Cap.
II°
La vera Dyana
Dyana attendeva davanti al monitor che qualcuno le rispondesse. Voleva dire a suo padre che stava bene e che non si era persa come suo solito. Improvvisamente comparve un grosso muso arancio che spaventò Pachirisu.
-Chipa!-
esclamò, nascondendosi dietro i capelli della rossa.
-Ehi,
calmati…è solo Charizard- lo tranquillizzò, convincendolo ad uscire. –Ciao, non
c'è papà?
Il
drago scosse la testa.
-Va
bene…digli che ho chiamato, d'accordo? Torno presto. Ciao,
Charizard.
La
giovane interruppe la telefonata e si voltò, incontrando Paul, che salutò
cordiale.
-Buongiorno.
Hai visto che giornata di sole?
-Meglio.
Arriveremo prima a Giardin Fiorito.
-Scusate,
non ho potuto fare a meno di ascoltare- intervenne Joey. –Siete diretti a
Giardin Fiorito?
-Sì.
-Allora
fate attenzione quando passate per Erbania…sembra ci sia qualcosa che fa
impazzire i pokemon.
-Che
cosa?!
-Alcuni
allenatori che venivano da là mi hanno riferito di strani comportamenti da parte
dei pokemon. Non si cosa ci sia esattamente, ma tenete gli occhi
aperti.
-Grazie,
infermiera Joey. Ce ne ricorderemo.
Così
i due ripresero il cammino, malgrado entrambi fossero rimasti un po' turbati
dalle affermazioni di Joey: che cosa accadeva ad Erbania?
-Dobbiamo
andarci per forza, vero?- chiese Dyana.
-Non
ci sono altre strade. Ti conviene mettere il tuo Pachirisu nella sua
sfera.
-Lui
non la sopporta, per questo viaggia sempre sulla mia
spalla.
-Devi
impartire una disciplina a quei pokemon!- sbottò Paul. –Non puoi controllarli se
permetti loro di fare ciò che vogliono.
-Pachirisu
detesta stare nella pokeball e io non lo farò star male obbligandolo a
entrarvi.
-Fai
come vuoi. Io ti ho avvertito.
-Quando
vorrò il tuo consiglio te lo chiederò- ribatté.
Lo
scoiattolo al centro della disputa li guardò perplesso: era raro che Dyana
perdesse le staffe. Poche volte l'aveva vista arrabbiata e solitamente non
durava mai a lungo.
Invece
stavolta sembrava davvero furiosa.
Erbania
era ormai in vista: le sue case colorate spuntavano come macchie nel paesaggio.
Pachirisu cominciò a muoversi sulle spalle della ragazza,
nervosamente.
-Ehi,
cosa ti prende?
Ma
la creatura non le rispose, mandando piccole scintille dalle
guance.
-Pachirisu,
cosa c'è?- Il tono di lei iniziava a farsi preoccupato ed anche il suo compagno
di viaggio si fermò, volgendosi. –Calmati, piccolo.
Il
pokemon scese con un salto e rimase in mezzo alla strada, ritto sulle zampe
posteriori, le orecchie tese e il naso per aria.
-Vieni,
su…- tentò di convincerlo Dyana. Mosse alcuni passi nella sua direzione, ma
Pachirisu rizzò il pelo e aumentò le scosse. –Piccolo…cosa
c'è.
Si
avvicinò ancora e partì un attacco elettrico che la sfiorò soltanto, lasciandola
spaventata e incredula. Lo scoiattolo la guardò un'ultima volta, poi corse verso
il bosco, sordo ai richiami.
-Pachirisu!
Dove vai? Pachirisu!!- gridò la rossa, intenzionata a
seguirlo.
-Vuoi
forse ferirti?- la bloccò Paul, afferrandola per un braccio. –Se ne è
andato.
-NO!
Non è vero! Gli è successo qualcosa!- ribatté l'altra, liberandosi. –Lui non
l'avrebbe mai fatto!
-Sei
solo una sciocca.
-Probabilmente
sì, però io non lo abbandono- concluse. –Addio.
Il
ragazzo restò a guardarla finché non sparì alla sua vista, poi si
incamminò.
-Giardin
Fiorito è a un giorno da qui- disse l'infermiera Joey. –Vuoi che dia un'occhiata
ai tuoi pokemon?
-Sì,
grazie.
-Allora
seguimi nell'altra stanza.
Paul
era stupito da quella richiesta, ma ubbidì: una volta entrati la giovane chiuse
a chiave la porta, controllando fosse sigillata bene.
-Scusa
per tutte queste misure…è l'unico modo perché i pokemon restino tranquilli-
spiegò, prendendo le sfere dell'allenatore e mettendole nella macchina apposita.
–Avrai sentito dei fatti assurdi che capitano qui.
-Sì,
sembra che i pokemon impazziscano, ribellandosi ai
padroni.
-Già.
L'agente Jenny ha scoperto che si tratta di un'onda sonora che li disturba, ma
non si riesce a capire da dove provenga esattamente.
-Ma
svanisce una volta fuori dalla città?
-Basterebbe
riuscire ad arrivarci...alcuni pokemon sono arrivati ad attaccare i loro
allenatori…
-Cosa?!-
esclamò il giovane. Afferrò di scatto la pokeball di Elechid, uscendo di corsa
dal centro pokemon.
Quella
sciocca di Dyana era da sola nel bosco a cercare uno stupido scoiattolo pazzo:
la sua coscienza gli impediva di lavarsene le mani. Ma appena l'avesse fatta
rinsavire, ognuno avrebbe preso la sua strada.
Una
goccia d'acqua gli arrivò sul viso. Perfetto, stava anche ricominciando a
piovere: se era fortunato, forse sarebbe riuscito a prendersi l'influenza. E
tutto perché? Perché se le fosse accaduto qualcosa avrebbe avuto dei maledetti
sensi di colpa.
E
lui detestava i sensi di colpa.
-Pachirisu!
Pachirisu, dove sei? Pachirisu!
Dyana
girava per il bosco, chiamando a gran voce il piccolo amico. Aveva abbandonato
il sentiero, avventurandosi fra gli alberi, sotto un cielo sempre più cupo. E
quando iniziò a piovere, ogni cosa assunse toni foschi e
minacciosi.
Ma
non sarebbero stati quattro rami secchi a fermarla: doveva trovare Pachirisu e
cercare di comprendere perché si fosse comportato in quel modo. poi udì un
rumore diverso dal rombo dei tuoni.
Un
rumore molto più vicino.
Si
volse lentamente: c'era un Houndoom alle sue spalle e non aveva affatto un'aria
amichevole, anzi. Digrignava i denti con la chiara intenzione di
attaccare.
La
giovane arretrò, troppo spaventata per ricorrere a uno dei suoi pokemon: tremava
come una foglia, fissando l'animale e scivolò, cadendo. Per la creatura fu come
lo sparo dello starter: scattò fulmineo verso di lei con le fauci
spalancate.
-Elechid,
usa fulmine!
Una
scossa ad alto voltaggio lo colpì, costringendolo ad arrendersi e a rifugiarsi
nella boscaglia. Dyana non credeva ai suoi occhi: quello era il pokemon
di…
-…Paul…-
mormorò, vedendolo avanzare, fradicio come lei.
-Sei
contenta adesso, piccola sciocca?- le chiese con espressione severa. Se non
fosse arrivato al momento giusto sarebbe potuta finire molto
male.
-Grazie-
replicò la rossa, alzandosi. Traballava leggermente e dovette appoggiarsi al
tronco per restare in piedi.
-Andiamo
in città.
-No.
Non senza Pachirisu.
-Ma
non ti rendi conto che è assurdo?! Non stai bene!
-Io
devo ritrovarlo- proseguì imperterrita. Il suo corpo però non era dello stesso
parere: le forze la abbandonarono e Paul riuscì a prenderla un secondo prima che
crollasse a terra. Aveva la febbre alta, eppure non si arrendeva
all'evidenza.
-Dyana,
andiamo.
-È
importante…
Un
ramo spezzato…
Elechid
era già pronto all'attacco, quando gli rispose una debole scintilla: lo
scoiattolo bianco comparve da un cespuglio, ferito e stanco. A giudicare dai
segni, non si era imbattuto bene nemmeno lui, ma non aveva avuto la fortuna
della sua padrona.
-Chipa…
-Pachirisu…
-Hai
la sua sfera? Non può viaggiare in quelle condizioni.
-Su…ritorna,
piccolo…- lo richiamò Dyana. –Lo so che non ti piace…presto sarai di nuovo
fuori…
-Anche
tu, Elechid. E ora torniamo a Erbania- aggiunse Paul, sempre sorreggendo la
coetanea. Prima che lei potesse anche solo accennare una protesta, la prese a
spalle, avviandosi verso la città.
-Paul…non
è necessario…
L'altro
non rispose, continuando imperterrito. Dyana si limitò a un sospiro, misto fra
rassegnazione e gratitudine, abbandonandosi alla stanchezza. Gli posò la testa
sulla schiena, cullata dai suoi passi. In fondo, sapeva essere anche gentile
quando voleva.
Si
risvegliò in una stanza del centro pokemon, con il Cinchar dell'amico
addormentato sulla sedia accanto al letto. Si toccò la fronte: la febbre era
scesa.
La
scimmietta nel frattempo si destò, salutandola con gioia.
-Ciao,
Cinchar. Sei rimasto qui tutto il tempo?
La
creatura annuì, saltando sulla coperta con una sfera pokè fra le
zampe.
-Sì,
è giusto che ti riposi- disse lei, richiamandolo. Si vestì e infilò in tasca la
pokeball, scendendo al piano inferiore per cercare il
compagno.
-Come
ti senti?
-Bene,
grazie. Il mio Pachirisu?
-Si
sta riprendendo. Domani sarà in piena forma.
-Meno
male… Sai per caso dov'è Paul?
-È
andato alla stazione di polizia. Sembra voglia approfondire il mistero delle
onde sonore.
-Allora
lo raggiungo là.
-Fai
attenzione, mi raccomando.
-Non
preoccuparti.
Dyana
uscì, stupendosi di come il tempo cambiasse velocemente: guardando il sole
splendere incontrastato, nessuno avrebbe immaginato che poche ora prima ci fosse
un diluvio. Ne restavano solo poche pozzanghere, ormai quasi del tutto
asciutte.
Sentì
le guance arrossarsi lievemente al pensiero di quanto era accaduto nel bosco:
Paul l'aveva salvata dall'attacco di Houndoom e l'aveva portata fino al centro
pokemon. Era stato…dolce, sebbene sembrasse strano quell'aggettivo associato a
lui.
Un'ombra
oscurò improvvisamente il sole: era…un Dragonite…
E
non un Dragonite qualsiasi.
-Lance!-
gridò entusiasta, agitando le mani.
Dovette
sentirla, perché il drago cambiò rotta e iniziò a scendere di quota, fino ad
atterrare: dalla sua groppa scese un ragazzo vestito di nero, dai capelli rossi
e gli occhi verdi (O.o Sarà così? Non me lo ricordo esattamente… ^^" NdA) che
sorrise, allargando le braccia.
La
ragazza gli corse incontro, saltandogli al collo.
-Ciao,
fratellone!
-Dyana…che ci fai da queste parti, piccola peste?- chiese il
giovane. Non si aspettava assolutamente di vederla lì…non era da lei lasciare
Fiammardente da sola, con lo scarso senso d'orientamento che aveva. Ma, in
fondo, dove c'erano i guai, c'era anche sua sorella.
-Sto
portando Charmender a Meredith.
-Allora
vai a Giardin Fiorito…- continuò, guardandosi attorno. Dov'era quell'animale?
–Che fine ha fatto il tuo simpatico Pachirisu?
Lui
e lo scoiattolo erano nemici giurati. Incredibile ma vero, il maestro di draghi
non sapeva farsi accettare da una piccola creatura.
-È
al centro medico…abbiamo avuto…dei problemi…
Lo
sguardo del ventenne divenne di colpo serio, mentre la osservava con
attenzione.
-Stai
bene?
-Sì,
certo. E tu invece sei qui ad indagare, vero?
-Già,
mi hanno spedito a risolvere la faccenda delle onde
sonore.
-Ma
il tuo Dragonite…
-Ha
dei tappi nelle orecchie- spiegò Lance, richiamando il pokemon. –Dove stavi
andando?
-Alla
stazione di polizia a restituire un pokemon ad un amico.
-Un
amico? Ohoh…la mia sorellina ha un fidanzatino…- commentò il rosso, prendendola
sottobraccio e scompigliandole i capelli. –Lo hai detto a
papà?
-Piantala,
Lance- si difese lei. –È un amico che mi sta accompagnando a Giardin Fiorito
semplicemente perché è diretto ad Acquanova.
-Va
bene, fingerò di crederti…
-Lance!-
sbottò la sorella, facendolo ridere. –Sai essere davvero
insopportabile.
Arrivarono
alla stazione proprio mentre Paul vi usciva.
-Ciao,
Paul!- lo salutò Dyana.
Il
compagno si voltò e spalancò gli occhi nel riconoscere la figura che la
accompagnava.
Era
Lance…il campione dei Super Quattro.
-Ehi,
ti sei incantato?- lo schernì la fanciulla.
-Così
è questo il mio futuro cogn…- iniziò, subito interrotto da un calcio di lei.
–Ahia!- urlò, rivolgendole un'occhiataccia.
-Perdonalo,
ogni tanto deve dare aria alla bocca con qualche scemenza- si giustificò la
sedicenne.
Il
giovane non sapeva che faccia fare: che rapporto c'era fra quei due per essere
così in confidenza?
-Lance,
eccoti finalmente- li interruppe l'agente Jenny. –Non c'è tempo da
perdere.
-Arrivo.
Vedi di non cacciarti nei pasticci come al solito, Dyana.
-Anche
tu, fratellone.
Fratellone?!
Dyana era…era la sorella di Lance?!
Aveva
viaggiato con la sorella del più grande maestro del tipo drago al
mondo?!
Era
sbalordito.
-Allora?
Cosa hai saputo? Paul…Paul…
-Tu…tu
sei la sorella di Lance? Quel Lance?
Dyana
lo fissò in modo strano, sospirando: il suo piccolo segreto era stato
svelato.
-Sì-
sbuffò contrariata. –Purtroppo sì.
-Purtroppo?!
Tu devi essere completamente pazza. Lance è…
-…un
mito- disse, sedendosi su una panchina poco distante. Un sorriso indecifrabile
le incurvava le labbra. –Tu non sai cosa significa vivere nella sua ombra,
essere continuamente paragonati a lui- raccontò. –Lance è stato il Campione dei
Super Quattro. Camilla ha preso il suo posto solo perché lui ha deciso di
ritirarsi e dedicarsi alla protezione dei pokemon. E anche lì, i successi
abbondano: ha distrutto il team Magma e il tem Idro, salvando due rarissimi
pokemon dalle loro grinfie…
Paul
prese posto accanto alla coetanea, iniziando a comprendere. Non doveva essere
facile vivere con una simile celebrità.
-Per
tutti, io dovevo essere come lui. Ma non è stato così: non mi piace far
combattere i pokemon, per questo non ho scelto né la via della Lega, né quella
del Gran Festival…per questo e perché sapevo che tutti mi avrebbero guardato con
un occhio diverso sapendo chi era mio fratello.- Le sfuggì una risata, più
d'ironia che di gioia. –Volevano che io prendessi il suo posto…non
fraintendermi: voglio molto bene a Lance, ma a volte vorrei che fosse un po'
meno…
-…Lance-
completò per lei l'addestratore.
-Già.
Sono fiera di ciò che fa…ma fa troppo. Ogni volta che torna a casa ci resta
cinque minuti, poi riparte immediatamente per una nuova missione che lo terrà
via dei mesi- proseguì. –E io questo non lo sopporto. La sua vita è sempre stata
così: piena di trionfi, di vittorie…penso non si sia mai fermato a pensare agli
altri, al fatto che potessi sentire la sua mancanza…per lui il mio affetto è
qualcosa di scontato…
-E
non lo è?- chiese, stupendo persino sé stesso. Da quando si interessava alla
vita di qualcun altro?
-Non
è sempre facile…- confessò l'amica, chiudendo l'argomento. –Scusami se ti ho
annoiato con queste sciocchezze. Ero venuta per ridarti Cinchar e…per
ringraziarti di ciò che hai fatto per me.
Paul
prese la sfera, stranamente imbarazzato. Aveva agito d'istinto, senza
riflettere… Non che ne fosse pentito…solo…sorpreso.
-Di
niente.
-Cosa
hai scoperto?
-Nulla
di particolare. Ogni volta il segnale viene da un luogo diverso. Ci sono molto
fabbriche abbandonate nei dintorni…è facile adattarle a stazioni di
trasmissione.
-Potremmo
andare a farci un giro: magari scopriamo qualcosa di
utile.
Il
ragazzo annuì con convinzione. Non sapeva spiegarsi il motivo ma, dopo quelle
rivelazioni, la sentiva più vicina, più umana.