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Autore: damned88    13/02/2008    0 recensioni
Non c’era nulla da dire, quella era sicuramente la più grandiosa delle sue invenzioni. Tuttavia, sebbene il risultato finale fosse più che soddisfacente, non poteva che provare odio nei confronti di quel diavolo travestito che aveva proprio sotto gli occhi.
Genere: Malinconico, Science-fiction, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come Pinocchio

“Padre”

Un signore di mezza età si voltò verso la bambina che lo aveva chiamato con uno sguardo strano tra il sorpreso e l’irritato.

“Perché mi hai chiamato padre?” domandò allora l’uomo, spezzando quel pesante silenzio instauratosi tra i due. Sebbene in apparenza nessuna emozione trapelasse dalla maschera d’avorio che l’uomo sembrava avere al posto del viso, innumerevoli erano le sensazioni che, in quel momento, dentro il suo stanco petto andavano muovendosi frenetiche, quasi spiritate.

La bambina osservò allora impaurita le iridi di colui che aveva di fronte; iridi di un azzurro intenso e cupo, fredde come solo il ghiaccio sa essere e, nel contempo, aride come il deserto più profondo. Abbassando istintivamente il capo e scuotendo i lunghi capelli bruni raccolti in una coda sbarazzina, la piccola congiunse in grembo le manine paffute a mo’ di protezione, fissando di conseguenza con ostinazione le punte delle proprie scarpette di nera vernice.

"Ho sentito chiamare in questo modo una bambina il proprio costruttore" disse allora, quasi sollevata.

L’altro, infastidito da quel suo comportamento che sembrava essere veramente spontaneo e autentico, sembrò spazientirsi, così corrucciò malamente le sopracciglia chiare “lui non è il costruttore della bambina”  rispose dopo pochi secondi con voce rabbiosa e roca.

La bambina alzò di scatto il viso, agitando le ciocche di capelli che le ricaddero malamente sugli occhi; poi aprì le bocca, indecisa se domandare o meno il significato di quella fredda risposta.

“Perché?” rispose risoluta la fanciulla, decisa ad ottenere una spiegazione che non fosse solamente uno sbuffo o un qualsiasi altro rimprovero.

Il dottore, non vedendo alcun segno di cedimento negli occhi di quell’infante che tutti avrebbero giurato essere una semplice umana, colto da un’accecante ira, si avvicinò di un passo alla creatura curiosa che, con aria supplichevole, sembrava pendere dalle sue labbra.

“Perché quella bambina è umana”

Il professore sospirò pesantemente e voltò il capo, quel tanto da eliminare dal suo campo visivo la figura di quel piccolo essere diabolico da lui stesso creato. Cosa avrebbe fatto per tornare indietro nel tempo e fermare quel progetto che, successivamente, avrebbe portato al capolinea la sua morale e la sua stessa sanità mentale.

“E io?” sussurrò la creatura sottovoce, indecisa se voler sapere o meno la realtà dei fatti.

L’uomo indietreggiò di un passo, osservando con ostinazione i frutti dei suoi sforzi in tutta la sua totale bellezza. Non c’era nulla da dire, quella era sicuramente la più grandiosa delle sue invenzioni. Tuttavia, sebbene il risultato finale fosse più che soddisfacente, non poteva che provare odio nei confronti di quel diavolo travestito che aveva proprio sotto gli occhi. Se soltanto fosse stato più forte.. se solo avesse trovato la forza di ribellarsi.. avrebbe più che volentieri cancellato quell’insulso errore. Perché quella bambina non poteva che essere il frutto di un errore, figlio di un peccato imperdonabile quale poteva essere l’ambizione.. l’ambizione di volersi sostituire a Dio. Con la mente affollata da turpi pensieri, studiò con insistenza il suo sguardo perso, o molto più semplicemente, vuoto. In particolare, notò la sua manina rosea appoggiata al tavolino di cristallo, sistemato nell’angolo della stanza. Cosa provava lei in quel momento? Si dette dello scemo per quello stupido pensiero. Cosa poteva provare un robot se non il vuoto?

“ Tu sei artificiale.. capisci? Non sei umana, né ora né mai!” rispose allora duro, rabbioso e forse, anche un poco malinconico. La bambina abbassò nuovamente lo sguardo, amareggiata e nostalgica. Tutto ciò che riusciva a percepire era la presenza di quell’uomo così freddo nei suoi confronti da apparire totalmente estraneo alle emozioni. Si, senza ombra di dubbio il dottore era molto meno umano di lei, un robot artificiale. Perché, sebbene quel pazzo costruttore lo ignorasse del tutto, lei era molto di più di una macchina. Ne era sicura, non poteva sbagliarsi. Ne era la prova il fatto che il freddo del suo sguardo le provocava un dolore acuto nella cassa toracica contenete il fulcro dei suoi movimenti; perché il freddo del tavolino di vetro era fin troppo vero sotto i suoi polpastrelli. E l’odore dell’olio degli ingranaggi alle volte era così tanto aspro e metallico da assomigliare al sangue di qualsiasi umano. Lei odorava di sangue. Ne era sicura. Per questo non poteva essere una macchina. Rassicurata da quei pensieri, osò rivolgere nuovamente la parola a quel mostro che si ritrovava per parente. “Ma padre rimanete poiché voi solo mi avete costruita” rispose con apparente calma, voltandosi di conseguenza per dirigersi in cucina.

Lui le osservò le spalle, piccole come quelle di una normale bambina di dodici anni.. come quelle della sua stessa bambina. Se solo non fosse scomparsa, sarebbe stata identica a lei. Ma troppo tardi si era reso conto che in realtà, quel che aveva così abilmente creato, altri non era che un fantoccio, o meglio, un sostituto. Sarebbe stato decisamente più intelligente prendere un animale da compagnia piuttosto che ambire ad una bambola meccanica. Era per questo motivo che la odiava… lei, che era così simile alla su piccola Samantha.. lei, che in realtà era così diversa. Quella bambola era decisamente il suo più grande fallimento morale.

Spinto da una forza che non sapeva neanche di possedere, seguì il piccolo mostro in cucina. Allungò il braccio fino a sfiorare con la mano destra i capelli ondulati e mori che ricadevano, naturali, sulle piccole spalle infantili, fasciate da una camicia bianca immacolata. Così diversa ma così simile.. lo faceva stare male.

Trascorsero il resto della serata in completa solitudine, ognuno con i propri pensieri, o quasi.

“Io non posso pensare, non sono capace” mormorò sottovoce il piccolo robot accucciato all’angolo della propria camera da letto.

“Bugiarda” si corresse poi “Se questi non sono pensieri, allora cosa sono?” sbottò all’improvviso alzandosi. Ne era cosciente, lei non poteva essere solamente una macchina.. c’era qualche cosa che non tornava.

Sbatté il piedino a terra, spazientita e frustata da quella situazione. Stringendo forte i pugni si face coraggio e si avvicinò all’uomo che, pigramente, stava abbandonato sul divano con gli occhi chiusi.

“Papà, io sono una bambina vera sai? ”

Il vecchio sbarrò di colpo gli occhi, come se tornato in superficie dopo una lunga apnea sott’acqua. Si strofinò gli occhi con la mano, prima che il volto diventasse rosso di rabbia. Gli occhi allora si assottigliarono in due fessure furiose, le mani tremarono violente e incontrollate. Si alzò di colpo, slanciandosi contro quel piccolo demonio ai piedi del divano. L’afferrò per la gola, stringendo i palmi sul suo collo. Muori. La bambina aprì la bocca urlando, implorando a quella bestia di lasciarla andare.

“Perché?” continuava a ripetere lei, piccola e indifesa. Lui sembrò non ascoltarla, mettendo ancora più entusiasmo in quel che stava facendo. La voleva far finita; lui che aveva dato un inizio a tutto, ora doveva porre fine a quell’incubo. Vedeva la piccola contorcersi, urlare come se stesse soffrendo. Impossibile, i mostri non soffrono.

“Ti prego, papà.. mi fai male!” urlò ancora più insistentemente la giovane creatura. Il costruttore vacillò per un secondo; un guizzo di incertezza colpì il suo sguardo non più furioso, ma triste.

“Lo vorrei tanto anche io.. ” sussurrò con voce flebile il dottore, tornando a stringere il collo minuto di lei non più con rabbia ma solo con amarezza e profonda solitudine.

Allora la bambina sembrò perdere poco a poco le forze; abbassò le braccine a terra, ormai esausta e priva di volontà.

“Se questo ti renderà più felice fa pure” disse allora con un flebile sussurro mentre, il suo viso, andava ad assumere un colorito sempre più pallido, proprio come se fosse viva.

“Però sappi papà che io.. non sono come Pinocchio” disse infine, con voce strozzata e roca per lo sforzo. Chiuse gli occhi, omai in fin di vita. Uno strano rumore proveniva dall’interno del suo corpo; i circuiti in tilt a causa delle mani del dottore che impedivano il flusso dei liquidi all’interno del piccolo robot.

Allora lui si alzò, sfinito, senza distogliere per un solo secondo gli occhi dal volto di lei. “No, non sei come Pinocchio.. perché lui alla fine della favola diventava un bambino vero” sussurrò, passando una mano tremante sul suo visino addormentato. Delineò con l’indice destro il suo profilo, l’arco delle sue fine sopracciglia e poi la bocca. Infine, avvicinò il dito ai suoi occhi ormai chiusi, per sempre.. se solo avesse voluto, avrebbe potuto ripararla quando preferiva.. ma non era tanto sicuro se, in effetti, lo voleva. Allora sfiorò il taglio dell’occhio destro, venendo a contatto con un liquido caldo che lo raggelò e lo sconvolse all’inverosimile. Si chinò sul corpo sdraiato innaturalmente a terra, accostandosi al viso di lei. Le aprì gli occhi, li studiò.. e vide una lacrima. Una lacrima vera, reale. Si portò il dito alla bocca, assaggiò quella che sembrava una comune goccia e scoprì che era salata. Un dubbio lo scosse dal torpore nella quale era caduto. Si diresse in cucina, prese un coltello, e tornò ai piedi della sua creatura. Le prese un palmo ancora caldo e liscio, tagliando quindi la pelle con la lama in mano. Un liquido denso e rosso fuoriuscì dal taglio che lui stesso le aveva procurato.

“Impossibile..” sussurrò con voce roca “IMPOSSSIBILE!” urlò allora con tutta la forza che aveva in corpo, talmente tanta da ferirsi la gola.

“Ma come.. come può essere lacrime e sangue questo? Sangue reale..” osservò la sua bambina a terra “..una vita reale..” indietreggiò, fino a raggiungere il muro della stanza “Proprio come Pinocchio..una bambina vera..”sbiascicò con le lacrime agli occhi “ Mia figlia ” urlò infine. Il dottore, ormai perso nella follia nella quale era piombato, rimase accucciato a terra tutta la notte, a formulare frasi incompiute ed insensate. La notte, testimone di quanto era avvenuto, accolse il suo pianto e la sua più estrema follia, cullandolo nel suo ventre e portandolo con sé nella tomba.

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Perdonate, ho dovuto modificare perchè mi sono resa conto che, tempo fa, avevo pubblicato la versine sbagliata di questa storia non del tutto completa e con dei pezzi mancanti. Mi scuso ancora per l’equivoco!!!

 

 

 

  
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