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Autore: Raggio di Gioia    09/08/2013    3 recensioni
[Questa fan fiction partecipa al contest “différent” di doresu no shoujo e _Aurara]
Salve gente! Cosa posso dirvi? IL MIO PRIMO CONTEST! YEEE!!
Allora, di cosa parla? Semplice (si fa per dire): l'argomento base è la guerra.
Molti di noi spesso vedono solo quanto di disumano c'è nella vita e non pensano mai a cosa ci sia di umano in essa. Annche le cose più piccole hanno le loro ragiooni, pure la guerra!
E il mio obbiettivo con questa fic è quello di farvi capire un messaggio importante, ma scontato.
E anche se non sarò nemmeno classificata poco male, avrò avuto una bellissima esperienza.
Oddio, l'ho riscritta in una settimana dopo averla rivista tipo... quattro volte XD
Tratto dal testo:
"Cosa può esserci di così strano nell’orrore della guerra? È semplicemente l’Inferno vero e proprio, quello dove tu sconti tutte le tue pene prima di morire perché sai, oh eccome se lo sai, che di azioni pessime ne hai fatte troppe nella tua vita.
Eppure ci sono persone che hanno ancora quel senso di pietà dentro, quella specie di affetto malsano nei confronti del nemico che tanto nemico non è."
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Axel/Shuuya, Mark/Mamoru
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autrice: Raggio di Gioia
Titolo della storia: Guerra Civile – In tutto c’è un po’ d’umanità
Rating: Arancione
Prompt(nel caso inseriate canzoni o banner)://
Personaggi: Gouenji Shuuya, Endou Mamoru, Altri
Pairing: EndoNatsu (non troppo marcata)
Numero di parole: 5000 secondo word (escludendo note e titolo)
Disclaimer: I personaggi di questa fiction non sono di mia proprietà ma appartengono ai produttori e questa fic non è stata scritta a scopo di lucro ma per puro divertimento.
Eventuali note: No ok io l’ho fatta con cuore e anima e mi auguro solo che vi piaccia. Ho voluto cercare un lato umano anche in ciò che di umano può non avere nulla: la guerra. Luoghi, situazioni, nomi tutto inventato da me. E anche se non arriverà prima o terza o quello che sia spero vi piaccia lo stesso perché oltre ad essere il mio primo contest ci tengo a mandare un messaggio molto importante ma spesso scontato dalla gente. Ricordate che in tutto c’è qualcosa di umano. E ora buona lettura <3 Lievi accenni a tematiche delicate. La guerra lascia comunque il segno…

 

 

   GUERRA CIVILE – In tutto c’è un po’ d’umanità 
 

   

Majildest. La nazione più potente che l’uomo abbia mai conosciuto oltre i confini dei sette mari.
Fondata con fatica e onore dai più grandi uomini della storia dicono i dominanti.
Nata dal sangue e dalla distruzione della guerra dicono i sopravissuti.

 

 

“Voglio sapere perché tutto è cambiato…
perché i rapporti umani devono cambiare così drasticamente?
Che ne è della pace che c’eravamo costruiti con fatica?
Scomparsa, al pari della neve sotto al sole…
Le risate, i sorrisi, i bei momenti, l’equità… Cosa ne rimane?”
 



 

13 Aprile 1903

  
Kring. Capitale di Demexis. Sede degli alloggi del Comandante Supremo. Primo piano, seconda porta a destra.
Non sono sicura di quello che sto per fare, ma non credo abbia molto senso tornare indietro ora; busso una, due, tre volte.
 

La voce della segretaria mi accoglie appena apro la porta e, potrei giurarlo, richiudendomela alle spalle ho notato di sfuggita lo sbadiglio di una delle due sentinelle. Almeno loro non sono coinvolte in campo aperto.
- Fratello – Lo vedo voltarsi finalmente verso di me, i suoi occhi mi penetrano scavandomi l’anima, potrei anche provare a leggerci dentro come ho sempre fatto se non avessi così paura d’incrociarli ora come ora. – Quando finirà tutto questo?
Sorride; da quanto non lo faceva? Non saprei, devo aver perso il conto degli anni.
- Presto. – Per un secondo, solo uno, posso specchiarmi in quei due pozzi color notte che ho sempre amato. – E come finirà?
Non dovevi farlo, non dovevi chiedere una cosa simile. Quel sorriso sparisce, così com’è venuto. Ho paura, tanta paura; di lui, di quello che farà, di quello che dirà. So già la risposta. – Com’è giusto che sia.
- Non doveva essere una semplice conquista, invece di una guerra di sterminio?
- Le cose non vanno sempre come stabilito. Ora va Yuuka.

Ho paura, tanta paura. Dove sei fratello? Dov’è finito il ragazzo che tanto amavo? Dimmi solo che esiste ancora in una qualche remota parte di te, mi basterebbe.
Richiudo la porta alle mie spalle.
Da quanto va avanti così? Undici anni. Oh, ecco ricordo; sono undici anni che non ti vedevo sorridere Shuuya.
Sei ancora tu la persona che ho visto?
 



Uno, due, tre, quattro, cinque…
Conto i passi seguendo il loro eco, che pian piano si porta dietro anche la tua presenza. Scusami tanto, non volevo ferirti, ma non ho più scelta.
Puntualmente mi hai fatto le stesse domande di ieri, come da copione.
Ed ecco ancora quell’opprimente sensazione di umanità che preme per uscire, quasi sfondandomi il petto.
Sento le lacrime pungere; maledetto il giorno in cui tutto ebbe inizio.
Quante persone saranno morte per colpa di un maledetto desiderio?

Samac, stato del Sud. Conquistato per primo dai miei avi nel lontano 1813, presenta un vasto deserto che limita i nostri territori fino al confine marino. Basilarmente è il popolo più abile nella lotta, ma ha una nuova filosofia pacifista che impone l’intervento in guerra solo se necessario. A deciderlo è stato il nuovo regnante Midorikawa Ryuuji.

Kryos, stato del Nord. Serve Demexis da più di cinquant’anni dopo la precedente conquista. Presenta una barriera naturale detta “Monti di Kryos” che confina i nostri territori al nord. Conosciuto per i suoi rigidi inverni è molto usato come luogo per l’addestramento estremo. Doveva essere sotto il comando si Suzuno Fuusuke, ma questo preferì cedere il posto al cugino Hiroto Kyama.

Muhiri, stato del Sud-Ovest. Venne compreso nei domini di Demexis nella seconda metà dell’Ottocento. Essendo lo stato più vicino al mare è considerato come il “porto della nazione”; in questo periodo di guerra è più protetto del dovuto essendo la sede dei rifornimenti. A capo di esso si trova Tsunami Josuke, un governante piuttosto insolito dati i modi di fare un po’ eccentrici.

Rihaze, stato del Nord-Ovest. Venne unificato a Demexis tre anni dopo Muhiri, ma è tutt’ora potenzialmente instabile come territorio e in constante pericolo di ribellioni interne data la vicinanza con i Muhiriani. Fortunatamente l’attuale regnante, Sakuma Jirou, è meno propenso alle guerre di confine.

Demexis, stato centrale. Attualmente il più potente di tutti, include quasi tutti gli stati confinanti. In guerra con Xaervyr, da quasi undici anni, ha dato il via a una guerra di sterminio da poco tempo, malgrado fosse cominciato tutto nel 1892 con l’ennesimo tentativo di conquista fallito. Vi risiede la capitale maggiore tra gli stati, Kring; suo governante è il Comandante Supremo Gouenji Shuuya.

Xaervyr, stato dell’Est. Il popolo dell’oriente, il più ampio in quanto a dimensioni e anche il più semplice in quanto a vita. Dimostra una lodevole resistenza in guerra, ma più volte nel corso della sua storia è stato considerato come una conquista bramata da molti. Ora sta per cedere. Nella capitale Xinliao alloggia il governante Endou Mamoru.

Colui che devo uccidere per colpa di questa fottuta guerra. Il mio migliore amico.
Cazzo, no, non adesso. Non voglio piangere anche oggi.

Una figura continua a muoversi indaffarata da una parte all’altra della stanza; evidentemente la mia segretaria starà mettendo negli archivi alcune pratiche o moduli e tira fuori gli aggiornamenti di confine. Mi sfugge un sospiro pesante, non ce la faccio più.
- Aki – Si ferma istantaneamente e mi osserva alzarmi, mentre a passo lento mi dirigo verso la finestra. – Me lo prepareresti un buon the?
- Sì, Signore. Subito. – La vedo posare con la coda dell’occhio tutti i fogli su una scrivania, per poi avviarsi al tavolino dove si appresta a preparare il the.
- C’è qualcosa che non va Signore? – Percepisco il suo sguardo addosso a me, mentre mi beo dello scrosciare delicato della bevanda nella tazzina.
- Voi mi conoscete troppo bene Aki.
- Vi servo da anni Signore.
- Chiederei troppo se volessi che facesse finta di non notarlo?
- Dopo tutto questo tempo è più facile notare qualcosa di diverso in lei, che fingere di non vederlo Signore.
- Ne convengo. – Il delicato tintinnare del cucchiaino con la ceramica della tazzina riesce quasi a distendermi i nervi.
Con una lentezza quasi innaturale apro la finestra, consentendo all’aria di entrare nella stanza in una leggera corsa impetuosa, bramosa di trovare via di scampo in un qualche foro o passaggio per proseguire il suo percorso, e permettendole nel contempo di accarezzare leggermente il mio volto, librando in un piccolo volo alcuni ciuffi stellati.
Un profumo mi inebria all’improvviso. – Il vostro the, Signore.
Prendo la tazzina che mi pone Aki e delicatamente me la porto alle labbra, soffiandovi appena sopra. – Non trovate che il cielo oggi sia stupendo?
- Sì Signore, decisamente.
- Ha un colore più nitido delle altre volte, ma forse è solo una mia impressione.
- No Signore, concordo con lei. – Sposta lo sguardo verso il cielo.
- Il the è squisito, come sempre.
- Grazie Signore. Ho usato una ricetta insegnatami tempo fa dal signor Mamoru.
Quelle poche parole accompagnano l’ultimo sorso di quella dolce bevanda.
C’è silenzio, troppo silenzio; porgo la tazzina alla donna che mi affianca e contemplo il cielo ancora un po’.
- Ne sentite la mancanza Signore?
- Chiuda la finestra Aki, sta cominciando a piovere. – Una goccia d’acqua mi bagna il volto.
- No, Signore, – Volge lo sguardo al cielo, quasi privo di nuvole – non piove.
- Chiuda la finestra Aki, piove. – Altre gocce mi bagnano il volto. Due, tre, quattro… Perdo il conto e ancora una volta sento il suo sguardo addosso.
- Sì Signore, ha ragione. Piove.
E prima di voltarmi per tornare al lavoro volgo un ultimo sguardo al cielo: non penso di averlo mai visto così nitido in vita mia. 


 
 

“Un tempo c’erano le lettere e le chiamate per contattarsi…
Nelle lettere ci trovavi l’essenza della persona stessa in ciò che diceva.
Ora ci trovi quasi solo condoglianze… Tutti con pistole e fucili.”


 

  
La luce soffusa del tramonto gettava riflessi dorati e ramati su tutti gli angoli della stanza; l’arredamento semplice e raffinato evidenziava un gusto orientale. I mobili principalmente in legno adornavano la stanza fondendosi perfettamente con le tinte purpuree e dorate dei cuscini e con i colori caldi che decoravano tende e tappeti. Un ampio letto matrimoniale attirava l’attenzione di molti raggi sulle sue tinte mogano e porpora delle coperte, alternate ad un leggerissimo bianco per i lenzuoli e alcuni cuscini di un pallido oro.

Dalla persiana semiaperta filtravano quelle saette di luce che s’infrangevano anche sul volto di un giovane uomo, posto con aria pensierosa davanti al panorama naturale che si stagliava sul confine di Xinliao. I tratti dolci ma maturi erano ammorbiditi dalla luce rossastra che lo irradiava, colpendo ogni tanto anche il corpo, rivestito ancora dalla divisa militare. Quello che avrebbe colpito più di tutto sarebbero stati di sicuro gli occhi, scuri e profondi quasi al pari dei capelli, di un dolce color cioccolato; ma in quel momento dei riflessi sanguigni li irradiavano fin nel profondo, portando a galla dubbi e insicurezze che non si dovrebbero scorgere nello sguardo di un imperatore.
Un timido cigolio lo distolse dall’invisibile filo di pensieri che stava seguendo, portandolo a scorgere sul ciglio della porta una figura femminile, dai lunghi capelli ramati e mossi, che quasi pareva un’illusione irradiata dalla luce del tramonto con quel corpo tanto diafano.


A passo regolare si avvicinò all’uomo, puntando i suoi occhi vermigli in quelli color cioccolato dell’altro, in una tacita richiesta di spiegazioni. – Mamoru, è arrivato il Generale. Come mai l’avete mandato a chiamare?
Un sorriso stanco si dipinse sul volto dell’altro. – Non preoccuparti Natsumi, non è nulla di grave.
- Non puoi dirmi questo, ti conosco da troppo tempo e so anche che questa guerra di sta logorando. Cosa succede Endou?
- Nulla di cui tu debba preoccuparti amore. Devo solo discutere con il Generale di alcune questioni riguardanti questa guerra. Ho intenzione di farla finire.
- Grazie al cielo. – Un morbido abbraccio avvolse entrambi in un attimo di sollievo. – Dimmi solo che non ti accadrà nulla.
- Questo non so se te lo posso garantire. – Un fugace sguardo va al piccolo fagotto rannicchiato tra le coperte.
- In ogni caso promettimi che ti prenderai cura di nostro figlio.
- Certo. Ma torna vivo, ti prego. – Con una straordinaria delicatezza il moro posò un bacio sulle labbra della sua sposa, per poi guardarla fissa negli occhi, prima di scendere di sotto.
Lo sa che le cose potrebbero andare male, ma preferisce tenerlo solo come un sospetto.
Intanto un piccolo fagotto dai capelli nocciolati lo segue con un impercettibile attenzione varcare quella porta. – Papà… Non mi hai dato il bacino della buonanotte…
 


La maestosa sala d’attesa aveva un che di lugubre in quel momento. Solo una persona giaceva al suo interno, gli occhi fissi su un qualcosa che solo lui poteva vedere, assorto in un silenzio e un’immobilità tale che chiunque l’avrebbe dato per morto se non avesse notato il suo respiro.
- Generale. – Fu un secondo: scattò in piedi, il saluto militare già in atto, mentre con gli occhi purpurei cercava quelli del suo imperatore, pronto ad eseguire qualunque richiesta.
- Mio Signore. Cosa desidera?
- Necessito con urgenza che lei consegni un trattato di pace al nemico.
- Ma, mio Signore! Non ce n’è alcun bisogno! Le nostre truppe si stanno risollevando; è giunta voce dalle città dell’Ovest che un’altra guerra di confine rischi di scoppiare tra Rihaze e Muhiri. Per questo è stato calcolato che lo stato di Demexis debba caricare ingenti truppe militari anche da Kryos per sopprimere le ribellioni, di conseguenza non saranno disponibili rifornimenti militari se non dal Sud. Nel peggiore dei casi avremo bisogno di altri plotoni da posizionare al fronte, ma…
- Yuuto. Ora basta. – Con un rapido gesto richiuse la mappa e la posò sul tavolo, accanto ai rapporti che da poco erano giunti a palazzo, ancora sigillati nelle buste.
- M-mio Signore – Da quanto tempo non lo chiamava per nome? – chiedo venia. Quali proposte intende offrire al nemico?
- Nessuna formalità, vorrei conferire al più presto con lui di persona. Domani stesso andrete al fronte e richiederete un incontro ufficiale con il generale; consegnate questo mandato, sono già esposti tutti i dettagli. Poi, giunta risposta, me lo farete riferire e al mio ritorno porterò l’esito di questa guerra.
- Presumo si tratti di un ultimatum. Posso solo augurarvi buona sorte. Con permesso.
Con cura prese la busta tra le mani e la ripose nella tasca della giacca. – Ti ringrazio Kidou.
- Non posso abbandonarti proprio adesso Mamoru. – Gli rivolse un ultimo sorriso, poi prese la via di casa lasciandolo solo in quella stanza. – Papà. – Il moro si voltò di scatto verso quella vocina. Un pargoletto di tre anni teneva la manina alla mamma, l’altra tesa in sua direzione.
- Voglio il bacino della buonanotte. 

 

 

“Ora come ora le persone sono così indifferenti per ciò che accade da non aver più tempo neppure per un saluto o qualche parola.
A volte può bastare un semplice ‘come stai’ per non farti sentire lo schifo della guerra o anche solo una pacca per renderti meno solo.
Ma no, non cambierebbe nulla… Ormai uno ti considera solo se servi, altrimenti ti buttano via come spazzatura.
Chiedetevi: perché si cambia? Perché quell’armonia non c’è più?”


 

  
Il mattino seguente il Generale giunse al confine del fronte nemico per porre le trattative di pace. Ne sarebbero usciti tutti vivi? Certo, come no. Infondo non c’era nulla di strano nell’attraversare un campo minato dove da un momento all’altro rischi di trovarti un proiettile in testa; non c’era nulla di strano se tu vedevi un tuo compagno agonizzare per terra e non potevi fare nulla per salvarlo; non c’era nulla di strano nell’avere tanta pietà per ciò che viene fatto da dare sepoltura persino ad un bambino ucciso per strada, per quanto una fossa con una crocetta fatta con due rami intrecciati possa definirsi una tomba, sapendo che, forse, la sua famiglia lo aspetta ansiosa a casa prima del coprifuoco.
Cosa può esserci di così strano nell’orrore della guerra? È semplicemente l’Inferno vero e proprio, quello dove tu sconti tutte le tue pene prima di morire perché sai, oh eccome se lo sai, che di azioni pessime ne hai fatte troppe nella tua vita.

Eppure ci sono persone che hanno ancora quel senso di pietà dentro, quella specie di affetto malsano nei confronti del nemico che tanto nemico non è.
Perché per quanto possa essere ironico, per quanto l’orgoglio possa accecare gli uomini, la morte, la distruzione e la sofferenza sono le uniche cose capaci di aprire gli occhi agli uomini e mostrare loro come fanno giustizia.
Perché quella è giustizia, no? Certo che sì. È tutta una questione di punti di vista.

- Buongiorno Generale Akio, è permesso?
- Generale Kidou, benvenuto. – Con la coda dell’occhio il castano notò la presenza di un secondo individuo nella tenda, dai curiosi e insoliti tratti albini per quel popolo.
- Chi ho l’onore di ospitare assieme a voi?
- Colonnello Suzuno, assistente del Maggiore Kidou.
- Ospitiamo un non-principe del Nord! Tenente Generale Nagumo, assistente del Generale Akio. Nonché affascinante rubacuori.
- Avete scordato “fallito” e “coglione” nella frase amico mio. – Una risata di scherno fece da eco al commento di Akio, suscitando un’espressione ilare sul volto del rosso.
- Ha parlato il Generale più stronzo nella Nazione.
- Non vi conviene rivolgervi a me con questo tono se non volete il degrado.
Qualche insulto in lingua straniera giunse dall’altro che si diresse subito dopo al tavolo delle trattative. – Meglio non sapere cosa ha detto. Parliamo d’affari.
- Ne convengo Generale. – Rispose Kidou tentando di soffocare qualche risata sul nascere.
 
Il mandato era stato inviato e con esso la richiesta d’incontro, fissata per il 18 Aprile; in attesa della risposta del Comandante Supremo, che non sarebbe giunta prima del giorno seguente, venne dichiarato uno stop ufficiale al fuoco.
- Volete restare fino a nuovo ordine Generale Kidou?
- Solo se non siamo di troppo Generale Akio.
- Nessuno qui è di troppo escludendo il Comandante Supremo, no? – Affermò Nagumo accendendosi una sigaretta.
- Non dovreste portargli rispetto, piuttosto che insultarlo?
- E voi lo credete davvero Suzuno? Credete che io porti rispetto ad un fottuto uomo assetato di potere che ci sta portando a distruggere uno stato intero? Col cazzo che lo faccio!
- Dovreste. È pur sempre a capo di quasi tutta la Nazione. – Fu la secca risposta dell’albino.
Il rosso, di rimando, sbuffò librando per aria una soffice nuvola di fumo.
Akio osservò in silenzio il suo subordinato poi, seguendo il suo esempio, prese una sigaretta dal pacchetto e se l’accese offrendone una anche a Kidou che cordialmente rifiutò. – The o birra?

Pareva strano ritrovarsi tutti lì, a bere qualcosa e parlare come vecchi amici, mentre fuori la guerra cessava solo per un giorno. Ciò che stimolava di più la curiosità di tutti era di sicuro il fatto che anche se difendevano due terre singole provenivano tutti da uno stato diverso: Nagumo aveva dichiarato di essere originario delle regioni nel Nord di Samac; Akio era originario di Kring stessa; Suzuno proveniva dalla capitale di Kryos e avrebbe dovuto essere il successore al comando di quello Stato. Kidou invece era di Xinliao.

Abbattuti i convenevoli avevano dato libero sfogo a ciò che avevano da dire, che fosse sul lavoro, sulla famiglia, sulla propria vita personale.
E tra una tazza di birra e qualche parola, Suzuno si zittiva sempre un po’ di più, come assorto in un qualche pensiero che, ne era certo, si sarebbe avverato.
Perché era convinto che non ci sarebbe stata nessuna pace se si era così vicini all’obbiettivo.

L’ennesima cicca venne accesa dal rosso che notò il prolungato silenzio dell’albino, particolarmente assorto nell’osservazione della tazza di the vuota. Continuò ad osservarlo per un po’, mentre armoniose combinazioni di fumo andavano ad intrecciarsi nell’aria ancora troppo poco satura; il suo sguardo ogni tanto le osservava con un che di vacuo, malgrado da esso trasparisse la sua proverbiale freddezza.
- Sicuro di sentirti bene ghiacciolino?
- Mh? Sì certo che sì, che domande.
- Siamo freddi ne’?
- Bisogna essere freddi. Nella guerra così come nella vita personale mostrarsi sempre aperti e inclini ai cambiamenti umorali evidenzia nel dettaglio ogni proprio difetto e pregio e di conseguenza anche i propri punti deboli. Quando li si mostra in guerra per il nemico è più facile creare situazioni favorevoli, perciò la freddezza e l’insensibilità creano uno scudo ideale che rende il lavoro avversario ancora più difficile considerando che non si sa dove andare a parare. Detto in modo che tu possa capire: se non ti mostri impenetrabile  sei morto in partenza.
Nagumo rimase quasi pietrificato, non riuscendo a concepire appieno i significato o almeno formularlo del tutto.
- Vuoi un esempio Haruya? Sei molto irascibile. Basta una parola fuori posto e perdi il senno.
- Fuusuke tu… Tu hai paura di fallire? – Aveva cercato le parole giuste, il rosso, per porgli quella domanda; seduto di traverso sulla sedia, con un braccio sullo schienale, osservava l’altro.
Se fino a pochi secondi prima stava studiando mentalmente le numerose conquiste di Demexis, ora era semplicemente immobile davanti ad esse. Fallire?
Era una parola che non aveva mai concepito nel suo vocabolario; fallire significa sbagliare, sbagliare significa non essere capaci, quindi essere inutili. Ed essere inutile significa non avere valore, non poter aiutare nessuno, non saper fare niente se non fallire. E lui non poteva fallire, non doveva.
Forse aveva rinunciato al suo posto solo per quel timore, sapendo che ogni sua scelta poteva ribaltare le situazioni.
Se fosse stato un militare avrebbe solo dovuto eseguire gli ordini e non impartirli e se anche fosse morto non avrebbe fallito, avrebbe comunque adempito al proprio dovere come difensore del popolo.
Ma venire smascherato così all’improvviso da un nemico, dopo essersi creato una maschera perfetta, lo paralizzava in ogni fibra del suo corpo.
Possibile che stesse sbagliando tutto? Che il suo punto debole fosse così evidente? Anche dopo tutta quella fatica…
- Suzuno non ama parlare di sé, è molto riservato. Per conoscerlo ti servirà ben più di un giorno. – Kidou spezzò la tensione creatasi con quelle poche parole.
- Non preoccupatevi, Haruya è il classico cretino che prima spara cazzate e poi pensa agli effetti e se ne frega lo stesso. – Anche Akio giunse in soccorso, schernendo l’amico.
- Invece Fudou è l’immancabile stronzo di prima classe che deve sempre farsi i cazzi altrui.
- Ma allora sei coglione forte?! Ti ho detto di non parlarmi così, cazzo!
- Parlo come voglio frocio di merda! Fanculo a te e al degrado!
- Vedi di smetterla o ti aggiungerò qualche buco in più al culo!
- Come se ne avessi il coraggio. Senza di me sei un inetto, sai solo usare le parole.
- Perché tu sai usare anche le armi? Scusa non ne avevo idea!
- Ripetilo e ti spacco la faccia!
- Oh, dai fallo! Non aspetto altro!
- Stop! Ora smettetela voi due! – Kidou si frappose trai due tenendoli a debita distanza.
- Mi pareva di aver accennato al fatto che foste irascibili e non ho sbagliato.
Tra le risate di Suzuno e le imprecazioni di Kidou si riuscì a separare i due colleghi, fortunatamente ancora tutti intatti. – Guardati le spalle Generale: dicono le statistiche che l’ottanta percento delle morti in campo militare siano dovute ad attacchi da parte dei subordinati.
- Lo farò Tenente Generale. Lo farò. Non sarà di certo un “proiettile volante” a uccidermi.
Un sorrisetto di sfida si dipinse sui volti di entrambi mentre tornavano a fare quel che volevano. Un ultima occhiata del rosso andò all’albino. – Vuoi? – Un paio di occhi color ghiaccio si posarono nei suoi dorati mentre, con un perfetto sorriso sornione dipinto in volto, gli tendeva il braccio offrendogli la sigaretta.
Con una smorfia di disprezzo, sicuramente dovuta alla sua dannata capacità di capirlo al volo, l’albino strappò l’oggetto dalla mano del possessore e senza pensarci due volte ne prese un lungo tiro, cacciandone poi il contenuto con un unico, sonoro, sbuffo.
- Guerra del cazzo… 



 

“Perché la gente deve pugnalarti senza rimorso alle spalle così crudelmente?
Perché le strade che un tempo si percorrevano insieme all’improvviso cambiano forma e direzione senza che le loro uscite s’incontrino più?
Perché quelle poche volte che incontrate un amico per strada vi sentite costretti a ignorarlo e proseguire come se non lo conosceste? Perché ignorate il suo saluto e andate avanti?
Dite: vi ha fatto qualcosa di male?”

 

  

18 Aprile 1903
 

         
- Signore è arrivato Endou Mamoru.
- Lo faccia entrare e ci lasci soli Aki, può prendersi una pausa inanto.
- Sì Signore, subito. – Una volta uscita dalla stanza si rivolse al moro, con una nota di tristezza nello sguardo.
- Il Comandante Supremo vi attende nel suo ufficio Signor Mamoru.

Con non poco sforzo tentò di mantenere il suo solito sorriso, Endou, riuscendo solo a ottenere una smorfia quasi forzata.
Si diresse davanti alla porta e la varcò. Si stagliava davanti a lui l’imponente figura del Comandante Supremo, seduto stancamente sulla sua poltrona.
- Da quanto tempo Shuuya. Ti trovo bene.
- Endou, che piacere rivederti – Si alzò con un sorriso sulle labbra che da tempo non gli apparteneva e, a grandi falciate, eliminò la distanza che li separava; subito il moro lo accolse in un caldo abbraccio, di quelli che desideri dare solo a una persona speciale per te.
- Vieni, siediti, abbiamo molto di cui parlare.
- Con gran gaudio amico mio.
 
- Dunque le nozze sono andate a buon fine. Come sta il piccolo Tenma?
- Molto bene, cresce forte e deciso. Penso che sarà un degno successore.
- Lo credo anche io, se prende esempio dal padre.
- Grazie mille, davvero. – Il moro gettò un’occhiata veloce all’orologio. Era tardi, decisamente molto tardi e a breve sarebbe dovuto rientrare. – Adesso Gouenji vorrei parlare di altre cose.
- Capisco. So già cosa vuoi sapere, ma perché me lo chiedi se sai già cosa ti risponderò?
- Perché preferisco che sia tu a dirmelo di persona.
- Immagino. Ergo hai intenzione di usare un metodo in particolare?
- Beh, in effetti… Ti ricordi quel gioco che facevamo da bambini? – Lo sguardo di Endou andò a vagare nel vuoto più totale, cominciando a velarsi di una sottile quanto impercettibile nostalgia. La vita alle volte sa essere moto crudele.
- Certo, posso cominciare io? Allora se io dico “costretto”?
- Ti dico “comandato”. Se ti dico “causa”?
- Potere. Costrizione?
- Ribellarsi. Tentativo?
- Morte. Speranza?
- Pace. Guerra?
- Morire. Essere disposti?
- Provare. Popolo?
- Salvo. Sacrificarsi?
- Disposto. Dolore?
- Inestinguibile. Perdono?
- Concesso. Emozione?
- Nostalgia. Tempo?
- Scaduto.
Seguirono pochi secondi di penetrante silenzio.
Era tutto chiaro: era costretto Gouenji da qualcuno più forte di lui, e Mamoru era disposto a sacrificarsi con grande dolore del biondo.
C’era di positivo, come se infondo qualcosa lo fosse, che avrebbe avuto almeno il suo perdono, anche se l’avesse ucciso perché giurò, il Comandante Supremo, che avrebbe risparmiato tutto il popolo.
- Addio Shuuya; vieni a trovarmi ogni tanto.        



 

“A tutto c’è un motivo cazzo! Ma fa male ancora di più non poterlo sapere.
Perché nel silenzio puoi solo immaginare mille motivi.
Perché bisogna fare così? Dove finisce tutto l’affetto?!”


 

 
20 Aprile 1903

  
Il fronte era ormai all’apice dell’orrore: la distruzione della guerra regnava in ogni più piccolo spazio di quel posto; ovunque ci si voltava s’incrociava solo morte.
L’odore dolciastro e nauseabondo del sangue penetrava con forza nelle narici, spingendosi fin nelle viscere, costringendo a sopportare in silenzio ogni più piccola agonia.
I rumori degli spari perforavano i timpani, penetravano nella carne, lasciandone sgorgare fiotti di sangue, finché non si cadeva al suolo esanimi.
Tutto ciò che faceva da coro a quell’Inferno erano le urla e le imprecazioni dei militari, che cercavano in ogni modo di sopravvivere e aiutare i propri compagni.
Gli unici risultati che ottenevano la maggior parte di questi era solo un proiettile o più piantato nel cranio, nel cuore, agli arti o nelle viscere.
Chi aveva il coraggio di scontrarsi corpo a corpo era nel centro del nucleo, a massacrarsi per un motivo quasi sconosciuto in realtà, mentre le lame delle spade lambivano e laceravano la pelle, squarciandola nel profondo con affondi atroci, mentre coloro che avevano un buon cuore ponevano subito fine alla vita del proprio nemico con un unico affondo o uno sparo diretto.
In tutto quel caos qualunque cosa poteva succedere, anche che dei vecchi compagni si rincontrassero e morissero assieme, che dei nemici che non si consideravano tali non trovassero la forza di uccidersi scappando in altre direzioni e sperando che l’altro rimanesse in vita, persino che un innocente venisse coinvolto e morisse poteva essere legittimo in quel pandemonio.

Ma ciò che Gouenji non si sarebbe mai perdonato era quello che stava per fare: tremava così intensamente da non riuscire a tenere la mano ferma, saldamente stretta intorno al manico della pistola. Numerose ferite, per quanto leggere, lambivano gli arti e il volto, mentre piccoli rivoli di sangue sporcavano la divisa non più immacolata.
Dai suoi occhi sgorgavano inestinguibili fiumi di lacrime, che bruciavano a contatto con le ferite.
Davanti a lui c’era Endou, ancora in piedi malgrado l’evidente ferita alla gamba destra, anch’esso con alcuni tagli sparsi ovunque.
Un sorriso incoraggiante in volto tradiva la già presente malinconia nei suoi occhi. Prese la mano di Gouenji, tesa verso di lui mentre serrava la pistola, sorridendogli un’ultima volta.
- Scusami Mamoru. – Uno sparo solo e una macchia rossa s’allargò sempre di più sul petto di Endou, tra le braccia del biondo ancora piangente; i suoi occhi si spensero, ma il suo sorriso no. 


 

  
21 Aprile 1903
 

                
Era fatta: ora Demexis era il nucleo di tutto. Ma a che costo? Una grande folla era radunata dinanzi a una lapide, erano tutti a lutto. – Fermi cosa fate? Perché mettete il papà lì?! Papà deve fare tante cose! Lasciatelo andare! Papà!! Papà perché ti mettono sotto terra? Io ti voglio ancora qui papà! Io ti voglio bene, torna! – Le urla disperate del bambino erano tutto ciò che si poteva udire in quel momento. Tra le lacrime e il dolore nessuno si sentiva in diritto di parlare.
Si fece tardi, bisognava tornare a casa. Ancora poche persone erano dinanzi a quella lapide.
        



- Mio Signore, dobbiamo andare. – Aki non ricevette risposta. Un vagito flebile s’avvicinò a loro. Sapeva chi era, non serviva che si voltasse.
- Perdonami Natsumi. Perdonami…
- Pensi che ne abbia la forza dopo quello che è successo?
- Allora ti chiedo solo di non odiarmi. Promettimelo ti prego! – Cadde in ginocchio il biondo, distrutto dentro come non mai.
- Non volevo. Non volevo farlo! Mi hanno costretto! – Le lacrime tornarono a sgorgare, più insistenti e impetuose di prima.
- Cosa dirò a suo figlio? – Calde lacrime rigarono il volto della donna, mentre tra le braccia reggeva il figlio dormiente, che ancora piangeva.
- Digli solo che è stato un grande uomo.
- Mio Signore, dobbiamo andare, piove.
Tante minuscole goccioline s’infransero al suolo. Correvano disperate verso un traguardo che le avrebbe solo distrutte.
E piangeva Shuuya, e le sue lacrime si mescolavano alla pioggia.
- Ti voleva molto bene sai?
- Lui ti amava sai? Anche da bambino.
- Mio Signore, so che farà male, ma se lo ricorderete sempre non morirà mai. Continuerà a vivere in noi.
- Mamoru, amico mio perdonami. Avrei preferito dare la mia vita pur di vederti ancora sorridere qui.
E mentre la pioggia batteva insistente, le lacrime non cessavano, il ricordo non moriva, ma nulla riusciva a lavare via quel dolore.
E se c’era una cosa che un giorno avrebbe riportato la pace a Shuuya era solo poter raggiungere il suo amico.       
 

  

“Andato via… Qualcuno ha rubato tutto l’affetto e lo tiene solo per sé.”  



 

Guardatevi intorno ogni tanto, anche nei momenti più tragici, anche nella guerra.
Scoprirete un mondo nascosto perché non tutto è sempre orrore: ci sono delle volte in cui, per quanto rare siano, l’affetto vincerà anche sulla morte.
Perché la guerra non sempre è solo orrore. Anche la guerra nasconde un lato umano, ma la morte non lo lascerà capire mai…

 

  
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