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Autore: redeagle86    11/02/2008    0 recensioni
In una Tokio in stile Al Capone, una KxH tinta di sangue, omicidi, dove la speranza di una redenzione sembra lontanissima. A chi l'ha già letta, consiglio di rifarlo, perchè l'ho modificata!!!
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Cap

Cap. XII°

Gli artigli del gatto

 

Uno sparò sovrastò il suono del clacson, e fece un buco nella porta della suite, frantumando il legno. Un colpo di fucile a così breve distanza!

Kei si nascose dietro la cassa con il coperchio aperto, mentre qualcuno prendeva a calci la porta con il tacco dello stivale: udì il legno andare in pezzi e il metallo spezzarsi. Bloody Mary entrò e, non vedendo Kei, sparò cinque colpi in rapida successione, per tutta la stanza, colpendo anche la porta della camera da letto e il muro.

Due colpi raggiunsero il coperchio della cassa

L’uomo con il fucile si fermò sulla soglia per ricaricare, la stanza davanti a lui sembrava vuota. Kei saltò fuori da dietro la cassa e sparò quasi alla cieca con la calibro 45. Il proiettile colpì il divano vicino alla porta. Yuri si precipitò dietro il tavolino su cui era appoggiata una lampada di cristallo, e si abbassò per finire di ricaricare l’arma.

L’Angelo, rannicchiato dietro la cassa, riusciva a vedere il punto in cui i proiettili avevano colpito il coperchio.

Respirando a fatica contò quante pallottole gli restavano; nella stanza regnava un silenzio irreale, interrotto solo dal rumore del suo nemico che ricaricava il fucile; il tempo sembrava essersi fermato.

Non vide il suo avversario alzarsi, ma due colpi penetrarono nella cassa e la scaraventarono con forza contro di lui, spingendolo sul pavimento, di fianco e privandolo del riparo.

Nel momento in cui si rese conto di essere esposto, il ragazzo dai capelli argentei sparò tre colpi in rapida sequenza: un di questi mandò in frantumi la lampada di cristallo sul tavolino. Le schegge volarono dappertutto e colpirono in pieno viso Yuri, come le punture di decine di terribili api.

Ivanov urlò per la sorpresa e il dolore e cadde sulle ginocchia. Kei, ancora steso di lato, perfettamente visibile, continuò a sparare, ma i proiettili servirono solo a spingere l’altro, ferito e dolorante, a cercare rifugio dietro il divano imbottito.

Kei si accorse di sparare a vuoto, quindi lanciò un’occhiata a Bloody, rannicchiato dietro il divano: con una mano si toccava il viso insanguinato, con l’altra stringeva il fucile, impotente, almeno per il momento.

Sfruttò il momento di calma: si alzò in piedi, corse verso la porta della camera da letto e iniziò a prenderla a calci. Riuscì a romperla quel tanto da far passare il braccio e girare la chiave.

Entrando, si voltò rapidamente, ricaricando l’arma. Gianni era riverso sul letto, di schiena, con la bocca e gli occhi aperti e una chiazza di sangue sulla giacca da camera. Spruzzi scarlatti macchiavano anche la parete e la testiera. Una delle pallottole del fucile aveva colpito il contabile, dandogli un’ultima lezione sul mondo del crimine.

La camera da letto aveva un’altra uscita: Kei passò da lì e corse via lungo il corridoio, scendendo poi la scala antincendio e, nel giro di pochi secondi, stava avviandosi verso il parcheggio.

Non si avvide che Yuri Ivanov, nel frattempo, era riuscito a raggiungere la finestra e ad aprire le tende, aveva estratto un revolver a dalla tasca del soprabito, si era ripulito dal sangue e, infine, aveva preso la mira. Nessuna scheggia gli era finita negli occhi, per sua fortuna.

 

Hilary riconobbe immediatamente Kei che usciva dal vicolo, ingranò la retromarcia e indietreggiò per andargli incontro. Nessuno dei due perse tempo, ma due spari li scoraggiarono entrambi: sul tetto della Jaguar si aprirono due fori e i raggi del sole penetrarono nell’abitacolo. La ragazza sentì l’amico gridare:

-Vai! Vai!

E lei sapeva che, nonostante andasse contro il suo cuore, non poteva disubbidirgli.

Cambiò marcia e iniziò ad accelerare, mentre Kei correva accanto all’auto. Aprì la portiera ed era quasi salito, quando si udì un altro sparo e Kei ritrasse la spalla, sussultando per il colpo.

Eppure, in un modo o nell’altro, riuscì a salire sulla Jaguar e a chiudere la portiera, gridando ancora:

-Vai! VAI!

Hilary era spaventata, ma sapeva che l’Angelo era stato ferito, perciò fece del suo meglio: premette l’acceleratore, spingendo fino al limite della velocità, procedette a zigzag lungo il traffico mattutino, mentre le sirene ululavano dietro di loro.

Raggiunta finalmente la periferia, si voltò verso Kei, che si teneva la spalla sinistra con la mano: il sangue gli scorreva in mezzo alle dita, formando righe rosse sul braccio.

Il ragazzo scorse il panico sul volto di lei e disse:

-Sto bene, non preoccuparti. Guarda la strada.

Hilary continuò a guidare.

 

Nella suite, Yuri Ivanov si inginocchiò come se fosse sul punto di mettersi a pregare, ma non congiunse le mani: le allungò davanti a sé, con il palmo rivolto verso l’alto.

Le mani che si era portato al volto, devastato dalle schegge di vetro. Mani coperte di sangue, grondanti di rosso.

Era spaventato.

Era come se tutto il sangue di cui si era macchiato fosse lì davanti a lui.

  
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