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Autore: Patta97    09/08/2013    7 recensioni
- Una settimana?
- Una settimana è tanta, in medicina, sai…
- Un’ora?
- Venti minuti?
- Trenta secondi?
- Sei fantastico, Sherlock.

Sherlock e John intrattengono una bizzarra conversazione attorno al tavolo del 221B.
Note: Fluff, pre-slash, Johnlock
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Piccolo chiarimento prima di lasciarvi leggere in pace. Il dialogo che costituisce gran parte di questa storia è liberamente ispirato a quello che due personaggi (non dirò i nomi, giusto in caso voleste vedere il telefilm) intrattengono durante la sesta puntata di Fortysomething, divertente serie tv inglese con Hugh Laurie e Benedict Cumberbatch (c'è bisogno di aggiungere altro...?). Quindi vi lascio, e scrivetemi un commento, se vi va. 
Chiara





Reazione a catena di fissione nucleare.

 






Per quanto Sherlock Holmes tentasse, stentava a ricordare come si fosse ritrovato seduto nella cucina del 221B ad intrattenere quella conversazione col proprio coinquilino.
 
John Watson stava accomodato sulla sedia di legno accanto alla sua, la schiena dritta e le mani in grembo, a fissare quelle di Sherlock, intrecciate sul piano del tavolo fra di loro. Inutile sottolineare che neanche lui avesse la più pallida idea di ciò che stava accadendo e come fosse partito quello strano dialogo.
Si schiarì la voce e si tormentò una mano sudata con l’altra.
- Sai… Io e tu…
 
- Siamo una reazione a catena di fissione nucleare sul punto di accadere? – chiese Sherlock velocemente.
 
- Suppongo di sì – mormorò il dottore, troppo emozionato per sconcertarsi a causa di quella metafora azzardata.
 
- Già – gli fece eco il consulente.
 
- Facciamola esplodere – propose John, lo sguardo ancora incollato alle mani giunte dell’altro.
 
- Non… Non la disinneschiamo prima che succeda? – Sherlock era genuinamente stupito.
 
- No.
 
- Non la strangoliamo nella culla? Ammesso si possa strangolare una testata nucleare nella culla… - il detective adesso appariva spaventato oltre che confuso.
 
- No – John si impose di mantenere la calma e si decise a guardare l’amico negli occhi.
 
- Intendi fare… qualcosa che preveda fisicità?
 
Quella domanda, posta in quel solito tono clinico, fece incurvare la bocca di John in un sorriso. - Se per te va bene.
 
- Potrebbe andare bene.
 
Il silenzio sospeso che quell’affermazione si lasciò dietro venne interrotto solo da un sonoro starnuto della signora Hudson proveniente dal piano di sotto.
 
- Ci sono cose che non farò senza un adeguato preavviso – chiarì Sherlock.
 
- Certo. Come un… bacio o cose del genere?
 
- Già.
 
- Un preavviso in anticipo di quanto? – si informò John, portando le mani sul tavolo a sfiorare quelle dell’altro.
 
- Una settimana? – propose il detective, di nuovo agitato.
 
- Una settimana è tanta, in medicina, sai… - scherzò John, con una punta di malizia nella voce.
 
- Un’ora? – Sherlock diminuì drasticamente il tempo, iniziando a sentire calore e curiosità dentro di sé.
 
- Venti minuti? – il dottore stette al gioco, divertito.
 
- Trenta secondi? – suggerì il consulente alla fine, sollevando un angolo della bocca.
 
- Sei fantastico, Sherlock – John si lasciò scappare quel piccolo commento.
 
L’altro rise brevemente, in maniera vibrante. Pure le sue mani iniziavano a sudare, così a contatto con quelle dell’amico, anche se si sforzava di non farlo notare. - Puoi provarci quando vuoi, d’ora in poi, se ti va.
 
- Sei fantastico – il medico si ripeté, un po’ imbarazzato, indeciso su come - cosa - fare. Tossicchiò ancora. - Arrivo. Che tu sia pronto o meno – tentò di scherzare, riuscendo solamente a rendere l’atmosfera più grottesca di quanto già non fosse.
 
- Sono sempre pronto - disse Sherlock come fosse ovvio, per poi aggiungere serio e con gli occhi limpidi come quelli di un bambino: – Sono sempre pronto per te.
 
John si intenerì ed emozionò ancora di più. – Bene.
 
- Coi tuoi tempi – il consulente cominciò a diventare impaziente e tentò ad avvicinare il proprio viso a quello di John, che automaticamente si ritrasse, arrossendo subito dopo.
 
- Va bene – il dottore prese un respiro profondo e finalmente toccò le mani di Sherlock, intrecciando insieme tutte e venti le dita, stringendo forte per darsi coraggio.
E guardandosi negli occhi, insieme, fecero scoppiare la bomba.
 
 
 
 
 
 
  
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