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Autore: WildBlueMoon    08/08/2013    4 recensioni
Tre anelli per scegliere la sorte? Di sicuro un sarto che non riesce a far sposare i suoi 3 figli non perderà questa occasione!
Non sono molto brava con le trame, ma è ispirata all'omonima fiaba di Capuana
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I TRE ANELLI

 
 
C’era una volta un sarto, che aveva tre figli: la prima si chiamava Celeste ed era di una bellezza regale; la seconda, invece, portava il nome di Alice e aveva una beltà docile; il terzo, unico maschio fra i tre, era Angelo di nome e di fatto.
Eppure, non ostante la dolcezza del maschio, il sarto passava molto più tempo a viziare le due figlie più grandi piuttosto che notare il più piccolo della casa.
Da quando sua moglie era morta, il sarto non pensava ad altro che a maritare le due figlie… e forse anche a trovare una donna che tollerasse la femminilità di Angelo e accettasse di sposarlo! Un ulteriore problema riguardava la dote: senza una dote, nessuno avrebbe mai accettato di sposare due figlie di sarto e un efebico.
E purtroppo, quasi tutti i guadagni venivano spesi per i capricci delle due sorelle, mentre il resto serviva a mantenere in piedi la casa e i suoi abitanti…
 
Un giorno, un cliente abituale si fece rivedere dopo tanto tempo alla bottega del sarto.
<< Vecchio mio, sono proprio contento di essere di nuovo qui! Come vanno gli affari? >>
<< Eh, un po’ scarsi… Ma ditemi, sir Leonard, che fine avete fatto per tutto il tempo in cui non siete venuto nella mia bottega? >>
<< Vi dirò: ho incontrato la Sorte. >> confessò con un sorriso sgargiante il nobile, mentre il sarto lo prese per pazzo.
<< Ma come?! >>
<< Sono andato nella pianura al centro del bosco e lì ho invocato la sorte, ed ella mi è apparsa. >> raccontò concitato al sarto, che ancora stentava a credergli.
Ma aveva deciso: l’indomani sarebbe andato anche lui a invocare i favori della Sorte!
 
Arrivato nella pianura indicatagli, il sarto chiamò la sorte: << Sorte, o Sorte! >>
ai suoi occhi apparve una vecchia, colla canocchia e col fuso: << Perché mi hai chiamata? >>
<< Per le mie figliuole e il mio figliuolo, che debbono maritarsi ma non ci riescono. >>
<< Portali qui uno per volta; si sceglieranno la sorte colle loro mani. >>
 
Tornato a casa tutto contento, il padre raccontò ai tre figli l’accaduto: << La buona sorte è per voi arrivata! >> gioiva il sarto. Allorché Celeste si fece avanti, dicendo con superbia:
<< Io son la maggiore, andrò io per prima. Sceglierò il meglio! >>
 
Così, la mattina seguente, padre e figlia si misero in viaggio. Quando la Sorte apparve, la figlia del sarto trattenne a stento un verso disgustato.
<< Ecco a te la mia figliuola maggiore. >> disse il sarto, mentre la vecchia tirava fuori tre anelli dalla tasca; uno d’oro, uno d’argento e uno di ferro.
<< Scegli, e Dio t’aiuti! >> disse, mostrandoglieli dal palmo della mano.
<< Questo. >> disse compiaciuta la ragazza, prendendo in mano l’anello d’oro.
<< Maestà, vi saluto. >> disse la vecchia, scomparendo così come era apparsa.
 
Celeste, tornata a casa, non faceva altro che vantarsi con la sorella e il fratello, dicendo a gran voce: << Diventerò Regina! E voi reggerete lo strascico del manto reale! >>
 
Il mattino dopo, il sarto s’incamminò con la seconda figlia e insieme invocarono la Sorte. La vecchia cavò fuori dalla tasca due anelli: uno d’argento e uno di ferro.
<< Scegli, e Dio t’aiuti! >>
<< Questo. >> non esitò sue volte la fanciulla a prendere l’anello d’argento, sotto lo sguardo compiaciuto del padre.
<< Principessa, vi saluto. >> la vecchia scomparì nuovamente, mentre padre e figlia tornavano a casa pienamente soddisfatti.
 
Le due sorelle, insuperbite dalle parole della sorte, si diedero a canzonare il fratellino che, per tutta risposta, si asteneva dal parlare. Il padre, un po’ infastidito dall’atteggiamento delle due sorelle, disse:
<< Che volete? Chi tardi arriva male alloggia. Doveva nascere prima. >> e Angelo zitto.
 
Il giorno dopo, Angelo andò col padre nella radura, laddove la Sorte ritirò fuori i tre anelli.
<< Scegli, e Dio t’aiuti! >>
<< Prendo questo. >> disse Angelo, prendendo con gran rabbia di suo padre l’anello di ferro. Sta volta, la vecchia scomparse senza proferir parola.
<< Perché non quello d’oro? >> chiese il sarto, stizzito.
<< Non mi piaceva. >>
<< Allora perché non quello d’argento? >>
<< Non mi piaceva manco quello. >> rispose di nuovo Angelo, guardando con fiducia il cerchio di ferro che gli avvolgeva il dito.
 
Intanto, le due sorelle che si struggevano dalla curiosità, appena sentirono l’uscio chiudersi dietro il fratello subito a correr giù per le scale.
<< Facci vedere, facci vedere! >> strillavano tirando il fratello per le mani. Alla vista dell’anello di ferro, non finivano più di contorcersi dalle risa.
Poi, al saper che aveva scelto quello fra tutti e tre gli anelli che c’erano, lo presero ancor più per scemo.
E lui zitto.
 
Nel mentre si sparse la voce che i figli del sarto avessero gli anelli della buona sorte…
 
Incuriosito, si recò lì il re di Portogallo che cercava moglie. Viste le due sorelle, rimase ammaliato dal fascino di Celeste:
<< Siate regina di Portogallo! >> la sposò con grandi cerimonie e riempì di ricchezze il sarto, che rimase con soli Alice e Angelo.
 
Poco dopo venne un principe, che rimase invece affascinato dalla bella Alice.
<< Siate Principessa! >> la sposò con grandi feste e la portò con sé. Al sarto non rimasero altri che Angelo.
Ma non lo chiedeva nessuna.
 
Un giorno, stranamente, si presentò uno straccione:
<< Volete darmi questo figliuolo? >> chiese con semplicità.
In parte per la stranezza di quella richiesta e in parte perché avendo ormai una figlia principessa e una regina era montato in superbia, rispose:
<< Il pezzente non ci serve. >>
 
Era quasi passato un anno da allora.
Angelo era sempre in casa e il padre intanto che non finiva mai di brontolare:
<< Gli stava bene, stupidone! Sarebbe rimasto sotto un ponte, con quel suo anello di ferro. >>
Manco a dire che fu proprio dopo un anno esatto, si ripresentò il pezzente:
<< Volete darmi quel figliuolo? >> allorché il sarto, perso il lume negli occhi, glie lo menò contro:
<< Prenditelo! Non merita altro! >> nessuno seppe se si fossero sposati né dove vivessero.
 
Allora il sarto, solo in casa e ormai in pensione, si disse:
<< Voglio andare a visitare la mia figliuola Regina! >>
Arrivato alla corte del re di Portogallo, il sarto trovò Celeste che piangeva.
<< Che cos’hai, figliuola mia? >>
<< Sono disgraziata! Il Re vorrebbe un figliuolo e io non posso farne. I figliuoli li dà Dio. >>
<< Ma l’anello della buona fortuna non giova a nulla? >> chiese il genitore, ricordando che la maggiore aveva preso quello d’oro.
<< Non giova a nulla. Il Re ha detto: “Se fra un anno non avrò un figliuolo, guai a te!” son certa padre mio che mi farà tagliar la testa. >> e il sarto, sconsolato, come poteva rimediare?
 
Così, rattristato, decise di andare a far visita anche alla seconda figlia: la trovò che piangeva.
<< Cos’hai figliuola mia? >>
<< Sono disgraziata! Tutti i figli che faccio mi muoiono dopo due giorni. >>
<< E l’anello della fortuna non giova a nulla? >> chiese il sarto alla figlia principessa.
<< Non giova a nulla. Il Principe ha detto: “Se questo che hai nel seno morrà anche lui, guai a te!” padre mio, io son certa che mi menerà via di casa! >>
Quel povero padre che poteva farci?
E così ripartì.
 
In carrozza, gli venne per mente di andare a trovare il terzo figlio, quello del pezzente.
Ma non aveva cuore di presentarsi.
Travestitosi così da mercante, prese con sé quattro cianfrusaglie da vendere e cammina, cammina, arrivò finalmente nel luogo lontano dove i due vivevano.
Davanti a sé si ergeva un imponente palazzo lucente come il sole.
<< A chi appartiene quella reggia? >> chiese a un contadino.
<< E’ del re Sole. >> mentre osservava stupito quella magnificenza, si sentì chiamare e scorse un’ancella affacciata a una finestra.
 
<< Mercante, se portate bella roba, montate su. Il Regino vuol comprare. >> disse quella, mentre il sarto credette di star divenendo sordo all’udir “Regino”.
Montò su, sempre più abbagliato dalle meraviglie di quel palazzo.
E chi era mai “il Regino”?
Il suo figliolo minore, il marito del pezzente.
Quello rimase di sasso; non riusciva neppure ad aprir le cassette degli oggetti da vedere.
<< Vi sentite male, poverino? >> subito si preoccupò il Regino.
Ma il sarto si tolse il mantello, esclamando: << Figliuolo mio, sono tuo padre! E ti chiedo perdono! >> ma Angelo non permise al padre di gettarsi ai suoi piedi, bensì lo abbracciò forte.
<< Siate il benvenuto! Ho dimenticato ogni cosa. Mangiate e bevete, ma prima di sera tornate a casa vostra. Se re Sole vi trovaste, rimarreste incenerito. >>
 
Dopo essersi ristorato abbondantemente, il sarto ricevette due doni dal figlio:
<< Questi doni sono per le mie sorelle. Questa nocciuola è per Celeste: questa boccettina d’acqua per Alice. La nocciuola deve inghiottirsela col guscio; mentre l’acqua deve berne una goccia al giorno e non più. E che stiano attente, padre! >>
 
Il sarto, felice per il figlio minore e fiducioso verso quei doni, andò prima dalla figlia Principessa e le diede la boccettina.
Una volta spiegatole l’incontro con Angelo e raccontatole della bella fortuna toccata al fratello, la figliuola prese la boccetta e si affacciò al balcone e ne versò tutta l’acqua.
In quel momento, passavano dei ragazzi che portavano con loro un gatto morto.
L’acqua cadde su questo e il gatto resuscitò.
 
Il Principe, testimone dell’avvenimento, urlò:
<< Ah, scellerata! Hai tolto la buona sorte ai nostri figliuoli! >>
E in quel momento di furore, la strangolò colle proprie mani.
Ignaro di tutto, il sarto era arrivato alla reggia del re di Portogallo.
 
La maggiore, sentita la storia, montò sulle furie e, sotto lo sguardo inorridito del marito, gettò la nocciuola a terra schiacciandola poi col tallone.
La nocciuola schizzò sangue: dentro di essa vi era un bambino piccino, piccino, e lei gli aveva appena schiacciato la testa!
 
Visto quell’atto disumano, il re gridò:
<< Olà! Levatemela d’innanzi e tagliatele il capo! >> e la mise a morte senza alcuna misericordia.
Scoperte quelle disgrazie il sarto tornò dal figlio minore, raccontandogli ogni cosa.
<< Ora calmatevi padre, ristoratevi e andate via prima che cali il Sole. Se mio marito dovesse trovarvi qui v’incenerirebbe. Quando avrò buone nuove vi manderò a chiamare.
 
Quella sera, quando re Sole tornò, Angelo gli corse incontro, dandogli un dolce bacio a fior di labbra.
<< Maestà, che cosa avete visto oggi nel vostro viaggio? >>
<< Una Regina col capo mozzato e una Principessa strangolata dal marito. Se lo meritavano. >> disse l’uomo come se niente fosse, accomodandosi a capotavola.
<< Ah, Maestà, erano le mie sorelle! Ma voi potreste resuscitarle, non negatemi questa grazia! >> disse, guardando il marito con sguardo implorante.
E lui, che non avrebbe mai negato nulla al suo amato, non se la sentì proprio di negargli quella grazia.
<< Vedremo! >> rispose re Sole, mentre Angelo gli avvolgeva le braccia al collo.
 
Il giorno dopo, appena fu giunto laddove era sepolta la Regina, picchiò sulla fossa e disse:
<< Tu che stai sotto terra, mi manda tuo fratello; se dal buio volessi uscire, del mal fatto ti devi pentire. >> e da sotto terra giunse la voce arcigna di Celeste che rispose:
<< Rispondo a mio fratello: sto bene sotto terra. Dio gli dia male e malanno! Vo’ la nuova avanti l’anno! >>
Irritato, re Sole esclamò:
<< Resta lì, donnaccia infame! >> e continuò il suo viaggio.
 
Arrivato dov’era stata sepolta la Principessa, picchiò sulla fossa e disse:
<< Tu che sei sotto terra, mi manda tuo fratello; se vuoi tornare da morte a vita, del mal fatto sii pentita! >>
Neanche a dirlo, stessa nenia:
<< Rispondo a mio fratello: sto bene sotto terra. Male occulto o mal palese, vo’ la nuova avanti un mese! >>
Ancor più irritato, rispose:
<< Allora resta lì, donnaccia infame! >>
E continuò il suo viaggio, e quelle due donne se le mangiarono i vermi.
 

                                        Quella notte, fra Sole e Angelo fu amore.
                                                                E vissero per sempre felici e contenti. Fine

  
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