Note d'autore: Ho scritto questa one-shot oggi. Non era pianificata per questa storia, ma dopo la triste notizia di ieri di Cory ho voluto scrivere un capitolo con Finn. E ovviamente volevo fosse fluff. Non è betato, quindi mi scuso in anticipo per gli errori.
RIP Cory.
Note traduttore: Mi dispiace pubblicare la storia in ritardo, anche se il dolore per la perdita del fandom non si è affievolito. Spero vi porti un sorriso in questo momento triste.
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“Papi?” Una piccola voce riecheggiò nell’altrimenti
silenziosa cucina.
“Che succede raggio di sole?” Blaine si voltò dal bancone
dove lui e suo marito stavano preparando la colazione per guardare sua figlia.
“Ti piace questo disegno?” La bimba di cinque anni tenne il
disegno sul suo petto così che lui potesse vederlo.
“È bellissimo.” Blaine le sorrise e le carezzò una guancia.
“Papà?” Chiese di nuovo e Kurt sapeva che era il suo turno
di dare un opinione al disegno.
“Penso sia davvero bello tesoro. Vuoi che lo metto sul
frigorifero?”
“No. È per zio Finn. Pensi che gli piacerà?” Blaine osservò
la figura un'altra volta e realizzò che il grande uomo disegnatovi sopra era
probabilmente suo cognato.
“Certo. Lo amerà. Ne sono sicuro.”
“Grandioso. Pensi che lo farà sorridere? Voi sorridete
sempre quando io e Nate vi diamo un disegno.”
“Si, sorriderà assolutamente.”
“Okay.” La piccola disse e saltò in piedi. “Vado a darglielo
adesso.”
“Nellie, zio Finn sta ancora dormendo. Aspetta che si svegli.”
“Ma io non voglio più che è triste. Voglio che sorride ed è
felice…” I padri si scambiarono dei sguardi confusi. Kurt si sedette su una
sedia e si mise sua figlia sul grembo.
“Perché pensi che zio Finn sia triste?”
“Ha pianto ieri quando stava parlando con voi. Lo abbiamo visto…”
Blaine si inginocchiò davanti a loro e prese le mani di lei tra le sue.
“Zio Finn non stava piangendo perché era triste principessa.
Stava piangendo perché era molto felice.” Nellie lo guardò accigliata,
chiaramente non credeva ad una singola parola di quello che lui le aveva detto.
Le persone non piangono quando sono felici. Sorridono e ridono. Aveva cinque
anni. Non era una bambina che non conosceva la differenza tra l’essere triste e
felice.
“Io non piango quando sono felice.” Affermò. “Piango solo quando
sono triste. Perché invece non rideva?” Kurt scosse la testa con un sorriso
divertito.
“Perché a volte gli adulti sono talmente felici che
cominciano a piangere. E ieri quelle erano lacrime di gioia tesoro. Te lo
giuro, zio Finn non è triste.”
“Vai a toglierti il pigiama. Puoi aiutarci con la colazione
mentre aspettiamo che si sveglia.” Suggerì Blaine e lei annuì, ancora confusa
dal motivo per cui gli adulti avrebbero dovuto piangere quando non erano
tristi. Sembrava una cosa stupida.
Nella strada per arrivare alla sua stanza passò quella degli
ospiti e la curiosità ebbe il sopravvento su di lei. Aprì lentamente la porta
per convincersi che il suo amato zio stesse davvero dormendo – cosa che era
vera. Chiudendosi la porta dietro corse nella stanza di suo fratello.
“Nate?” Sussurrò entrata nella stanza. Nessuna risposta.
“Nate?” Arrivò al letto, dove era visibile la figura di suo fratello sotto le
coperte. Nate stava apparentemente dormendo come Finn. Gli diede una gomitata
con un po’ troppa forza per una bambina di cinque anni. “Nate?”
“Hmmm?” La testa di suo fratello apparve quando lei gli tirò
via le coperte.
“Stai dormendo?” Chiese innocentemente.
“Non più.” Mormorò Nate. Dio sa che amava sua sorella più
della sua stessa vita, ma a volte lo faceva impazzire.
“Guarda.” Disse mettendo il disegno proprio davanti i suoi
occhi assonnati.
“Carino.”
“È per zio Finn. Così non sarà triste.” Nate si sedette
immediatamente. Lui non aveva niente per rendere suo zio felice. Non era molto
portato per l’arte. Almeno era quello che i suoi genitori gli dicevano quando
non volevano dirgli che era un caso senza speranze nel campo artistico. Infatti
Nellie e Nate non sapevano cantare né ballare, ma in aggiunta a tutto questo,
Nate non sapeva neanche disegnare.
“Non preoccuparti.” Nellie cercò di confortarlo non appena
sentì la tensione in lui. “L’ho firmato da parte di entrambi. Vedi?” Indicò un
angolo del disegno. C’erano due chiare firme con calligrafia infantile.
“Grazie… Vorrei saper fare un disegno da solo.” Sospirò
Nate.
“Sai fare dei disegni da solo. È solo che non ti piacciono.”
Gli ricordò Nellie.
“Perché sono orribili…”
“Beh, non puoi essere bravo in tutto.” Disse lei con
sagacia. “Sei il bambino più intelligente di tutta la classe. Puoi fare molto
di più che un disegno. Un giorno puoi essere un dottore. Ecco quanto sei
intelligente. Io posso fare un disegno, ma non posso essere un dottore. Non
sono abbastanza intelligente per quello. Ma tu lo sei Nate. Un giorno aiuterai
nonno Burt a stare meglio quando andrà di nuovo in ospedale. E non dovrai
preoccuparti di fare dei disegni perché i bambini che tu aiuterai li faranno
per te.”
“Si, potrei fare questo.” Nate sorrise e si mosse di più
contro il muro così che sua sorella potesse sedersi accanto a lui sul letto.
“Papi dice che zio Finn non era triste quando stava
piangendo, ma io penso che stava mentendo.”
“Allora perché piangeva?”
“Mi hanno detto che a volte gli adulti piangono quando sono
davvero felici… ma è strano. Non pensi?”
“Si. Io piango solo quando sono triste. Papà ha pianto
quando nonno Burt è andato in ospedale l’anno scorso e papi lo ha stretto per
tanto tempo. Ti ricordi? Erano entrambi tristi.”
“Me lo ricordo. Gli abbiamo fatto dei disegni… Andiamo nella
stanza di zio Finn. Forse si è alzato.” Propose Nellie e Nate saltò dal suo
letto in un istante. Silenziosamente si incamminarono verso la stanza e
aprirono la porta. Finn stava dormendo beatamente e i due fratelli non sapevano
cosa fare. Nellie sapeva che i loro papà si sarebbero arrabbiati se avessero
svegliato loro zio. Quindi si arrampicarono sul letto e poggiarono le loro
piccole teste sul suo petto. Le coccole erano una meraviglia quando qualcuno
era triste. Facevano stare meglio. C’erano stati migliaia di momenti in cui le
coccole erano state necessarie nella famiglia Anderson-Hummel e Nellie e Nate
erano i migliori coccoloni del mondo intero. I loro padri dicevano così, e loro
non mentivano mai. Beh, a parte per la strana cosa del piango perché sono felice, ma i bambini sapevano esserci qualcosa dietro
e continuavano a considerare i loro genitori degni di fiducia.
“Buongiorno.” Gli disse Finn non appena loro trovarono una
posizione ai suoi fianchi.
“Abbiamo un disegno per te.” Disse Nellie dandogli il
figlio. Finn si sedette così da poterlo guardare meglio e un gran sorriso
apparve sul suo volto.
“Grazia ragazzi. È meraviglioso.”
“Siamo noi quando ci hai portato al parco di Columbus.” Finn
osservò il disegno. C’era un grande uomo in piedi accanto alle giostre con due
bambini seduti sui cavallucci.
“Eravamo felici allora, te lo ricordi?” Chiese lei ansiosa
mentre pensava che suo zio avrebbe potuto dimenticare il loro viaggio.
“Si, certo che mi ricordo. È stata una meravigliosa giornata
passata insieme.”
“Non vogliamo che tu sei triste zio Finn.” Disse Nate in un
sussurro.
“Piccolo, non sono triste.” Lo rassicurò Finn e baciò la
testa di entrambi. “In realtà sono molto felice.” Ghignò e li avvicinò a se.
“Ma tu ieri stavi piangendo quando parlavi con papà e papi.”
Gli ricordò Nate.
“È vero. Piangevo. Ma non perché ero triste. Piangevo perché
ero molto, molto felice.” I fratelli sospirarono. Cosa ci trovavano gli adulti
nel piangere quando erano felici?!
“Volete sapere un segreto?” Chiese loro Finn con voce bassa.
“Ma non potete dirlo a nessuno.” Continuò adocchiandoli. Annuirono con fervore
e fecero segno di chiudersi le labbra con una cerniera per fargli sapere che
non avrebbero detto niente ad anima viva. Finn allungò un braccio e prese
qualcosa dal comodino.
“Guardate questo.” Stava tenendo in mano un piccolo
foglietto nero con una strana forma sopra.
“È una foto dell’universo?” Nate era sicuro di aver visto
foto simili nelle sue enciclopedie.
“No, non è una foto dell’universo. È la foto di un bambino.”
“Un bambino?” Chiesero insieme i fratelli, guardarono la
foto con occhi spalancati.
“Dov’è il bambino?”
“Qui.” Finn indicò qualcosa che sembrava un fagiolo.
“È un bambino senza corpo?” Nellie davvero non capiva cosa
suo zio stesse cercando di mostrare loro.
“No, è il corpo di un bambino, ma adesso è molto piccolo. Il
bambino ha bisogno di crescere nella pancia della mamma.”
“Hai fatto la foto di un bambino dentro una pancia?” Nate
non riusciva a crederci. Una foto dell’universo sarebbe stata molto più fica.
“Beh, si. È la prima foto di vostro cugino. Zia Suzie e io
avremo un bambino tra qualche mese.”
“Saremo cugini?” Strillò Nellie eccitata.
“Si. Lo sarete. Sarete i cugini più meravigliosi di tutto il
mondo. Che ne dite? Vi piace?” Il viso di Nate probabilmente faceva male per
quanto era grande il suo sorriso. Forse la foto dell’universo sarebbe stata più
fica della foto di un bambino fagiolo, ma essere un cugino maggiore superava
tutto.
“Quando uscirà dalla pancia?” Chiese.
“Ci vorrà un po’. Il bambino dovrebbe nascere a metà
estate.”
“Fantastico! Non saremo a scuola! Posso aiutarti a spingere
il passeggino? Amo spingere i passeggini. Ti prego, ti prego, ti prego.” Pregò
Nellie.
“Si. Certo che puoi.”
“È una femmina o un maschio?”
“Non lo sappiamo ancora Nate.”
“Potete scegliere?”
“No, non possiamo scegliere.” Finn rise.
“Ma papà e papi ci hanno scelto.”
“Si, loro potevano scegliervi perché eravate già nati. Il
mio bambino non è ancora nato.”
“Non è ancora nato ma tu sai che è già tuo?”
“Beh, si. È mio e di zia Suzie.”
“Zia Suzie ha il bambino nella sua pancia?”
“Si, è lì.”
“Ieri stavi piangendo perché non puoi scegliere se è un
maschio o una femmina?” Chiese Nate con compassione.
“No piccolo. Non mi interessa se è una femmina o un maschio.
Piangevo perché volevamo avere un bambino da tanto tempo e finalmente ne avremo
uno. Sono felicissimo.”
“Quindi gli adulti piangono davvero quando sono felici?”
“Si, lo facciamo.” Finn annuì. “È una cosa stupida, vero?”
“Si, lo è.” Nate e Nellie ridacchiarono.
“Ti vogliamo bene zio Finn.” Nellie disse e lo abbracciò.
Nate semplicemente sorrise e sollevò una mano per dare a suo zio il cinque.
“Vi voglio bene anche io.”