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Autore: Lenni    02/08/2013    3 recensioni
Willow Mellark è cresciuta e, da brava adolescente, anche lei è in guerra fredda con la madre. Parentele ingombranti come quella con la Ghiandaia Imitatrice e il Ragazzo del Pane, gli Sventurati Innamorati del Distretto 12, possono essere dure da sopportare quando hai solo 16 anni.
Cosa dovrebbe succedere se, nel tentativo di proteggere chi ami, dovessi vivere vittima dei silenzi rotti solo dai pianti e le grida notturne? Cosa dovrebbe succedere se, nel corso di uno dei crolli emotivi notturni di Katniss, Willow trovasse il Libro della famiglia Everdeen, continuato dai suoi genitori con i particolari delle loro storie che le erano sempre rimasti nascosti? E se Willow volesse dare un volto a quei nomi, cosa dovrebbe accadere?
La Ghiandaia Imitatrice, la Ragazza in Fiamme, la Sventurata Innamorata del Distretto 12, la ragazza dei boschi che vive cacciando: chi è veramente sua madre?
[SPOILER! Hunger Games / La Ragazza in fiamme / Il canto della Rivolta]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Io scommetto ancora su di te.







«Will!»

«Papà?»

Mi volto e gli occhi azzurri di papà sorridono, prima di lasciarmi andare.

«Stai attenta, mi raccomando.»

«Sto solo andando a scuola!» gli ricordo scuotendo la testa «Mica in guerra.»

«Non scherzare, Willow» 

Mamma compare in fondo alla stanza, insieme allo sguardo serio e freddo che ogni tanto le macchia gli occhi.
«Non puoi mai sapere cosa - »

«Mamma, rilassati!» la interrompo prima di poter concludere la frase, anche se la cosa la fa infuriare ogni volta, e prima di uscire le sorrido, cercando di attenuare l’ira materna che mi si abbatterà addosso «Sto solo andando a scuola e andrà tutto bene, perché starò attenta. Adesso però devo scappare, altrimenti mi daranno per dispersa!»

Afferro una mela e esco gridando un “vi voglio bene!”, lasciando papà alle prese con l’isteria inevitabile di sua moglie.
Io non la capisco quella donna: ha un marito che la ama, due figli in salute e tre pasti caldi ogni giorno, eppure sembra sempre che le manchi qualcosa. È spesso scontrosa, infelice, durante la notte grida e piange forte impedendoci di dormire: poco conta che papà sia vittima dell’insonnia da anni, ormai la sua presenza non le basta più da un pezzo.
A volte vorrei fare qualcosa per lei, ma per un motivo o per un altro mi freno sempre: lei non mi ha mai voluta.
Sia io che Rye, per lei, siamo stati un regalo inaspettato e indesiderato: credo sia persino andata in depressione, durante i miei primi anni di vita. Papà dice che è meschino biasimarla per questo, che col tempo capirò il perché dei suoi atteggiamenti e delle sue grida nel cuore della notte, ma non sono così certa di volerlo. Dovrebbe essere lui a soffrire, a lamentarsi, con quella gamba d’acciaio sotto i pantaloni, e invece ha sempre una parola buona e una focaccina al formaggio per tutti. Lei crede veramente che basta qualche cicatrice del suo passato da cacciatrice a giustificarla?
Be’, io non credo proprio.
 

«Buon giorno della Ghiandaia, Will!» trilla Rosemary, vedendomi arrivare.
Senza fermarmi, continuo a trangugiare la mia mela. «Grazie.» bofonchio.
Odio Rosemary Fitch, lei e i suoi stupidi riccioli biondi, lei e i suoi stupidi auguri per questo stupido giorno.
Il giorno della Ghiandaia è il giorno in cui commemoriamo la caduta di Capitol City, metropoli che tiranneggiava i tredici distretti circa trent’anni fa. I miei genitori, zio Haymitch e tutti gli altri vincitori degli Hunger Games furono il fulcro della rivolta che provocò migliaia di morti e che ci diede la libertà. Pare che mia madre, Katniss Everdeen, fosse la Ghiandaia Imitatrice che con una scintilla fece bruciare il fuoco dell’insurrezione: ribellandosi durante i settantaquattresimi giochi, salvò lei e mio padre, Peeta Mellark, dando così coraggio ai cittadini dei distretti, che scatenarono una vera e propria guerra. Fu terribile, sanguinosa e cruenta, almeno stando ai libri di storia – i miei evitano l’argomento ogni volta, papà comincia a sorridere nervosamente e mamma cade vittima degli attacchi isterici.
L’unica informazione che negli anni sono riuscita a strappare è stata quella in merito alla morte di mia zia Primrose, morta per colpa di un attacco aereo mentre recava aiuti medici ai feriti.
Non l’ho mai conosciuta, ma papà dice che era una ragazzina meravigliosa e che sarebbe stata un ottimo medico. Mamma non dice niente, lei piange e basta.

Ho parentele importanti, insomma, e questo crea problemi: chiunque vuole essermi amico per il semplice fatto che sono la figlia della Ghiandaia Imitatrice e del Ragazzo del Pane, gli Innamorati Sventurati del Distretto 12.

Non so che darei per essere solo Willow, Willow Mellark, sedicenne del Distretto 12 e basta. Tolto papà, credo che manderei al diavolo tutti gli altri, comprese zie e nonne mai conosciute, lasciando che le Rosemary Fitch di tutto il mondo annoiassero altri anziché me. Peccato che non sia così facile.

Una voce, in fondo al cortile, mi riporta alla realtà.
«Se noi bruciamo … »
Sputo il torsolo della mela per terra, prima di rispondere con un ghigno:
« … voi bruciate con noi!»

Heat, il mio migliore amico di tutti i tempi, ricambia la mia smorfia con un inchino.

«Lieto giorno della Ghiandaia, signorina Mellark»
«A lei, signor Mindfight»

Ridiamo e ci avviciniamo all’entrata delle nostre classi, chiacchierando del più e del meno.

«Perché non dai una possibilità a Rosemary?» mi chiede, nel chiaro tentativo di farmi arrabbiare «È una ragazza tanto alla mano che - »
«Heat, stai forse cercando di dirmi qualcosa?»
«Non capisco, cosa intendi?»
«Sai, mandi messaggi subliminali … »
«Andiamo, Will, sai che per quei messaggi sei l’unica a cui miro, non ti tradirei mai, mon amour!»

Si spinge in avanti cercando di appiccicarmi un bacio sulla guancia, però riesco a spingerlo via.

«Fanculo, Mindfight, sei sempre il solito Casanova.»
«Sai che sarai mia, Mellark.»

Ridiamo ancora e prendiamo posto nell'auditorium, in attesa che la signorina Trinket cominci il suo solito discorso: anche i miei genitori sono invitati alla celebrazione, ma forse non saranno presenti. Difficilmente gli ex vincitori si presentano sempre tutti, vittime dei ricordi, faticano ad andare avanti: quest'anno, in ogni caso, noto un numero più fitto di personaggi mai visti prima.
Tra loro, un uomo bello e alto, guarda il pubblico assorto. Ha un qualcosa di conosciuto, come di già visto, ma non riesco a focalizzare. Ha gli occhi grigi e acquosi, tipici del Distretto 12, e i muscoli gonfi e tesi sotto alla camicia. L'ho visto alcune volte in TV, attimi prima che mio padre cambiasse stizzito canale, e questo fatto mi induce incosciamente a pensare male di lui: se non piace a papà, deve per forza essere cattivo. O idiota, almeno.
L'uomo però mi è familiare, non solo per la TV, e forse non è poi così idiota o cattivo: difficilmente sbaglio con le prime impressioni, continuo a guardarlo e sento dentro di me qualcosa che non quadra, qualcosa di irrisolto, come un ricordo sbiadito.
Davanti al palco, la mamma ha preso posto, intanto: così pallida e esile, sembra fragile e indifesa. Vorrei abbracciarla, ma per un motivo o per un altro non lo faccio. La guardo di lontano, lasciando che Heat mi stordisca con le sue parole.

Il silenzio cale e la signorina Trinket, in perfetto equilibrio sui suoi tacchi sedici, comincia a parlare.
  
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