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Autore: TheUnknownDevice    09/08/2013    4 recensioni
1775, Contea di Boston. Isabel Williams è una ventenne piena di energie, solare, di una bellezza autentica.
Jack Anderson è un giovane al quale la vita non ha regalato nulla: la sua ricchezza non è ereditata, bensì guadagnata con anni e anni di duro lavoro e sacrifici. Ma questo Isabel non può saperlo. Non può sapere quale segreto nasconda l’avvenente Black Jack, dietro la sua maschera di perfidia e indifferenza. Ed entrambi non possono sapere, inoltre, che il loro matrimonio d’interesse li unirà molto più che sulla carta.
Perché il filo che li lega fin dall'infanzia è talmente sottile che basta poco perché si spezzi. Riuscirà Jack a riconquistare il cuore di Isabel?
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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 photo 0b5bab38-a98e-495a-90f2-56164a922bc5_zpsf5004547.jpg   Prologo

Wren and the smoker

 
 
15 anni prima...


L'aria mattutina le investì il volto con un'ondata impetuosa di vento, ben consapevole di quanto ormai lei vi fosse abituata. Dopo aver dato un ultimo sguardo all'interno della grande casa, uscì fuori, chiudendosi alle spalle il possente portone in noce. Non aveva detto a nessuno che sarebbe uscita, nemmeno a sua sorella Helen, con la quale si confidava ormai sempre più spesso. D'altronde, suo padre era occupatissimo con i numerosi impegni di lavoro e sua madre non le avrebbe mai e poi mai dato il permesso di addentrarsi da sola nelle vie di quell'enorme città. Fortunatamente nessuno si accorse di lei, cosicché poté tranquillamente sgattaiolare fuori dalla villa di famiglia. Le gambette paffute si mossero veloci verso la via principale, memori delle numerose volte in cui l'avevano percorsa. Ma ancor prima di svoltare per raggiungere la bottega dei dolciumi, Isabel sentì un boato, poi un tonfo sordo, per finire con le fragorose risate di quelli che parevano bambini un po' troppo cresciuti. La curiosità fu più forte del buonsenso, così si ritrovò a spiare in un vicolo buio e maleodorante, illuminato solo dai pochi raggi che riuscivano a raggiungere le mura scrostate delle case probabilmente disabitate. Un ragazzo, adagiato malamente al suolo, attirò l'attenzione della bambina, la quale non ebbe timore ad avvicinarsi per porgergli la mano, in segno di aiuto. Il viso era ancora rivolto verso il terreno, coperto dalle mani che avevano probabilmente cercato di attutire il dolore causato dalla caduta. Isabel lo chiamò, ignara delle figure che si stavano pericolosamente avvicinando. Il ragazzo alzò gli occhi: due profonde pozze d'acqua marina le solcarono per qualche istante il viso, per poi rintanarsi nuovamente fra le braccia magre e diafane del ragazzo. Una voce gutturale fece sobbalzare Isabel, ormai propensa a fare mille congetture su cosa potesse essere successo a quel povero ragazzo.
Non che fosse così difficile.                                                                                                                           
«Cosa ci fa qui questa bella bambina?» la voce gutturale era ormai a pochi passi da loro, eppure Isabel sentiva di dover affrontare quel piccolo furfante a testa alta, altrimenti non l'avrebbe passata liscia nemmeno lei.
«Sono Isabel, la figlia di Edward Williams, ed ero solo di passaggio; poi, però, ho sentito un enorme baccano e sono accorsa a vedere se fosse successo qualcosa di brutto. Non mi pare di aver fatto qualcosa di sbagliato, signore. Io voglio solo aiutare questo ragazzo a rinsavire, perché vedo che non è messo bene.»
Il discorso di Isabel non faceva una piega, nonostante fosse solo una bimbetta di appena otto anni. Infatti, anche il ragazzotto dalla grande voce ne rimase interdetto, così come la schiera di amici che aveva al seguito. Isabel non lo sapeva dire con certezza, ma dovevano essere all'incirca una decina, se non di meno. La mano massiccia del ragazzotto tornò ad alzarsi, pronta per colpire nuovamente il povero fanciullo, ancora inerme ai piedi di Isabel. Ma la vocetta pronta della bambina lo fece fermare: «No, signore, ve ne prego, non fate ancora del male a questo giovane; non vedete com'è ridotto? Lasciate che me ne occupi io, signore, e questo ragazzo non vi darà più fastidio. Per... favore.» La vocina di Isabel si affievolì col finire del discorso, perdendo sicurezza con l'avanzare del giovanotto. Questi si fermò ad un palmo di naso da Isabel, con l'aria minacciosa e lo sguardo trasparente puntato sulle efelidi della bambina. Ad osservarlo meglio, l'aspetto trasandato lasciava trasparire la sua estrazione sociale: una chioma folta di capelli color fango incorniciavano un volto scarno, ripetutamente sconvolto da terra e pioggia. I vestiti a malapena coprivano il corpo massiccio, allenato da parecchi anni di lavoro. La sovrastava prepotentemente, ma Isabel non si fece intimorire.
«Guardate, amici, abbiamo un'altra mocciosa con le lentiggini in città. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata anche più coraggiosa di questo codardo di Anderson?» il vocione del ragazzo emanava una sicurezza troppo ostentata, ma sembrava davvero convinto di ciò che diceva.
«Forza, Greg, falle vedere di cosa siamo capaci noi uomini! Altro che quell'ammasso di pelle e ossa che non sa uccidere nemmeno una mosca! Che ne dici se...» la voce nasale di un'altro individuo nascosto dal buio venne fermata dalla mano possente del ragazzotto vicino a Isabel, che le sussurrò ad un orecchio: «Ascoltatemi bene, ragazzina, io vi lascerò in pace, ma se questo sconveniente episodio dovesse arrivare alle orecchie di vostro padre o di qualsiasi altra persona, sappiate che non avrete vita facile per... be', praticamente per sempre.» Ciò detto, richiamò l'attenzione dei suoi seguaci e spintonò Isabel contro la parete per poi scomparire dietro l'angolo.
Ancora stordita, Isabel fece leva su tutta la forza che le era rimasta, si issò in piedi e corse verso la figura accartocciata del ragazzo, il quale stava invano cercando di mettersi a sedere. Appena il loro occhi si incrociarono, Isabel sentì un piccolo brivido percorrerle la schiena, prima di tuffarsi letteralmente sul corpo ansante di quello sconosciuto.
«Signore, sono desolata, ma non ho potuto aiutarvi prima, a causa di quel brutto furfante che voleva tornare a picchiarvi; se volete, posso portarvi a casa mia; dovete assolutamente medicare questo brutto taglio, altrimenti succederà che vi farà ancora più male. Sapete, a me è capitato tante volte, ma c'era sempre qualcuno ad aiutarmi. Voi, invece, signore, siete solo, e se c'è qualcosa che posso fare per farvi rinsavire, basta solamente chiedere. Signore...» non fece in tempo a finire, che i due occhi verdi del ragazzo le tolsero il respiro. Isabel non aveva mai visto uno spettacolo del genere; era come se avessero rubato un po' d'acqua dal mare e l'avessero versata negli occhi di quel giovane, che ora sorrideva limpidamente, mostrando due lievi fossette ai lati della bocca carnosa. Le gote, spaventosamente arrossate dalle percosse del ragazzotto e dei suoi compagni, erano spruzzate di lentiggini fin sul naso, dove se ne accumulavano in numero maggiore.
«Vi ringrazio, dolce piccina, se non fosse stato per voi, ora sarei sicuramente morto di botte. Ma, ascoltate, non voglio procurarvi altri guai, quindi, fate presto e tornate a casa; non vorrete mica far preoccupare i vostri genitori, vero?»
«Be', a dire il vero, i miei genitori non sanno dove sono...» la voce di Isabel si incrinò leggermente, complice il senso di colpa e d'ansia che iniziavano ad affiorare.
«Oh, ma che gran monella che siete! State attenta, allora, o potrebbero capitarvi episodi più spiacevoli di questo. E non datevi pena per me, sono pur sempre un ragazzo di tredici anni, saprò cavarmela. Fidatevi, signorina...»
«...Williams. Isabel Williams.» rispose prontamente la bambina.
«Isabel... un bel nome. E ditemi, come fa uno scricciolo come voi a conoscere così bene la città tanto da potervi passeggiare da sola?» La domanda del ragazzo trasudava sarcasmo, ma Isabel ancora non aveva imparato a riconoscerlo.
«Ve l'ho detto, signore, nessuno sa dove sono. Sono uscita senza il permesso dei miei genitori. Piuttosto, voi? Non mi avete ancora detto nulla sul vostro conto...» La schiettezza insolente di Isabel fece sorridere ancora il giovane.
«Ah, non c'è molto da dire su di me. Sono Jackson, lavoro come garzone nella bottega del fabbro e come operaio per le piantagioni dei Stevens. Sono un povero screanzato, così mi definiscono tutti quelli che mi conoscono; ma, d'altronde, cosa potrebbe fare il figlio di un agricoltore inglese e di una pazza olandese? Porto avanti la famiglia, o almeno, cerco di dare un futuro migliore a mia sorella Madison. Tutto qui.» Il ragazzo concluse il discorso cacciandosi le mani in tasca ed estraendovi poi una sigaretta dall'aspetto tetro e un fiammifero. Isabel assisteva alla scena con i grandi occhi grigi spalancati dalla smania di conoscere e dalla voglia di scoprire qualcosa in più su quel misterioso ragazzo di città. Le parole le uscirono di bocca ancor prima di passare per la mente: «Ma signore, come riuscite a vivere in queste condizioni? E perché quei ragazzacci vi stavano picchiando?»
«Scricciolo, volete sapere troppe cose, per essere una bambina. E per quanto riguarda quei ragazzi...» avvicinò la mano libera al viso della fanciulla, per poi sfiorarle delicatamente le efelidi. «Sono proprio queste piccoline che mi hanno causato la strigliata da parte di Greg. Non l'hai sentito? Mi hanno deriso perché ho il viso coperto di lentiggini. Che buoni a nulla! Come se non avessero altro da fare durante il giorno!»
Con un lungo sospiro, buttò fuori il fumo dalle narici, causando un colpo di tosse alla piccola Isabel.
«Come mai siete povero, signore?»
L'ingenuità della ragazzina lo fece intenerire. «È una lunga storia, Scricciolo. Magari, te la racconterò un'altra volta, che ne dici?» L'etichetta era diventato un optional, ma Isabel si sentì rispettata sul serio, per la prima volta, dopo tutti quegli anni di finta cortesia ostentata dagli "amici" provenienti dalla Buona Società.
«Sì, signore! Potete venire a trovarmi quando volete! Tanto, io sono sempre in casa...»
La voce intristita di Isabel gli fece aggrovigliare lo stomaco. «Ascoltami, Scricciolo, non mi va di vederti triste. Se vuoi stare in mia compagnia, sarò molto felice di venirti a trovare. Ma, fino a quel momento, mi prometti una cosa?»
Il tono dolce ma autoritario di Jackson la fece finalmente sorridere: «Cosa?»
«Devi promettermi che non uscirai più di casa senza il permesso dei tuoi genitori, capito? Potrebbe essere pericoloso.»
«Va bene, Jackie, te lo prometto!» Quel nomignolo le era uscito spontaneamente, come, d'altronde, anche lui aveva preso a chiamarla Scricciolo.
Si salutarono e ripresero ognuno la propria strada.
E nessuno avrebbe mai immaginato che una semplice sortita quotidiana avrebbe regalato a due giovani ragazzi una dose di buonumore tale da far saltellare di gioia il cuore e la possibilità di riscattare, l'uno nell'altra, la libertà e la felicità negata da quella Buona Società, che di buono, in realtà, non aveva mai avuto nulla. Niente aveva preannunciato che quell’incontro, così strano e casuale, avrebbe portato i due giovani a condividere due anni di felicità e crescita, di tristezza e spensieratezza. Prima che tutto fosse brutalmente cancellato via, con un nonnulla.

 Prologo
 



 
 
15 anni prima...




L'aria mattutina le investì il volto con un'ondata impetuosa di vento, ben consapevole di quanto ormai lei vi fosse abituata. Dopo aver dato un ultimo sguardo all'interno della grande casa, uscì fuori, chiudendosi alle spalle il possente portone in noce. Non aveva detto a nessuno che sarebbe uscita, nemmeno a sua sorella Helen, con la quale si confidava ormai sempre più spesso. D'altronde, suo padre era occupatissimo con i numerosi impegni di lavoro e sua madre non le avrebbe mai e poi mai dato il permesso di addentrarsi da sola nelle vie di quell'enorme città. Fortunatamente nessuno si accorse di lei, cosicché poté tranquillamente sgattaiolare fuori dalla villa di famiglia. Le gambette paffute si mossero veloci verso la via principale, memori delle numerose volte in cui l'avevano percorsa. Ma ancor prima di svoltare per raggiungere la bottega dei dolciumi, Isabel sentì un boato, poi un tonfo sordo, per finire con le fragorose risate di quelli che parevano bambini un po' troppo cresciuti. La curiosità fu più forte del buonsenso, così si ritrovò a spiare in un vicolo buio e maleodorante, illuminato solo dai pochi raggi che riuscivano a raggiungere le mura scrostate delle case probabilmente disabitate. Un ragazzo, adagiato malamente al suolo, attirò l'attenzione della bambina, la quale non ebbe timore ad avvicinarsi per porgergli la mano, in segno di aiuto. Il viso era ancora rivolto verso il terreno, coperto dalle mani che avevano probabilmente cercato di attutire il dolore causato dalla caduta. Isabel lo chiamò, ignara delle figure che si stavano pericolosamente avvicinando. Il ragazzo alzò gli occhi: due profonde pozze d'acqua marina le solcarono per qualche istante il viso, per poi rintanarsi nuovamente fra le braccia magre e diafane del ragazzo. Una voce gutturale fece sobbalzare Isabel, ormai propensa a fare mille congetture su cosa potesse essere successo a quel povero ragazzo.
Non che fosse così difficile.                                                                                                                           
«Cosa ci fa qui questa bella bambina?» la voce gutturale era ormai a pochi passi da loro, eppure Isabel sentiva di dover affrontare quel piccolo furfante a testa alta, altrimenti non l'avrebbe passata liscia nemmeno lei.
«Sono Isabel, la figlia di Edward Williams, ed ero solo di passaggio; poi, però, ho sentito un enorme baccano e sono accorsa a vedere se fosse successo qualcosa di brutto. Non mi pare di aver fatto qualcosa di sbagliato, signore. Io voglio solo aiutare questo ragazzo a rinsavire, perché vedo che non è messo bene.»
Il discorso di Isabel non faceva una piega, nonostante fosse solo una bimbetta di appena otto anni. Infatti, anche il ragazzotto dalla grande voce ne rimase interdetto, così come la schiera di amici che aveva al seguito. Isabel non lo sapeva dire con certezza, ma dovevano essere all'incirca una decina, se non di meno. La mano massiccia del ragazzotto tornò ad alzarsi, pronta per colpire nuovamente il povero fanciullo, ancora inerme ai piedi di Isabel. Ma la vocetta pronta della bambina lo fece fermare: «No, signore, ve ne prego, non fate ancora del male a questo giovane; non vedete com'è ridotto? Lasciate che me ne occupi io, signore, e questo ragazzo non vi darà più fastidio. Per... favore.» La vocina di Isabel si affievolì col finire del discorso, perdendo sicurezza con l'avanzare del giovanotto. Questi si fermò ad un palmo di naso da Isabel, con l'aria minacciosa e lo sguardo trasparente puntato sulle efelidi della bambina. Ad osservarlo meglio, l'aspetto trasandato lasciava trasparire la sua estrazione sociale: una chioma folta di capelli color fango incorniciavano un volto scarno, ripetutamente sconvolto da terra e pioggia. I vestiti a malapena coprivano il corpo massiccio, allenato da parecchi anni di lavoro. La sovrastava prepotentemente, ma Isabel non si fece intimorire.
«Guardate, amici, abbiamo un'altra mocciosa con le lentiggini in città. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata anche più coraggiosa di questo codardo di Anderson?» il vocione del ragazzo emanava una sicurezza troppo ostentata, ma sembrava davvero convinto di ciò che diceva.
«Forza, Greg, falle vedere di cosa siamo capaci noi uomini! Altro che quell'ammasso di pelle e ossa che non sa uccidere nemmeno una mosca! Che ne dici se...» la voce nasale di un'altro individuo nascosto dal buio venne fermata dalla mano possente del ragazzotto vicino a Isabel, che le sussurrò ad un orecchio: «Ascoltatemi bene, ragazzina, io vi lascerò in pace, ma se questo sconveniente episodio dovesse arrivare alle orecchie di vostro padre o di qualsiasi altra persona, sappiate che non avrete vita facile per... be', praticamente per sempre.» Ciò detto, richiamò l'attenzione dei suoi seguaci e spintonò Isabel contro la parete per poi scomparire dietro l'angolo.
Ancora stordita, Isabel fece leva su tutta la forza che le era rimasta, si issò in piedi e corse verso la figura accartocciata del ragazzo, il quale stava invano cercando di mettersi a sedere. Appena il loro occhi si incrociarono, Isabel sentì un piccolo brivido percorrerle la schiena, prima di tuffarsi letteralmente sul corpo ansante di quello sconosciuto.
«Signore, sono desolata, ma non ho potuto aiutarvi prima, a causa di quel brutto furfante che voleva tornare a picchiarvi; se volete, posso portarvi a casa mia; dovete assolutamente medicare questo brutto taglio, altrimenti succederà che vi farà ancora più male. Sapete, a me è capitato tante volte, ma c'era sempre qualcuno ad aiutarmi. Voi, invece, signore, siete solo, e se c'è qualcosa che posso fare per farvi rinsavire, basta solamente chiedere. Signore...» non fece in tempo a finire, che i due occhi verdi del ragazzo le tolsero il respiro. Isabel non aveva mai visto uno spettacolo del genere; era come se avessero rubato un po' d'acqua dal mare e l'avessero versata negli occhi di quel giovane, che ora sorrideva limpidamente, mostrando due lievi fossette ai lati della bocca carnosa. Le gote, spaventosamente arrossate dalle percosse del ragazzotto e dei suoi compagni, erano spruzzate di lentiggini fin sul naso, dove se ne accumulavano in numero maggiore.
«Vi ringrazio, dolce piccina, se non fosse stato per voi, ora sarei sicuramente morto di botte. Ma, ascoltate, non voglio procurarvi altri guai, quindi, fate presto e tornate a casa; non vorrete mica far preoccupare i vostri genitori, vero?»
«Be', a dire il vero, i miei genitori non sanno dove sono...» la voce di Isabel si incrinò leggermente, complice il senso di colpa e d'ansia che iniziavano ad affiorare.
«Oh, ma che gran monella che siete! State attenta, allora, o potrebbero capitarvi episodi più spiacevoli di questo. E non datevi pena per me, sono pur sempre un ragazzo di tredici anni, saprò cavarmela. Fidatevi, signorina...»
«...Williams. Isabel Williams.» rispose prontamente la bambina.
«Isabel... un bel nome. E ditemi, come fa uno scricciolo come voi a conoscere così bene la città tanto da potervi passeggiare da sola?» La domanda del ragazzo trasudava sarcasmo, ma Isabel ancora non aveva imparato a riconoscerlo.
«Ve l'ho detto, signore, nessuno sa dove sono. Sono uscita senza il permesso dei miei genitori. Piuttosto, voi? Non mi avete ancora detto nulla sul vostro conto...» La schiettezza insolente di Isabel fece sorridere ancora il giovane.
«Ah, non c'è molto da dire su di me. Sono Jackson, lavoro come garzone nella bottega del fabbro e come operaio per le piantagioni dei Stevens. Sono un povero screanzato, così mi definiscono tutti quelli che mi conoscono; ma, d'altronde, cosa potrebbe fare il figlio di un agricoltore inglese e di una pazza olandese? Porto avanti la famiglia, o almeno, cerco di dare un futuro migliore a mia sorella Madison. Tutto qui.» Il ragazzo concluse il discorso cacciandosi le mani in tasca ed estraendovi poi una sigaretta dall'aspetto tetro e un fiammifero. Isabel assisteva alla scena con i grandi occhi grigi spalancati dalla smania di conoscere e dalla voglia di scoprire qualcosa in più su quel misterioso ragazzo di città. Le parole le uscirono di bocca ancor prima di passare per la mente: «Ma signore, come riuscite a vivere in queste condizioni? E perché quei ragazzacci vi stavano picchiando?»
«Scricciolo, volete sapere troppe cose, per essere una bambina. E per quanto riguarda quei ragazzi...» avvicinò la mano libera al viso della fanciulla, per poi sfiorarle delicatamente le efelidi. «Sono proprio queste piccoline che mi hanno causato la strigliata da parte di Greg. Non l'hai sentito? Mi hanno deriso perché ho il viso coperto di lentiggini. Che buoni a nulla! Come se non avessero altro da fare durante il giorno!»
Con un lungo sospiro, buttò fuori il fumo dalle narici, causando un colpo di tosse alla piccola Isabel.
«Come mai siete povero, signore?»
L'ingenuità della ragazzina lo fece intenerire. «È una lunga storia, Scricciolo. Magari, te la racconterò un'altra volta, che ne dici?» L'etichetta era diventato un optional, ma Isabel si sentì rispettata sul serio, per la prima volta, dopo tutti quegli anni di finta cortesia ostentata dagli "amici" provenienti dalla Buona Società.
«Sì, signore! Potete venire a trovarmi quando volete! Tanto, io sono sempre in casa...»
La voce intristita di Isabel gli fece aggrovigliare lo stomaco. «Ascoltami, Scricciolo, non mi va di vederti triste. Se vuoi stare in mia compagnia, sarò molto felice di venirti a trovare. Ma, fino a quel momento, mi prometti una cosa?»
Il tono dolce ma autoritario di Jackson la fece finalmente sorridere: «Cosa?»
«Devi promettermi che non uscirai più di casa senza il permesso dei tuoi genitori, capito? Potrebbe essere pericoloso.»
«Va bene, Jackie, te lo prometto!» Quel nomignolo le era uscito spontaneamente, come, d'altronde, anche lui aveva preso a chiamarla Scricciolo.
Si salutarono e ripresero ognuno la propria strada.
E nessuno avrebbe mai immaginato che una semplice sortita quotidiana avrebbe regalato a due giovani ragazzi una dose di buonumore tale da far saltellare di gioia il cuore e la possibilità di riscattare, l'uno nell'altra, la libertà e la felicità negata da quella Buona Società, che di buono, in realtà, non aveva mai avuto nulla. Niente aveva preannunciato che quell’incontro, così strano e casuale, avrebbe portato i due giovani a condividere due anni di felicità e crescita, di tristezza e spensieratezza. Prima che tutto fosse brutalmente cancellato via, con un nonnulla.





UnknownVoice:

Salve a tutti! Sono una novellina qui su EFP, ma ho deciso comunque di provare a pubblicare. Questa è la mia prima storia e spero davvero che vi piaccia. Ci ho messo tutto il mio impegno per scriverla e vorrei tanto farvi provare ciò che sento io quando scrivo. Fatemi sapere cosa ne pensate, se avete trovato errori o se è il caso di non proseguire (spero di no!).

Grazie ancora per aver letto, ci vediamo al prossimo capitolo :)

Tanti saluti,

UnknownDevice



  
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