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Autore: Moonspell    01/08/2013    1 recensioni
Nella notte del 31 ottobre 1981 tutto cambiò, non solo la storia di un intera nazione ma anche i più saldi ed intimi legami di amicizia, fratellanza, famiglia... Così come cambiò il modo, per ogni singola persona, di vivere la vita. Ci fu chi potè finalmente essere libero, chi solo, chi reietto e chi, semplicemente, un Black.
Questa storia partecipa al contest "Al Contrario!" indetto sul forum di EFP da RosmaryEFP.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peter Minus, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CORROTTO

 
 

L’errore, la stoltezza, il peccato, la colpa… colmavano l’anima corrompendo la mente, lasciando che scivolasse senza orrore nell’occulto inferno della moralità, attraversando senza inquietudine le tenebre di una ragione oramai corrotta.
Nell’autunno dei suoi sentimenti vagava, calpestando il fitto manto rugginoso* dei propri sogni appassiti, disgregando la loro anima dorata con l’acre solvente del risentimento. Riemerse dalla morente vallata delle sue speranze per perdersi in un mondo ridisegnato dalla fredda foschia, che ne ridelineava i bordi, i confini, gli orizzonti, ergendo margini e barriere posandosi sugli alberi, sui muri, mettendo radici profonde negli occhi. La nebbia lo seguiva, gli scorreva attorno e si dilungava davanti a lui, a spuntare i suoni, i rumori, a sfuocare le luci, i sorrisi, i ricordi, avvolgendolo in un sudario di silenzio e solitudine. Una cattedrale surreale senza pareti o soffitti, innalzata a tempio dei suoi pensieri, la realtà ovattata in cui si muoveva a tentoni.
Perduto, smarrito in quella coltre plumbea, nell’esalazione del proprio dolore che sfuocava una vita trascorsa a sognare virtù ed utopici ideali. Si muoveva nel manto nebbioso, tra quelle strade sconosciute di una realtà che non gli sarebbe mai appartenuta. Non era l’uomo che intercedeva in quell’afflusso di ombre, di sagome indistinte, era lo spettro* nero di un funereo presagio, che avanzava a passi felpati.
Sfumò quella sua solerte ed efferata avanzata tra quella folla diradata, indifferente a quegli sguardi suscettibili alla superstizione che lui stesso rievocava in quella notte di leggende e pagane fantasie. Si fermò quando prorompente gli s’insinuò tra le froge dilatate, espandendosi nella sua mente con quell’effluvio mefitico, selvaggio, l’inconfondibile e grave lezzo della paura. Lo sentiva sovrastare con brutalità ogni fragranza, ne spezzava le fragili consistenze, predominando con la propria primordiale essenza: quella degli istinti più bassi, più meschini. S’allettò di quell’aspro sapore per placare le sue fervide aspettative; con ampi respiri saggiò l’aria, assaporandola con avidità, inebriandosi del sudicio aroma del timore che la sua egemonia provocava. Mulinelli d’aria erano pregni del Suo odore, della sua ansia, così palpabile, così pungente: Lui era lì. Un pernicioso senso d’appagamento arse la sua anima, quello generato dalla consapevolezza d’essere atteso con incisivo terrore, quell’esaltazione che fremeva e bruciava ogni freno, ogni coscienza, per lasciare che il proprio desiderio di vendetta fosse l’unica ed essenziale verità. Percepì il ferruginoso sapore della rivalsa dilatarsi tra le fauci, soave come il più feroce dei peccati. Fu come affondare con rabbia le zanne nella labile vita di quella sua ossessione, assaporando l’aspro tono della sua insignificante esistenza, desideroso di spazzarla sotto la sua foga efferata.
Fu con quell’ebrezza che, come un miraggio, ogni suo più morboso desiderio si concretizzò davanti a sé, nitido come la sua ferrea volontà, incauto come la più spaventata delle prede. Lui era lì, incapace di celarsi, di fuggire, di nascondersi, non al castigo dei propri peccati, non alla redenzione di chi, stupidamente, aveva riposto fiducia in lui.
A quella visione non ci fu controllo nell’avanzata della fiera, istintiva, brutale, violenta come solo la morte sa essere. Pochi balzi e in una scura breccia nella foschia si svelò senza indugio per ciò ch’era realmente. Non era più la belva a bramare vendetta, ma l’uomo, oramai privo d’ogni coscienza, d’ogni futuro, di sogni. Era col volto belluino della disperazione che voleva mostrarsi, con gli occhi infetti dalla rabbia umana, la più cruenta, la più folle. Era con un sorriso disteso sulle labbra che desiderava mostrare il proprio trionfo su quel meschino ratto, a rinfacciargli la propria esaltazione, la propria gioia malsana nell’averlo lì, in balia della proprie attenzioni.
Non ci furono parole da parte sua, non un insulto, non un solo urlo, nulla poteva esprimere il disprezzo che sgorgava in lui, niente poteva incidere a sufficienza il disgusto che provava per quella figura ricurva, tremante, per quella voce squittente. Il malessere si era impadronito di lui, rivoltato da quelle lacrime, da quelle parole che non riuscivano ad aver alcun significato nella sua mente oramai spoglia di qualsivoglia pensiero,  inondata dal solo impulso omicida.
Le dita si strinsero con decisione attorno alla propria bacchetta, fedele e volitiva, a trovare tra loro quell’intesa che gli intorpidì per un istante le dita, in quella pungente e piacevole scossa di magia che crepitò appena. Irrequieto, impaziente, non prestò alcuna attenzione a quelle menzogne che erano fluite in quei pochi istanti se non a quell’unico urlo, a quella che fu la peggiore “verità” che le sue orecchie potessero mai udire: “Li hai traditi, li hai assassinati, vigliacco!”
Un brivido lo travolse, esplose in lui come il più disperato senso di colpa, corrotto dalla furia e dalla collera che avevano origine dal lato più nero della sua natura, il retaggio più radicato della sua stirpe. Perse ogni controllo, sopraffatto dal vivido desiderio di crudeltà che cercò sfogo in quell’occulta conoscenza di un’arte proibita, oscura. Sentì il proprio disprezzo, l’odio, il dolore e la disperazione divenire puro Potere, l’unico che potessi restituirgli la pace persa, l’unico che potesse soddisfare il solo scopo che gli fosse rimasto.
Un boato assordante, una luce violenta ed ogni altro suono aveva perso voce. Polvere e macerie lo ricoprivano, i resti della sua effimera e vuota esistenza. Davanti a lui dilagava la disperazione, il terrore, sul suo viso il ferruginoso sapore della morte. In una nube di detriti tutto si era compiuto, la fine era stata decretata, ogni aspettativa svanita, ogni melliflua gioia dissolta. L’unica certezza una coda, liscia e glabra che svanì tra le fetide fogne.
Una risata s’innalzò, ruvida, un latrato che colmò la notte nell’allegoria di una disperazione che non avrebbe potuto mostrarsi con la purezza delle lacrime, oramai corrotta dalla brutalità dei peccati.* Non poteva piangere i morti, lui che li aveva amati non n’era degno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Rugginoso: so non essere un aggettivo piacevole, garbato, che avrei sostituito volentieri con “bruno” se solo mi avesse rievocato la stessa sensazione di sgretolamento (proprio delle foglie secche tra l’altro) oltre che riportare anche al modo di dire che, tra due persone, c’è “ruggine” ovvero astio.
 
*Spettro: Padfood è uno dei tanti nomi che viene dato al Gramo nelle credenze popolari della Gran Bretagna. Essendo che questa belva è semplicemente presagio di morte ho preferito sostituire Sirius, nella forma di cane, al presagio stesso che la sua forma rievoca. Questo per rimarcare il fatto che la sua presenza lì significasse solo una cosa: morte. Inoltre l’immagine mi sembrava adatta ad una notte come quella di Halloowen.
 
*La risata: essa ha sempre avuto molti significati come ci insegna lo stesso Pirandello, si possono avere molte interpretazioni e, per alcuni, nel medioevo il riso era quasi un peccato, un sintomo che svelava un anima che si dilettava con pensieri e pratiche sbagliate. Lo so, è una visione molto estremista, bigotta e forse esagerata, ma è per esprimere il fatto che in quel momento Sirius non aveva la forza di piangere James e Lily, pensava solo al fatto che Peter gli era scappato.

 


 

NOTE

Non racconto molto i fatti, in fondo li conosciamo: Sirius scova Minus, lui si taglia un dito, fa esplodere tutto, ecc… quindi essendo un momento già trito e ritrito ho preferito buttarmi su immagini metaforiche del suo stato d’animo. Ho paura di essere risultata pesante perché ho cercato di usare tanti aggettivi dal suono un po’ pastoso, che messi tutti insieme forse sono davvero una mattonata nello stomaco. E’ un esperimento che ho fatto per provare a trasmettere la pesantezza della sua anima al lettone. Ho voluto essere così incisiva, spero di non aver esagerato.
Il titolo si riferisce sia all’essere di Sirius, che viene corrotto dai sentimenti negativi, che a Peter, che tradì i suoi amici.


   
 
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