan la invitava a passare il pomeriggio con lui. Loro due, soli, insieme.

Per un attimo, Kelsi avrebbe voluto accettare. Il pensiero di averlo finalmente vicino, di sentire il suo respiro, di cogliere parole e pensieri che sarebbero stati elaborati solo per lei la lasciava senza fiato.

Si dice che l’amore ti renda folle, eppure, accanto a Ryan, lei si sentiva forte come non era stata da tanto tempo, una calda sensazione di sicurezza la avvolgeva rendendola più salda, quasi serena.

Anche se si limitava ad osservarlo da lontano.

Poter stringere le mani di Ryan alle sue, poter scoprire che profumo avesse la sua pelle, quale fosse il sapore dei suoi baci era il desiderio più bruciante ed intenso che avesse mai sperimentato.

“Eri una pozzanghera, ed ora sei un lago. Eppure, non sei diventato oceano.”

Tuttavia, se si fosse presentata all’appuntamento, sapeva che non avrebbe avuto scampo. Gli occhi limpidi di Ryan possedevano la straordinaria capacità di leggerle dentro. In sua presenza, il suo travestimento tornava ad essere quello che era, un’accozzaglia di colori e forme usate con il solo scopo di sviare lo sguardo. Ryan aveva capito che nel suo essere goffa ed impacciata, nel suo sfuggire il mondo c’era molto più della timidezza.

Ryan pecepiva esattamente la sua paura, in ogni momento.

Eppure, Kelsi non era pronta ad abbandonare la maschera, nemmeno di fronte a lui. C’erano troppe cose, incise a fuoco vivo in lei, che non avrebbe mai scordato. La sensazione di calore e protezione che Ryan le regalava, nella sua meraviglia, non era abbastanza se paragonata al Grande Freddo.

C’era una volta grande casa bianca ad un solo piano. C’erano i colori freddi e spenti dell’inverno nei paesi equatoriali. C’era un drappo rosso appoggiato con noncuranza in un angolo. C’era il tè all’arancia e menta, limpido ed opaco con il suo profumo d’infanzia. Ma c’erano anche fuochi che ardevano implacabili, voci che urlavano al nulla, e volti che non avrebbero mai avuto un nome.

Kelsi sapeva bene che ogni cosa aveva il suo tempo, che il tempo se ne va senza avvertire e senza lasciare nulla, che non si può fermare la corrente. La sua vita era rimasta nel passato. Era tardi ormai.

“E’ così.” sussurrò stancamente. “Nessun sogno dura mai abbastanza a lungo.”

Con decisione, strappò in piccoli frammenti il biglietto e lo gettò nel cestino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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