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Autore: Zeeta_    04/08/2013    4 recensioni
{ATTENZIONE! Questa Raccolta è stata sospesa. È più di un anno che non aggiorno e ho capito di non essere in grado di portarla avanti. Mi spiace molto, perché l'idea mi piaceva, ma purtroppo non sono capace di trattare un argomento come questo in maniera adeguata. Avendo io pubblicato un solo capitolo, questa fic rimarrà una oneshot solitaria. Grazie comunque a tutti coloro che avevano commentato o iniziato a seguire la raccolta. Sigh.}
Raccolta di one-shot. Ogni one-shot tratterà di una fobia diversa, abbinata ad un personaggio diverso secondo alcuni headcanon, miei e di adorabili persone che mi hanno dato idee.
In linea di massima, mi sento di dire che non saranno trattate pairing, ma poi si vedrà.
Per chi non ama i personaggi OOC, è sconsigliata, in generale, la lettura. Comunque sia, sopra ad ogni capitolo troverete uno specchietto con gli avvertimento relativi ad ogni one-shot.
È un'impresa ardua, ma mi voglio buttare.
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#1 Gerascofobia, Afuro Terumi
~ ♣ ~ ♣ ~
Buona lettura.
Alle la Magnifica ♥
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autore:  _Alle_ 
Titolo: I colori della paura
Sottotitolo della one-shot: Gerascofobia
Personaggi: Afuro Terumi, Hera Tadashi.
N° parole: 1884 parole secondo Microsoft Word 2007
Avvertimenti: OOC –parecchio forte, secondo me D: -.
Dedicata a: chiunque soffra di questa fobia –io ho in mente una persona in particolare, ma non voglio dire il suo nome, magari non vuole si sappia in giro (?)-. 
Desclaimer!: I fatti e i personaggi descritti in questa Fanfiction sono frutto di pura fantasia e, perciò, ogni riferimento a fatti realmente esistiti/esistenti è puramente casuale; inoltre, i personaggi descritti in questa Fanfiction non sono di mia proprietà (ahimè!), ma appartengono ai relativi creatori. Questa Faniction non è stata scritta ad alcun scopo di lucro, ma per puro e semplice divertimento.
 
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Nell’aria vibrava lo stridio continuo delle cicale notturne, nascoste in grande quantità tra l’erbaccia ai lati della carreggiata. Era una sera tranquilla: non una nube impediva la visuale del magnifico tappeto trapunto di diamanti che noi chiamiamo “cielo”. L’aria era frizzante e accarezzava ogni cosa con il suo tocco dolce, materno. 
Frasi come “Bella serata, non credi?”, o come “Oh, guarda che cielo splendido!” erano ripetute da voci sparse qua e là in tutta l’area; a nessuno sfuggiva la singolare bellezza di quel momento. 
«Questa sera è a dir poco magica. Guarda la luna! Raramente l’ho vista tanto brillante… Che ne dici di andare a far due passi? Sarebbe davvero un peccato, restare in casa e perdersi un simile spettacolo» sussurrò un ragazzo affacciato alla finestra, con la speranza di convincere l’amico.
L’altro si prese qualche istante per riflettere. Spostò gli occhi cremisi sul paesaggio che si poteva vedere dalla finestra, li socchiuse e sospirò.
«Vada per la passeggiata» disse indifferente, voltandosi. «Sei già pronto, no, Hera? Sì, bene. Attendi, diciamo… dieci minuti: io devo prepararmi» concluse, alzandosi dalla comoda poltrona, diretto verso la sua stanza.
«Va bene, ma che siano dieci minuti veri, Afuro. Non voglio che questa sera diventi notte, ok?» ribatté l’altro, senza ricevere risposta.
 
Passarano i dieci minuti, passò mezz’ora, passò un’ora. 
La pazienza di Hera giunse al limite. Era ben consapevole che dieci minuti di Afuro erano, per tutto il resto del mondo, molti di più, si era abituato. Ma attendere per un’intera ora sdraiato su uno stupido divanetto era troppo. Un’ora di attesa era troppo anche per lui.
Scattò in piedi, sbuffando. 
Nel medesimo istante, il ragazzo biondo tornò nella stanza, con il volto dipinto di un’espressione morta, incolore, senza alcuna sfumatura. 
Afuro fece qualche passo, prese le chiavi, si diresse verso la porta e, aprendola, domandò quasi scocciato “Allora, andiamo?”
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sul viso di Hera si disegnò rapida un’espressione di sdegno e di rabbia, una smorfia che pareva emanare una tremenda furia; poi prese fiato, nel tentativo di calmare ogni braciere di rabbia, prima che scoppiasse un incendio.
«Oh, Afuro, scusa se mi sono fatto attendere! Non era assolutamente mia intenzione farti aspettare vanamente, povero caro. Che orrido amico hai! Ti fa perdere addirittura un secondo del tuo prezioso, anzi, inestimabile tempo!»disse, arricchendo le parole di sarcasmo.
«Se non hai voglia di uscire, tornatene a casa» fu la risposta, secca, immediata.
 
Passarono attimi di straziante silenzio, e l’aria sembrava scaldarsi sempre di più, sino a diventare soffocante, tanta era la tensione. 
«Afuro, mi spieghi perché ogni volta che usciamo, tu impieghi almeno mezz’ora per sistemarti? Non sei una ragazza: non devi necessariamente cambiarti di scarpe e non ti serve tempo per l’utilizzo di cosmetici per metterti in mostra, voglio sperare. Mi spieghi perché io e, vediamo… tutto il resto del mondo maschile, ci mettiamo dieci minuti a sistemarci e tu più di mezz’ora?» disse quasi tutto d’un fiato, consapevole di quanto risultasse duro il suo discorso.
Afuro, inaspettatamente, ridacchiò. Una risata quasi di scherno, come se davanti non avesse il suo migliore amico, ma un qualsiasi sciocco cialtrone. Continuò a ridere per un po’, mentre il viso di Hera si faceva paonazzo dalla rabbia.
«Se non mi mostro pienamente bello ora, quando mai ne avrò l’occasione? Io, al contrario di te o di “tutto il resto del mondo maschile”, sono consapevole. Tu non sei consapevole. Il problema non è mio; è tuo» sussurrò, sorridendo ironico.
L’altro sbatté più volte le palpebre, nel tentativo di svegliarsi dall’incubo di avere cara una persona così frivola, superficiale e, diciamocelo, assurda.
«Beh, ora che hai? Sbatti le palpebre? Hai una specie di tic?» Afuro fece una pausa e sospirò «Allora? Usciamo? Eri tu che volevi fare una passeggiata in questa sera “magica”, no? Andiamo?» lo esortò ripetutamente, ma Hera restava immobile, lo sguardo puntato sul bellissimo viso del suo capitano.
«Scusami, ma non capisco. Che vuol dire ciò che hai appena detto? Ripeto, perdonami, ma non ci trovo un vero e proprio senso, in realtà» disse in tono apatico, con gli occhi che, lentamente, andavano perdendosi nel vuoto. 
Il biondo storse le morbide labbra, alzò le spalle e rispose a bassa voce «Voglio dire, che se non appaio al meglio ora, non potrò più. È questa la mia ora. Per questo mi serve del tempo, per prepararmi. Sono consapevole che ora devo impiegare del tempo a valorizzare me stesso. Oppure tu credi che sia meglio aspettare che la mia pelle venga solcata dalla rughe del tempo? Credi che sia meglio aspettare, eh?»
Hera rimase a dir poco pietrificato da quelle parole. Cercava in tutti i modi possibili di spiegarsele, ma niente: non facevano parte del suo modo di ragionare. 
«Non capisco» furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca.
«Quando sarò vecchio, tutto questo andrà perduto, per sempre. È inevitabile. Ora che ne ho l’occasione, devo essere perfetto, agli occhi degli altri. Ti è chiaro il concetto, o no?» esclamò, estremamente scocciato e desideroso di uscire e fare questi maledettisimi due passi.
 
Nessuna risposta per molto tempo. In sottofondo, soltanto il solito cicaleccio.
«Se abbiamo finito, usciamo» si decise a dire Afuro, risoluto e convinto di aver persuaso l’amico a tacere, una volta per tutte.
Per il resto della serata, in effetti, Hera non toccò più l’argomento. Passò la maggior parte del tempo ad occhi bassi, annuendo qualche volta alle domande che gli venivano poste. Nulla di più.
 
Passarono i giorni, le settimane, qualche mese.
 Il castano non pronunciò più neppure una sillaba inerente a quella serata. Avrebbe voluto, certamente. Desiderava certamente scoprire qualcosa in più su quelle parole, che ancora parevano celare enigmi incomprensibili. Non riusciva davvero a sviscerare quel discorso e a capire i reali pensieri dell’amico. Per questo motivo, per l’incapacità di comprendere, voleva ardentemente interrogare Afuro sui suoi pensieri, le sue opinioni, le sue teorie.
Ma non poteva, certamente.
Non poteva perché sapeva che lui non avrebbe reagito bene. Avrebbe potuto indispettirsi, o ancora peggio, intricare maggiormente la matassa di quel discorso.
Non era il caso di correre un simile rischio.  
 
Man mano che il tempo scorreva, quella piccola scintilla di leggera curiosità diventava sempre più simile ad un’alta e splendente fiammata costituita da intensa voglia di sapere. Hera veniva divorato dalle fiamme, senza poter opporsi in alcun modo alla tentazione di chiedere ad Afuro ulteriori spiegazioni. 
Un giorno in cui quelle fiamme scottavano particolarmente, si diresse dall’unica persona in grado di rispondere alle sue domande e di spegnere ogni scintilla, il biondo Afuro, chiaramente.
Arrivò a casa sua, suonò al campanello con aria decisa e, una volta entrato, ancor prima di salutare, chiese tutto ciò che aveva da chiedere, senza mai prender fiato.
Per un poco, l’altro rimase sbigottito, incapace di muovere un sol muscolo, poi lo fece sedere e inspirò profondamente.
«Hera…» iniziò, con una punta di malinconia nella voce, «Seguimi attentamente, perché non sono sicuro di poter ripetere ciò che sto per dirti.»
 Il castano annuì meccanicamente, chinando lievemente il capo. 
«Ora ho diciassette anni, giusto? Sto raggiungendo il fior fiore degli anni, l’apice della vita, l’età della giovinezza. Anzi, visto che non mi considero più un bambino, posso dire di essere già immerso nella giovinezza. Bene; la giovinezza è la rosa più rossa del giardino della vita, il diamante più bello di un’intera collezione, il fiore all’occhiello di un elegante abito da sera… Mi segui?» chiese, con un particolare brillio degli occhi.
Il ragazzo seduto di fronte a lui annuì ancora, in maniera ancor più “automatica”, emettendo un appena accennato “S-sì”.
«Però, com’è ben noto, la giovinezza –così come la vita- non è eterna. Se non do “il meglio di me” ora, non potrò più. La mia bellezza sfiorirà più in fretta di quel che credi, non voglio rimuginare sul latte versato pensando a ciò che non ho fatto in questo periodo e che, quindi, non potrò mai fare.»
La voce di Afuro si era fatta, un po’ alla volta, sempre più roca e andava distaccandosi dal suo solito, melodioso tono di voce. Hera se ne accorse.
«Ok, questo ora mi è abbastanza chiaro. Ma non la penso così. So che può sembrare la fine del mondo non essere più giovani, ma non è così. È come quando si conclude l’infanzia, no? Il tempo dei giochi finisce e sembra un’apocalisse. Poi passa. Rimane il leggero senso di nostalgia, ma non è nulla di così angosciante, la fine della giovinezza. È solo un’altra tappa superata, un piccolo mondo che---».
Afuro balzò in piedi, con gli occhi rossi che splendevano di un velo opaco di lacrime. 
«Ciò che dici è totalmente sbagliato, idiota. Non è una “tappa superata”, è davvero la fine. Finito il periodo della giovinezza, giunge presto la vecchiaia. Il fisico inizia a cedere e la mente (oh la mente!), pure. Voglio vedere se, da vecchio, dirai ancora che è soltanto finita una tappa. Voglio vedere se, con il viso raggrinzito e la schiena incurvata, verrai da me a dire “Ehi, Afuro, possiamo fare ancora tante cose, anche da vecchi!”. Oh, ma forse questo non potrà neppure accadere, che sciocco! Magari non ricorderai neppure il mio viso, sai, potresti ammalarti di qualche brutta malattia mentale. Oppure, beh, potresti non vedermi più, perché, sai, può giungere anche la cecità. O, chissà, potresti diventare sordo. Oh, voglio vedere se da vecchio ammalato, stanco di vivere, quale sarai, troverai la forza e la convinzione di venire da me e dirmi che la fine della giovinezza non è nulla di grave. Voglio proprio vedere
Hera si sentì trafiggere il cuore da un’affilatissima lama. Gli si smorzò il fiato e tutte le parole che aveva pensato di dire gli morirono letteralmente in bocca. 
«A-afuro» riuscì a balbettare appena.
«Afuro cosa? Credi forse che non accadrà ciò che ti ho appena detto? Sei così illuso?» domandò in tono quasi ironico l’altro, con la bocca incurvata in un sorrisetto amaro.
«È-è vero. Forse fisico e mente cederanno, ma non è l-la fine…» Hera venne interrotto.
«Sì, invece. Prima la sofferenza, la malattia e la vecchiaia avanzano forti e sicure, insieme a tutte le loro conseguenze, poi giunge la morte. E la cosa più orrenda e che tu, dopo che la vecchiaia sarà arrivata, vorrai morire. Perché quando i capelli diventano bianchi e iniziano a cadere, quando la pelle –un tempo liscia e piena di radiosità- diventa rugosa e priva di vita, quando la schiena si incurva e le ossa si sgretolano, quando gli occhi perdono la loro luce, diventando privi di espressione, beh, mi pare naturale voler morire» disse fermo, quasi impassibile.
«E poi più niente, ecco il buio e il gelo della morte» concluse, mentre le lacrime iniziavano a bruciare negli occhi cremisi.
«Afuro…» sussurrò appena «Tu hai… paura di invecchiare?» domandò, mordendosi il labbro inferiore per nervosismo. 
«E se anche fosse?» fu la risposta.
 
Dopo le parole di Afuro, calò un silenzio angosciante nella stanza, che durò fino al tramonto.
Quando il cielo andava imbrunendosi e le prime stelle cominciavano a far capolino, timide, nel cielo, quel silenzio (orribile silenzio!) venne distrutto.
«Si sta facendo tardi, meglio che torni a casa…» si azzardò a dire Hera, prendendo le sue cose e salutando l’amico.
«Sì, credo anch’io che sia ora» rispose l’altro, tenendo gli occhi bassi. 

 
 
 
Magnifico angolo di una piccola Allegra~
 
Uhm, eccomi qui.
Con un nome per il mio angoletto una nuova raccolta.
È una raccolta di One-shot, ognuna dedicata ad una fobia. Sarà una cosa difficile da realizzare e, forse, non ne sarò all’altezza: rendere delle fobie non è poi così facile. Però voglio provarci, in fondo, tentar non nuoce, no?
Poi, facendomi due conti, ho capito di aver paura di moltissime cose, perciò è possibile che alcune fobie vengano rese bene, magari.
Per il titolo ringrazio di cuore la mia migliore amica, che mi fa da psicologa e che mi ha suggerito di evitare il titolo in francese questo titolo. Grazie Ro <3
Parlando di questa one-shot…
La fobia che Afuro ha di invecchiare è un mio headcanon e non ci posso fare nulla. So che i personaggi sono molto OOC, ma l’avvetimento c’è, perciò non odiatemi siete stai avvisati, no?
Non posso negare che questa One-shot è stata ispirata da un libro che ho finito da poco e che amo: “Il Ritratto di Dorian Gray” e da un’altra persona che soffre di questa fobia ma di cui, ripeto, non dico il nome.
Inoltre, ringrazio anche Roberta (moon apple), che –magari senza saperlo- mi ha ispirato con le sue lettere. In effetti, questa One-shot è anche un po’ dedicata a te, Roby <3.
Un ringraziamento speciale va a tutte le persone che mi hanno suggerito altre idee per la raccolta, che citerò quando le loro idee verranno utilizzate c: 
Un grazie di cuore anche a tutti quelli che hanno letto e che, magari, seguiranno e/o recensiranno questa raccolta.
Torno a scrivere~
Allegra la Magnifica <3
 
P.S. (?) Se qualcuno ha degli abbinamenti foia/personaggio da suggerire sarà amato dalla sottoscritta (?)
   
 
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