Un microchip emozionale. Ecco di cosa avrei bisogno, un bell’ aggeggio cibernetico di ultima generazione con cui poter comandare le mie emozioni. Andare alla voce “ amore” e cancellare il tuo nome. Per sempre. Cancellarti e non pensarti più.
Ci
hanno fatto anche un film su una storia del genere, l’avevamo
visto
insieme qualche mese fa. Ricordo di aver lasciato la sala con una
certa dose di angoscia. Mentre tu mi camminavi al fianco,
lamentandoti del fatto che ti avevo costretto a sorbirti la solita
americanata.
Io ero a pezzi. Ma quella volta eri riuscito a calmarmi
e rassicurarmi. Avevo paura. Pensavo che non avrei mai voluto che
succedesse una cosa del genere. Pensavo che sarebbe stato terribile
vedermi cancellare tutti i ricordi legati a te in quel modo. Pensavo
che se anche sarebbe finita tra noi non avrei mai voluto dimenticare
niente di te. Pensavo anche che non sarebbe mai finita. Pensavo.
Ora pagherei oro perché la storia di quel film fosse vera. Chiamare una ditta e chiederle di cancellare tutti i miei ricordi legati a te, sperare di poter essere ancora felice. È assurdo vedere come la gente cambia idea. Ed è bastato poco. La fine di una storia.
Getto
un occhiata a Newark, immobile fuori dalla mia finestra. In
lontananza scorgo il pennone dell tuo camino, lì
c’è
casa tua. Sorrido amaro.
Ma
chi ti da il diritto di perseguitarmi giorno e notte con questa
intensità? Aspiro una boccata dalla mia Marlboro e cerco un
supporto morale al mio stato di pre- depressione.
Chissà
come mi capita in mano la versione deluxe del nostro primo lavoro.
“
I brought my bullets, you brought my..”. Un turbine di
ricordi mi
confonde la mente. Io, te, il nostro garage, il primo incontro, Newark
, io, te, le
nostre case, i nostri letti. Io e te. Così felici da vivere
nei sogni. Così stupidi da cadere nella realtà
senza
difese. Come due angeli falliti lasciati soli alle intemperie del
mondo.
Fragili.
Oramai non è più tempo per volare insieme. Sei stato molto chiaro. Fin troppo. Così freddo e glaciale da non sembrarmi neanche tu. Ricordo tutto di quella sera. Come al solito io e te, e Newark. La nostra città a fare da sfondo all’epilogo di una storia, una tra tante. Ma era la nostra, spero almeno questo abbia un senso per te.
Accendo
la tv.
Cerco
di dare alla mia testa un diversivo dal loop che la sta ingoiando.
Cerco.
Ti ho visto stamattina. È incredibile come nonostante tutti gli sforzi io non riesca a dimenticarti.come tu sia ancora la mia aria. Per te sembra tutto così semplice.
Ci siamo incontrati al bar, a fare colazione. Sei stato estroverso, simpatico e divertente. Volevo piangere. Mi hai trattato come uno qualunque dei tuoi amici. Nessun rispetto per il mio cuore sanguinante. Nessuna incertezza. Nessun imbarazzo. O sei un bravo attore o uno stronzo menefreghista di prima categoria, e propendo per la seconda opzione.
Sfilo dal pacchetto la quarta sigaretta da immolare al tuo ricordo da quando ho aperto gli occhi, il tempo di fumarmela e dovresti arrivare. L’ultima cosa che vorrei è proprio quella di averti in casa per tutto il pomeriggio, ma il lavoro è lavoro.
Purtroppo.
**
Eri
tutto e adesso, io non riesco più a capire chi sei.
Quello che
vedo davanti ai miei occhi non è altro che un ombra seduta
davanti al computer che riempie lo spazio intorno di parole vuote e
frivole, inutili. Così come il sorriso che porto cucito
addosso da quando ho sentito suonare il campanello. Seziono a tua
figura adagiata sulla sedia e penso a quanto mi ci vorrà per
riuscire a cancellare il tuo odore da queste mura,il tutto mentre
sorridendo ti porto il the.
Modestamente sono un bravo attore.
Ma non
riesco a ingannare te, mi conosci troppo bene per capire quanto la
mia maschera sia finta, basta una tua frase per farmi crollare il
muro di difesa , mi hai rifilato un “ sei strano
oggi” talmente
sincero e diretto che ho preferito abbandonare ogni altro tentativo
di fingere. L’ultima cosa che riesco a mentire è
che non è
vero, “ sarà che ho dormito
poco…”, mi sorridi “
immagino”.
So che non ti ho convinto ma anche tu non sembri
particolarmente incline ad approfondire la chiacchierata. E forse hai
ragione. Magari non hai voglia di andare ad infilarti in discorsi
senza uscita che distruggono le nostre anime prima ancora delle
nostre menti, è molto meglio andare avanti così.
Fare
finta di niente e sopravvivere senza troppe domande,inclinarsi alla
legge del quieto vivere aspettando che tutto passi.
Devo ammettere
che in questo gioco tu sei molto più bravo di me, a volte
sento fortissimo l’impulso di attaccarti al muro e scuoterti
dal
tuo torpore, costringerti a parlarmi, ma mi sto abituando anche a
questo.
Hai ferito un anima che tu stesso avevi illuso, e anche se mi piace pensarti logorarti dal senso di colpa ho quasi la certezza matematica che non sia così; e allora mi chiedo come è possibile che sia tutto finito così.
Non capisco.
**
Il cielo fa da sfondo all’ennesima festa di un amico comune. Mi perdo nella folla cercando di tenermi il più possibile lontano da te; non ti ho ancora visto ma so che sei qui, confuso nella massa informe .
Mentre mi divincolo tra i corpi sudati una mano blocca la mia fuga e mi pone davanti alla peggiore delle ipotesi. Sotto le luci psichedeliche il tuo sguardo è stranamente fuggente mentre mi presenti la ragazza al tuo fianco. Mi tende la mano sorridente mentre ricambio col sorriso più sincero che riesco a mentire, sbircio la tua espressione. Era da tanto che non ci si incontrava, forse troppo. Sei sempre tu, a parte questa nuova luce che illumina i tuoi occhi e che non ti vedevo da tanto. Non mi sbagliavo allora, la tua ragazza è davvero diventata lei. Spero si meriti quello che sei, ma comunque non posso farci niente. C’è troppa gente, vorrei parlarti come succedeva un tempo, passare ore a guardarci dentro ma invece resto fermo a guardare un sogno non più mio che sta svanendo e penso che vorrei davvero sapere chi sei. Mi servirebbe darti un nome, riuscire a incasellarti in un ruolo che mi salvi dalla confusione che ora mi attanaglia.
Lascio il locale dopo qualche minuto, non ho bisogno di vederti con qualcun altro per stare male, mi basta il ricordo di quello che ho perso.
**
Che stupido. Sono solo, davanti a una marea di verità a cui cerco di far fronte con una zattera di illusioni. Lungo le strade solitarie di Newark sfoglio i ricordi legati a te, non c’è via di scampo. Ora penso a quanto fossero fragili le fondamenta del nostro rapporto, in fondo se pensi che ora non stai con me tutto ciò che abbiamo detto erano favole e basta. Ti rivedo in ogni ricordo che ho e ripenso a quando stavi con me. Forse dovrei ammettere i miei sbagli ma so che non riusciranno a dare un senso a quanto successo. Tra i ricordi cerco una ragione ma poi ogni notte tu la passi con lei, e io non riesco più a capire.
Il barman mi riserva occhiate preoccupate, memore forse di quando ubriaco sono venuto a piangere da lui. Chissà quante anime in pena in quello stato ha sorretto quel bancone oltre a me. Tante, tranne te. Non ti ci vedo proprio corroso dal dolore a sfogarti con un whisky in mano, per me poi.
Continuavi a parlarmi, io ti guardavo allucinato. Ma come diavolo fai?
Sorrido
ripensando a quando credevo che Cupido in persona avesse unito i
nostri cuori. Ora mi rendo conto che probabilmente ha sbagliato mira,
ha colpito me e te no .
Tu stanotte dormi con qualcuno che non so, io
non dormirò.
Succede, o almeno dicono, in un film troverebbero poetica, romantica una figura come la mia. Io non posso fare altro che reputarmi comico e ridere di emozioni senza traiettoria brindando con la mia bottiglia solitaria alla fine di un storia senza gloria.
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Niente da fare, in questo periodo non riesco a scrivere nulla che non sia malinconico, triste, emo..mah! Meno male che sta per iniziare il periodo dei concerti altrimenti se vado avanti così mi suicido!!
Aniway fatemi sapere cosa ne pensare..obviously!
L'idea del microchip emozionale mi arriva ovviamente dal secondo album dei subsonica...scusatemi ma io li amo!!