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Autore: redeagle86    13/02/2008    0 recensioni
In una Tokio in stile Al Capone, una KxH tinta di sangue, omicidi, dove la speranza di una redenzione sembra lontanissima. A chi l'ha già letta, consiglio di rifarlo, perchè l'ho modificata!!!
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Cap. XIV°

Noi

 

La casa alla periferia di Tokio era più malandata rispetto a quella di Rei, ma apparteneva all’Angelo e si trovava sulla strada per la città.

Il temporale infuriava, con tuoni, lampi e un vento che sembrava sul punto di sollevare l’abitazione.

Hilary odiava i temporali: ne aveva sempre avuto paura e ogni tuono la faceva saltare, impedendole di prendere sonno. Alla fine, dato che di dormire non se ne parlava, decise di alzarsi a bere un bicchiere d’acqua.

Scese le scale in punta di piedi, intenzionata a non svegliare Kei. Si era appena rimesso dopo la ferita alla spalla e aveva assolutamente bisogno di riposare: in quelle settimane aveva fatto di tutto per proteggerla e lasciarlo dormire era il minimo che lei potesse dargli come ringraziamento.

Passò nel salotto, ma un nuovo tuono la fece sobbalzare. La lampada sul tavolino si accese e il ragazzo si volse.

-Hilary, cosa c’è?- Non c’era rimprovero nella sua voce solo stupore.

-Niente…

Kei la osservò attentamente: tremava come una foglia e non soltanto a causa del freddo.

-Non dirmi che hai paura del temporale…

La brunetta si mise immediatamente sulla difensiva.

-E anche se fosse?!

-Non c’è niente di male- ribatté, alzando le mani in segno di resa. –La paura è un sentimento normale. Bisogna preoccuparsi solo se non la si prova.

-Posso…posso restare qui un attimo?- chiese titubante. Si sentiva una bambina di tre anni.

-Certo.

Hilary si sedette vicino a lui sul divano e la sua presenza la rese più tranquilla.

-Tu hai mai avuto paura?

-Non sono immune alla paura: le varie situazioni in cui mi sono trovato coinvolto hanno avuto un certo effetto su di me- rispose sinceramente, poggiandole una coperta sulle spalle. –Ma ho avuto paura soprattutto al ristorante e all’albergo…paura che tu potessi restare uccisa.

-Non hai paura di morire?

-Io e la morte conviviamo da tredici anni. Ha perso molto del suo mistero. Sebbene il fatto di darla ad altri non mi renda ansioso di provarla sulla mia pelle.

-Tu non sei malvagio…

-Per essere un buon killer una parte di te deve essere necessariamente malvagia.

-Perché sei diventato un killer? Per soldi, forse?

-No, per trovare l’assassino di mio padre- replicò deciso.

Lei gli chiese com’era accaduto e Kei le raccontò la storia dall’inizio.

-Quando Jack mi ordinò di ucciderti, ero intenzionato a portare a termine il lavoro.

-Cosa ti ha fatto cambiare idea?

-Ho scoperto che è stato Spyro ad uccidere mio padre. Così ho deciso di rovinarlo, ma avrò pace solo quando lo avrò ucciso.

-Ma le prove che…

L’Angelo negò lievemente con il capo.

-La polizia, i giudici…Spyro ha contaminato tutto.

-Allora perché mandi tutto al tenente Kinomiya?

-Perché so che lui è una persona onesta.

La fanciulla assentì: aveva conosciuto il tenente e i suoi collaboratori e le erano sembrati a posto, uomini e donne rispettabili. Ma l’apparenza inganna: a prima vista anche suo padre pareva onesto. In realtà era dentro fino al collo negli affari sporchi dell’Organizzazione.

-Hilary…grazie per tutto ciò che hai fatto. Ti sei trovata a lavorare con l’assassino peggiore di Tokio, fra rapine, omicidi, sparatorie…e nonostante questo sei ancora qui.

-È un velato tentativo di licenziamento?- ironizzò la giovane.

-No, mai.

Fu solo un attimo, i loro sguardi si incontrarono in modo diverso dal solito. I loro visi si trovarono vicini. Terribilmente vicini.

Anche se entrambi si rifiutavano di ammetterlo, agognavano a quel momento come si insegue una chimera. Bastava un secondo a rompere quell’incanto.

Kei stava per baciarla, quando improvvisamente abbassò il viso.

-Non posso…noi…

Hilary gli portò una mano sulla guancia, costringendolo a rialzare il volto. Lei gli stava sorridendo amorevolmente.

-Noi- disse soltanto, prima di baciarlo.

Lo sentì lasciarsi andare lentamente, mentre scivolava con lei lungo il divano. E persero la cognizione di ogni cosa, tempo, luogo, doveri.

Esistevano solo loro, avvinghiati l’uno all’altra, a divorarsi in quella passione bruciante e devastante a cui non potevano sottrarsi.

  
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