Ha
ucciso Johanna.
Ha
ucciso Eva.
Ha
ucciso Johanna facendola precipitare giù dalla torre
dell’orologio, davanti ai tuoi occhi. L’ha uccisa
anche se aveva già ottenuto
quello che voleva. Il dannato pugnale di Tremotino.
Ha
ucciso Eva. Il giorno del tuo compleanno, lei è morta,
avvelenata.
Avvelenata.
Le ha
uccise. Le ha uccise come aveva ucciso altre persone,
in passato.
UCCISE.
Mary Margaret pensava.
Rifletteva. Sondava quello che c’era dentro di lei. Quello
che era successo. Lo
sondava. Rabbiosamente.
Non
è Regina quella che deve cambiare. Io devo cambiare.
“Cambiare
come?”. La voce di David era preoccupata.
“Ucciderò
Cora.”
Ucciderò.
(quel
mostro. Quel serpente)
Oh,
tesoro, non si pensano neppure certe cose. La voce di sua madre, da
molto lontano. Angosciata. Risuonò nella sua mente,
frammentandosi. Suonò
sbigottita.
Ma lei, invece, voleva
pensarci. Ci stava già pensando. Voleva parlarne.
L’idea esercitava
un’attrazione irresistibile. Creava un equilibrio di logica
che non riusciva a
negare. Eva e Johanna erano morte. Cora le aveva uccise e non aveva
avuto
alcuna pietà. Cora meritava di morire. Aveva ucciso due
persone innocenti e
meritava di morire. Aveva manipolato troppe persone. Anche lei,
quand’era solo
una bambina.
Stai
cercando di convincere te stessa. È orrore, non lo
capisci? È terribile.
(sono
così fiera di te)
Sua madre, sul letto di
morte. Fiera di sua figlia che non aveva accettato di lanciare il
sortilegio
oscuro per salvare la sua vita, in cambio di un’altra.
Ma adesso era diverso. Adesso
era davvero... DIVERSO. Era troppo. Aveva sopportato troppo. Cora aveva
oltrepassato il limite.
Ucciderò.
L’idea della vendetta
aveva
quella spaventosa attrattiva. Quel sinistro scintillio. Quel fascino.
No!
Tu non sei così. Non sei così!
Doveva esserlo. Doveva
diventarlo. Non aveva scelta. Non poteva sopportare la vista di Cora.
Non
poteva più.
Non
sei così.
Ma
devo cambiare. Sono io quella che deve cambiare.
E il pensiero le gelò
la
carne, le fece venire la pelle d’oca. Il sortilegio oscuro.
Devo
farlo.
(una
vita per una vita)
Queste
cose non vanno pensate. Cora avrà quello che si
merita, ma non in questo modo. Non sei così, Biancaneve. Non
puoi fare male.
Perché no?
Perché era
Biancaneve? Henry le avrebbe fatto notare questa cosa. Biancaneve
apparteneva
alla schiera dei Buoni. Non avrebbe mai fatto del male. Non avrebbe mai
pensato
a cose tanto tremende.
Devo
cambiare. Devo uccidere Cora.
Il pensiero era più
forte.
Il pensiero batteva come un maglio nella sua testa. Una pulsazione
continua,
come quella di un cuore.
Cuore.
Il cuore di Cora. Il cuore
che Cora non aveva.
Per un attimo, pensò
anche a
Gold, che moriva lentamente per colpa di quella ferita inflittagli da
Uncino.
Una
vita per una vita.
Cora
non merita di vivere.
Nel suo, di cuore, anche se
ancora non lo sapeva, un macchia nera iniziò a germogliare
in mezzo al rosso.
Nera come la vendetta, come
il desiderio di vendetta che era fiorito nel suo petto. Un papavero
nero.
Nel suo animo, nevicava.
Grossi fiocchi di neve altrettanto nera.
Si muoveva in quel luogo
sotterraneo, passando sotto archi di pietra. Nella
semioscurità. Cercando.
Cercando quello di cui aveva
bisogno.
Si muoveva tra vecchi bauli
polverosi, chiedendosi dove fosse. Dove potesse essere nascosto.
Decisa, sicura.
Si guardava intorno.
I suoi occhi si posarono su
un baule più grande. Che non sembrava affatto chiuso. Si
avvicinò e allungò le
mani per aprirlo... E si aprì.
Si aprì rivelando una
serie
di contenitori. Rivelando il contenitore che racchiudeva un cuore rosso.
Rosso e pulsante.
Lo estrasse e lo posò
sopra
il baule. Sollevò il coperchio.
Il cuore di Cora. Eccolo lì.
Per
un attimo, ebbe voglia di prenderlo in mano. Di prenderlo e di fare
ciò che Regina aveva fatto con il cuore di Johanna.
Stringere. Forte. E poi rilasciare. Stringere e rilasciare. Stringere e
rilasciare.
Biancaneve,
che stai facendo qui? Stai contemplando qualcosa
che non va contemplato. Stai contemplando una strada che non devi
percorrere!
Non sapeva più se la
voce
era di David o di sua madre. O di Johanna. Forse erano le loro voci
mescolate
in un unico tumulto.
Tu
non sei così.
Per un attimo, tornò
bruscamente in sé e chiuse il coperchio con un colpo secco.
Non
è giusto. Non così. Non può succedere
così, lo capisci? Cora
merita di essere punita, ma non è questo il modo. Fermati,
ti prego.
Il suo cuore iniziò a
battere più forte.
Fermati,
ti...
(ed
Eva? E Johanna? Hai visto cos’ha fatto a Johanna, vero?
Hai visto come l’ha scaraventata giù dalla torre.
Nessuna pietà. Nessuna. Solo
quel dannatissimo sorriso. Quell’odioso sorriso. Ed Eva?
È morta il giorno del
tuo compleanno. Avrebbe dovuto essere un giorno felice e lei
l’ha distrutto.
L’ha reso il più brutto della tua esistenza!
Avresti dovuto farlo allora!
Avresti dovuto ucciderla allora e salvare tua madre, che era innocente,
che era
buona! Avresti dovuto ripulire il mondo da una simile
malvagità già quand’eri
una ragazzina. Ti sei tirata indietro perché hai avuto
paura. Adesso lascia
perdere la paura. Fallo! Impediscile di fare ancora del male!
UCCIDI.
CORA.)
Rialzò il coperchio.
Mise a
tacere le voci e rialzò il coperchio. Poi estrasse la
candela, che era nera da
una parte e bianca dall’altra. L’accese.
Si chinò leggermente
in
avanti. Sentì odore di cera. E di fumo. Si chinò
verso la sezione nera della
candela.
Si chinò verso la
morte.
(nera
com’è nera la neve che cade senza sosta. Ora la
nevicata non è più solo una nevicata... Ora la
nevicata è una tormenta. È una
tormenta nera)
Un nome solo uscì
dalle sue
labbra, dopo un brevissimo e ultimo momento di esitazione.
Cora.
Ancora una volta, sulla
fiamma. A voce bassa. Poco più di un sussurro.
Cora.
E il sussurro
riecheggiò.
Nella sua testa. Persino tra le pareti di quel luogo.
(una
vita per una vita)
CoraCoraCoraCoraCoraCora.
Spettrale. Gelido. Gelido
come la tomba. Gelido come la neve.
(nera,
neve nera, una tempesta di neve)
Si ritrovò davanti a
Regina.
Senza alcun preavviso. Con la scatola che conteneva il cuore maledetto
stretta
tra le mani.
Il nome di Cora che ancora
riecheggiava nella testa. La fiamma della candela stampata nella
retina.
(Eva
stampata nella retina, Johanna che cade dalla torre
stampata nella retina, imprimi bene queste immagini dentro di te)
- Non hai alcun diritto di
essere qui. Non hai alcun diritto di avere... quello! – La
mano guantata di
Regina indicò il contenitore.
(con
calma, parla con calma, fai un passo alla volta, non
deve capire)
- Volevo portartelo. –
rispose. E si sorprese, notando quanto la sua voce fosse ferma. Anche
il suo
sguardo era fermo. Fisso su Regina.
- Cosa?
- Non può amarti, lo
sai.
Non ha un cuore. Ecco perché non hai mai avuto la sensazione
che ti amasse. Non
ha un cuore. Ma io ce l’ho.
Oh, sì. Si sorprendeva
a
parlare con scioltezza. E a sorridere, anche. Abile nel snocciolare una
serie
di frasi ad effetto, verità che avevano un potere. Non aveva
preparato il
discorso in anticipo. Eppure quelle parole erano lì. Erano
lì...
(sotto
la neve. Sotto la neve nera, in mezzo alla tormenta)
- Tu faresti questo per me?
- Pensaci: cosa accadrebbe
se Cora avesse un cuore? Se l’avesse dentro di lei?
(morirà.
Non appena il cuore sarà nel suo petto, lei
morirà.
Non so quanto ci vorrà, poco forse. Ma morirà.
Morirà e qualcun altro vivrà...
Morirà perché lei non aveva nessun diritto di
uccidere Johanna, nessun diritto
di uccidere mia madre. Capito, Regina? Lei. Non. Aveva. Nessun.
Diritto!)
Per una frazione di secondo,
qualcosa che era sepolto...
(sepolto
sotto la neve più nera)
...qualcosa che era sepolto
riemerse. Cercò di ribellarsi. Di dirle che era sbagliato.
Che la stava
ingannando. Che era crudele.
(non
farlo, non sei così)
Fu un attimo. Ma non vi
furono cambiamenti di sorta sul suo viso.
(sepolto
sotto la neve più nera... Anche Regina ha avuto una
parte nella morte di Johanna. Oh, non l’ha uccisa lei, no...
Ma ricordo il suo
sorriso compiaciuto davanti alla mia sofferenza e alla sua morte...)
- Mi ha detto che l’ha
rimosso per proteggere se stessa... – stava dicendo Regina.
- Non ha funzionato...
Mentre era occupata a
parlare, vedeva l’espressione di Regina. Vedeva cosa le
passava negli occhi.
Vedeva sul suo viso cosa le passava per la testa. E capì di
averla quasi
convinta. Una parola dopo l’altra, l’aveva quasi
convinta.
Era come se stesse spingendo
Regina. Erano spinte mentali.
(Più
forte. SPINGI. PIU’. FORTE.)
- Non può amare.
Quindi non
può amarti.
- Ha sempre voluto il meglio
per me. Questo è amore.
(no,
ha sempre voluto quello che era meglio per LEI! Ha
sempre voluto che tu, Regina, fossi come lei. Ti ha manipolata. Oh,
quanto sei
stupida. Come fai a non capire?)
- Immagina il vero amore.
Avresti una madre. Potresti costruire una famiglia della quale Henry
potrebbe
fare parte.
Pensò a se stessa. E a
sua
figlia. Ad Emma. A quanto l’amasse. Non fu difficile cacciar
fuori queste
parole, perché pensò al suo amore verso sua
figlia. Verso l’uomo che aveva
sposato.
(impostora)
Qualcosa che si smuoveva.
Sotto. In profondità. Stava riemergendo.
(sotto
la neve nera)
- La scelta è tua.
Una scelta. Come quella che
lei aveva dovuto compiere in cima alla torre per salvare Johanna. Che
poi non
era una scelta. Qualsiasi scelta avesse fatto, Johanna sarebbe morta
comunque.
Nessuna scelta. Solo... l’illusione di una scelta.
Una
vita per una vita.
Tese il contenitore verso
Regina.
(oh,
cos’hai fatto? Ero così fiera di te)
Trasalì. Mary Margaret
uscì
all’aria aperta e trasalì. Il sole
sembrò troppo luminoso e quasi
l’accecò. Improvvisamente,
aveva freddo. Freddo dentro e fuori. Improvvisamente, aveva
l’impressione che
mille occhi la stessero scrutando. Che mille occhi
l’accusassero.
(oh,
cos’hai fatto? Ero così fiera di te)
Ed era come se sua madre
fosse lì, a parlarle in un orecchio.
Era come se tutto apparisse
sotto una luce diversa. Era come se...
(la
neve si è sciolta)
...come se là sotto,
per un
po’, ci fosse stato qualcun altro. Qualcun altro che ora si
era ritirato.
Mary Margaret vacillò.
Le
sue ginocchia cedettero e lei sedette. Sedette, prendendosi la testa
fra le
mani.
Uccidere Cora.
Uccidere Cora, passando
attraverso Regina. Usando Regina. Ingannando Regina.
- Cos’ho fatto? Come ho
potuto?
Il
dolore, Biancaneve. Spesso il dolore è la fonte che
permette al male di alimentarsi e di sopravvivere. Il male si
è alimentato del
tuo dolore e del tuo rancore. Li ha raddoppiati. Li ha moltiplicati.
Dovevi
scacciar via ciò che bussava alla porta del cuore e della
mente. Ed ora il
risultato è semplice: tenebra totale. Rimorso e tenebra. Ed
è troppo tardi.
- Questa non sono io.
Rimase lì seduta per
un bel
pezzo.
Fino a quando David non la
trovò.
Nel suo cuore, la macchia
nera si era allargata. Pulsava, in mezzo al rosso.