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Autore: Book boy    07/08/2013    1 recensioni
In un mondo ormai sprofondato nel caos e nel terrore delle bande di predatori che saccheggiano i villaggi sorti dopo l'ultima guerra nucleare che ha incenerito tutto, comprese le armi da fuoco, si aggira un misterioso e solitario guerriero, Hoku che oltre ad essere un ottimo spadaccino possiede un arma che spaventa e terrorizza i predatori di tutte le bande: una pistola
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Hoku osservava le macerie del palazzo. Era crollato anche quello, le fondamenta non avevano resistito. Il guerriero si voltò e osservò la strada che proseguiva all’interno del centro abitato orma in macerie. Le bombe avevano distrutto tutto. E ora lui voleva aiutare il mondo a rinascere. Sentì dei rumori provenire da lontano e poi avvicinarsi sempre di più, fino a che non avvistò un drappello di predatori. Erano degli sciacalli assassini che uccidevano chiunque si trovassero davanti. Saccheggiandone in seguito il cadavere. Li odiava. Rombando sulle loro motociclette si avvicinavano sempre più e quando anche loro lo avvistarono gridarono di giubilo perché avrebbero potuto fare un'altra vittima. O almeno così pensavano. Si fermarono a poche decine di metri da lui e lo osservarono per alcuni attimi, ghignando ed aspettandosi un suo attacco. Però lui era immobile. Non si muoveva di un millimetro. Teneva la mano premuta saldamente sulla spada che portava legata al fianco, pronto ad estrarla. Uno dei predatori, probabilmente il capo, guardò i suoi uomini e con un cenno quasi impercettibile gli ordinò di attaccarlo al suo segnale. Hoku però era pronto a respingerli. Un alzata di dito e tutti e sette i banditi estrassero alcune spade e stiletti ed attaccarono contemporaneamente il nemico. Hoku fulmineo estrasse la sua arma e iniziò a parare i colpi. Fendenti su fendenti, affondi su affondi e lui li parava tutti. Era il divino Hoku e non sarebbe stato battuto da dei semplici predatori. Iniziò a sgozzarne uno, poi parò un secondo fendente e con un affondo al petto ne uccise un altro. Tutti e quattro i rimasti indietreggiarono affannati. Il capo che era ancora tra loro sbraitò –Preparati a morire!- Ed estrasse una spada bastarda che portava a tracolla sulla schiena. Il guerriero misterioso e solitario allora lo osservò da sotto il suo cappuccio, mise la mano in una sacca che portava in spalla ed estrasse un arma tanto minacciosa e temuta che tutti i predatori sgranarono gli occhi terrorizzati: una pistola. Hoku la puntò contro il capo e premendo il grilletto fece partire il colpo che raggiunse il suo petto stroncando la sua miserabile vita. Il copro ormai esanime cadde pesantemente a terra sollevando una nuvola di polvere. Tutti gli altri sciacalli montarono nuovamente sulle moto e ripartirono rombando nella direzione da cui erano venuti. Il guerriero rimise al suo posto la pistola, dopo aver controllato il caricatore: gli rimanevano sette colpi. Avrebbe dovuto trovare altri proiettili ma non sapeva dove cercarli. La guerra li aveva distrutti tutti. Si rimise in spalla la sacca e ripose la spada nel fodero di cuoio. Si voltò verso la strada ormai in parte distrutta e, guardando il polverone sollevato all’orizzonte dai motociclisti in fuga. Chiuse gli occhi e disse una preghiera in silenzio per le anime dei caduti di quel giorno. Quanti altri uomini sarebbero morti perché le guerre finissero? Non lo sapeva e probabilmente non lo avrebbe mai scoperto. Riprese il suo cammino. Si stava dirigendo verso Nord attraverso quelle che un tempo furono le “Lande civili” dove i suoi antenati vivevano civilmente in città e villaggi. Al giorno d’oggi i pochi paesini sperduti vivevano nel terrore che le bande di criminali arrivino a saccheggiarli, mentre altri si barricano all’interno di città-fortezze circondate da alte mura di pietra. Ognuno si nascondeva invece di combattere contro l’ingiustizia e l’oppressione del mondo. La guerra non era mai finita. Hoku camminava con il capo chino e gli occhi nascosti dal cappuccio nero. Indossava una semplice tunica, dei pantaloni di pelle neri e un paio di schinieri di cuoio. Il freddo dell’inverno che si avvicinava si stava facendo sentire e lui doveva trovare una pelliccia al più presto. Ma di quelle ce ne erano a montagne nei vecchi negozi di vestiti ormai crollati e distrutti. Proseguì ancora e ancora fino a che, a sera, non avvistò  un villaggio. Vi si diresse. Era abbastanza piccolo, una quindicina di capanne fatte probabilmente con canne ed impastate con la malta e il fango, ai lati di una piccola stradina che conduceva a Nord. Quando arrivò alcuni uomini armati gli andarono in contro temendo che potesse essere un predatore –Fermo là! Non fare un altro passo altrimenti te ne pentirai! Tu sei solo uno, noi siamo in dieci!- Hoku se avesse voluto li avrebbe potuti sterminare tutti ma lui non uccideva dei civili innocenti perciò rispose –Non temete, non sono un predatore, e tanto meno voglio farvi del male, potete rinfoderare le vostre armi.- Tutti i guerrieri lo osservarono per alcuni secondi poi su ordine del capo misero le lame al loro posto –Bè straniero, ben arrivato al villaggio di Uh. Qui non troverai molto a parte noi contadini…-
-Cerco solo un po’ di ristoro, potete darmelo?-
-Ma certo, potremmo anche fornirti di un giaciglio se desideri-
-Sarebbe un onore per me, essere ospitato da persone così gentili, al giorno d’oggi è difficile trovarne.- Il contadino annuì e fece segno allo straniero di seguirlo. Lo condusse in una piccola capanna spoglia con all’interno solo un pagliericcio –Ecco, puoi riposarti lì e se vuoi possiamo darti un po’ di zuppa di cavolo ma niente di più, non riusciamo a trovare nient’altro-
-Non fa niente, anzi vi ringrazio per l’ospitalità- Il contadino uscì e si chiuse la porta alle spalle. Hoku si sedette sul pagliericcio, stacco il fodero dalla cintura e mise la sacca sul pavimento. La spada l’appoggiò al muro di canne mentre estrasse dalla sacca un piccolo pezzetto di carne di scoiattolo che addentò con calma. Masticò per alcuni attimi e poi deglutì. Era sfinito. Mentre di giorno continuava a camminare e a spostarsi, di notte non riusciva a dormire perché continuava a pensare a tutte le persone che aveva dovuto uccidere sulla sua strada, tutte persone malvage ma pur sempre esseri umani. Alla sera gli portarono la zuppa e lui la sorseggiò, poi si sdraiò sul giaciglio e tentò di prendere sonno. Ma non vi riuscì.
Le ore passavano e lui continuava a fissare il fodero della sua spada. All’improvviso sentì dei rumori provenire dall’esterno. Dei cavalli probabilmente. Se vi erano dei cavalli ci dovevano essere per forza anche dei cavalieri. Sentì delle urla e capì immediatamente di chi si trattava: la banda dei predatori dei “Cavalli furiosi dell’Est” un gruppo di banditi che operava in piccoli drappelli di dieci o massimi quindici uomini che saccheggiavano e poi bruciavano i villaggi indifesi. D’istinto si alzò, prese il fodero contenente la spada e se lo attaccò alla cintura poi, per sicurezza, prese la pistola dalla sacca e la infilò nella tasca della tunica. Se le cose fossero precipitate non avrebbe esitato ad usarla. Spalancò la porta e si trovò di fronte uno spettacolo orribile: I predatori stavano facendo prigionieri gli uomini del villaggio che non erano nemmeno riusciti a difendersi, mentre le donne e i bambini urlavano e piangevano impauriti. I “cavalli furiosi” cavalcando i loro possenti e muscolosi destrieri erano circa una ventina. Davvero un bel gruppo. Hoku però non ne aveva paura. Estrasse la sua lama dal fodero e solo allora si accorsero di lui. Due schiavisti lo caricarono armati di lance ma appena furono ad un metro da lui Hoku si appiattì al terreno a pancia in giù, si voltò verso l’alto e con la spada tagliò i tendini ai cavalli che caddero nitrendo per il dolore. I due cavalieri nel frattempo saltarono giù dalle cavalcature e si apprestarono ad affrontare il misterioso guerriero. Hoku si mise in guardia e quando i due lo attaccarono con una piroetta scartò di lato andando alle loro spalle e con un rapido e profondo fendente li eliminò entrambi. Gli altri predatori restarono a bocca aperta vedendo quel guerriero mettere fuori gioco due dei loro compagni senza il minimo sforzo. Un luogotenente digrignò i denti ed ordinò –Prendetelo- Dieci cavalieri gli andarono in contro e lui li schivò tutti, poi con un balzo salì sul cavallo del luogotenente e con un taglio netto gli recise il capo che cadde a terra rotolando. Si rivolse nuovamente verso i predatori e fu lui questa volta a caricarli. Con un fendente squarciò il petto a quello più vicino, mentre ad un altro tagliò la gola schizzando sangue da tutte le parti. Con un affondo le uccise un terzo e, facendo un’ altra piroetta tagliò la mano che impugnava la spada ad un quarto, poi con un affondo alla gola lo trapassò. Tutti i rimasti indietreggiarono ricongiungendosi con gli altri. Hoku era calmo. –Dannato bastardo, telo faccio vedere io chi comanda!- Urlò il vice del drappello prima di affiancare un bambino del villaggio, prenderlo per un braccio ed alzare la sua mazza ferrata sopra la testa per poi farla calare con forza sul capo del piccolo. Hoku sgranò gli occhi, estrasse fulmineo la pistola e appena prima che il predatore uccidesse il piccolo bambino esplose un colpo. Il proiettile colpì il braccio del uomo che lasciò cadere la mazza che batte a terra con un tonfo mentre nell’aria riecheggiavano le grida di dolore del ferito. Tutti i predatori urlarono per la paura alla vista dell’arma, fecero voltare i cavalli e partirono al galoppo battendo in ritirata. Il vice era a terra, si teneva con una mano il braccio sanguinante, mentre implorava pietà di fronte all’uomo che lo aveva ferito. Tutti i popolani del villaggio non erano meno scossi degli schiavisti e stavano indietro facendo spazio a Hoku che si diresse verso l’uomo a terra –Tu, miserabile creatura! Non meriteresti la mia pietà! Ti meriteresti di soffrire le pene del più oscuro tra gli inferi, tu, che te la prendi con i più deboli e non hai nemmeno il coraggio di sfidare un guerriero! Mi fai pena- Poi si rivolse al bambino che fino a poco prima era minacciato –Ehi piccolo, stai bene?- Il bimbo annuì ed abbracciò ancora più forte sua mamma che lo stringeva a sé –Le devo la mia vita, qual è il suo nome?- Gli chiese –Il mio nome è Hoku, Difensore degli oppressi e guerriero del nuovo mondo. E vi difenderò fin che il mio corpo non sarà cenere e il mio nome…leggenda…-
Si voltò nuovamente e iniziò a camminare allontanandosi da villaggio, verso nord.
  
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