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Autore: S h i n d a    03/08/2013    7 recensioni
[TakuRan]
In questa fanfiction il calcio non c'entra assolutamente nulla. Shindou e Kirino sono due musicisti venuti in Italia per un viaggio-studio.
C'è anche la presenza di Kariya (anch'esso musicista), ma è il miglior amico di Kirino, niente RanMasa.
Direttamente dalla fanfiction:
«Kirino-kun, chi è così pazzo da accettare di suonare un brano del genere con un solo mese di tempo?» Gli aveva chiesto il suo migliore amico, soprannominato dal rosa “colui che distrugge i sogni altrui”; anche a lui gli avevano proposto quel viaggio studio in Italia ed egli non si era fatto scappare via l’occasione.
«Sei davvero di aiuto, Kariya.»
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kariya Masaki, Kirino Ranmaru, Shindou Takuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata: ad H a r m o n i c s, alla quale voglio davvero bene.♥
Personaggi: Shindou takuto, Kirino Ranmaru, Kariya Masaki.
Pairings: TakuRan.
Parole: Secondo Word, 4.029
Note Autrice: In fondo alla pagina. ↓


 

 






«Ranmaru, se al concerto vuoi poter suonare, devi trovare un pianista accompagnatore.»

Il suo sogno era quello di poter suonare insieme ai suoi compagni di strumento ad uno di quei concerti istituiti dal Conservatorio. 
Gli erano sempre piaciuti i palazzi italiani, nel quale, si esibivano la maggior parte dei musicisti con talento del proprio Istituto Musicale e desiderava farne parte anche lui un giorno. 
Era il suo desiderio fin da quando aveva iniziato a suonare, e quando la sua scuola in Giappone aveva proposto a lui ed altri pochi ragazzi di andare a studiare musica per tre anni in Italia, per poco non scoppiava a piangere per la commozione. 
Ora poteva farlo, gli era stata data la possibilità di eseguire una sonata in pubblico ma c’era un piccolo problema.
Non aveva il pianista. 

«Kirino-kun, chi è così pazzo da accettare di suonare un brano del genere con un solo mese di tempo?» Gli aveva chiesto il suo migliore amico, soprannominato dal rosa “colui che distrugge i sogni altrui”; anche a lui gli avevano proposto quel viaggio studio in Italia ed egli non si era fatto scappare via l’occasione. 
«Sei davvero di aiuto, Kariya.»
«Davvero, tutto ciò è roba da triennio, non da corso base, nessun pianista con un po’ di cervello accetterà. Ti consiglio di sprecare il tuo tempo a studiare per gli esami che si avvicinano.»
«Non capisci! È troppo importante per me, e poi, lo sai che i concerti danno dei punti?» 
«… E allora?» Il verde estrasse il proprio libro di Teoria e Solfeggio «l’unica cosa che m’interessa è passare questi odiosi esami di Solfeggio, non ci tengo ad essere bocciato.» 
«Allora non capisci!» Gli afferrò il libro e lo chiuse di colpo, il tutto accompagnato da un’imprecazione dell’amico «se da grande vuoi far carriera con la musica, con più punti le tue probabilità di riuscita aumentano, e i punti si possono ottenere solo facendo concerti o vincendo concorsi.» 
«Va bene, va bene. Ho capito!» Si riprese il proprio libro «hai bisogno di un pianista. Ti aiuterò, a patto che la sera non ti azzarderai mai più a suonare il tuo piffero ad orari assurdi.» 
Era fatta; Kariya conosceva mezzo Conservatorio, di sicuro avrebbe trovato qualcuno «grazie, ti sono debitore, farò tutto ciò che vuoi.»
«Oh, è sempre bello far patti con te… va’ a comprarmi un Chinotto alle macchinette automatiche» ghignò lanciandogli una moneta.
«Oh beh, m’immaginavo qualcosa come “Fammi copiare il Dettato all’esame di Solfeggio”» borbottò il rosa alzandosi dai gradini nei quali erano appostati, facendo attenzione a prendere lo zaino contente tutti i suoi libri e il proprio flauto, e incamminandosi lungo il corridoio. 
«Oh» gli urlò di rimando l’amico «quella è la seconda cosa che ti chiederò!» 
Maledizione, doveva starsi zitto. 

Finalmente era arrivato nella sala dove si trovavano le macchinette. 
Di essere, era molto piccola; il pavimento fatto a scacchiera bianco e nero entrava in contrasto con le pareti color arancione acceso. 
A parte i tre distributori automatici, dai quali la gente prendeva la propria merenda o qualcosa di fresco da bere, c’erano alcune sedie con un tavolo dove, di solito, sedevano i parenti (normalmente erano i nonni) che aspettavano che il figlio o il nipote finisse la lezione per poi tornare a casa.

Quel giorno non c’era nessuno, per fortuna, non sopportava quegli sguardi fissi su di lui, lo mettevano a disagio. 
Nel mentre ringraziava mentalmente il fatto che era solo, estrasse la moneta che gli aveva dato Kariya. 
Erano solo dei miseri venti centesimi, per un chinotto ce ne volevano minimo altri ottanta. 
Maledisse l’amico e guardò sconsolato, attraverso il vetro, la bottiglietta di Chinotto, se non gliela avesse portata avrebbe potuto dire addio al pianista. 
Cercò nelle proprie tasche e constatò il fatto che fosse anche lui al verde. 
«Ti odio Kariya.» 
«C’è qualcosa che non va?» Una voce estranea, che non aveva mai sentito e con un buffo italiano, lo distrasse dai suoi pensieri. 
Si voltò di colpo e lo vide.
Shindou Takuto. 
Uno tra i migliori pianisti mai esistiti; e, dovette ammettere, anche un buon cantante. 
Erano compagni di Canto, e per tutta la durata della lezione, lui non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, era bravissimo. In tutto. 
«S… Shindou-senpai!» Fece un ampio inchino e non si alzò finché non sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. 
Oddio, lo stava toccando. 
«Non c’è bisogno di far così» gli aveva risposto in giapponese «anche io ti conosco. Devi essere Kirino Ranmaru, giusto?» 
Oddio, conosceva il suo nome. 
«S-sì. Sono io.» 
«Ho dovuto sopportarmi i piagnistei di una mia amica che non era stata accettata a questo corso di studi qui in Italia per causa tua.» 
Oddio, probabilmente lo odiava. 
«Mi spiace…» 
«No, mi hai fatto un favore! Akane, a volte, è un po’ emh… invadente…» 
Oddio, non lo odiava.
«Comunque» lo fissò «come mai eri fermo a fissare i distributori, se posso sapere. Ah, a proposito, che sbadato, posso darti del ‘tu’?» 
«C-Certo Shindou-senpai, certo che mi può dare del ‘tu’» 
«Lo stesso vale per te. E, per favore, chiamami solo Shindou.» 
«V-va bene! … ero qui davanti perché dovrei prendere una cosa per un amico, ma non ho abbastanza soldi…» 
«Quanto ti serve?» Già il moro aveva iniziato a frugare dentro le proprie tasche.
«Shindou-sen…» si bloccò correggendosi «Shindou, non devi.» 
«Non dire sciocchezze, quanto ti serve?» 
«Ottanta centesimi…» riuscì a mormorare, imbarazzato.
«Tieni» glieli diede. 
«Grazie Shindou, sei gentilissimo, grazie tante, davvero.» 
«Di nulla… Oh, guarda che ora si è fatta, meglio che mi sbrigo ad andare a lezione di Pianoforte, ci vediamo» e con ciò, era andato via. 
Kirino ancora osservava il punto nel quale era scomparso il suo idolo, poi fissò l’orologio. 
Le 17: 02. 
«SONO IN RITARDO PER LA LEZIONE DI SOLFEGGIO!» Urlò di colpo. 
Inserì i soldi e digitò il numero. 
«Sbrigati a scendere… Su.» 
Okay, aveva la bottiglia in mano. 

Uno, due, tre, quattro, sei, sette, otto, nove, undici, tredici… 
Quanti diamine erano questi scalini?! 
Ventuno, ventidue, ventitrè, venticinque, ventisei, ventotto…
Era arrivato al primo piano. 
Trentatrè, trentaquattro, trentacinque, trentasette, trentanove, quaranta… 
Maledisse il fatto che la stanza di Teoria e Solfeggio stesse al secondo piano e i distributori al piano terra. 
In effetti, quel giorno aveva maledetto parecchie cose. 
Cinquatatrè, cinquantacinque, cinquantasei, cinquantotto, sessanta… 
Odiava quel Conservatorio con tutti quegli scalini minuscoli, ogni piano era distaccato da minimo trenta scalini. 
Finalmente era arrivato al secondo piano, iniziò a correre e si ritrovò davanti alle scale dove prima lui e Kariya erano seduti. 
«Altri… dieci gradini…» 
Era giunto finalmente di fronte all’aula numero 4 del secondo piano e, riprendendo fiato, abbassò la maniglia della porta. 
«Ranmaru» gli italiani non capivano il perché i giapponesi si chiamassero per cognome, quindi, erano abituati a chiamarli con il loro nome «sei in ritardo.» 
«Mi scusi… non accadrà più…» 
«Va bene, scuse accettate» in fondo, la sua insegnante era molto buona. 
Kariya ghignò divertito, avrebbe voluto fare una battuta delle sue ma fu richiamato dalla professoressa. 
«Masaki, perché non provi a leggere il setticlavio?»
«Ma professoressa, non ne sono capace…» 
«Se vuoi passare l’esame devi saperlo leggere… Mi chiedo perché voi violinisti state sempre a lamentarvi, forza, su!» 
Questa volta, fu il turno di Kirino di ridacchiare vedendo lo sguardo sconfortato del verde. 

«È sicuro! Mi bocceranno!» Si lamentò Kariya. 
«Non fare così, se vuoi stasera ti do una mano in camera a leggere il setticlavio, non è difficile.» 
«Piuttosto…» borbottò «dammi il chinotto.» 
«Tieni.» 
«Oh, quindi avevi dei soldi in tasca per avermelo comprato, eh? Tu che prima non volevi darmeli!» 
«Non ti ho mentito, a darmeli è stata una persona…» arrossì lievemente.
«Una persona, chi?» Aveva iniziato a bere la sua bevanda.
«Un ragazzo.» 
«Kirino, non mi fare imprecare prima che ci senta qualcuno. Un ragazzo, chi?!» 
«Shindou Takuto…» nascose il volte, facendo finta di cercare qualcosa nello zaino. 
«Oh, interessante.» 
«Ah-ah.» 
«Perché non gli hai chiesto di suonare insieme?» Domandò d’un tratto. 
«… Ma sei scemo?!» Kirino gli rivolse uno sguardo indignato «lui è troppo bravo per suonare con me! Ci sono flautisti, anzi musicisti, migliori di me!» 
«Secondo me ti fai troppi problemi…» si portò le mani dietro la nuca «ci penso io.» 
«NO! Tu non farai nulla!» Lo afferrò dalla maglietta e gli puntò l’indice contro «non ti azzardare!» 
«Non ti serviva un pianista?» 
«Sì, ma lui è troppo per me…» 
«Terzo ordine, io andrò a parlare con Shindou ma tu non farai nulla per fermarmi.» 
«Io… tu… NON PUOI!» 
«Ti ricordi il nostro patto?» Si liberò della stretta del rosa e scese i gradini in fretta «sbrigati, non vorrai far tardi anche alla lezione di Canto, no?» 
Il flautista gli imprecò contro e lo rincorse per tutto l’Istituto, finché non arrivarono davanti all’aula di Canto. 
Finalmente era riuscito ad afferrare il verde «io t’ammazzo! Se solo…» 
«C’è qualcosa che non va?» Di nuovo quella voce. 
Il suo corpo si era paralizzato totalmente, non aveva il coraggio di voltarsi e vedere chi fosse, anche se dalla faccia divertita di Masaki e dal tono di voce, aveva già capito tutto. 
«S-Shindou…» 
«Scusate, non volevo ascoltare ma sapete, vi trovate davanti alla porta e per entrare…» 
«Scusaci! Noi non volevamo disturbarti, cioè, intralciarti la strada. Perdonaci» aveva immediatamente detto il rosa. 
«Fa’ nulla, ci vediamo dentro.» 
«‘Noi non volevamo intralciarti…’» ripeté il violinista.
«… Va’ al diavolo, Kariya.» 

Durante la lezione, Kirino, non aveva ascoltato una singola parola di ciò che l’insegnante aveva detto; troppo impegnato a fissare il suo idolo cantare, era così bravo, era così bello… 
«Fermiamoci a bravo» pensò immediatamente «… però, di essere bello è bello…»
«Ranmaru! Muovi quella bocca, già voi della prima voce non siete tanti, se poi non cantate possiamo dire addio al concerto finale.» 
«Concerto finale?!» Esclamò di colpo, cadendo dalle nuvole. 
Qualcuno scoppiò a ridere. 
«Masaki! … Sì Ranmaru, l’ho detto poco fa’, questo gruppo al posto di fare l’esame farà un piccolo concerto in una Chiesa qui vicino, a cosa dannazione pensavi per non averlo capito?» Il vocione del professore risuonò nell’aula quasi come un rimprovero, più che una domanda. 
«Niente…» alzò il foglio dei canti davanti al volto per non far notare il rossore nelle sue gote.

Non sapeva il perché aveva dato il permesso a Kariya di farlo.
Al cento per cento, Shindou avrebbe detto di no a suonare con lui.
Perché doverlo umiliare in questo modo? 
Beh, era Kariya.

Dopo la lezione di Canto, il suo miglior amico avrebbe bloccato il moro proponendogli di suonare insieme a lui, ma non avrebbe mai accettato, mai e poi mai. 
«Ehi» il suo amico era lì, gli era di fronte. 
«Senti, non farti problemi a dirmi che ha detto di no, è ovvio, è troppo bravo per perdere tempo con me» aveva buttato lì, il rosa. 
«Ha detto di sì.» 
«Davvero non farti problemi a… COSA? Kariya, non dirmi che è uno dei tuoi soliti scherzi, sai che ci rimango male!» 
«Sono serio, ha detto sì. Appena gli ho detto che il flautista eri tu, non se lo è fatto ripetere due volte.» 
«Non ha voluto sapere nemmeno cosa suonavo?» 
«No» gli sorrise «dovresti fargli simpatia… toh, guardalo, sta venendo.» 
«Kirino» lo chiamò il pianista. 
«S-Shindou!» 
«Allora, cosa dovremmo suonare?» 
Per poco non sveniva. 
«I-Io pensavo di p-portare Undine…» 
«Quello di Reinecke?» 
«S-Sì… So che è difficile ed è a dir poco impossibile da riuscire a fare in un mese, quindi puoi anche dire di no.» 
«No, è una sonata molto bella, anzi, la storia è molto bella.» 
«Storia?» Domandò perplesso il rosa. 
Da quando esisteva una storia su questa sonata?
«Non lo sai? La sonata è basata su una fiaba. Una fiaba d’amore.»
Il volto del flautista divenne paonazzo, non lo sapeva. 
«Oh… non lo sapevo…» 
«Vorresti saperla?» 
«Cosa?» 
«La storia.» 
«Oh, certo!» 

Ormai la sera era calata ma nell’appartamento di Kariya e Kirino, uno dei due non riusciva a dormire. 
Quest’ultimo pensava ancora alla fiaba Undine. 

«C’era volta una Ondina, uno spirito acquatico, che cercava un amore umano, il che le consentiva di avere un’anima immortale. Undine, si ritrovò sulla terra sotto sembianze di una bambina e quando diventò grande, conobbe un cavaliere del quale si innamorò. I due si sposarono e quando l’uomo venne a sapere della sua vera natura, le giurò amore eterno; però c’era un ‘ma’, se mai avesse ricevuto un torto dal cavaliere, esso sarebbe morto e lei sarebbe dovuta tornare per sempre nel mare. La loro vita insieme era felice ma intervenne l’ex-fidanzata del cavaliere che fece guastare tutto. 
Lui iniziò a trattare male Undine e questo segnò la vita dei due. Il cavaliere sarebbe dovuto morire, e l’avrebbe dovuto uccidere proprio lei con un ultimo bacio mortale.» 

Kirino si rigirò nelle coperte. 
Perché diamine stava immaginando Undine con le sue sembianze e quelle del cavaliere con quelle di Shindou? 
Affondò il volto sul cuscino, basta, doveva smettercela. 

I giorni passavano e lui e Shindou si incontravano quasi ogni dì nella villa che il pianista aveva affittato lì in Italia. 
«I possessori di questa villa ci vanno solo in estate, ed io in quel periodo torno a casa dai miei» gli aveva spiegato un giorno.
«Ma non ti senti solo?» 
«Un po’…» aveva mormorato. 

«CE L’HO FATTA!» Aveva urlato Kariya saltando sulle spalle del migliore amico che stava amabilmente conversando con il moro. 
Odiò tanto quella specie di scimmia che si ritrovava come amico. 
«Cosa hai fatto, sentiamo?» 
«Ho passato! Ho passato gli esami di Solfeggio, non ci credo!» 
Takuto scoppiò a ridere. 
«Il Dettato era tutto giusto!» 
«Chissà perché…» 
«Sta’ un po’ zitto Kirino, fammi godere questo momento di gloria!» 
«Odi così tanto il Solfeggio?» Aveva chiesto, sempre con discrezione, il pianista. 
«Con tutto il mio cuore.» 
«Oh bene Masaki, ci vediamo ad Armonia» gli aveva sorriso la professoressa ch’era passata in quell’esatto istante.
«C-Cosa?» 
«Dopo il Solfeggio, si fa’ Armonia» Kirino poté notare il sorriso soddisfatto dell’insegnante nel vedere la faccia di Masaki sconvolta. 
«No! Professoressa, aspetti!» Ecco ch’era corso via. 
«Ci vediamo oggi pomeriggio, quindi?» Aveva rotto il silenzio Kirino. 
«Certo però… poi dobbiamo andare al Concerto di Canto.» 
«È oggi il Concerto?!» 
«Sì, Kirino-kun.» 
«… questo vuol dire che tra una settimana abbiamo il Concerto insieme…» 
«Esatto» gli sorrise Shindou. 
Sentì l’aria mozzarsi e gli stava venendo da piangere. 
«Ci manca ancora il Finale! Tutta colpa dell’Intermezzo, non ci arriveremo mai…» 
«Non per qualcosa ma… il Finale è la parte più difficile… Kirino? Kirino ti senti bene?!»
«H-Ho bisogno di aria… Ora…» 

«Sei pronto Kirino?» Gli aveva detto Shindou che lo aspettava nel Salone. 
«Quasi!» 
Eccolo che scendeva le scale, le due normali codine rosa erano diventate una, portava dei jeans blu scuro e una camicia bianca a maniche corte. 
Era bellissimo con quei vestiti, normalmente, Shindou era abituato a vederlo con vestiti larghi ma quelli gli stavano aderenti.
Eccome se gli stavano aderenti. 
«Non capisco perché il professore ci voglia vestiti così. Mi sento un po’ stretto…» 
«Stai benissimo…» aveva mormorato il castano. 
«Prego? Non ho sentito.» 
«Nulla» si affrettò a ribattere l’altro. 

Camminavano mano nella mano per le strade di Milano, di sera, era metà Giugno quindi non si stava tanto male, anzi c’era quella brezza che non gli faceva sentire il caldo, conciati in quel modo. 
«La Chiesa deve essere questa» Shindou aveva indicato la grande Cattedrale dinanzi a loro.
«Ehi guardate, arrivano i piccioncini!» Li sfotté qualcuno che, conoscevano fin troppo bene.
«Kariya» ringhiò Ranmaru lasciando immediatamente la mano del suo accompagnatore.
«Non fare così, sai che lo fa per vederti arrabbiato» gli fece notare il castano.
«Sì, ma…»
Per fortuna intervenne il loro professore «vedo che ci siete tutti, ragazzi!» e tirò una forte pacca sulla spalla che, per poco, non fece cadere Kariya in avanti.
«In questo concerto canterete sia voi che i grandi, capito?»
Tutti annuirono.
«Perfetto! Vado a vedere se anche nell’altro gruppo sono tutti.»
Shindou stava per rivolgere la parola all’amico, quando qualcuno lo chiamò.
«Ehi Takuto, cosa stai suonando di nuovo?» perché diamine la gente voleva sapere tutto della sua vita, di ciò che faceva, possibilmente anche di cosa mangiava.
Va bene che era abbastanza conosciuto, ma l’unica cosa che gli importava veramente era passare un po’ di tempo con Ranmaru.
Lo aveva conosciuto da circa tre settimane e possibilmente ne era innamorato.
No okay, gli aveva rivolto la parola per la prima volta tre settimane fa ma era dall’anno prima, quando era arrivati qui in Italia che lo osservava.
Lui non se ne vantava mai, ma gli erano giunte voci che come flautista non era affatto male –ed avevano ragione-.
La prima volta che lo aveva visto durante una lezione di Canto, erano stati i suoi capelli a colpirlo, di quel rosa accesso, per non parlare degli occhi di un azzurro intenso.
Era geloso di Kariya, sapeva che erano migliori amici ma vederli sempre insieme, ovunque andassero, lo infastidiva –e non poco-.
«Quindi suoni con quel… flautista?» La ragazza di fronte a lui guardò con aria quasi schifata Kirino che rincorreva Kariya, probabilmente aveva continuato a prenderlo in giro sul fattore “piccioncini”.
«Sì.»
«Almeno, è intonato? I flautisti sono sempre così stonati, oddio» e scoppiò a ridere, come se fosse la cosa più normale al mondo.
«Non parlare male di Kirino!» Gli disse di rimando il pianista, abbastanza scocciato da tutti quei pregiudizi.
«Suvvia, è solo un musicista da quattro soldi, tu non ti dovresti abbassare a questi livelli…»
«Se vuoi proprio saperlo» gli soffiò Shindou «stiamo provando a fare Undine! Sbaglio o esiste anche la partitura per clarinetto, eh? È un brano talmente difficile che tu lo sogneresti a farlo» e con ciò se n’era andato.
Forse aveva esagerato… va bene, senza il forse. Aveva esagerato.
Se lo meritava in fondo, no?
Così s’imparava quella clarinettista a prendere in giro le persone, a prendere in giro Kirino.
 
«Qualcosa non va Shindou?»
«Nulla.»
«Sembri un bambino, guardati» una lieve risata «hai il broncio e le braccia incrociate al petto.»
«Non mi sono mai piaciuti i clarinettisti…»
«Se per questo io non sopporto i violinisti, ma devo pure dividerci l’appartamento.»
«Ehi! Non dici questo quando sono io a preparare la cena!» Gli urlò di rimando Masaki, ch’era dalla parte opposta della piazza.
Questa situazione fece tornare il sorriso sulle labbra al pianista.
 
«Siete pronti ragazzi?»
«Sì.»
«Siete emozionati?»
«No.»
«Vedete che potete dirmelo.»
«Sì.»
«Ma che bel coretto che formate» ridacchiò l’insegnante alla sua stessa battuta, che probabilmente, solo lui aveva compreso, sempre se si potesse definire una battuta.
Entrarono dentro la Cattedrale e si disposero in tre gruppi: prima voce, seconda voce e terza voce.
Erano pronti, aspettavano solo che il loro insegnante –ora direttore- gli desse il segnale.
 
«Abbiamo cantato bene stasera, non trovi?» Domandò Shindou.
«Mh.»
«C’è qualcosa che non va Ranmaru?»
«Nulla…» borbottò il rosa osservando il soffitto.
«Vieni, usciamo fuori.»
Si ritrovarono entrambi seduti nelle gradinate della Cattedrale.
«Allora, cos’è che ti turba?»
«Nulla Shindou, davver-» il pianista gli aveva poggiato una mano, dolcemente, sul volto e lo fece girare.
«A me puoi dirlo.»
Kirino trattenne il respiro e fissò gli occhi castani dell’amico, sempre se si potesse definire amico.
«Pensavo…»
«A cosa?»
Si zittì un attimo, valutando se ciò che stava per dire avrebbe causato problemi o no al loro rapporto di amicizia, poi parlò «a quello che ha detto Kariya.»
«… Di preciso?»
«Ci ha definiti ‘fidanzati’» un lungo silenzio si fece largo tra loro due.
Per qualche minuto si potevano ascoltare solo i clacson delle auto, oppure, il cantare dei ‘grandi’ nella Cattedrale.
«Senti Kirino…» iniziò Takuto.
«Non fare caso a ciò che ho detto, è una sciocchezza» tagliò corto il rosa.
«No, è importante ciò che sto per dire.»
Un secondo silenzio gli fece capire che poteva continuare a parlare.
«Allora… Mi hai sempre interessato, fin dal primo momento che t’ho visto. Il giorno che ci siamo rivolti la parola, per la prima volta, io ti avevo visto entrare in quella saletta e non c’era nessuno, per questo ne avevo approfittato, volevo provare almeno a dirti un ‘ehi, ciao, io sono Shindou Takuto, ma probabilmente mi conosci come il classico snob con tanti soldi, ma io non sono così’.»
Ranmaru rise «non ho mai pensato questo. Tu per me eri un idolo, un esempio da seguire…»
Il moro arrossì ma nonostante ciò, continuò a parlare «adesso il punto è che… mi piaci Ranmaru,  per questo ho detto subito di sì al tuo amico Kariya. Mi piace il tuo nome, i tuoi capelli, i tuoi occhi, la tua voce; quando ti sento suonare, è come se venissi stregato da quel suono dolce e delicato che ti rappresenta. Il flauto è lo strumento adatto a te… probabilmente ora mi odierai, mi prenderai in giro, ma non importa… io ti amo Kirino.»
Il ragazzo in questione sarebbe voluto svenire, sarebbe voluto scomparire, avrebbe provato a darsi un pizzicotto per vedere se tutto ciò era un sogno o la realtà, ma non lo fece.
Non lo fece perché troppo impegnato a baciarsi con il ragazzo di fronte a lui.
Sì, il suo corpo aveva reagito da solo, era andato a fiondarsi in quelle labbra che tanto bramava, che tanto avrebbe voluto baciare dal primo momento che le aveva adocchiate.
Ora lo stava facendo.
Doveva subito dirlo a Masaki! Oh… ma perché pensava a quel dannato violinista in un momento del genere?
Cioè, stava baciando il ragazzo che amava nonché Shindou Takuto, il miglior pianista della sua età e lui andava a pensare al suo migliore amico? Era davvero messo male.
Non sentiva più quel contatto caldo contro le sue labbra, riaprì gli occhi –non si era nemmeno reso conto di averli chiusi- e osservo il suo ragazzo riprendere fiato.
«Lo prendo per un sì?»
«Un sì?»
«Kirino Ranmaru, vuoi essere il mio ragazzo?»
«E me lo chiedi?» Con quest’ultima frase ci si fiondò addosso anche se poi, furono costretti a separarsi siccome stavano iniziando ad uscire le persone.
Il Concerto doveva essere finito.
 
 
 
 
 
 
 
La loro esibizione stava per cominciare, Kirino era nervosissimo.
Se si fosse scordato qualche diesis o bemolle? Se gli scivolava il flauto? Se mentre suonava gli si seccava la lingua per l’emozione e poi non riusciva a prendere bene l’aria?
Perché doveva farsi tutti questi problemi.
«Nervoso?» Shindou giocherellava con una ciocca di capelli fuoriuscita dalla sua coda di cavallo.
«Ma che dici, non vedi? Sono la serenità fatta persona.»
«Andrai benissimo» gli sussurrò con voce suadente ad un orecchio.
Odiava quando faceva così, lo metteva in imbarazzo.
«Tu, piuttosto! Mi spieghi come fai ad esser così tranquillo?»
«Non mi faccio tanti problemi. Normalmente la gente che assiste ai Concerti non ne capisce molto di musica, non si accorgeranno di qualche mio errore e poi, io svuoto la mente.»
«Con il pianoforte ci credo! Suoni minimo cinque tasti a volta, se ne sbagli uno la gente non lo nota, se invece sbagli qualcosa con il flauto, loro…» fu zittito da un bacio veloce.
«Sssh. Non fare così o metterai in agitazione anche me.»
«Oddio. Oddio. Oddio.»
«Va bene facciamo un gioco, facciamo finta di non conoscerci» si sistemò per bene il suo completo nero e gli porse una mano «piacere, il mio nome è Shindou Takuto, sono un pianista e sono giapponese ma mi ritrovo qui in Italia per un viaggio-studio. Sono innamorato di Kirino Ranmaru, nonché mio ragazzo, e lo amo con tutto il mio cuore, peccato che sia sempre nervoso.»
Il flautista roteò gli occhi al cielo ma strinse la mano «piacere, sono Kirino Ranmaru, sono un flautista ed anche io sono qui per un viaggio-studio in Italia. Il mio attuale ragazzo, Shindou Takuto, è un vero idiota ma è per questo che lo amo.»
Shindou rise e gli diede un bacio veloce, che poi ne fu seguito da un altro e da un altro ancora.
«Ragazzi» i due si ricomposero «siamo pronti, quando volete.»
I due si scambiarono un’occhiata d’intesa e mano nella mano fecero la loro trionfale entrata.
Kirino si sentiva davvero come Undine e vedeva Shindou come il suo Cavaliere, il loro era un amore assurdo ma sarebbe durato.
Lui lo amava davvero e lo stesso valeva per Takuto.
Nessuno dei due avrebbe tradito l’altro.

 










♦♣Angolo Autrice♥♠

Salve a tutti, finalmente sono riuscita a scrivere questa TakuRan che avevo tanto promesso ad Ale.♥ (H a r m o n i c s)
Credo che questa sia la migliore fanfiction che abbia mai scritto sino ad ora, intendo sia come originalità che come lunghezza. 
Non ho molto da dire e ora, mentre scrivo sono le 00:38 e mio fratello vorrebbe dormire, quindi mi devo sbrigare. (?)
Ringrazio anche Salem per avermi dato supporto morale, e per avermi aiutato a scegliere il titolo di questa fanfiction. 
Grazie, per essere arrivati fin qua sotto, pace&amore. 
Non ho riletto il capitolo attentamente, quindi non so se troverete errori di battitura o robe simili. (?)

Tutte le informazioni qui inserite sono state prese sia da Wikipedia che da Mammapedia (?), davvero se non fosse per mia madre non avrei mai scritto questa cosa, è stata lei a propormi come sonata Undine, aww. 
All'inizio volevo mettere Ranmaru come violinista ma: 

•uno: essendo io flautista, è già tanto se conosco i tasti del pianoforte. 
•due: provo tanto odio per la maggior parte dei violinisti (e anche clarinettisti) che conosco. çç 
Scusate se chi sta leggendo è un violinista/clarinettista. çuç 

Va bene, mio fratello vorrebbe linciarmi, alla prossima. (?)

Shindou_Takuto
   
 
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