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Autore: Evanne991    04/08/2013    2 recensioni
Non sempre è tutto bianco o tutto nero. A volte in mezzo ci sono tutti i colori dell'arcobaleno. Una giovane donna e la sua ingenua convinzione che il nero sia solo il colore degli abiti da sera che indossa nelle lussuose feste organizzate da papà. Quel che nero che, appena riconosciuto, decide di strapparsi di dosso. A qualsiasi costo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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All’uscita dall’aeroporto ci sarebbe stato suo padre ad aspettarla. Aveva passato quindici giorni indimenticabili, in compagnia della sua più cara amica, Aida. Erano state in Grecia, la terra d’origine di sua madre, dove possedevano una villa, a Mykonos. Due settimane di alcol, erba, lusso, soldi, feste, sole. E sesso. Solo per Aida, però. Mykonos è considerata il paradiso dei gay, e per Aida è stato un vero paradiso. O l’inferno, considerati i bollenti spiriti fatti placare per forza dato il ritorno.
Erano entrambe abbronzate, e bellissime. Ricche, belle, popolari, intelligenti, intriganti. Aida aveva conquistato le lesbiche più belle dell’isola. Lei aveva spezzato i cuori e distrutto le aspettative sessuali di coloro i quali avevo tentato l’approccio. Aveva un solo grandissimo difetto. Era ossessionata da un suo amico storico, compagno del liceo, compagno di tutte le prime volte: le prime sbornie, le prima canne, le prime strisce di coca, i primi viaggi, le prime liti, i primi approcci col sesso. Si erano sempre allontanati e rincorsi, seguiti e seminati. Circa per tredici anni. Il loro era un rapporto malato, di quelli che ti fanno star bene qualche ora e ti consumano per il tempo restante. Il loro era un rapporto insano, fatto di dita in gola e scenate di gelosia. Un amore straziante, quello che ti fa gridare all’odio e non ti permette di dire ti amo. In tredici anni non si erano mai dichiarati sul serio. Forse era questo che mancava per definirli una coppia. Non si erano mai catalogati, non avevano mai dato un nome al loro stare insieme. Non erano fidanzati, non erano amici, non erano compagni di sesso. Semplicemente non erano. Per anni si sono bersagliati e sparati dispetti, poi momenti di passione, poi ancora veleno e sudore asciugato dolcemente. Per anni avevano avuto relazioni parallele alla loro. O meglio, la loro era parallela alle altre. Lei era stata circa tre anni con un giovane rampollo viziato e megalomane, e nel frattempo si struggeva per lui. Lui aveva avuto le ragazze più belle della città, riusciva a far perdere la testa a chiunque volesse, era impossibile ignorarlo.  Venivano da due realtà diverse. Lei figlia dello stimatissimo primario del reparto chirurgia e dell’architetto più rinomato della zona. Lui orfano di madre, cresciuto col padre professore di italiano ormai in pensione e che si manteneva facendo il pr per i locali della regione.
Lei studentessa di Odontoiatria, media del 30. Eppure lui guadagnava bene. Nonostante lei provenisse da una famiglia più che agiata, lui possedeva più ricchezze personali rispetto a lei. Effettivamente, lei non aveva mai capito come lui facesse a guadagnare facendo il pr quanto suo padre in ospedale. Ma poco importava. Era cresciuta nell’ottica secondo cui si poteva ottenere tutto, bastava avere denaro, e per averlo bisognava lavorare. Nonostante lei non l’avesse mai fatto, certo. Ma c’era chi lo faceva per lei.
-Ecco tuo padre! Cazzo, che figo, diventerei etero per lui, lo sai, no?- Aida stava sistemandosi i capelli e sorrise ancheggiando verso di lui.
-Aida! Bentornata. Ciao tesoro, sei bellissima- suo padre aveva occhi solo per lei. Lei gli sorrise benevola. Del resto anche lei aveva occhi solo per lui.
-Ciao bell’uomo!-lo abbracciò forte, fino ad inebriarsi del suo profumo. Lo stesso di Christian. Lo aveva regalate lei ad entrambi. Lei ed Aida salirono sulla Mercedes blu, mentre il padre caricava i bagagli.
Lei si accese una sigaretta.
-Allora, com’è andata?- suo padre salì e mise in moto. Ingranò la marcia e partì sgommando. Egocentrico.
-Credi davvero che ti dica cosa abbiamo fatto?- gli rispose lei maliziosa. A vederli da fuori, non sapendo il legame familiare che li univa, si poteva dedurre che stessero flirtando.
-Lasci, dottor Sivi, non pensi a male. Tanto la sua Eva non ha fatto nulla di sragionevole, che non avesse già fatto prima, e non le porterà nessun fidanzato in casa!
-Grazie del resoconto esaustivo, Aida.
Eva si lascò andare ad un sospiro. E certo che non gli porterà nessun fidanzato. Il giorno in cui sono partite per Mykons le è arrivato un sms di Christian. Nessun buon viaggio, nessuna buona vacanza, nessun inviami una cartolina. Ebbe un flash-back di quella mattina.
-Pronto, Aida? Cazzarola, sono nella merda, ancora non ho completato le valigie! Tu come stai messa?
-Capirai, le mie sono vuote, porto qualche dildo e due costumi da bagno, il resto lo acquisto lì, anche se spero di non aver bisogno di vestiti.
Eva riattacca facendo una smorfia. Si guarda intorno. Vede i completini di pizzo che ha scelto di portare. Immagina notti di sesso. Magari anche di gruppo, vorrebbe provare quest’esperienza. Si morde le labbra. Le arriva un sms. Sul display del telefono legge il nome di Christian. Sbuffa. Sicuramente avrà un milione di richieste. Stronzo, gli aveva proposto di andare anche lui con loro, ma lui è sempre troppo  impegnato, sempre troppe serate da organizzare e troppe donne da trombare. Era un periodo di quiete, ognuno aveva le proprie storie e non inscenavano alcuna battaglia. Apre il messaggio. Io sono innamorato di te, ti aspetto.
Boccheggia. Cosa? Cosa? Stronzo. Stronzo. Non è questo il momento. Lo dice adesso… Rovinandole questa fottutissima vacanza. Lo sta odiando con tutta se stessa. Ma non può fare a meno di sorridere. E’ una dichiarazione di guerra, questa. Anche lei è innamorata di lui, ma non è meschina né vigliacca come lui. Bene, vorrà dire che sarà informato di ogni suo passo (anche nei letti) fatto in Grecia. Spegne il cellulare.
 
-Bene, io sono arrivata. Grazie dottor Sivi, Eva ci sentiamo dopo- Aida la distoglie dai suoi pensieri.
-Sì, a dopo
Poco dopo arrivarono a casa. Eva non poté che constatare, arrabbiata, che alla fine non era riuscita ad andare a letto con nessuno, ed Aida l’aveva recriminata per giorni e notti . Quel messaggio di Christian era inaspettato e forte. Lì per lì aveva pensato che era stato un gesto dispettoso. Poi aveva razionalizzato. Non era da Christian. Era una dichiarazione, quella?
Dopo i convenevoli familiari, la distribuzione dei vari regali, si chiuse in camera. Prese il cellulare. Compose il numero, dopo due settimane di silenzio.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Quattro squilli. Stava per riagganciare: con lei vale la regola dei quattro squilli, oltre non va.
-Devo dedurre che tu sia tornata- le risponde duro. Lei sa che lui sta sorridendo.
-Togliti quel sorriso vittorioso dalla faccia e vieni a prendermi!
-Non sono il tuo facchino, principessa Sivi, avresti dovuto quanto meno farti sentire prima se avessi voluto un’accoglienza calorosa.
Lei avvampò alla bipolarità di Christian. Le aveva detto di essere innamorato di lei ed ora poco ci mancava che le riagganciasse il telefono in faccia.
-Due settimane sono il minimo, in passato non ci siamo sentiti anche per anni.
-Senti, ho da lavorare, magari ci vediamo stasera.
-Che stronzo, credevo non facessi altro che aspettarmi- si morse le labbra, e si guardò allo specchio, sorridendo.
-Lo sto facendo ancora. A stasera.
Eva chiuse gli occhi. Non aveva idea di come si sarebbe sviluppata la serata. Forse erano arrivati al punto tale di dare una svolta, di dirsi cosa volevano entrambi. Non potevano continuare a farsi la guerra. 
  
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