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Autore: Snehvide    04/10/2004    10 recensioni
La mia ultima fatica ^-^; Una bambina ed un Angelo, un gigante ed una bambina, in un piccolo mondo limitato...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaworu Nagisa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grigio…

 

- … E ADESSO E’ NEVE. 

 

Ethude –  Il Gigante e la Bambina.

 

 

Il gigante e la bambina sotto il sole contro il vento

in un giorno senza tempo camminavano tra i sassi

camminavano tra i sassi [...]

 

 

Praga, 11 Ottobre 2015.

 

Grigio…

Il cielo è sempre grigio in questa città.

Un colore che varia di sfumatura in sfumatura, ma che in fondo, resta sempre lo stesso.

Non ricordo un solo istante in cui esso sia stato di un altro colore…eppure ci sono tanti colori che un cielo può assumere…

Non piove, ma il cielo è sempre, costantemente grigio.

E questo non è un buon segno…

 

Sapevo che questa città mi sarebbe piaciuta.

Mi inghiotte. Mi fa suo. Ed è bellissima questa sensazione…

Mi mimetizza con essa, rendendomi invisibile agli occhi di chi non vuole vedermi.

 

Sì, questa città mi piace davvero molto.

Credo ci resterò un bel po’. Dopotutto, non ho alcuna fretta di andar via…

 

C’è molta, moltissima gente qui. Mi piace osservare i figli di Lilith..

Mi piace la loro capacità di ergersi dalla massa.

Li trovo affascinanti.

Sono profondi, molto profondi.
Così profondi, ma nello stesso tempo così fragili…

 

Tiro fuori il mio violino, e mi unisco al piccolo concerto che gli artisti di strada stanno tenendo sul questo antico ponte ove sotto il Moldava continua lento il suo corso…

 

Dunque dunque…che melodia potrei suonare? Chopen ? Mozart? Puccini?

Rido di me stesso, a volte anche ad un essere come me piace farsi delle domande stupide…

Non ho alcuno spartito con me, non ho alcuna conoscenza della musica, né conosco altra melodia all’infuori di Ode to Joy. Ma mi piace pensare che il mio repertorio musicale, in fondo, potrebbe essere un po’ più vasto…

 

Mi appoggio alla statua di uno dei tanti Re esposti quassù. Ed inizio a suonare la mia melodia….

Che forse, in mezzo a tutta questa confusione, non verrà ascoltata da nessuno…

Si sentirà appena…..come quella brezza che soffia leggera leggera nella grigia coltre autunnale….

 

Se c’è una cosa che i figli di Lilith non hanno, è proprio la capacità di ascoltare….

La loro mente è troppo impegnata ad altro, per fare ciò…..

Ma suono ugualmente….
Suono ,perché non si sa mai..

Non si sa mai chi potrebbe passare, da un momento all’altro. Non si sa mai che cosa puoi richiamare con un semplice gesto..

Forse niente. Forse tutto. Chi lo sa….

Chiudo gli occhi e lascio che l’archetto strofini nella sua leggerezza le corde dello strumento..

 

Avverto le ombre , proiettate quasi impercettibilmente su di me…

Le sento pesanti, volgari, indifferenti…

 

Non sono loro che possono sentire la mia melodia…

Non possono esserlo.

Ma io non ho fretta. La mia missione, tra l’altro, è appena iniziata…

 

“…che noia….”

 

Apro gli occhi. Smetto di suonare.

Guardo in avanti in cerca della proprietaria di quella voce seccata.

La vedo.

Sarà stata alta circa 1 metro.

Piccola. Bassa, e con dei fili d’oro che le ricadevano incorniciandole il viso.

Una…bambina? Era una bambina quell’individuo che avevo dinnanzi?

Durante la mia brevissima permanenza in Giappone, non credo di averne viste…

Sono fatte così?

Sono queste le anime candide?

 

il gigante e' un giardiniere la bambina e' come un fiore

che gli stringe forte il cuore con le tenere radici

con le tenere radici con le tenere radici.

 

“Cosa…sei tu?” Sbiascico, scostando il violino dalla spalla.

 

Non mi da retta.

Corruga maggiormente la fronte.

 

“Suona questa melodia tutti i giorni, Signore….non ne conosce un’altra?”

 

“No…”

 

“Perché?”

 

“Perché conoscere questa è come conoscerle tutte.”

 

Il suo viso si stringe di più, mentre una folata di vento freddo soffia imperterrito su di noi…

Riesce a trattenere a stendo il cappellino rosa di lana  che teneva sulla testa.

Si siede per terra, mentre io mi abbasso per riporre il violino nella sua custodia.

Continua a fissarmi. Interessata.

 

“Ha smesso di suonare?”

 

“Sì…”

 

“Perché?”

 

“Perché la canzone è finita. Non è bello ripetersi.”

 

“Uhmm..”  Poggia i gomiti sulle ginocchia, sorreggendo con le mani il viso.

 

“Signore?”

 

“ uh?”

 

“Come si chiama la canzone?”

 

“Si intitola “Inno alla Gioia” di Beethoven. ”

 

“Chi è Beethoven?”

 

Sorrido.

 

“Colui che ha fatto questa canzone, a quanto pare…”

 

“……..”

 

Strofino accuratamente le corde dell’archetto con un panno…


”……..”

 

 

“Signore?”

 

 

E’ strano sentirmi appellare con questo nome…

Ma rispondo ugualmente, volgendole lo sguardo.

Perché fa tante domande?

 

“Chi sei?”

 

Piego il panno e lo metto in tasca.

 

“Mi chiamo Kaworu. Kaworu Nagisa.”

 

Ne resta un po’ delusa…

 

“Che strano nome…” Sbiascica piano piano…

 

“Io sono Anèta!”  Esclama dopo.

 

Sorrido al suo nome, mentre con una mano chiudo la custodia del violino.

Mi rialzo, lei invece resta lì seduta.

Vado per voltarmi, ma sento di nuovo la sua voce che mi chiama…


”Te ne vai via?” 

 

“Sì…”

 

“Vai a casa?”

 

Vado a casa?

 

“Beh…diciamo di sì…”

 

Si rialza. Mi accorgo solo allora che i suoi piccoli piedi sono nudi

Non avevo mai visto nessuno a piedi nudi per strada, da quando sono arrivato…

 

Mi fissa sempre. Il suo sguardo non mi lascia indifferente. Ha qualcosa di strano…

 

“Posso venire con te?”

 

“Io abito molto lontano da qui…”

 

“Anche io abito molto lontano da qui…quasi a Praga nove!”

 

“Io abito molto più lontano di te….”

 

“Davvero? Dove abiti?”

 

“Lontano…”

 

“Lontano dove?”

 

“Lontano.”

 

Come si può definire colui che non appartiene a questo piccolo, indifeso pianeta?

 

“Ah….”

 

Ancora, ne è delusa.

Non capisco le sue motivazioni. Ma i suoi occhi sono ora rattristati.

Sembra che le mie risposte non siano quelle da lei sperate…

 

“…………”

 

“Signore?”

 

“Mi chiamo Kaworu.”

Non posso permettere che lei continui ad appellarmi con questo nome.

 

 

Ignora ancora la mia ultima frase.

 

“Posso venirti a trovare anche domani?”

 

Mi domanda quasi dispiaciuta…

Sorrido.

 

“Certo…”

 

Dicendo queste parole, presi il mio violino, lo poggiai sulle spalle e, avvicinandomi alla folla, lasciai che essa, ancora una volta,  inghiottisse.

Lei?

Chissà…

Mi è stato detto che le anime dei bambini sono misteriose…

 

e la mano del gigante su quel viso di creatura

scioglie tutta la paura e' un rifugio di speranza

e' un rifugio di speranza e' un rifugio di speranza.

 

 

~*~

 

Si, Praga mi piace ancora di più adesso. Possono farsi incontri strani…

Una bambina…chi l’avrebbe mai detto!

 

Tra l’altro, la piccola Lilim ci aveva preso gusto.

Tornò il giorno dopo.

 

“Signor Kaworu!”

 

Di nuovo la sua vocina stridula.

Di nuovo con gli stessi abitini pesanti, dai colori sfarzosi, disabbinati tra loro.

Di nuovo gli stessi piedini nudi, sullo stesso ponte.

 

Perché proprio io, poi?

Ci sono così tanti artisti di strada molto più attraenti di un violinista in frac, che suona ogni giorno alla stessa ora, sempre la stessa, noiosa canzone…

 

“Oggi sono venuta prima!” Esclama.

 

Lei, sempre così allegra e pimpante…la sento in totale disarmonia con la mia persona, sempre terribilmente pacata e silenziosa. Perché viene da me?

 

“Sono…sono venuta prima perché volevo sentire suonare la sua canzone sin dall’inizio questa volta!”


Si siede incurante per terra, unica spettatrice di questo modesto teatrino.

Il suo sguardo  suscita in me strane emozioni. I suoi occhi chiari sembrano voler percepire la mia essenza…

Cosa vuoi da me, piccola anima candida? Trovi rifugio nella mia musica?

 

Di nuovo, come al mio solito, ecco il librarsi dell’archetto sulle corde del mio antico violino…

E’ questo che vuoi?

Ecco nascere da esso la melodia che ha portato il genere umano ad elevarsi,  contraddistinguendosi dalla massa..

Ecco L’Inno alla Gioia.

Da gioia anche a te?

No….

E’ impossibile…

Cosa vuoi che ne capisca una piccola figlia di Lilith?

Suono le ultime note. Ultime note di una melodia a cui l’uomo ha dato un termine artificioso, brusco…

In un mondo finito, si cerca di dare un termine a tutto.

Anche ad una melodia che sarebbe stata infinita in qualsiasi altro posto dell’universo, fuorché la Terra…

 

Al termine della canzone, rimane ancora lì, per terra, con gli occhi chiusi. Non si muove.

E con lei, sembra essersi fermato anche tutto ciò che ci circonda.

Questa volta. Non ripongo  neanche io il mio violino.

 

“Ne ho imparato un’altra, sai?…”

 

La mia frase sembra aver ridato vita al mondo circostante.

I birilli dei giocolieri riprendono a volteggiare, le persone ricominciano a pestare i mattoni di questo vecchio ponte di pietra, la vita, la gente…tutto ritorna a scorrere con la corrente del fiume…

 

Apre gli occhi solo allora.

 

“Come?”

 

“Ho imparato a suonare….un’altra melodia, se ti va di ascoltarla….è la Vie En Rose.”


”No, non importa….”

 

“Non trovavi noiosa questa  sinfonia?”

 

 

“E’ che non l’avevo ascoltata sin dall’inizio come ho fatto questa volta…”

 

Abbasso l’archetto. La figlia di Lilith capisce davvero..

Non conosco la Via en Rose, né tantomeno so suonarla.

Mi servo di questa piccola bugia per evincere molte cose.

Ha capito. La piccola figlia di Lilith ha capito…

 

“Non puoi suonarla di nuovo, vero?”

 

“Purtroppo no.”

 

“Perché?”


E’ curiosa.

Proprio come me, del resto. Io trovo interessanti loro, loro trovano interessanti me.
Può definirsi uno scambio alla pari, d'altronde .

 

Rivolgo lo sguardo verso le acque del fiume.

 

“Vedi le acque di questo fiume? Possono scorrere solo una volta sotto questo ponte….non è concesso loro passare una seconda volte da qua sotto. Tutto deve scorrere con la corrente, in questo mondo…”

 

“E perché?”

 

La guardai. Alzai le spalle.

 

“Perché è così…”

 

“Tornerai a suonare la tua canzone anche domani?”

 

Mi chiede, nel vedermi riporre nuovamente a posto il mio strumento, segno che stavo per allontanarmi da lei di nuovo, come il giorno precedente…

 

“Sì, certo…”

 

“Allora domani ritornerò ancora.”

 

Le sorrido mentre la guardo.

E’ quasi uno sgarbo per me, vedere che non è affatto interessata a scoprire la natura del mio sguardo cremisi…

 

“Adesso torni di nuovo a casa?”

 

“Sì…”

 

“Ma…è così lontana casa tua?”

 

“Lo è….”

 

“Più lontana di Praga nove?”

 

In confronto alla mia dimora, la distanza che ci separa da Praga nove non sarebbe neanche comparabile alla distanza che separava la mia persona dalla sua, in quel momento….

 

“E verso dov’è? Per di là ?” Indica verso sud con un braccio, e poi verso nord. 

 

del gigante e la bambina si e' saputo nel villaggio

e la rabbia da' il coraggio di salire fino al bosco

di salire fino al bosco di salire fino al basco

 

La sua ingenuità è spiazzante. Se fosse stata luce, la sua innocenza avrebbe illuminato anche la stella più sperduta nei meandri del cosmo…

Sento il  dovere di risponderle, questa volta.

 

“No, è da quella parte.” Indico il cielo.

 

Guarda in alto anche lei, la sua espressione diventa confusa, poi incredula.

 

“Davvero??”

 

“…….”

 

“Davvero abiti lassù ???”

 

Annuisco.

 

“Posso venire con te?? Ti prego! Posso? Posso?!?” Nei suoi occhi luccicava la Gioia.

 

“Mi dispiace, ma questo non è possibile…”

 

“Perché!? Perché non è possibile!?” Sta ritta sulle punte dei piedini nudi. Stringe i pugni sul petto.

 

Mi chino, raggiungendo la sua altezza.

Voglio essere sicuro che ella mi guardi negli occhi, quando le dirò quelle parole..

 

“Perché…tu sei fragile. Fragile come il vetro…”

 

Mi rialzo.
Ancora, non sembra esser rimasta impressionata dai miei occhi sanguigni, però smette di insistere.

 

Non mi guarda più. China il viso.

 

“E’ per questo che non posso venire a casa tua?”

 

Non rispondo.

 

“E’ così?” Alza gli occhi di scatto.

 

“Sì…” Rispondo.

 

Mi incammino per andare via, ma sento ancora ella che mi trattiene per un lembo della mia giacca nera.

Chino nuovamente gli occhi a guardarla. Riacquista il suo sorriso. Che tipo volubile.

 

“………..”

 

Guardo l’orologio. E’ tempo di andare…

Saluto la bambina, questa volta. Lei rimane lì, come il giorno precedente. Mi osserva sino a quando non scompaio nella folla, poi non so dire che fine abbia fatto…

Nessuno sa che strade può mai percorrere un’anima candida….

 

~*~

 

Credo di essermi fatto un idea tutta particolare sugli artisti di strada:

Calamite.

Sono delle calamite.

Gli artisti di strada  hanno la capacità di attirare chiunque avesse del “metallo prezioso” nelle tasche. Era questo il loro scopo.

Una sorta di elemosina ripagata dal loro spettacolo artistico.

 

Il mio obiettivo non è quello di avere il loro denaro…non me ne sarei fatto nulla, del resto. Quindi…posso ancora considerarmi artista di strada?

Non ho un pubblico. Non ho nessuna acrobazia da presentare.

 

Ho solo il mio violino, e lei.

 

Lei.

Che aveva riservato a me ed al mio violino tutta la sua attrazione, esattamente come gli artisti di strada attiravano il resto dei passanti…

Forse perché a differenza degli altri,  non vi metallo nelle sue tasche, da attirare a se…

 

Lei,

Che da quel giorno, non aveva perso un solo appuntamento con la mia musica.

Avevo giusto il tempo di estrarre il mio violino dalla custodia, quando lei, con quei suoi piedini nudi, la vedevo comparire lì dinnanzi a me…

Con il fiato ancora pesante, mi salutava e si sedeva per terra. Ascoltava la sinfonia nascere dalle corde del mio violino, e poi, eccola di nuovo a tempestarmi con le sue domande. Sempre le stesse, del resto.

 

“Domani ti farò una sorpresa.”  Mi aveva detto il giorno prima, alcuni istanti prima di andarmene.

 

“Uhm?”

 

“Sì, ti farò una sorpresa! Sono sicura che ti piacerà!” Ammiccò un sorriso deciso.

 

“Di cosa si tratta?”

 

Portò le manine ai fianchi. “Una sorpresa è una sorpresa! Non posso dirtelo!”

 

Sorrisi anche io…

 

“Allora…l’attenderò!”

 

 

 

“Mi raccomando, Sii puntuale!”

 

 

“Lo sarò.”

 

 

Una sorpresa….

 

Non avevo prestato molta attenzione alle sue parole, ieri.

Mi sono tornate automaticamente in mente, solo adesso.


C’è qualcosa di strano sul ponte, oggi.
Quella staticità non è normale.

Sembra come se le persone stessero oscillando.

La musica ha lasciato il posto soltanto ad un  vociferare disturbante. Chiassoso.

I turisti non avanzano più . Sono tutti raggruppati in punto ben precisato del ponte: il posto che ero solito ad occupare.

Non so cosa sia successo. Me lo domando, ma non trovo risposta. Guardo in giro. Visi lividi, preoccupati, sconvolti.

 

 

il gigante e la bambina li han trovati addormentati

falco e passero abbracciati come figli del signore

come figli del signore come figli del signore.

 

Sembra come se una coltre di ghiaccio si sia abbattuta improvvisamente sulle persone ibernando chiunque vi fosse sotto.

I musicisti avevano smesso di suonare, gli acrobati di esibirsi, persino i pittori avevano abbandonato i loro acquarelli al vento…

Il tempo si è congelato.

 

Altre auto a sirene spiegate irrompono senza alcun contegno in questo posto Sacro, unendosi ad altre già giunte  poco prima.

C’è troppo chiasso. C’è troppo rumore. Non mi piace più questo posto.

 

“Si tratta di una ragazzina! Si, di una ragazzina all’incirca sui cinque - sei anni! Probabilmente una di quelle zingarelle appartenenti al campo nomadi di Praga nove. E’ già stata portata via. Pare sia scivolata nel fiume.” Un uomo comunica ad una ricetrasmittente che fa i capricci.  Il suo tono di voce è grave, così come il tono di tante altre persone lì presenti.

 

“Sì…sì, mandate qualcuno lì a chiedere se è scomparsa una bambina bionda…”

 

 

Non mi piace questo posto più questo posto.

L’incanto è svanito.

 

Vedo dolore riflesso nei volti delle persone. L’inno alla Gioia non può esser suonato qui.

 

Ti saluto Moldava.

Devo trovarmi un altro posto più sereno. Il Ponte Karlov, Il cosiddetto Ponte dei Re, non va più bene per il mio violino.

Non va più bene per quella anima candida….

 

 

~*~

 

Vago.

Vago alla ricerca di un posto sereno. Un posto tranquillo e silenzioso.

Difficile trovarlo.

Le ore passano in fretta, e nella stessa fretta, Praga va cambiando.

 

Il cielo non è più grigio, ma nero.

Piove.

Le prime gocce mi cadono sulla giacca nera, lasciando su di essa delle macchioline rotonde. Piccole lacrime.

Qualcuno sta piangendo, ma la gente lo ignora..

 

Il cielo grigio era un brutto presagio….

Adesso è nero, il grigio è svanito, e con se, è svanito l’incanto della Praga magica che conoscevo.

Adesso, essa non differisce più dalle altre città: caotica, triste, ingrata, diffidente, buia, rumorosa, volgarmente affollata…

 

Dove dovrò andare adesso?

 

E’ rimasto un posto per me in questo angolo di Purgatorio?

Beh…forse sì.

Eccolo:  E’ una grande struttura, con ai piedi un piccolo parco con alberi ed aiuole…

 

Non c’è nessuno. C’è silenzio.

Non è di certo paragonabile al il Ponte dei Re, ma è accettabile…

Dopo tutto, la mia partenza si fa sempre più vicina…

 

Avanzo verso ad una panchina. Poggio la custodia del violino ai miei piedi, e ne estraggo lo strumento.

 

Inizio a suonare….

L’inno alla Gioia…

Inno infinito, che adesso mi sembra improvvisamente, inconsuetamente, fuori luogo.

 

Forse sarà l’ultima volta. Ho intenzione di cambiare città.

 

Vista la sua imponenza quasi irreale, pensavo che Praga fosse una città forte.

Invece, si è rivelata una città fragile, molto fragile…

Basta un niente per rompere il suo incanto….

Non va bene.

 

Il mio ultimo concerto non avrà pubblico.

Non credo la piccola figlia di Lilim riuscirà a trovarmi, in mezzo a tutta quella confusione…

 

Mi dispiace non poterla salutare, in fondo.

 

 

L’archetto scorre ormai automaticamente tra le corde del violino.

Trasparenti…quelle corde oggi sembrano trasparenti…


Quasi non riesco a sentire alcuna musica provenire da essa…

Sono i miei pensieri a rimbombarmi nella mente…

 

Senza pubblico, che cos’è in fondo un concerto?

Una foglia senza ramo, una stella senza cielo, un’anima senza corpo…

 

Invisibile e trasparente così com’era iniziato, eccolo terminare nel giro di pochi minuti….


Poso ogni cosa. Alzo gli occhi al cielo, lasciando che qualche sottile, timida gocciolina di pioggia mi bagni il viso…

Qualcuno sta continuando a piangere….

 

Sì, credo proprio che ritornerò a casa…

Mi alzo, e mi volto.

 

E’ lei.

La vedo esattamente dietro di me.

Anèta.

La piccola figlia di Lilith era dietro di me.

E’ lei che sta piangendo…?

 

 

ma nessuno puo' svegliarli da quel sonno tanto lieve.

Il gigante e' una montagna la bambina adesso e' neve,

la bambina adesso e' neve, la bambina adesso e' neve!

 

“Sei…tu….”

 

E’ pioggia ciò che è sul suo viso? O sono lacrime? Non riesco a distinguerle…

E’ tutta inzuppata. Sgocciola…

 

“Signor…Kaworu….” Balbetta tra i singhiozzi.


No, le sue erano  lacrime…

Si copre gli occhi con i polsi, strofinandoli.

Si lascia cadere sulle ginocchia. Piange. Piange ancora.

 

Mi avvicino a lei. La guardo dall’alto. Sembra ancora più piccola.

 

“Anèta…” Il suo nome, che sino ad allora non avevo mai pronunciato, esce fuori dalle mie labbra come se in tutta la mia vita non avessi conosciuto altro nome al di fuori del suo…

Una spiazzante….semplicità.

 

Non mi da retta. I ruoli si sono invertiti.

 

“Perché…stai piangendo?”

 

Continua a non rispondere, le lacrime non glielo permettevano.

Rimaniamo fermi in quella posizione un paio di minuti.

Io in alto, lei in basso.

Immobili. 

 

Pioveva, ma non era una di quelle piogge che bagnavano sul serio. Non riuscivo a spiegarmi come faceva lei, ad essere così fradicia…

 

“La mamma….” Finalmente risponde, tra un singhiozzo strozzato e l’altro.

 

“Uh?” Inarco le sopracciglia.

 

“La mamma…non mi vuole più…” Scoppia di nuovo a piangere.

 

Mi chino accanto a lei.

 

“Dov’è tua madre?” Le domando.

 

Senza alzarsi da terra, mi indica con un braccino l’entrata dell’edificio poco distante.

D’un tratto si alza di scatto, mi si getta al collo.

 

“Portami con te! Portami con te! La mamma non mi vuole più! Non mi da retta! Io le parlo, ma lei non mi ascolta!”

 

Capisco solo quando mi stringe, che cosa intendesse dirmi con le sue parole di bambina…

 

La stacco dolcemente da me, porgendole un fazzoletto per asciugarsi gli occhi blu coperti di lacrime.

 

“Andiamo a vedere….”


Entriamo.

Vi era un lungo corridoio, ed una sola, unica porta in fondo.

 

Ci avviciniamo lentamente. Intorno è completamente deserto.

Risuonano lenti i miei passi, ed i suoi.

 

Arrivo in fondo, giusto accanto alla porta.

Vi è una piccola finestrella in plexiglas su entrambe le ante della porta blu.

Guardo attraverso di essa. Solo io posso guardare. La sua statura non lo consente.

 

Conto tre donne, un medico, ed una lunga serie di tavoli di ferro, all’interno di essa.

Guardo. Osservo ogni cosa.

L’uomo scuote la testa.

 

Una delle donne getta un urlo lancinante nel momento in cui il medico, dopo essersi avvicinato ad un tavolo di ferro, scoprì dal lenzuolo ciò che era il viso ormai cianotico e violaceo di una bambina senza vita.

Guardo ancora. La riconosco.

 

 

E’ lei. Anèta.

 

La bambina a cui adesso, stavo stringendo la  mano.

Piccola anima candida….tu piangevi, piangevi, piangevi….ma loro non ti sentivano….

Capisco il tuo dolore…..

Non c’è niente di più brutto per un’anima candida, , che restare da soli….

 

“Cosa stai guardando? C’è la mamma lì dentro?”

 

Innocente.

Lascia che a guardare attraverso quella finestra sia qualcuno che quella tua innocenza, ormai l’ha superata….

 

Scuoto la testa.

Mento.

 

“No…”

 

Mi guarda, e riprende a piangere.

Non mi ero neanche accorto che poco prima si era zittita.

 

Le poggio una mano sulla testa.

 

“Allora…andiamo?”

 

“Dove?”

 

“A casa mia….”

 

 

“Davvero!? Posso restare con te?!”

 

I suoi occhi, ancora pieni di lacrime, si illuminano di un sole nuovo.

 

Annuisco. La sua manina è gelida. Come la mia, del resto…

Iniziamo a camminare verso l’uscita, di botto però si blocca. Guardo indietro.

 

“Però…oggi mentre ti aspettavo, sono scivolata nel fiume…ed i miei vestiti sono tutti bagnati…” Alzò con la punta delle dita il colletto del maglioncino inzuppato che aveva indosso.

 

“Lassù avrai tutti gli abiti che vorrai….”

 

“Sul serio!?”

 

“Sì…”

 

“Bello!!” Esulta.

Non sembra quasi più la stessa bambina di prima…

Basta così poco per far ridere una piccola figlia di Lilith?

 

 

“Adesso finalmente potrai spiegarmi come si fa ad arrivare a casa tua! Oggi ci ho provato, sono anche salita sul muretto del ponte…ma non sono riuscita , in compenso ho fatto un bel tuffo nel fiume!”

 

Ride di se stessa. Non sa la verità….

E’ un’anima candida….ed è impossibile per lei sapere la verità di questo mondo finito e limitato, che  per sua fortuna non aveva ancora  avuto modo di conoscere a fondo…

 

“Te lo avevo detto…voi, figli di Lilith, siete fragili come il vetro…”

 

Non fa alcuna domanda sulla mia risposta. Forse, continua a non capire il mio paragone…

Varchiamo l’uscio del corridoio che ci riporta in giardino.

 

“Suonerai ancora l’Inno alla Gioia?”

 

“Tutte le volte che vorrai…”

 

“Potrai farlo sempre!?”

 

“Sì, perché lassu il tempo non esiste..”

 

Non sa ancora che lassù, le note dell’Inno alla gioia riecheggiano senza fine..

Non sa ancora che lassù, la gioia non ha un limite.

Neanche la sua vita.

Che questo mondo le aveva gia’ portato via, proprio perché, è un mondo finito.

 

 

La grande porta si chiuse alle nostre spalle.

Il gigante e la bambina si allontanarono.

 

Camminavano tra i sassi sotto il sole contro il vento

in un giorno senza tempo il gigante e la bambina

il gigante e la bambina il gigante e la bambina

camminavano tra i sassi sotto il sole e contro il vento.

 

 

FINE

 

  • Il testo “IL GIGANTE E LA BAMBINA” è di RON. Tutti i diritti sono riservati all’artista.
  • Ho scritto questa fanfiction dopo la gita scolastica a Praga, l’aprile scorso. Non so perché, ma in qualche modo quella città mi ha ricordato tantissimo il personaggio di Kaworu.
  • A contribuire all’ispirazione di questa fanfiction vi è stata anche una fanart di un autore giapponese (che purtroppo non ha più  un sito) quindi ho deciso di metterla su un mio spazioweb per permettere a tutti di vederla http://reishinji.altervista.org/Kaoru058.JPG
  • Per critiche, commenti e tutto ciò che volete (nel limite della DECENZA e nel rispetto verso coloro che scrivono per puro HOBBY) la mia email è mizuhokei@virgilio.it

Mi auguro vi sia piaciuta^_^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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