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Autore: Ametista_Anderson    08/08/2013    1 recensioni
Gabriel ha un passato travagliato alle spalle che non ha mai raccontato a nessuno. Riesce ad essere se stesso solo con sua sorella e con il suo migliore amico dei quali si è sempre preso cura. Una notte, dopo aver fatto un incidene in moto, viene portato d'urgenza al pronto soccorso. Lì troverà un amica sincera, pronta ad ascoltarlo e a capirlo. Grazie a questa nuova conoscenza Gabriel si troverà a mettere in discussione tutte le sue scelte, ma la sua famiglia non è disposta a lasciarglielo fare...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Codice rosso... codice rosso... erano le uniche cose che Gabriel riusciva a sentire. Gli sembrava di avere dell'ovatta infilata nelle orecchie e ogni suono pareva estremamente lontano. La barella sulla quale l'avevano disteso si stava muovendo, ma lui se ne accorgeva appena. La vista era offuscata, riusciva a distinguere solo delle enormi macchie di colore. Codice rosso, sbrigatevi!
“Sto per morire” pensò il ragazzo, che ormai faceva estremamente fatica a tenere gli occhi aperti. Stranamente non aveva paura, quella consapevolezza non suscitava in lui né terrore né disperazione, ma solo un inquietante senso di pace. Notò, in un attimo di lucidità, che la barella si era fermata, ma non riusciva a capire dove fosse. Almeno una decina di medici, almeno credeva che fossero medici, si agitavano attorno a lui.
-La ferita alla gamba si è infettata e la temperatura corporea sta salendo- urlò qualcuno sopra le voci degli altri che si zittirono immediatamente.
"Ecco, è giunta l'ora. Chissà com'è il paradiso, ammesso che io sia stato abbastanza buono per andarci" il senso di pace che aveva provato poco prima stava aumentando. Non avrebbe mai pensato che morire sarebbe stato così semplice. Improvvisamente una luce gli ferì l'occhio sinistro.
-Signor Johnson? Io sono il dottor Rosemberg. Riesce a sentirmi?-
La luce continuava a dargli fastidio, tentò di chiudere l'occhio ma il medico teneva ferme le palpebre. Gabriel mugugnò qualcosa simile ad un insulto che l'uomo non capì.
-Chi espone il caso?- domandò Rosemberg, lasciando andare la palpebra del ragazzo.
-Gabriel Johnson, ventisei anni, ha avuto un incidente in moto alle due e trenta di sta notte. Ha riportato ferite superficiali all'addome, abrasioni sulle braccia e una ferita profonda alla gamba. Durante il viaggio in ambulanza ha perso conscenza per due, tre minuti- la voce dolce e professionale di una ragazza colpì come un sasso il cervello di Gabriel ricordandogli ciò ce era successo poco prima e che lui aveva scordato.
-La gamba si è infettata, dobbiamo intervanire e disinfettare- ordinò Rosemberg con tono autoritario e il viavai di medici e infermieri riprese frenetico.
All'inizio il dolore alla gamba fu intenso, come se lo stessero pungendo con un migliaio di spilli, ma poi si fece sempre più lieve fino a scomparire. Il suo corpo era totalemenete intorpidito, tanto che gli sembrava di non avere nulla al di sotto del collo.
-Sta perdendo conoscenza!- urlò una donna dalla voce talmente acuta che ferì perfino le orecchie ovattate di Gabriel.
-Fate in modo che rimanga sveglio- gridò di rimando Rosemberg con la sua voce profonda e cavernosa. -Anderson! Fallo parlare in modo che non perda conoscienza-
Gabriel si chiese che cosa sarebbe successo se fosse svenuto. Dopo avreci pensato per un paio di secondi decise che era meglio non scoprirlo. Intanto una massa indistinta arancione sopra e azzurro sotto si era avvicinata a lui. Gli prese la mano e la strinse con dolcezza, accarezzandogli dolcemente il palmo.
-Ehi Gabriel, mi senti?- era la più bella voce che avesse mai sentito. Per un attimo pensò di essere davvero morto e di essere finito in paradiso e ora stava parlando con un angelo.
-S... si- aveva la bocca impastata e faceva fatica a parlare, gli bruciava la gola come se avesse appena ingoiato della benzina.
-Perfetto, io mi chiamo Ametista Anderson-
-Sto morendo?- le chiese con un filo di voce, non sapeva che cosa augurarsi.
-No, stai tranquillo. Andrà tutto bene, ma tu devi rimanere sveglio e continuare a parlare con me. Riesci a vedermi?-
-Non molto bene. Sicuramente indossi qualcosa di blu e hai qualcosa di arancione in testa-
-Be' ho il camice azzurro. E quella cosa arancone sono i miei capelli. Ci sei andato molto vicino. Che lavoro fai?-
-Ne faccio due: il barista di notte e il lavapiatti di giorno. Lo faccio per pagare il college a mia sorella minore-
-Anche io ho un fratello maggiore che mi paga il college, ma non ha mai fatto tutto gli sforzi che hai fatto tu- la ragazza sorrise o almeno così ipotizzò Gabriel, visto che non riusciva a vederla.
-Come si chiama tua sorella?"
-Jennifer, è all'ultimo anno di liceo. Ma nessuno pensa che siamo fratelli. Abbiamo solo i capelli neri in comune-
Ametista taque per un momento e Gabriel si agitò credendo che se ne fosse andata. Di solito le domande personali gli davano fastidio, ma fatte da quella ragazza gli sembravano semplici quesiti di routine. Cercò di stringerle la mano per capire se fosse ancora lì con lui. Lei ricambiò la stretta con dolcezza, come se avesse paura di romperlo e lui si tranquillizzò.
-Senti dolore?-
-No... non sento niente dal collo in giù- parlare diventava sempre più una sofferenza e non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a tenere gli occhi aperti.
-Ehi Gabriel resisti ancora un paio di minuti, poi sarà tutto finito. Parlami di te, hai qualche hobby?-
-Mi piace suonare la chitarra e andare in moto, ma non è che io abbia molto tempo per avere hobby visto che lavoro giorno e notte. Quando avevo diciannove anni volevo studiare psicologia, ma mio padre è morto, mia madre è caduta in depressione e mia sorella ha iniziato a cacciarsi nei guai. Così ho dovuto trovarmi un lavoro e prendermi cura di loro- Gabriel non aveva idea del perchè stesse raccontando la sua vita ad una perfetta sconosciuta, ma ormai non aveva più nessun freno inibitore e non sapeva se fosse per la febbre o perché quella ragazza gli ispirava molta simpatia.
-Abbiamo finito- esordì Rosemberg applicando una garza sulla gamba ferita. -Ora ti diamo un anestetico e ti teniamo due giorni sotto osservazione. Potete riportarlo nella sua stanza-
-E' andato tutto bene, Gabriel. Adesso puoi dormire, sei stato bravissimo- gli disse Ametista come se stesse parlando con un bambino.
-Mi prometti che quando mi sveglierò ci sarai tu con me. Io odio gli ospedali e odio anche i medici- le chiese lui stingendole forte la mano che non aveva mai mollato.
L'ultima cosa che udì prima di crollare in un sonno senza sogni fu la risata allegra e contaggiosa di Ametista.
  
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