Pansy a
nudo
Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
"Qui potis est", inquis? Quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus.
Pansy
Parkinson, di tanto in tanto, si concedeva una pausa dalla sua
ossessione per
Draco Malfoy. Sceglieva un libro – uno dei tanti che la madre
le infilava nel
baule prima della consueta partenza per Hogwarts – e ne
sfogliava qualche
pagina, immergendosi nella contemplazione dei migliori classici della
letteratura d’amore magica; quei momenti non duravano
più di un’ora, ma erano
caratterizzati da sorrisi, sospiri e sguardi languidi che Daphne,
sdraiata sul
letto con il rotolo di pergamena da riempire, non riusciva proprio a
comprendere.
Perché, si chiedeva,
Pansy non trovava
un altro modo per impedirsi di pensare al suo grande amore, dal momento
che al
termine di ogni lettura si scopriva essere sempre più
determinata a conquistare
il cuore di Draco? Poco importava il parere di lui, perché
erano predestinati e
niente poteva impedire a Pansy di vederla così.
Nemmeno la cruda realtà.
Che fosse
per reale affetto o per vanità, Draco non aveva mai respinto
Pansy; le aveva
detto che non aveva intenzione di avere una relazione con lei, certo,
ma
“l’amore sarebbe sbocciato”, questo si
ripeteva lei quando quel ricordo tornava
a tormentarla.
Con il tempo, tuttavia, Pansy si
rese
conto di non essere solo infatuata di Draco, bensì di
provare per lui un
sentimento simile all’amicizia: era felice di poterlo aiutare
durante i
compiti, si divertiva a passeggiare con lui a Hogsmeade e a rubare gli
acquisti
di Mielandia agli studenti più deboli, gli faceva piacere la
sua compagnia e
non aveva importanza se con loro ci fossero anche Tiger e Goyle
– anche Blaise,
quando decideva di far loro dono della sua presenza.
Pansy voleva bene a Draco: un bene
sincero, indipendente dalla cotta per lui che si era presa a tredici
anni, e
crescendo le capitò perfino di augurarsi di non riuscire a
conquistarlo mai,
perché un’eventuale relazione conclusa male
avrebbe posto fine anche alla loro
amicizia.
Il primo
colpo al cuore – che non aveva nulla a che vedere con
un’infatuazione adolescenziale
– quando Draco rivide la giovane Asteria Greengrass, che nei
due anni dal loro
termine di Hogwarts si era fatta perfino più bella della
sorella; non aveva i
suoi capelli rossi né le lentiggini che Pansy apprezzava
tanto, ma il ragazzo
parve non averne bisogno: Asteria aveva la pelle rosea e il naso
all’insù, poco
importavano il suo cervello da oca e la voce gracchiante. A Draco,
scoprì
amaramente la sua migliore amica, piacevano solo le apparenze anche in
campo
amoroso.
La loro relazione durò
solo qualche
mese, ma era la prima volta che Draco permetteva a un’altra
ragazza di accarezzargli
i capelli e tenere la sua testa sulle ginocchia, e questo trafiggeva il
cuore
di Pansy con decine di piccole, appuntite lame. Lodò
comunque il suo tentativo
di non nominare mai Asteria in presenza della ragazza e di non
sottolineare
quanto fosse felice con lei.
Non che questo la facesse sentire
molto
meglio.
Asteria e
Draco si lasciavano, si riprendevano e si lasciavano di nuovo, in una
serie
apparentemente infinita di tira e molla come quelli che Pansy amava
leggere nei
suoi libri. Peccato che la protagonista non fosse più lei.
Durante quei tre anni le
capitò di
incontrare un ragazzo. Aveva la sua età e aveva frequentato
Durmstrang, notizie
che a Pansy fecero parecchio piacere: non era interessata alle persone
più
giovani di lei – era poi interessata a qualcuno che non fosse
Draco? – ma gli
ex studenti del suo anno a Hogwarts non erano mai stati il suo tipo.
Forse
perché non erano Serpeverde codardi e con
un’eccessiva adorazione per i propri
capelli.
Dom non era male, fu perfino in
grado
di apprezzarla nonostante le manie di grandezza e
l’avversione per il
Quidditch, che ai tempi della scuola amava guardare solo per poter fare
il tifo
per Draco. Dom sapeva anche essere romantico e assomigliava molto agli
eroi romantici
dei libri, così Pansy arrivò a credere che
sarebbe tornata a essere la
protagonista della propria vita.
Tuttavia, dopo l’ennesimo
litigio tra
Draco e Asteria, il suo grande amore corse a cercarla e nessun Dom del
mondo –
per quanto bello, accondiscendente e bravo a cucinare –
avrebbe potuto impedire
di essere scaricato da un giorno all’altro.
Non durò
molto, ma neanche in futuro Pansy si pentì della sua scelta:
amava Draco, lo
amava consapevolmente, non più come una bambina, lo amava
per ogni sua carezza
e confessione. Amava il fatto di essere ancora lei, dopo tre anni di
relazione
con Asteria, la donna più importante della sua vita
– dopo Narcissa, ma nessuno
avrebbe mai potuto eclissare Narcissa.
A Pansy piaceva fargli da mamma
quando
Draco, trasferitosi a Londra come lei e Daphne, sentiva la sua
mancanza: lui
avrebbe potuto materializzarsi a Villa Malfoy in qualsiasi momento,
però
sembrava godere delle attenzioni di Pansy, come amica, mamma
provvisoria ed
eventualmente amante.
Tutto ciò logorava
Pansy, ma lei non se
ne rendeva conto.
Prese una
decisione un giorno di aprile.
Gli confidò che aveva
intenzione di
partire per un’estate, complice un lavoro provvisorio trovato
in Italia, e
tenne per sé l’ulteriore motivazione di dover
passare del tempo lontano da lui.
Draco sgranò gli occhi, impallidì e le disse di
restare. Non glielo chiese,
perché Draco non doveva mai chiedere nulla a Pansy, ma le
parlò della splendida
estate che stava organizzando da Capodanno, dei luoghi della Gran
Bretagna che
intendeva visitare con lei e delle notti a parlare – quelle
notti che erano
ancora solo loro, non importava che Asteria fosse o no nella vita di
Draco.
Quelle notti fatte di abbracci e “Ti voglio bene”
sussurrati all’orecchio.
Pansy restò,
però non vide Bristol, né
Dublino e nemmeno Edimburgo; passò notti insonne con la sola
compagnia di Daphne
e dei libri, proprio come a Hogwarts; mormorò “Ti
voglio bene” allo specchio un
milione di volte. Draco non aveva tempo: aveva il lavoro, la famiglia
da andare
a trovare e, soprattutto, i nuovi amici.
Draco non chiedeva mai niente, men
che
meno scusa.
C’era una
poesia di un mago latino che Pansy aveva imparato a rendere sua:
l’aveva
trascritta su un foglio e attaccata al muro con un Incantesimo di
Adesione
Permanente, in modo da non dimenticarla mai, e Daphne aveva approvato
con un
secco cenno del capo.
“Tale offesa”
recitava la poesia
“costringe l’amante ad amare di più, ma
volere meno bene.”
Per anni Pansy aveva temuto che
l’amore
che tanto agognava potesse ritorcerglisi contro e distruggere la loro
amicizia,
però non aveva fatto i conti con Draco: anche
l’amicizia aveva bisogno di
essere alimentata da entrambe le parti e a lui, realizzò con
amarezza Pansy,
non era mai importato molto.
Avrebbe continuato ad amarlo
– perché,
qualunque sforzo facesse, non era in grado di fare a meno del suo
egoismo – ma
l’idea di fidarsi di lui non le avrebbe mai più
attraversato la testa.
La poesia di cui si parla è il carme 72 di Catullo (era un mago Purosangue, non lo sapevate?) e la parte nella citazione iniziale può essere tradotta così:
Ora ti ho conosciuta: perciò anche se brucio più forte,
tuttavia mi sei molto più vile e leggera.
"Com'è possibile?" dici. Perché tale offesa costringe
l'amante ad amare di più, ma volere meno bene.
Grazie per la lettura! ^^
Medusa, a Lannister