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Autore: akiremirror    10/02/2008    2 recensioni
SPOILER HP7 Qualcuno è stato dimenticato a mio avviso, il corpo lasciato in balia di un destino ignoto, e non potevo sopportarlo, visto il mio amore folle per questo personaggio. Così eccomi qui...ad onorare un eroe, di sicuro il mio.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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l'addio
 
 
Disclaimer: I personaggi e i luoghi di questo racconto appartengono quasi tutti a J.K. Rowling. Il personaggio di Dana Deepfeel è invece di mia creazione.
Avvertenze: Il personaggio di Dana è idealmente lo stesso presente nella mia storia "Harry Potter e la Chiave dell'Amore", tuttavia il suo passato è leggermetne diverso, perchè non è mai riuscita, in questa storia, a vivere il suo amore per Severus. Questa scelta è dovuta al fatto che, per me, questo è un capitolo mancante dei Doni della Morte, quindi ho voluto rimanere fedele al passato che JK attribuisce a Severus.
 
 
L’addio
 
 
La luce del mattino era così vivida da ferirle gli occhi, ma Dana non vi stava realmente facendo caso. Tutto, intorno a lei, era immobile e insignificante. Si rendeva vagamente conto di star trattenendo il respiro.
Allungò un braccio, afferrando con mano tremante uno dei pali di legno che andava a formare il recinto della Stamberga Strillante.
Solo pochi minuti prima, aggirandosi cautamente tra le persone riunite a Hogwarts, era riuscita a incontrare il giovane Potter. Lui le aveva sorriso e le aveva fatto un cenno del capo, come con tante altre persone lì presenti. Il ragazzo non poteva davvero parlare con tutti, e con chi non aveva evidentemente esigenza di andare a stringergli la mano, faceva così.
I lineamenti stanchi e gli occhi vivi, era stato involontaria fonte della sua disperazione.
Aveva sempre saputo che probabilmente sarebbe finita proprio così, ma non riusciva ancora a crederci…
Potter, durante lo scontro con Voldemort, aveva detto che Severus era sempre stato fedele a Silente. Come faceva a saperlo? Era convinta di essere l’unica depositaria di quel segreto!
In un momento, ancora prima che Voldemort confermasse il suo sospetto, capì cosa dovesse significare. Severus aveva dato a Harry le prove della sua devozione, tutte…
Ma il tempo era stato davvero poco, possibile che avessero trovato il modo di incontrarsi, non scontrarsi e parlare? No, poco probabile. Così rimaneva una sola possibilità, quella che Severus le aveva più volte prospettato quasi con sufficienza.
Era morto. Era morto e aveva fatto in modo, chissà come, che la verità arrivasse al ragazzo.
Poi Voldemort aveva confermato le sue paure: lo aveva ucciso.
Mentre le parole di quell’essere infernale e maledetto le giungevano fin dentro il cuore, lacerandolo, Dana si era resa vagamente conto di quello che le stava attorno, ma non di essersi accasciata a terra, addossata come tutti alla parete della Sala Grande di Hogwarts.
In quel momento aveva provato solo disperazione, e la sensazione non l’aveva più abbandonata.
La caduta definitiva di Voldemort fu solo un episodio, ormai per lei insignificante, di quell’alba nefasta.
Eppure attorno a lei le persone avevano festeggiato, urlando il nome del ragazzo che li aveva salvati tutti.
Guardandolo, mentre veniva travolto dagli abbracci degli amici e della folla, Dana aveva capito che la risposta all’unica domanda che poteva ancora farsi l’aveva lui.
Così, incrociandone lo sguardo, durante la mattinata, carpì da quegli occhi verdi l’informazione che cercava.
Il corpo di Severus era alla Stamberga.
 
Avanzò con passo lento, costringendo i propri piedi a muoversi. Ma in realtà avrebbe preferito assecondare il proprio corpo, lasciarlo immobile in contemplazione della casa cadente, piuttosto che costringersi ad arrivare di fronte ad una scena che l’avrebbe probabilmente schiacciata.
Ma doveva andare, lo sapeva. Doveva trovare il corpo di Severus e fare in modo che non diventasse vittima di qualche atto vergognoso e umiliante.
Procedette dunque, le mani strette a pugno, le unghie dolorosamente conficcate nella carne e i denti che battevano leggermente tra loro.
Aveva troppa paura.
Si fermò e chiuse gli occhi, costringendosi a prendere fiato. Fu un grave errore. Non appena l’aria uscì dai suoi polmoni un conato la costrinse a piegarsi in due, verso il ciglio del sentiero appena tracciato.
Strinse gli occhi più che poté, impedendosi di piangere, mentre la sensazione di nausea la travolgeva ad ondate. Lentamente, riuscì a far passare la sensazione e poté rimettersi dritta, gli occhi annebbiate dalle lacrime.
Si volse lentamente verso la casa, di nuovo, e procedette.
Arrivata sulla soglia, spinse la porta cigolante con la punta delle dita, esitando. Da dov’era non si vedeva poi molto, così entrò, rigida come un automa. I suoi occhi cercarono, ma non trovarono nulla.
E in quei momenti un folle pensiero le attraversò la mente annebbiata dal dolore: magari Severus era vivo, magari era riuscito a salvarsi in qualche modo, e Potter lo aveva semplicemente visto perdere i sensi!
Ma il suo cuore sapeva che non era così. L’immagine che aveva strappato dalla mente del giovane Potter era chiara. Severus era morto.
E allora perché lei continuava a vivere?
Erano i muscoli della sua cassa toracica a fare tutto, a continuare a pompare aria dentro organi inutili che la costringevano ancora sulla terra.
Stupidi muscoli che facevano entrare aria in un movimento programmato e del tutto istintivo.
Ma non si trattava di nulla di più, perché Dana non riusciva nemmeno a pensare di poter respirare.
Il cuore pompava ancora vita nelle sue vene, sebbene lei non la sentisse come reale.
Sapeva di essere viva, ma non gliene importava.
Esisteva solo il suo corpo e, con lui, la terribile sensazione allo stomaco, il dolore, il terribile peso. Una lama sotto il diaframma, affilata dalla sua ostinata decisione di trattenere le lacrime.
Così, sull’orlo di perdere il controllo del proprio corpo, avanzò finché non lo vide.
 
Era steso scompostamente, la testa posata su una grande chiazza rossa. Il sangue si era ormai rappreso.
Dana rimase a bocca aperta, e istintivamente si avvicinò al corpo di Severus, sollevandone delicatamente la testa per allontanarla dal sangue.
Aveva ancora gli occhi aperti e Dana lo fissò, realizzando l’ovvia verità mentre il cuore martellava prepotentemente contro la cassa toracica. Severus non l’avrebbe più guardata con fare accigliato, non l’avrebbe più scrutata con quelle perle nere. Più nulla da quegli occhi.
Glieli chiuse delicatamente, mentre sentiva che non poteva più trattenersi.
Le lacrime che premevano per uscire erano troppo prepotentemente alimentate dal suo dolore, e non poteva più opporsi.
Così chinò la testa, sfiorando il viso di Severus con i lunghi capelli rossi, mentre finalmente scoppiava in lacrime.
Fece scivolare le braccia attorno al corpo di Severus e lo sollevò un poco, per poterlo abbracciare, e rimase lì a piangere, dilaniata dalla consapevolezza di poterlo finalmente stringere così solo in quel momento.
 
Aveva rimarginato la ferita sul suo corpo, lo aveva spostato da dov’era e lo aveva accuratamente pulito, senza mai smettere di piangere.
Perché trattenersi ormai?
Ora che la disperazione per la perdita stava finalmente uscendo da lei, cominciava a sentire gli effetti dei combattimenti sostenuti durante la nottata, ma poco importava.
Voleva versare quelle lacrime, doveva farlo, perché all’improvviso si era resa conto che nessun altro lo avrebbe pianto. Nessun altro avrebbe onorato quel corpo.
Così aveva costretto anche le proprie convinzioni ad arrendersi, e aveva lasciato fluire le emozioni.
Alzando lo sguardo vide che, oltre la finestra, il cielo stava tingendosi di rosa.
Presa alla sprovvista da quella scoperta, si guardò attorno. La luce in effetti si stava affievolendo, e lei era ancora lì, accanto al corpo dell’uomo che amava.
Non si era nemmeno resa conto delle ore passate, aveva completamente perso il senso del tempo e dello spazio.
Riportando lo sguardo su Severus, allungò una mano in un gesto che quel giorno aveva compiuto infinite volte. La sua mano si posò su una guancia di lui e la accarezzò con tutta la tenerezza e tutto l’amore di cui era capace.
"Non ti ho mai strappato a lei, non ci sono mai riuscita, ma non è questo a pesarmi, Severus. Non ho mai voluto che tu la dimenticassi, perché la tua capacità di continuare ad amarla con tanta tenacia e costanza è stata una delle cose che di te ho sempre ammirato. Pochi uomini sanno amare davvero, e pochissimi riescono a farlo con tale intensità per tutto questo tempo.
Ma almeno avrei voluto poterti dare il mio, di amore. Non hai voluto nemmeno quello."
Un vibrante sospiro mentre alzava la testa e fissava il soffitto, nel vano tentativo di reprimere un’ondata di dolore e lacrime.
"E so il motivo per cui non hai mai ceduto, conosco le tue ragioni, le ho sempre comprese, ma è straziante lo stesso. Mi si spezza il cuore in petto se penso a come sei morto.
Solo, privo di amore, incompreso, gelido e disperato, così pieno di rabbia e di astio che persino il tuo corpo si è dovuto adattare.
Avrei voluto altro per te, ma non mi hai permesso di darti nulla…
E io non ho potuto impormi. Difficilmente me lo avresti concesso, dannato testone. Ma alla fine mi sono resa conto che forse nemmeno io avrei voluto davvero farlo, perché so che tutta la sofferenza che ha attanagliato il tuo cuore per anni ha compiuto il miracolo, so che la tua anima ora è salva, integra e al sicuro, da qualche parte.
So che ti sei guadagnato il tuo perdono e che hai riavuto la tua dignità. Solo questo può aiutarmi a non impazzire."
Ancora carezze dalle sue mani, ma poi un rumore alle sue spalle la costrinse a voltarsi di scatto. Qualcuno era entrato dalla botola.
Seduta a terra, il corpo di Severus steso vicino a lei e la testa di lui sulle sue ginocchia, rimase immobile, la bacchetta istintivamente sollevata.
"Era qui…" una voce che aveva già sentito…
"Potter…"
Una seconda voce, e conosceva anche questa.
Passi incerti raggiunsero la porta della stanza dove si era rifugiata con Severus, e i suoi occhi incontrarono quelli di Harry Potter e di Minerva McGranitt.
 
Lo sguardo incerto dei due, il fatto che non stessero minimamente accennando a muoversi e l’assenza di bacchette sfoderate indusse Dana ad abbassare la sua.
Li guardò quasi con risentimento. Cosa volevano?
Riportò entrambe le mani sulle spalle di Severus e distolse lo sguardo dai nuovi venuti, rimanendo in silenzio. Sapeva che probabilmente questo li avrebbe messi in imbarazzo, ma non gliene importava.
Poi il rumore di passi incerti le fece capire che almeno uno dei due aveva deciso di avvicinarsi.
Con sua immensa sorpresa si trattava del giovane Potter.
Harry si piegò sulle ginocchia e posò lo sguardo sul corpo di Severus, rimanendo in silenzio per diversi secondi.
"Credo che dovremmo seppellirlo." Disse infine, alzando lo sguardo su di lei.
Non c’era disprezzo in quegli occhi verdi, non c’era diffidenza né disgusto. Non la conosceva, ma aveva capito perché era lì e quanto fosse legata a Severus. E questo non lo sorprendeva più di tanto.
Alla fine dunque lo aveva compreso?
"Io…io so che avrebbe voluto esser seppellito vicino alla scuola, in un modo o nell’altro. In fin dei conti è stata la sua vera casa per anni." Disse Dana.
Che strano. La sua voce era ancora evidentemente corrotta dal pianto, ma non riportava alcuna traccia dell’assoluta confusione che regnava in quel momento nella sua testa, perché per il momento aveva ritrovato qualcosa di cui occuparsi. Voleva almeno tentare di dare a Severus la sepoltura che lui avrebbe voluto.
Harry annuì, volgendosi poi verso la McGranitt. Dana fece istintivamente lo stesso e si sorprese nel vedere Minerva McGranitt, una delle insegnati più severe e irreprensibili di Hogwarts, tenace combattente dell’Ordine, con gli occhi annebbiati dalle lacrime e il corpo quasi abbandonato nella sua immobilità.
Stava osservando il corpo di Severus, e sembrava che non si ricordasse neppure della presenza degli altri due.
Dopo alcuni attimi scrollò appena la testa, lo sguardo triste ancora ostinatamente fisso sul corpo.
"Siamo stati così ciechi…così stolti…avremmo dovuto capirlo nel momento stesso in cui gli è stato possibile avere accesso allo studio di Albus. La stanza non gli avrebbe permesso di entrare se non ne fosse stato degno. Ma non abbiamo voluto vedere…"
Finalmente si decise ad avanzare e si portò accanto al corpo, dall’altra parte rispetto agli altri due.
Inginocchiatasi sul pavimento polveroso, allungò una mano e fece ciò che Dana aveva fatto per ore.
Accarezzò il volto freddo e immobile, mentre lacrime silenziose le rigavano le guance.
"Mi dispiace Severus, mi dispiace davvero così tanto…"
Harry abbassò lo sguardo e sospirò, aggrottando la fronte.
"Sono stati fatti davvero molti errori con lui." Disse a bassa voce "Credo che dovremmo esaudire il suo desiderio. In fin dei conti lo abbiamo fatto per Silente, non vedo perché non farlo anche per lui. Non è stato meno legato di Silente alla scuola e alla causa."
Dana osservò con sorpresa il giovane Potter. Quel ragazzo era incredibile, e ora Dana aveva l’assoluta certezza che lui avesse infine compreso Severus.
La McGranitt annuì, rimanendo in silenzio e con gli occhi tristi e colmi di lacrime ancora posati sul volto di Severus.
Sì, erano stati fatti davvero troppi errori.
 
Il cielo stava rapidamente perdendo luminosità e le prime stelle cominciavano ad intravedersi, fioche, nell’azzurro intenso che precedeva la notte.
Avevano portato il corpo di Severus al castello, e lì molte persone di erano avvicinate, alcuni solo per guardare, altri per curiosare, ma altri, capì Dana, erano venuti per rimediare all’errore fatto.
Le parole di Potter non avevano convinto tutti, ma di sicuro avevano fatto comprendere la realtà a chi conosceva Severus e a chi aveva una vaga idea di come si fosse giocata quell’assurda guerra.
Dana era riuscita a rimanere da sola con lui ancora per qualche minuto, poco prima che il corpo fosse portato nel luogo di sepoltura.
In quei brevi minuti, troppo pochi per lei, tutto quello che le riuscì di fare fu guardarlo e chiedersi dove fosse in quel momento. Li vedeva, da lassù, mentre si decidevano finalmente a tributargli il rispetto che meritava?
Infine, sentendo che stavano arrivando altre persone, si alzò e gli posò un bacio sulle labbra, mentre lacrime silenziose scendevano incontrollate.
Ci sarebbe stato solo quel bacio, per lei, ma non importava.
 
Stavano raggiungendo uno dei tanti alberi della scuola, dal quale si godeva di una vista magnifica del Lago Nero e dell’imponente castello.
Era davvero il posto perfetto, e Dana capì che era stato Harry a sceglierlo.
Mentre i loro passi silenziosi non rompevano la quiete che era calata sul castello, Dana intravide un gruppo di uomini portare via due corpi. Dietro loro, una donna stava piangendo in silenzio, mentre teneva in braccio un bambino piccolo.
Un’ondata di dolore investì Dana, a causa del suo potere di empatica, e la scena attirò inevitabilmente la sua attenzione.
Osservò meglio la donna, e per un attimo provò l’istinto di portare la mano alla bacchetta, ma un attimo dopo comprese che quella non era Bellatrix, bensì sua sorella, la famosa Andromeda, della quale aveva sempre sentito molto parlare ma che non aveva mai visto di persona.
Allora quello che aveva tra le braccia era il piccolo Teddy Lupin. E i due corpi…
Mentre Andromeda proseguiva il proprio cammino, preceduta dalle salme, comparve sulla soglia della scuola un’altra figura, che Dana riconobbe come Narcissa Malfoy. Al suo fianco, Draco.
Stavano entrambi osservando la scena, il ragazzo ancora evidentemente a disagio, la donna con un miscuglio troppo vasto di emozioni che le muoveva il cuore.
Narcissa, non vista dalla sorella, fece qualche passo verso di lei, ormai abbastanza lontana, ma poi si fermò, tremando. Sembrava quasi confusa, incapace di decidere il da farsi, ma consapevole del terribile dolore che stava ingabbiando il cuore della sorella.
Draco si avvicinò alla madre, e lei gli afferrò un braccio, tenendolo stretto a sé ma continuando a guardare la figura magra che ormai stava per raggiungere i confini della scuola.
Dana sospirò.
Il suo cuore non era il solo ad essere stato spezzato, ma il piccolo Teddy, addormentato tra le braccia della nonna, le ricordò che alcuni di loro avevano ancora qualcosa per cui lottare.
Lei no.
Riportò lo sguardo sul gruppo di persone che era con lei, e si accorse di essere rimasta un po’ indietro. Stranamente, si fermò, quasi a voler aumentare la distanza tra lei e loro.
Non era mai stata vicina a nessuno, se non che a Severus. Perché ora avrebbe dovuto essere diverso?
Giunsero infine sotto l’albero prescelto dove il corpo, già riposto in una cassa di legno scurissimo, venne calato nella fossa. Harry, mentre la terra veniva fatta ricadere sul coperchio sigillato, ripeté con parole diverse ciò che già aveva detto durante lo scontro con Voldemort.
La voce leggermente tremante, non scostò mai gli occhi dalla tomba, che pian piano scompariva sotto la terra.
Dana si chiese cosa mai vedesse il giovane Potter mentre pareva perdersi nei suoi stessi pensieri.
Sapeva che non lo avrebbe mai scoperto, ma quella piccola distrazione le permise di non pensare troppo a quello che stava succedendo.
Il corpo di Severus in quella bara, e la bara sotto terra…un brivido violento le scese lungo la schiena e i suoi pensieri vennero per un attimo inghiottiti dal dolore, ma un attimo dopo stava già cercando di riprendere il controllo.
Vide Minerva McGranitt di nuovo piangere, vicino alla fossa.
Accanto a lei, Vitious, la professoressa Sprite e alcuni membri dell’Ordine, oltre che quasi tutti i ragazzi delle ES. Non vide teste rosse in giro e capì che i Weasley non c’erano, ma non poté che comprendere. Avevano subito anche loro una perdita devastante.
Accanto a Harry c’era Hermione, gli occhi lucidi e le dita nervosamente intrecciate. Il suo sguardo ogni tanto vagava verso il castello.
E proprio dal castello, mentre ormai era tutto finito, uscì la figura alta e magra di un ragazzo.
Harry e Hermione gli andarono incontro e scambiarono con il ragazzo un paio di parole, poi lui proseguì nella direzione della tomba di Severus, dove Dana ancora rimaneva immobile.
Hermione invece prese Harry al gomito e gli fece segno di rientrare, verso un’altra figura che, sulla soglia, stava attendendoli.
Il ragazzo alto, con capelli rossi e molte lentiggini, non aveva un orecchio.
George Weasley.
Gli occhi gonfi per il pianto e il volto pallidissimo, lanciò uno sguardo quasi assente verso Dana, ma solo per qualche secondo, poi riportò l’attenzione su ciò per cui era venuto.
Di fronte al mucchio di terra ancora scomposta, alzò la bacchetta e fece comparire dal nulla un oggetto che lasciò Dana sorpresa. Sembrava un orecchio.
"Questo è uno degli ultimi pezzi delle Orecchie Oblunghe fatte da me e Fred. Te lo lascio come ricordo. Non puoi darlo a mio fratello, ma sono certo che si farà una gran risata quando gli dirai che l’ho fatto finire proprio nella tua tomba."
Con un colpo di bacchetta, George fece sprofondare l’oggetto all’interno della fossa, rimase fermo ancora qualche secondo, poi se ne andò.
 
Era rimasta ferma immobile per più di mezz’ora, incurante del fatto che quasi tutti ormai avessero abbandonato la scuola.
Probabilmente erano rimasti solo i professori, e di sicuro la McGranitt.
Dana credeva di averla anche intravista ad una delle finestre, intenta a guardare nella sua direzione.
Forse anche lei aveva bisogno di tornare davanti alla tomba di Severus, ma Dana non poteva andarsene, non ancora, proprio non se la sentiva. Così rimase lì, immobile, mentre il pianto andava e veniva. E quando arrivava, la scuoteva con una violenza terribile.
In certa misura, invidiava le persone che, lentamente, avevano abbandonato il castello. Loro avevano qualcosa a cui tornare, qualcuno da cui andare o con cui festeggiare, qualcuno che permettesse loro di vedere, in qualche modo, uno spiraglio di futuro afferrabile.
Lei invece non aveva nessuno.
Creduta morta dall’intero mondo magico, ora avrebbe potuto far valere di nuovo la sua identità, perché ormai il pericolo da cui si nascondeva, Voldemort, era stato distrutto.
Ma che senso aveva riappropriarsi della propria identità se non sentiva alcuno stimolo ad affrontare il giorno che veniva?
L’unica persona che sapesse di lei, della sua esistenza e della sua storia, era sepolta davanti a lei.
Si inginocchiò sull’erba e chiuse gli occhi, sentendo di nuovo il peso di quelle ore difficili e lunghissime. Aveva bisogno di riposare, ma persino quell’attività le sembrava insignificante e inutile.
Sfiorò appena la terra smossa davanti a lei e sospirò, poi prese a muoversi e si sistemò accanto alla tomba di Severus. Avevano deciso di non posarci sopra nulla, e lei non aveva avuto nulla da obiettare.
L’unica cosa che indicava il luogo di sepoltura era una piccola pertica di legno scurissimo, su cui era stato magicamente inciso un giglio, il nome e la data di nascita e morte di Severus.
Nessun epitaffio. Dana sbuffò ironicamente; ora che Harry aveva detto a chiare lettere cosa avesse legato Severus a sua madre, quel giglio era l’epitaffio più indicato e preciso che si potesse immaginare.
Chiuse gli occhi, incurante della sensazione di fresco che stava prendendole le membra. Nonostante la stagione estiva, la sera faceva ancora fresco e l’aria era estremamente umida. La mattina dopo avrebbe fatto fatica a muoversi se fosse rimasta così, ma non si mosse.
Un respiro dopo l’altro, cercò di calmarsi e di trovare un minimo di serenità per poter decidere cosa fare. Sapeva che la disperazione che le imbrigliava il cuore non era una buona cosa, che le annebbiava i pensieri, ma era così potente da aver bisogno di calma e molta concentrazione per cercare di combatterla.
Così cercò di dominarsi, di calmarsi e darsi qualche possibilità. Un respiro dopo l’altro.
Così inutili.
I sensi lentamente si assopirono, il freddo scomparve, il dolore alle membra divenne più sopportabile, ovattato.
Poi qualcosa di caldo le si posò sopra, impalpabile e leggero, senza gravarle davvero addosso. Fu una sensazione particolarmente piacevole, e Dana non seppe decidersi a svegliarsi per capire di cosa si trattasse.
Sapeva solo che era una sensazione piacevolissima, un tepore consolante, sincero, che le infondeva sicurezza, e in certa misura anche consolazione. Ma poi c’era altro.
Percepiva nettamente una sensazione, che però non le apparteneva.
Ancora, non le riuscì di svegliarsi, certa che quella meravigliosa sensazione di sarebbe dissolta una volta aperti gli occhi, così rimase lì, nella consapevolezza di quella sensazione che l’affascinava. Era un affetto così intenso e così solido che la lasciava senza parole nemmeno da pensare.
Coccolata così, si addormentò sull’erba umida, accanto alla tomba di Severus.
 
Fu sempre la strana e piacevole sensazione a farla destare. Avvertì come una lieve stretta sulla spalla, e i suoi occhi si aprirono.
Rimase un attimo confusa per ciò che vide indistintamente, per i colori tiepidi accesi da una luce tutta particolare, poi, in un attimo, si ricordò perché vedesse davanti a lei così tanto azzurro e così tanto verde.
Si sollevò lentamente, passandosi una mano sugli occhi e schiarendosi le idee.
Aveva passato davvero la notte stesa lì! Eppure il suo corpo pareva non averne pagato le conseguenze…
Alzò gli occhi al cielo, illuminato da una meravigliosa alba.
Un nuovo giorno, nuove ore da affrontare.
Non voleva pensarci, non in quel momento di assoluta quiete. Così si concentrò sui colori del cielo, che stava tingendosi di sfumature sempre più chiare e dorate.
Raggi luminosi si infrangevano sul meraviglioso panorama che era sempre stata Hogwarts e Dana per un attimo ebbe la netta sensazione che le cose sarebbero andate bene.
Non sapeva da dove le nascesse quella nuova e strana convinzione, ma era certa che le stesse maturando nel cuore, lottando contro la sofferenza della perdita di Severus.
D’improvviso, avvertì l’intensificarsi della sensazione che l’aveva protetta durante tutta la notte. Era concentrata accanto a lei, in qualche modo e in qualche forma a lei del tutto sconosciute.
Fissò allora la tomba, e un nodo alla gola le impedì quasi di respirare.
"Severus?"
Di nuovo percepì la stretta sulla spalla e le lacrime si rifiutarono di non scendere.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma si accorse di non sapere che dire.
Era certa che si trattasse di lui, ma ne rimase sconcertata. Non avrebbe mai immaginato che, da dovunque lui fosse, avrebbe potuto inviarle quelle sensazioni.
D’improvviso il suo sguardo fu catturato da qualcosa che si muoveva poco al di sopra della superficie del Lago.
Era qualcosa di luminoso, una figura che andava via via definendosi. Sembrava un lupo mannaro d’argento. Sì, lo era di sicuro! E stava scherzosamente giocando con un camaleonte di dimensioni ragguardevoli.
Dana osservò la scena come ipnotizzata, chiedendosi se fosse uno scherzo della sua mente, o magari un gioco di luci e colori, così pieni di brillantezza.
D’improvviso un grosso cane, sempre d’argento, sfrecciò tra gli altri due animali e li costrinse a seguirlo, in una corsa giocosa e sfrenata.
Poco oltre comparvero altri animali argentei e Dana capì di cosa si trattasse. Non era certa di quel che stava accadendo, ma forse il suo potere di empatica le permetteva di vedere i Patronus delle persone morte in quel luogo.
Evidentemente erano più di quanti credeva, perché in pochi istanti quasi l’intera superficie visibile del Lago Nero fu ricoperta da vivaci Patronus. Una sensazione di quieto rispetto le impedì di far altro che guardare, mentre i Patronus non davano segno di prestarle attenzione.
I suoi occhi poi catturarono una coppia di animali che non si sarebbe aspettata di distinguere. Poco oltre al luogo dove il grosso cane stava ancora giocando, stavano due bellissime creature, un cervo e una cerva.
Sapeva bene di chi fossero quegli spiriti, e quindi seppe che in realtà non stava vedendo i Patronus delle persone morte ad Hogwarts. Lily e James Potter non erano morti lì.
Perplessa, si chiese allora cosa stesse vedendo, inconsapevole che la risposta la stava raggiungendo con eleganti e lenti passi.
Il cuore le si fermò per un attimo, mentre finalmente notava un’altra cerva, che stava dirigendosi verso lei. Sopra il suo dorso, leggera ed elegantissima, andò a posarsi una Fenice. La cerva volse un po’ la testa e salutò la Fenice, che ricambiò con un suono dolcissimo.
Travolta dalla consapevolezza di quel che stava succedendo, allungò appena una mano, sapendo bene che comunque nessuno di quegli animali si sarebbe avvicinato a lei.
Così improvvisamente come erano comparsi, gli animali cominciarono a svanire.
La cerva e la Fenice invece rimasero ferme a guardarla. Oltre loro, si raccolsero i pochi animali che ancora si potevano vedere: il cervo e l’altra cerva, il cane, il lupo e il camaleonte.
La cerva e la Fenice si volsero verso loro, come richiamati da qualcosa, poi la Fenice cantò, e anche gli ultimi animali presero a sparire.
La Fenice spiccò il volo, dissolvendosi nel cielo sempre più luminoso. La cerva invece rimase ferma ancora qualche secondo, fissando intensamente Dana.
"Va tutto bene. È questo che volevi farmi capire? Volevi dirmi che ora stai bene?"
La cerva rimase immobile, ma il suo sguardo cambiò, diventando quasi più luminoso.
Dana sentì calde lacrime rigarle il volto, mentre sorrideva sinceramente.
"Ho capito, Severus."
La cerva annuì e la guardò ancora per qualche secondo, poi prese la rincorsa e balzò nel nulla, sparendo scintillando dalla vista di Dana.
 
Per qualche minuto non seppe che fare, oltre che rimanere ferma immobile con lo sguardo ancora posato sul Lago e il viso bagnato dal pianto.
Ora Severus stava bene.
Non riusciva a pensare a null’altro. Dunque davvero tutti i sacrifici e tutte le sofferenze erano servite! Ora era con chi lo aveva amato e rispettato, libero da tutti i pesi che gli avevano gravato sul cuore per anni.
Non poté fare a meno di sorridere, travolta dalla gioia di quella nuova e felice certezza.
Severus aveva lottato tanto per questo, e ora aveva avuto la sua ricompensa.
Sapendo di non poter desiderare nulla di più o di meglio per lui, si decise a dargli l’ultimo saluto.
Si volse verso la tomba e prese la bacchetta, facendola muovere appena in direzione della pertica scura. Vi comparve sopra un altro simbolo, un falco, emblema dei Prince nei loro tempi di splendore e suo Patronus.
Non avrebbe mai dimenticato l’uomo complicato e meraviglioso che per anni aveva riempito il suo cuore, ma ora sapeva che doveva lasciarlo andare. Con un ultimo sguardo rivolto al Lago, capì che non solo doveva, ma che di sicuro poteva farlo, perché Severus era finalmente al sicuro.
Ripose lentamente la bacchetta, ammirando il falco e il giglio incisi sul legno scuro, poi prese un bel respiro, libero e sereno, e si incamminò verso i cancelli della scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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