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Autore: Hibei    07/08/2013    8 recensioni
cit/ «Tieni,» disse poi, staccando i due tocchetti e porgendomene uno, ciarlando di quante volte e ogni quanto lui e l'Ero-sennin ne avessero presi. Lo accettai riluttante e mi limitai ad emettere acido un infastidito tsk, ch'era quanto più si avvicinasse ad un grazie, spalancando gli occhi e rabbrividendo inconsciamente per come mi sentii pervaso da una scossa, dovuta al dejavù che ebbi nel momento in cui le mie dita sfiorarono uno dei legnetti. Cercai d'ignorare il formicolio sulle falangi e il calore che mi esplose nel petto a quel gesto così familiare.
[Piccolo test!] STRANAMENTE non è AU. L'avviso OOC qui è d'obbligo, visto che stavolta è Sasuke Uchiha in persona a parlare, affetto da logorrea, narrandoci qualcosa che successe poco dopo il suo ritorno al Villaggio. Quindi tutto post-Quarta Guerra Ninja. È SasuNaru, ma non v'è nulla di esplicito - difatti, è verde. Dopo solo tre fanfiction sto divulgando la mia cretinità a tutto il mondo di EFP, sono commossa! E, come al solito: Hope you enjoy it!
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'Di Uchiha eccitati e Uzumaki affamati'
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Note dell'autrice: Buonsalve, popolo notturno di EFP! Come vedete, la schizofrenia di Hibei torna a farsi sentire negli orari più improponibili! Sarà colpa dei geni Uchimaki che cominciano ad infestarmi neuroni?~ Probabilmente. (Y) Ma passiamo ad introdurre per benino questo schifo che, se avrete il coraggio di proseguire oltre, vi attende - sto avendo un calo d'autostima dalla scorsa fanfiction, già. - Alluora! È totalmente POV Sasuke. Questo perché, come detto prima nella breve intro della storia, è un test. Volevo provare a scrivere qualcosa interamente dal punto di vista di un personaggio, benché queste siano più paturnie e scleri, dovuti - probabilmente - al caldo afoso d'agosto. Se ve lo state chiedendo, anche questa volta la OS è totalmente condizionata dalle mie, di condizioni. y.y Non solo mentali, stavolta, ma anche fisiche! E i 37° alla fine citati; anche quelli sono miei. Lo giuro. E l'OOC deriva, oltre che dal fatto che non è una AU e come cosa è abbastanza scioccante di per sé, da questo. Anche se io adoro vedere Sasuke perdere internamente le staffe solo perché fa caldo, o assumere un'aria da cucciolo abbandonato perché vorrebbe le coccole dal suo Nacchan ma non sa come dirglielo! Prima lo odia e poi lo ama. *Sigh* E vi sembrerà il solito teme mestruato, proprio perché, dagli scleri, passa a pianificazioni di vendette contro Konoha e la Radice, a ricordi d'infanzia, comunelle col nii-san - il tutto mentre si scioglie come un gelato sotto il sole cocente di un pomeriggio mietitore. Quindi, a voi la sentenza, se ne avrete voglia! Nel mentre, io sto qui a ringraziare tutti voi che seguite le mie due fanfiction passate e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. A parte gli scherzi, sono davvero commossa da tutto ciò, perché avendo fatto così poco e a distanza di parecchio di tempo, non me lo aspettavo. :') Perciò, grazie di cuore a tutti voi. ♥
OH! Un cons
iglio! Visto che comunque c'è un prodotto alimentare (pur sempre di ghiaccioli si parla!), secondo voi dovreinserire anche questa nella serie SasuNaruSasu? Magari modificando e specificando che contiene AU e non, che dite? Fatemi sapere in un commento o un messaggio privato, se volete! :)
V
i mando un bacione e vi auguro la buonanotte! - anche se non dormirò prima delle tre e mezza. çwç Qualcuno ha un rimedio contro l'insonnia? T____T

Buona lettura, e scusate eventual
i errori! twt
P.s.: *deliberatamente, è un riferimento alla canzone Another Brick in The Wall dei Pink Floyd.
P.p.s.: Dimenticavo di dirvi che la OS è stata ispirata, principalmente e fondamentalmente, da questa immagine scovata su Tumblr qualche giorno fa: http://24.media.tumblr.com/e5e94957504bcd977dfc2a9f1b0469d1/tumblr_mlrs25pltd1rlac2mo1_500.png, difatti ho cercato di descrivere "al meglio" questa scena. L'ho amata sin da subito. :') E grazie alla vignetta con Sasuke e Itachi, ho cercato d'enfatizzare il concetto che - secondo me - Sasuke vede davvero Naruto come la sua famiglia.
P.p.p.s.: lo shounen-ai è particolarmente leggero, intuirete qualcosa solo alla fine proprio perché è più introspettivo che altro. E badate bene che ho fatto a pugni con la storia che, ad un certo punto, pareva scrivere da sé certe frasi come: "Dedicai poche attenzioni al mio ghiacciolo" o "Guarda che se non lo lecchi adesso ti colerà tutto nella mano". Che dite, sono una depravata persa in partenza? D: Ma con "ghiacciolo" non posso non pensare male, pensate che avevo scritto "Fissail mio ghiacciolo"  e mi sono messa a ridere. Ma scherziamo? È il caldo, gente. È il caldo. è.é Quindi, se è shounen-ai, è perché io sono psicologicamente incapace di non inserire SasuNaru in ogni cosa che scribacchi. Alla OTP del cuore non si comanda!... Lo so, si premette male. ;w; *fugge via piangendo*












Faceva caldo, faceva così terribilmente caldo che avevo il sentore di star lasciando dietro di me una lunga scia d'acqua. Sarei evaporato di lì a poco e nessuno se ne sarebbe accorto, altresì il mio compagno d'uscita - lo stesso idiota che mi aveva lasciato da solo in mezzo ad api e cespugli, nonché colpevole di avermi trascinato fuori da casa mia, la mia fresca dimora - mi avrebbe presto raggiunto, persuaso dai sensi di colpa, e dopo aver ostentato commozione per il suo gesto, l'avrei platealmente preso a calci nel culo fino alle porte del paradiso - o inferno che fosse, francamente non me n'è mai importato granché di dove sarei stato spedito. Avevo cominciato da un bel po' a diffidare dell'operato dei kami, se non di loro stessi. Speravo solo che per Itachi avessero riservato un posto d'onore in qualcosa che tutti gli altri avrebbero ritenuto come migliore. E pensai che l'avessero anche per l'usuratonkachi, un posto così. Dopotutto non è quel genere di alloggio per chi è tutto fiero ed emozionato di fare del bene al prossimo? La stupidità sarebbe dovuta passare in secondo piano, mica si manda all'inferno una persona solo perché è irrimediabilmente cretina. Al contrario di tutti quegl'ipocriti della Radice, che mi augurai bruciassero in fiamme ben più inestinguibili e letali di Amaterasu. 
Strinsi i pugni con forza, dimentico ormai del dobe smarrito, e digrignai i denti, quasi ringhiando. 
Non li avrei mai perdonati, mai. Me l'ero giurato, per egoismo, per orgoglio del mio nome, per la vita che mio fratello aveva dedicato con devozione a proteggere ogni singolo, patetico essere di quel villaggio straripante automi, esseri insignificanti e vuoti; l'ennesimo mattone nel muro.* E lo avrei distrutto, fatto crollare per mano mia ed esclusivamente mia. 
Allora perché sei tornato? vi starete chiedendo. Me lo chiesi anch'io, facendo eco alla voce squillante di una Sakura in procinto di gettarmi le braccia al collo e sfogare su di me tre anni di frustranti ricerche e speranze sostenute da colonne di sabbia, quando la rifiutai. Non nego che fui quasi del tutto indifferente al vederla piangere, dopotutto non era lei il motivo del mio ritorno, e di certo tale decisione non derivò da un mio improvviso essere in vena di una rimpatriata con i vecchi amici al punto da mettere non solo un piede, ma tutto il corpo entro il cancello di Konoha, benché su di me circolasse una taglia sostanziosa e gli Anbu non aspettassero altro che vivisezionarmi con un pastello - come aveva osato proporre quell'insulsa copia malfatta dal sorriso sornione fissata con la pittura. 
Ero e sono tutt'ora orgogliosamente schizofrenico, ma non fino a quel punto. A dispetto di tutto ciò che avreste potuto supporre, accantonai ogni atteggiamento bellico, trattenendolo nei bassifondi delle mie viscere come un conato di vomito e varcai la soglia della Foglia nei panni di un comune shinobi di ritorno da una missione centenaria particolarmente estenuante, ma a testa alta come se fossi stato l'unico in grado di portarla a termine, come se fosse motivo d'onore. Non che in verità mi vantassi di aver seguito Orochimaru o di aver infierito sul mio fratello moribondo, ma non mi pentii mai pienamente di neanche un solo passo impiegato dal mio abbandono al mio ritorno a casa. 
Anche se non la ritenevo neppure più così, ma il re dei dobe, eletto d'altrettanti piccoli dementi uniformi, s'era impuntato che non avrebbe fatto ritorno senza di me, stavolta. Non dopo che, senza Madara, Orochimaru o il mio nii-san come obiettivo, non avessi null'altro da fare, nessuna vendetta da portare a termine. 
Potevo finalmente dedicarmi alla mia vita, mi sbuffò quando lo mandai al diavolo per aver alluso all'ormai mancanza di senso della mia esistenza. Eppure, nonostante gl'innumerevoli epiteti con cui l'apostrofai, la maggior parte dei quali quell'usuratonkachi non sapeva nemmeno che esistessero - e nemmeno io, a dirla tutta, ma dovevo mostrarmi superiore a quell'idiota patentato in ogni caso. -, mi convinse. Non a tornare a casa, non a tornare da una famiglia che, dalla mia, non godevo più d'avere, ma a seguire lui. Perché quel cretino è sempre stato così maledettamente persuasivo? Me lo chiedo tutt'oggi, credetemi. Eppure, lui era ed è sempre stato l'unico in grado di smuovere in me anche il minimo ingranaggio per andare avanti, per dare vita alla vita. L'unico al mondo capace di farmi sentire amato come un tempo, quando tornavo a casa dall'accademia e mi lasciavo stringere dall'abbraccio morbido e caldo di mia madre, orgoglioso come non mai quando mio padre mi salutava con un cenno d'assenso, che tanto sapeva di un Ben fatto, figliolo, e felice ogni qual volta Itachi fosse di ritorno da una missione e mi chiamasse otouto, scompigliandomi i capelli ed allenandosi con me. Perché, lo realizzai una mattina come le altre, svegliatomi inspiegabilmente di buonumore, Naruto stesso era divenuto la mia famiglia. Necessitavo solo di lui, del suo affetto, dei suoi slanciati abbracci che fingevo m'infastidissero, dei suoi complimenti sui miei attacchi durante una missione e del suo sorriso, fiero e radioso, alle volte gentile come quello di Itachi. 
Quando una gocciolina di sudore solcò, passata dalla fronte alla mandibola, la pelle tesa del collo, mi venne in mente un avvenimento di parecchi anni fa, quando ancora il clan Uchiha vantava un numero considerevole di membri e il mio nii-san era appena entrato a far parte della squadra speciale Anbu - la stessa che ora mi seguiva ovunque andassi; un modo carino e parecchio poco implicito per farmi notare che la mia presenza non fosse gradita manco ai ratti di quella bettola. 
Era una calda giornata d'agosto, proprio come quel dì. Avevo appena finito di allenarmi con Itachi, dopo avergli raccontato dei miei successi all'accademia, di quanto fossi bravo, nonché il migliore là dentro. E mi sorrideva, in quel modo affabile, quasi con adorazione nei miei confronti, ed Itachi non era mai stato un tipo particolarmente affettuoso o avvezzo a mostrare al mondo quanto mi volesse bene. Era una cosa un po' nostra, come se a lui bastasse che io fossi conscio di ciò che provava per me e viceversa, anche se alla fin fine tutti sapevano quanto fossimo morbosamente legati, quasi a vivere l'uno in funzione dell'altro. 
Comunque, mi lamentai del fatto che stessi sciogliendomi sotto il sole - e, in effetti, lo feci in un tono così lamentoso che mi chiesi distrattamente come mai il nii-san non mi avesse accoppato quel giorno stesso. - e, neanche il tempo di dirlo, lo vidi sparire dal mio fianco. Un po' come con il dobe in quel momento, solo che all'epoca m'impanicai ché ero pur sempre un bambino rimasto improvvisamente solo, in mezzo alla strada. È alquanto umiliante ammetterlo, ma stavo per farmela sotto quando, colto dalla suggestione, cominciai a percepire strane presenze intorno a me. Ovviamente non v'era nulla, ma fu come per la paranoica convinzione che hanno i cinquenni del mostro sotto al letto; è improbabile che ci sia quanto che non ci sia, no?
Fu un giorno particolarmente patetico e nefasto per il mio orgoglio, poiché mi ridussi sull'orlo del pianto ed ero vicino allo strepitio nevrotico. Fortuna volle che Itachi pensò bene di posarmi una mano sulla spalla, giusto per farmi cacciare un urlo che strozzai prontamente mordendomi il labbro con ferocia, quando mi voltai verso di lui e lo vidi tenere in mano uno di quegli strani ghiaccioli azzurri dal doppio bastoncino, quelli che bastava uno strattone leggero per separarli. E così fece, offrendomene uno con un semplice Tieni, otouto. Sorrisi come un- quasi come Naruto, lo ammetto, tutto contento di avere tra le mani - e le labbra - quella sensazione di freschezza che si propagò per tutto il corpo, dandomi una sensazione di piccoli brividi di sollievo su per la schiena, ma soprattutto perché Itachi era tornato. 
Mi sorse spontaneo abbozzare un ghigno, quando rimembrai dei "rimproveri" di Mikoto quando tornai a casa con la maglietta appiccicosa - inutile dire che mi ero colato tutto il ghiacciolo addosso - e dell'espressione esasperata e divertita al contempo di mio fratello. Meno male che non c'è otou-san. mi aveva bisbigliato all'orecchio e ci sorridemmo complici, mentre mia madre mi denudava senza alcun cerimoniale della mia maglietta e ci richiamava bonaria. 
Quanto tempo è passato? mi chiesi, osservando il cielo tintosi d'arancione, alludendo sia ai ricordi appena riemersi che al fatto che l'assenza del dobe stesse andando un po' troppo per le lunghe. Che mi avesse piantato in asso? Quando sentii il nascere di un'emicrania, mi toccai automaticamente il capo e lo sentii bollente. Quel maledetto cretino. Voleva uccidermi sotto il sole? Feci per alzarmi dalla panchina sulla quale mi ero temporaneamente seduto, sbuffando uno tsk e deciso ad andarmene, quando barcollai, certo che di lì a poco mi sarebbe venuta una sincope. 
"Moriremo insieme". Ma va prendere per il culo qualcun altro! Qui l'unico che ci sta lasciando le penne sono io! pensai inacidito, appoggiandomi con una mano al mio abbandonato sedile.
Abbandonato. A pensarci, fu così che mi sentii in quel breve frangente d'assenza di mio fratello. Chiaro che fossi conscio dell'esagrazione di un tal pensiero, eppure non poté che riattraversarmi la mente quella sensazione sgradevole e opprimente, che scavava in una profonda voragine, sempre più a fondo, quando mi colpì in pieno il peso della consapevolezza che mi sentivo in quel modo per la mancata presenza di Naruto. La mia espressione s'indurì di colpo, la frangia scura che a stento mi permetteva di scorgere l'asfalto, e deciso a tornarmene al quartiere Uchiha, mi rialzai e feci per andarmene, quando un urlo giulivo sopraggiunse alle mie orecchie: «Sasukeeeeeee!».
Sbattei le palpebre e spalancai leggermente gli occhi, voltandomi verso la mia sinistra; un Naruto, dalla giacca arancione legata in vita, si sbracciava goffamente per attirare la mia attenzione, un sorriso ebete stampato in faccia, gli occhi luminosi. 
Quando mi raggiunse, si piegò leggermente sulle ginocchia ed ansimò pesantemente, pur mantenendo le labbra curvate in quel modo gioioso. Poi, ad un tratto, s'issò verso di me, travolgendomi con quei trentadue denti messi in bella vista. Dalla mia, mostravo comunque una certa stizza e non potei trattenermi dal domandare ironico ed inviperito: «Cos'è, tutto ad un tratto ti sei ricordato di avermi lasciato qui a cuocere sotto il sole?». 
A quel punto, il biondo idiota inarcò un sopraccigliò e si corrucciò, le labbra sporte in un broncio infantile.
«Ma che stai dicendo, teme?».
«Esattamente quello che ho detto. Comunque-» io me ne vado., stavo per dire. E avrei voluto davvero farlo - o forse no. - ma non lo feci; lo sguardo mi cadde sulle mani di Naruto, ancora leggermente piegato in avanti, poste all'altezza del suo viso. Distinsi chiaramente quell'azzurro chiaro, inconfondibile anche se non ne vedevo la tonalità da parecchi anni, e ribattei le palpebre, nuovamente sorpreso.
«Ero andato a prendere questi,» fece, mostrandomi ciò che le falangi racchiudevano; i ghiaccioli. Quei ghiaccioli. «ed ho perso tempo perché c'era una fila enorme per comprarli!» spiegò, cercando di enfatizzare il concetto con un gesto ampio delle braccia, facendo attenzione a non separare ancora i due bastoncini. «E poi sono corso qui da te per non farli sciogliere troppo, 'ttebayo!»
Mi salii un groppo in gola, non n'è ancora ben identificata la causa, ma persino il cuore fece un balzo quasi volesse che lo sputassi dalla bocca. Dovevo avere un'espressione davvero da idiota - davvero da Naruto - , poiché l'altro mi fissava con quell'aria divertita. E odiosa. Terribilmente odiosa.
«Tieni,» disse poi, staccando i due tocchetti e porgendomene uno, ciarlando di quante volte e ogni quanto lui e l'Ero-sennin ne avessero presi. Lo accettai riluttante e mi limitai ad emettere acido un infastidito tsk, ch'era quanto più si avvicinasse ad un grazie, spalancando gli occhi e rabbrividendo inconsciamente per come mi sentii pervaso da una scossa, dovuta al dejavù che ebbi nel momento in cui le mie dita sfiorarono uno dei legnetti. Cercai d'ignorare il formicolio sulle falangi e il calore che mi esplose nel petto a quel gesto così familiare.
Senza troppi complimenti, si stravaccò sulla panchina, afferrando un lembo della mia maglietta e trascinandomi giù con sé. Mi voltai astioso, perché quella sua mancanza di delicatezza aveva fatto sì che mi spalmassi buona parte del ghiacciolo sulla maglietta - segno funesto del fato anch'esso. - ma ogni insulto che ero pronto a riversargli addosso mi morì sulla lingua come lo vidi sorridere allegro, tutto contento mentre assaporava la nuova fonte di freschezza. Notai mentalmente che l'azzurro dell'iride s'intensificasse di tonalità e luccicasse, ogni qual volta il biondo - mi - sorrideva. E, per una volta, non ghignai, ma gli sorrisi a mia volta. Non come un decerebrato troppo vivace che ride anche al suono di una parolaccia; fu un sorriso composto, fugace e sincero, per la prima volta dopo un tempo che mi parve fossero passati secoli. 
«Teme, guarda che se non lo finisci adesso ti si scioglierà in mano,» mi ridestò il dobe - a quanto pare mi ero perso in chissà quale altra memoria recondita. Tuttavia, la mia attenzione non ricadde effettivamente sul ghiacciolo già in procinto minaccioso di sciogliermisi in mano, bensì sulle labbra di Naruto, che continuavano a vezzeggiare il proprio ormai quasi del tutto finito, e non potei frenarmi dal pensare che, adesso, fossero indubbiamente così fresche
E nella bellezza dei suoi 37°, quella sera d'agosto, con buona parte del mio ghiacciolo spalamato un po' sulla maglietta e un po' tra le mie dita, dovetti ricorrere a misure estreme per non morire di caldo.
 








 




  
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