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Autore: gingerspice    08/08/2013    8 recensioni
Vi è una tacita soglia di tolleranza secondo ogni studente dopo la quale si è autorizzati a dare un professore per assente, questa soglia è il quarto d’ora.
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uno sfogo assolutamente insensato e rigenerante sulla mia professoressa di latino.
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Buongiorno!” esordisce dopo la sua entrata ad effetto con solo la testa all’interno della porta e il corpo ancora in corridoio, sfoggia il solito sorrisino sadico. Avanza verso la zona minata alias cattedra scuotendo quelli che la natura è stata ingorda nel procurarle: i capelli.
Quattro ciuffi rossi di media lunghezza che provvede a spostare con le dita in intervalli di tempo precisi e fin troppo frequenti, quasi avesse una chioma indomabile e fluente che le ricade sugli occhi.
Dopo aver appoggiato la borsa, tira fuori l’arma. Mai nessuno potrebbe pensare che un pezzo di carta rilegato possa  procurare dolore. Bhè, quel qualcuno si sbaglia e ci sono ben due valide motivazioni: un pazzo con  problemi psichici potrebbe percuotere qualcuno con un giornale fino a procurargli dei lividi, oppure ipotesi più accreditata, potrebbe trattarsi del registro nella mani di una prof. E nemmeno una prof qualunque: Illa.
Logicamente, seppur non di natura totalmente umana, è concepita dal resto dell’umanità come entità fisica e materiale, quindi è stato inevitabile per i suoi genitori alla nascita doverle assegnare un nome. Ma questa è solo burocrazia, per noi lei è semplicemente Illa: pronome dimostrativo latino nominativo femminile singolare, niente di più niente di meno. Il suo vero nome è scritto indelebile nelle nostre menti, ma per consuetudine, per ribrezzo, per alimentarne le dicerie, preferiamo non nominarlo, mai in nessuna circostanza.
Detta così sembra davvero la descrizione di un serial killer, ma dovreste ascoltare il suo tono strascicato e acuto prima di poter esprimere un giudizio. Per ora accontentatevi di quello della sottoscritta e fidatevi.
“Buongiorno…” risponde un coro scoordinato e malinconico.
“Come va?” prosegue lei ironicamente, non che si interessi delle sorti di diciotto vite umane povere e indifese, semplicemente fa parte del rito giornaliero e le piace l’umorismo terroristico.
“Male” rispondiamo sinceramente, almeno la patina di sorriso e serenità ci ha abbandonati dopo i nostri primi incontri in classe, da allora franchezza e sconforto accompagnano i nostri scambi di saluti e convenevoli vari.
Sorride sardonica e scuote la testa, prevedibile. So perfettamente la fierezza che quella risposta ha suscitato in lei, quasi quasi si metterebbe a ballare la rumba dalla felicità, d’altronde diventare il bersaglio per freccette dei tuoi alunni è un’emozione che non ha prezzo.

Ha i capelli (mi trovo costretta a definirli così in mancanza di lessico appropriato) di un rosso scuro, la pelle chiara, bocca piccola e naso dritto e piatto come quei triangoli che i bambini disegnano sulle facce dei personaggi nelle loro più alte manifestazioni artistiche, un drittissimo triangolo.
Mentre mi perdo in pensieri riguardanti il calcolo geometrico dell’area del suo naso-triangolo, ha già annotato le assenze e qualcos’altro in uno spazietto in basso nel suo registro, alquanto inquietante.
Sapete, ci sono due occasioni in cui riesci a saziarti dell’espressione sulla faccia di qualcuno: quando il tuo peggior nemico cade in rovina e quando tutti noi, l’intera classe, abbiamo la stessa reazione davanti ai gesti della prof, e intendo con gli stessi muscoli in tensione e la stessa rovinosa tachicardia.
Illa nonostante tutto non è una persona crudele e infima, solamente quando distribuivano il sadismo lei ha chiesto doppia razione, e da lì il resto è storia.
L’ora passa mediamente veloce e, nonostante le annotazioni sospette sul registro personale, decidiamo di non indagare oltre per garantirci vite salubri e felici.
Il suono della campana arriva alle nostre orecchie più bello del coro di voci bianche di Vienna, armonia melodiosa! Tralasciamo che la nostra è una gioia passeggera della durata di dieci minuti scarsi, ma sempre gioia, non disdegniamo.

“Logicamente è inutile dire che tutto Ennio lo farete a casa, dalla prossima volta inizio a interrogare” ci lascia varcando la porta con il sorriso sulle labbra e sbattendo le palpebre due volte. Altro che le voci bianche di Vienna, questo era il cupo e scordato suono di un tricheco in calore. Nuovamente le nostre facce tornano ad uniformarsi, come modellate con la plastilina, ad un’unica smorfia mista di disgusto e trauma da shock.
“Voglio morire!” sento alle mie spalle.
Recenti indagini dimostrano che questa è la frase più frequente che si possa sentir dire da uno studente del liceo classico; seguono “non ce la farò mai”, “perché si studia il greco?”, “voglio cambiare scuola” e la perplessità sull’“è un nome della terza, vero?”.
Ciò a dimostrazione del fatto che lo studente medio ha una voglia di vivere pari alla temperatura di Stoccolma a Gennaio, tutto condito da un simpatico e genuino scoraggiamento di massa.
Proseguiamo con l’azione più consolante del nostro repertorio: resettare e ignorare, negando espressamente ciò che è appena accaduto. Perché è accaduto?

Dopo la rimozione temporanea, ci godiamo i nove minuti rimanenti di libertà. La pratica più diffusa nella mia classe, quella che inconsapevolmente svolgiamo ogni sacrosanto giorno, è quella di disporci a cerchio per la chiacchiera invettiva su un soggetto a nostra scelta. Ci rendiamo conto di evocare più una setta satanica che un normale gruppo classe, ma siamo sempre stati un po’ particolari.
Solitamente il bersaglio dell’invettiva è per tradizione un professore, con sporadiche eccezioni per concentrare le nostre forze e i nostri commenti nei confronti di qualche nostro coetaneo.
Il suono della campana si sente ovattato e, sebbene ciascuno di noi lo abbia percepito forte e chiaro,  approfittiamo per chiacchierare qualche altro munito. Più di qualche minuto, forse troppi minuti.
Vi è una tacita soglia di tolleranza secondo ogni studente dopo la quale si è autorizzati a dare un professore per assente, questa soglia è il quarto d’ora. Dopo quindici santi minuti e qualche balletto da indigeni per prosperare gambe rotte e treni deraglianti ai nostri professori, siamo fermamente convinti che nessuno oltrepasserà quella soglia per il resto dell’ora.
Il novantacinque per cento dei casi.

 
  
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