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Autore: Love_in_London_night    09/08/2013    4 recensioni
La storia di un bravo ragazzo, forse pure troppo.
Tre persone che si sono comportante (non tanto) correttamente, tanto da essere sia eroi che cattivi. Vittime e carnefici in momenti differenti.
Sono state la sofferenza di uno e la gioia di un altro, in un filo che si rincorre senza tornare mai indietro per creare un legame doppio e, quindi, forte e duraturo.
Mattia ci ha messo una vita a lasciare la ex per Carlotta. Carlotta l'aveva scaricato per Enea, poi qualcosa in lei è cambiato e Mattia è rientrato nella sua vita. Enea non ha mai visto Carli con interesse, perchè il suo sguardo innamorato era rivolto a Stefania e, una volta riuscito nell'impresa, si è dimenticato di Carlotta.
La realtà vince sulla fantasia? Il buono batte l'introverso pieno del fascino dello stronzo?
Ciò che è vero è migliore delle aspettative che ci facciamo?
Una storia che parla di una relazione vissuta a tre, almeno nel cuore di Carlotta.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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If I lose myself - OneRepublic
 

A Clary, perchè quando è nata questa OS ha cercato di aiutarmi con i prestavolto
mostrandomi tutti i fighi del mondo + 1, ma io ho scelto "Neville Paciock"
per la sua faccia pulita. Grazie, perchè se non avessi avuto in mente lui,
il pensiero del vero "Mattia" mi avrebbe bloccata nella scrittura.

 


«Amore, ci guardiamo un film sotto la coperta?» Non era soltanto una strana richiesta di fine maggio la sua, ma a suonarle davvero insolita era stata la stessa pretesa che le era uscita dalle labbra.
Carlotta, una ragazza carina come tante, al punto da perdersi in quella moltitudine, era stata abituata a rincorrere l’amore senza averlo mai per più di vent’anni.
Una vita spesa tra hobby e passioni mentre combatteva i fianchi un po’ più larghi del dovuto, aveva costruito il proprio concetto di amore basandosi su libri e film romantici, allontanando sempre di più gli aspiranti ranocchi che le giravano intorno – non molti, in realtà – per alzare, a ogni pagina letta o a qualsiasi scena da ricordare, gli standard riguardo gli uomini, la loro bellezza e ciò che potevano offrire in una storia.
Aveva rincorso per una vita i ragazzi sbagliati, senza nemmeno capire che a volte era bello anche essere trovati.
Poi, per sbaglio, aveva rivisto Enea, l’amico del suo compagno di banco delle superiori Riccardo, e aveva deciso di essersi stufata di aspettare, che con lui era giunta l’ora di agire e aveva fatto di tutto pur di incontrarlo ancora, parlargli, strappargli la promessa di un approssimativo caffè.
Mattia, in tutto quello, non era stato preventivato.
Compagno di basket del cugino di Carli, l’aveva conosciuto un paio d’anni prima durante le partite del loro campionato; lei ci aveva fatto più di un pensiero, a colpirla la battuta sempre pronta e la semplicità che trasmetteva, ma aveva lasciato perdere dato che aveva incontrato pure Mara, la sua ragazza.
Eppure, come al passato a cui non si chiudeva mai la porta in faccia, Mattia si era scontrato con lei durante un torneo estivo di calcio. Lui era là per far numero nella squadra di alcuni suoi amici, mentre Carlotta si era presentata con la scusa di tifare Riccardo solo per vedere Enea.
Mattia, con un pretesto stupido ma efficace, era riuscito a chiederle e ad avere il numero di telefono. Carli, convinta della sua buonafede e della propria ingenuità non si era fatta problemi a lasciarglielo. Era un amico d’altronde, giusto?
Si era stupita, dunque, quando la stessa sera Mattia l’aveva invitata fuori per un aperitivo, nonostante sapesse che Mara era ancora al suo fianco, dato che Carlotta l’aveva incontrata al torneo sugli spalti.
Non poteva sapere che uno spritz avrebbe cambiato per sempre la sua vita, insegnandole molte cose.
Aveva accettato a cuor leggero, trovandosi invischiata poi in un vortice da cui non avrebbe saputo uscire.
Mattia era buono e sincero. Con lei aveva le migliori intenzioni del mondo e le aveva fatto scoprire quanto fosse bello essere attesa da una vita e rincorsa come se fosse l’unica soluzione possibile.
Un’importanza che la spaventava a morte, dato che Carlotta non era sicura dei sentimenti per lui, perché il cuore la portava sempre da Enea.
Enea che sentiva, Enea che cercava, Enea su cui fantasticava ma non riusciva a raggiungere mai.
Su di lui aveva costruito castelli di carta alimentati dalle promesse che le rivolgeva, sembrava che i personaggi di cui aveva sempre letto e visto i film avessero preso forma, almeno nella sua testa.
Era presente e sfuggente, un’assenza con un posto costante vicino a lei. Era misterioso, forse perché lo conosceva poco, e i suoi occhi erano profondi e scuri, un posto sicuro dove rifugiarsi; tutto quello l’aveva incuriosita ai limiti dell’ossessione, perché desiderava scoprire se le aspettative nei suoi riguardi erano fondate o meno.
L’idea che si era costruita di Enea aveva rubato molto spazio nel cuore di Carlotta, troppo perché lei rimanesse indifferente alla cosa.
Così Carli, quando a un mese dal torneo Mattia si era presentato da lei con il cuore in mano, dicendole che era disposto a lasciare Mara, con gentilezza l’aveva preso e fatto a pezzi. Gli aveva detto, senza implicare nel discorso il proprio interesse verso un’altra persona, che non voleva più vederlo e che tutto era finito. L’aveva detto tra le lacrime, perché sarebbe stato il bravo ragazzo di cui avrebbe potuto innamorarsi se non ci fosse stato Enea con quell’alone di mistero e imperfezione a straziarle l’anima.
Era davvero convinta che Mattia sarebbe stato il ragazzo, e in futuro l’uomo, giusto per lei, ma nessuno poteva competere con Enea.
Carlotta aveva così imparato che l’amore non era come i libri lo descrivevano, e che essere il carnefice di una relazione non faceva per lei, perché dire alla persona che per te provava qualcosa che non era corrisposta era sì una cosa sincera, ma altrettanto crudele.
Nonostante avesse ferito Mattia e se stessa per non essersi convinta a scegliere la via più semplice e corretta, aveva lasciato il dolore da parte per concentrarsi sulle proprie speranze, riposte in Enea e nell’appuntamento da concretizzare che lui le aveva quasi garantito.
Gli aveva scritto più volte, cercando comunque di non ledere la propria dignità. Ogni venerdì gli mandava un messaggio nella chat istantanea per sapere cosa avrebbe fatto, augurandosi di incontrarlo nel locale dove lei era capitata con le amiche.
“Siamo a casa di una amico”, “Giuro che appena risolvo un problema ci vediamo, la fine del mondo non ci fregherà, vedrai”.
E con quelle parole, promesse a mezz’aria, Carlotta aveva sentito tremare il cuore con tutta la sua forza. Possibile che esistesse un ragazzo che sembrava uscito da uno dei suoi romanzi rosa preferiti? A quanto pareva, sì.
Era appesa a un filo sottile su cui aveva addossato tutte le proprie aspettative, lo stesso filo con cui, la gente che non aveva trovato lieto fine, voleva impiccarsi.
Carli aveva smesso di farsi sentire, convinta che Enea, risolto il problema, l’avrebbe contattata per l’appuntamento. Era fiduciosa, convinta che fosse solo questione di tempo, e lei era una persona paziente.
Tre settimane dopo, però, di lui ancora nessuna traccia. Lo vedeva commentare link su Facebook, online nella chat del cellulare, ma a lei non scriveva nulla. Forse, si era detta, voleva essere sicuro di aver sistemato il problema che, a conti fatti, doveva trattarsi di una donna.
Poi una sera, per sbaglio o a causa del destino che per una volta era dalla parte di una ragazza come tante, aveva incontrato Enea nello stesso bar, un buco che costringeva tutti a bere per strada, animando il cuore di una città che quella notte non era parsa così grande e fredda.
Le ginocchia tremavano, il cuore faceva male tanto le martellava in petto e lei si stava maledicendo per non aver indossato i tacchi, non si sentiva al suo meglio. Però lui era lì e, dopo mesi, stavano avendo un discorso che tanto aveva desiderato.
Quando Enea si era congedato per tornare dai propri amici, lo stomaco di Carli si contrasse in modo spiacevole. Quell’incontro era durato troppo poco, lui era stato gentile ma quasi distante, come se lei fosse stata solo una della massa.
Decise di non farsi troppi problemi e di affogare gli spasmi in un Gin lemon, convenendo che solo il tempo le avrebbe dato risposta.
L’inverno era arrivato, facendo perdere ogni traccia di Enea e ghiacciando il cuore di Carlotta.
Non aveva più avuto la fortuna di incontrarlo in giro per la città e non lo aveva più sentito, facendola sentire stupida per essersi umiliata per così tanto tempo.
Vedeva su quel maledetto social network che aveva iniziato a mettere ‘mi piace’ a ogni post sul profilo di una ragazza che Carlotta odiava sin dalle superiori. Quella Stefania non era davvero bella, se non si considerava l’enorme seno che compensava un sorriso rovinato da una dentatura tutt’altro che perfetta e uno sguardo condito da un leggero strabismo che di certo non l’aiutava.
Così usava la sua procacità come arma per far cadere ai piedi i ragazzi che le interessavano, servendosi della sua miglior espressione da ragazza facile e provocante, una cosa lontanissima dall’essere di Carlotta, tanto che i risultati si vedevano fin dai tempi del liceo.
Stefania non ricambiava le attenzioni pubbliche di Enea, ma Carli non poteva sapere cosa invece succedeva in privato tra loro. Aveva iniziato a domandarsi se ogni volta che lui era online nell’applicazione della chat stesse scrivendo a lei.
Il sospetto la logorava, perché sapeva che se una donna aveva un sentore riguardo a qualcosa, quello prima o poi si sarebbe rivelato vero, ma non avere certezze e basarsi solo su stupidi social network era da pazzi.
Aveva tenuto lontano tutti quell’inverno troppo freddo per essere affrontato con il sorriso e a cuore aperto, soprattutto Mattia, un po’ meno ferito e coinvolto da lei.
L’aveva rivisto al compleanno di Luca, il cugino che li aveva fatti conoscere, per la prima volto dopo averlo scaricato. Era stata gentile ma fredda, aveva paura che la sua cordialità potesse indurlo a pensare altro e a farsi sotto di nuovo, come se non lo facesse lo stesso, dato che lui la invitava sempre per un aperitivo. In amicizia, diceva. Poteva esserci amicizia in un sentimento così simile all’amore?
Carli non aveva veri motivi per dirgli di no, considerato che Enea aveva deciso che per loro non c’era stata possibilità di diventare altro che semplici conoscenti, ma ferirlo deliberatamente non faceva per lei.
L’aveva rivisto per dei caffè un paio di volte prima dell’inizio della primavera e poco era cambiato: Mattia era sempre interessato e Carlotta era più ferita di prima, perché Enea, dopo alcune titubanze e frasi ambigue di quei mesi, aveva professato pubblicamente il suo amore per Stefania.
Fu solo verso aprile, libera dal dolore provato fino a poco prima, che qualcosa cambiò.
«Va bene tesoro, ora ti raggiungo». Mattia, nonostante fosse caloroso, raggiunse Carlotta sul divano in quell’uggiosa domenica pomeriggio di fine maggio. Averla accanto valeva bene patire un po’ di calura, perché lei era con lui e altro non contava più. Mara era solo un ricordo appartenente al passato, una storia chiusa che non sarebbe arrivata da nessuna parte, non da quando Carli era entrata nella sua vita.
Si erano rivisti per un aperitivo prima della lezione di zumba di lei, e Carlotta – libera dall’interesse nei confronti di Enea – aveva capito che in tutti quei mesi le era mancato. Sapeva bene che non era lui a essere cambiato, ma lei, ed era la cosa più importante, dato che non sapeva cosa le aveva fatto cambiare idea a riguardo, era convinta solo di non volere che se ne andasse più.
Così era iniziato tutto. Le guance arrossate, gli occhi scintillanti e, infine, le farfalle nello stomaco. I sussurri timidi e incerti in un paio di mesi, o poco meno, erano diventati parole importanti e Mattia poteva finalmente affermare di aver conquistato – non senza fatica – il suo tesoro più importante, distruggendo le mura del castello dietro cui la principessa del suo cuore si era sempre nascosta.
In quei mesi Carlotta aveva compreso molte cose sull’amore, tutte a sue spese.
Aveva capito che non nasceva subito al pari del colpo di fulmine, come si era sempre immaginata, ma innamorarsi voleva dire vivere una persona giorno per giorno, scoprire le cose piccole e amare i difetti. Non era la passione che pensava di dover provare, quella che ti portava a desiderare una persona, era il volerla sempre accanto a sé, sentirla dentro se stessi così tanto da sentirsi completa solo con lei. Era nel volere che i loro occhi si incrociassero in mezzo a una moltitudine di gente e comunicassero più di ogni parola o contatto, perché guardarsi e capire cosa si nascondeva dietro i rispettivi sguardi era la cosa più bella della loro intimità.
Non era passione il sentimento verso Mattia, ma complicità cresciuta tra un divano e una coperta mentre guardavano un film, intimità coltivata in mezzo a sconosciuti, dolcezza inventata nei momenti più disparati.
Aveva capito che i personaggi descritti nei libri non corrispondevano agli uomini reali, ma alle aspettative delle donne che li descrivevano e ne leggevano, perché ci si innamorava dei difetti, e si diventava pazienti, non voraci di consumare il sentimento che piano nasceva in loro.
Un’idea opposta a quella che Carlotta aveva in mente da anni.
Si era figurata così solo una convivenza dopo un matrimonio fallito: non più rose e fiori, ma stima e sopportazione, non il desiderio, ma il supporto. Non Enea, ma Mattia.
Un amore meno consumato ma più consapevole. Era come non aver avuto il primo amore ed essere arrivati subito al secondo, a quello della ragione.
Ma a Carli andava più che bene così.
Adorava quei momenti solo loro come quello. Accoccolati e abbandonati alle carezze, più vicini con la mente che col corpo. Le piaceva anche che a circondare quegli istanti ci fosse un tempo a lei consono, e non il caldo che sembrava rendere quel tempo solo un ricordo fuggevole.
Carlotta ripensò alla loro prima cena, e alla scena paradossale di cui era stata protagonista: ci aveva messo una vita per dire a Mattia che non si era mai fermata a dormire nel letto di un ragazzo dopo aver fatto sesso, la imbarazzava da morire quella confessione, e invece lui lo sapeva già, perché Luca gliel’aveva già confidato, però aveva trovato divertente vederla in difficoltà per affrontare un discorso in cui non si erano mai inoltrati. Era lei quella forte e sicura dei due, Mattia si lasciava trasportare dal mare in tempesta che il carattere di Carli rappresentava.
«Perché ridi?» e nel dirlo le mise un braccio sulle spalle, seguito da un’occhiata accattivante e divertita. Gli bastava poco per ridere e far sorridere.
«Stavo ripensando alla nostra prima cena. Dove ho cercato di dirti che sono sempre stata piuttosto selettiva, e che non ho concesso la mia anima a molti…» concluse la frase in modo teatrale, fingendo uno svenimento. Anche a lei piaceva sdrammatizzare.
Mattia prese il telecomando di Sky e cercò il pulsante per far partire il film, ma Carli lo fermò.
Lo prese per il colletto della maglia, sapendo quanto fosse un colpo basso, e lo supplicò: «Mi dai un bacio?»
E, come se non bastasse, unì quell’espressione scema che tanto le piaceva fare in sua presenza, un misto tra il gatto con gli stivali di Shrek e un bambino sull’orlo del pianto.
Mattia non amava particolarmente quella faccetta buffa, ma non gliel’avrebbe mai detto, perché adorava che – anche se con tono scherzoso – Carli fosse così coinvolta al punto di pregarlo per un bacio, un gesto che non le avrebbe mai negato, una piccola cosa, una tante delle loro, che avrebbe continuato a fare in eterno.
Entrambi avevano potere sull’altro, erano sia vittime che carnefici.
Si protese verso di lei azzerando così le distanze, per giocare poi con la morbidezza delle sue labbra. C’era un misto di aggressività e dolcezza nei loro baci che li mandava in un’altra dimensione, facendo scordare loro di essere al mondo e facendoli sentire più vivi che mai al tempo stesso.
Era un miscuglio di sospiri, di morsi e contorni percorsi con la lingua, di labbra succhiate e magliette strette per potersi avvicinare ancora di più, come se fosse possibile.
Separarsi era inevitabile e quasi doloroso, ma lasciava intendere sempre che ci sarebbe stato un altro bacio a sanare quel male che sentivano dentro.
«Faccio partire il film?» una domanda incerta di Mattia, posta con lo sguardo confuso e il fiato corto, troppo coinvolto dalla situazione.
«Se proprio non vuoi continuare il discorso…» aggiunse Carlotta indifferente, allontanandosi dal corpo di lui; le piaceva giocare e fingere disinteresse nei momenti più delicati, perché portavano Tia a scoprirsi sempre più di lei. Era per Carli il modo personale di tutelarsi, anche se era ormai troppo tardi.
Mattia gettò il telecomando sull’altro divano per evitare di romperlo e si lasciò sfuggire un: «Non ci penso nemmeno» che fece ridere entrambi. Risate che la cullarono fino a che non fu sdraiata sul divano.
«E io che pensavo che volessi vedere il film»
«Chi? Io? Naaaah».
 
Il freddo anomalo di fine maggio aveva lasciato il posto a una temperatura più mite con cui giugno si affacciava all’estate. Le giornate erano più lunghe e i flirt più corti, perché con la bella stagione non si poteva perdere tempo in rapporti veri e propri.
«Quindi stasera non ci vediamo?» Carli era triste. Nonostante fosse venerdì e il venerdì era la serata da passare solo ed esclusivamente con le amiche, le sarebbe dispiaciuto non incontrarlo in giro, non vederlo tra la folla e provare un tuffo al cuore, non un bacio veloce o uno sguardo che avrebbe sostituito un discorso intero.
«Non penso amore, l’agriturismo è a una ventina di chilometri da qui, faremo serata lì. In caso ti avviso, ok?»
Un ultimo bacio per acconsentire.
«Fa’ la brava, mi raccomando, stasera c’è la luna piena, e lo sai che quando si avvicina troppo alla terra diventano tutti matti» le disse accompagnando le parole con un leggero colpo sul sedere.
«Sempre» rispose Carli salendo in auto.
Le pesava sempre un po’ lasciarlo andare e tornare verso la città, anche se avrebbe voluto dire vedere le amiche di sempre e godersi quell’aria leggera che l’estate portava con sé.
 
Carlotta, nella sua ingenuità e soddisfazione, non aveva calcolato che il caldo non portava solo una brezza atta a coccolare la pelle accaldata, quanto veri e propri sconvolgimenti. Dopotutto era la stagione più famosa per i temporali violenti e improvvisi.
E fu mentre camminava assorta per le vie piccole e piene del centro storico, quasi esotico e pittoresco, che si scontrò con due occhi ben conosciuti; uno sguardo che non pensava di incrociare ancora.
Si era detta di essere pronta a sostenere il mistero che Enea nascondeva nei propri occhi, si era ripromessa di non provare più la stretta allo stomaco come sulla discesa delle montagne russe, perché era Mattia a riempire il suo cuore. Si era convinta perché era stato facile persuadersi di tutto quello quando Enea era andato in Germania, facilissimo se aveva immaginato che fosse partito con un biglietto di sola andata.
Ma trovarselo davanti, beh, era tutt’altro discorso.
La vide ma solo in un secondo momento la riconobbe. Lei lo capì nel vedere il timido sorriso accennato dopo aver piegato la testa verso una spalla, come quando si cercava un senso in un’opera astratta.
Fu in quel momento che Enea capì di non averla mai vista davvero. Il sorriso di Carlotta, quella sera di fine giugno, era stato il gesto che più gli aveva fatto trovare la pace. Come se fosse arrivata all’improvviso la frescura della notte, illuminata da un bagliore che vedeva in quel sorriso così allegro.
Carlotta, siccome stava camminando verso di lui, aveva deciso di studiarlo con cura nello spazio che li separava. Sembrava più grande, con gli occhi ancora più seri e malinconici, come se non fossero contagiati da mesi dall’ombra di un sorriso.
«Ciao» esordì in modo semplice lui, con quel saluto che aveva corso per abbandonare le labbra e attaccare bottone.
«Ciao, non mi aspettavo di vederti qui» e non si aspettava nemmeno di dare voce ai propri pensieri.
Le farfalle allo stomaco erano tornate prepotenti e il suo filtro personale era sparito a una velocità direttamente proporzionale tra le due parti. Con Mattia c’era voluto tempo, perché con Enea era tutto così immediato? Le emozioni venivano dalla pancia, veri e propri crampi.
Era come se all’improvviso, averlo davanti, avesse risvegliato tutte le sue aspettative negli uomini e, soprattutto, nei suoi confronti. Voleva sapere perché era tornato, per chi, quanto si sarebbe fermato e se si sarebbero rivisti.
«Sono stato a Francoforte per tre mesi. Sai, era una filiale dell’azienda per cui lavoro e serviva un venditore che spiegasse ai novellini come ci si deve comportare. Ma ora che sanno cavarsela bene da soli e non servo più, sono tornato in sede. È bello essere a casa».
Rimase colpita. Non solo il sorriso che si era dipinto sulle labbra di Enea era una delle cose più rare cui Carlotta avesse mai visto, ma era sorpresa da quel suo volersi aprire così spontaneo, non era mai stato così loquace, in special modo con lei. Era il discorso più lungo che gli avesse sentito fare, e la cosa strana era che sembrava non volesse smettere.
«Dev’essere stato stupendo vivere per un certo periodo all’estero. Tutti mi hanno parlato molto bene di Francoforte». Ma della città e del lavoro le interessava ben poco. Aveva notato una certa assenza tra il gruppo di amici e, a costo di fare una figuraccia, decise di scoprire ciò che più le premeva sapere. «Sapere di tornare e vedere che ci sono le persone di sempre ad attenderti, però, deve essere una bella sensazione. Sai, vedere che nulla è cambiato…»
Aveva deciso su due piedi di introdurre il discorso delicato con un certo tatto, sicura che se lui avesse intuito avrebbe accennato al fatto per non dare riferimenti diretti. Sperava che Enea fosse abbastanza sveglio da cogliere l’accenno, sarebbe stato un punto a suo favore.
«Oh, non tutto rimane come lo si è lasciato. Gli amici sono l’unica certezza, l’ho imparato a mie spese» e sorseggiò il suo cocktail trasparente «Per il resto si va a tentativi, finché non falliscono».
Come risposta le poteva bastare. Capiva perché Stefania non fosse nei dintorni ma gli amici sì, e all’improvviso il cuore si era messo a battere con insistenza, era come se vedesse riapparire la speranza che mesi prima aveva pensato di non provare più, quando invece era solo stata messa da parte.
Avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma fu richiamata dalla amiche che, con una scusa, volevano sapere cosa si erano detti e soprattutto perché Enea fosse così affabile con lei.
«Scusa, devo andare, non vorrei perderle tra la folla. Mi ha fatto piacere vederti» aggiunse sincera, dispiaciuta di dover troncare un discorso così interessante a metà.
«Oh sì, anche io devo raggiungere gli altri, volevano cambiare posto già da un po’» sorrise guardando l’alcool nel proprio bicchiere, quasi fosse divertente. «Dai, ci sentiamo per quel famoso caffè se ti va, così ci raccontiamo meglio cosa è successo in questi mesi».
Lo disse nell’allontanarsi, mentre seguiva i propri amici che, chiassosi e allegri, si dirigevano verso i parcheggi.
«Volentieri. Allora ci sentiamo» e corse verso le amiche nella speranza che in quel breve tragitto Enea non cambiasse idea. Era rimasta sul vago proprio perché aspettava da troppo quel caffè per fare davvero affidamento alle sue parole, ma dopo averle sentite così nitide non poteva certo dimenticarle.
«Allora, cosa ti ha detto? Su, vogliamo i dettagli»
«Tu stai bene? Ti ha fatto effetto rivederlo?»
Erano le sue amiche di sempre, quelle che sapevano quanto le erano costate le illusioni costruite su Enea, le stesse che avevano visto la felicità che provava da quando stava con Tia, e in quel momento si sentiva in dovere di difendere una cosa così intima come quella promessa.
«Niente, mi ha raccontato del suo lavoro a Francoforte e del più e del meno. Non mi aspettavo certo di ritrovarmelo davanti o di parlarci così tanto, ma non sono scossa. Ci siamo salutati normalmente, con promessa di vedersi in giro. I soliti convenevoli insomma».
Alzò le spalle e liquidò l’argomento, sapendo di aver accontentato le ragazze e dato fondo alla loro curiosità.
Si domandò tra sé perché allora si sentiva in colpa per non provare la mancanza di Mattia quella sera, ma si rispose che non provava la sua mancanza perché Tia era il suo ragazzo, e sapeva che presto l’avrebbe rivisto, non c’era nulla di cui preoccuparsi.
E quindi mise a tacere il senso di colpa, convincendosi che quel caffè non avrebbe avuto alcun significato, perché anche se Mattia non avesse saputo di quell’incontro non avrebbe avuto nulla di cui preoccuparsi. Anche loro due, prima di mettersi insieme, si erano frequentati per più di un mese tra un aperitivo e l’altro per parlarsi e conoscersi, senza scambiarsi nemmeno un bacio. Dopo Carli l’aveva scaricato per Enea, ma quello era un altro discorso.
Cosa c’era di male in due chiacchiere con un amico?
L’impossibilità di parlare a qualcuno di quell’incontro rispose al suo silenzio per lei.
 
Era piacevole trovarsi lì, ma il nodo allo stomaco non le permetteva di godersi appieno la tregua che Enea e la calura estiva le davano.
«Cosa c’è?» Enea si era concentrato sui suoi occhi, e aveva capito che Carli era lontana proprio perché li aveva stretti un poco, facendosi venire quasi le rughe nel contorno, ma a lui piaceva anche così.
Fu colpita da quella domanda, perché voleva dire che lui la studiava e si vedevano da troppo in quel modo. I caffè erano diventati due, poi aperitivi e, infine, qualche uscita serale. Non si erano mai baciati, ma forse la situazione le era scivolata di mano ed era pure peggio di aver raggiunto la fisicità: si stavano conoscendo; si stavano conoscendo davvero, nel profondo, nei dettagli.
«Non posso andare avanti così. Sai, Mattia…»
Mattia non si meritava questo, anche perché Carli era stata la prima a difendere Mara quando si erano ritrovati in tre in una relazione che doveva essere condivisa solo da due persone. Era orribile trovarsi in una situazione simile.
Eppure il cuore accelerò e le farfalle nello stomaco sembrarono librarsi in volo, il fatto che Enea riuscisse a interpretare i suoi silenzi quanto i suoi sguardi assorti la lusingava come nient’altro in vita sua.
«Non stiamo facendo nulla di male, suppongo» iniziò lui cauto. Gli occhi marroni così seri e rassicuranti. «Ci stiamo solo conoscendo. Due amici, o forse no, che approfondiscono la loro conoscenza…»
«È questo il punto» rispose quasi stizzita. «Noi stiamo davvero imparando a conoscerci. Tu sai quando mi allontano – come prima – anche se sono al tavolo con te, io capisco quando la tua risata è sincera o forzata… Non è normale! È da più di un mese che ci vediamo in questo modo, e non ho mai detto una volta a Mattia la verità. Inizia a pesarmi».
Si appoggiò allo schienale delle sedia del bar all’improvviso troppo affollato, indispettita dalla gente attorno a loro, come se fossero diventati testimoni di una scomoda verità.
Il movimento di Enea la stupì, erano così dannatamente sincronizzati anche nei gesti: lei si era ritratta, appoggiando la schiena alla sedia, mentre lui aveva appoggiato gli avambracci al tavolo, tutto il busto protratto in avanti.
«E non smetterei mai di conoscere ogni più piccolo dettaglio di te».
Carlotta sgranò gli occhi, un tipo di frase simile non se la sarebbe mai aspettata da Enea, era più da Mattia. Romantica, quasi sdolcinata se ad accompagnarla non ci fossero stati i lineamenti severi del viso.
«La faccenda è semplice: o continui a stare con Mattia se ci stai bene, o prosegui in questa nuova avventura nel conoscermi. Ti sembrerò stronzo, ma la vedo così: se Mattia fosse quello giusto per te, o comunque se ti desse quello di cui tu hai bisogno, non ti ritroveresti qui, dopo un mese, al tavolo con me a fare un simile discorso. Ora sta a te».
Enea si alzò per liberare il tavolo, chiaro segno che l’aperitivo era finito. Carlotta lo seguì a ruota, spaventata dal passo deciso di lui. Non sapeva come reagire a un discorso simile, nemmeno a come chiarirsi le idee o da che parte venire a capo della faccenda.
«Quindi per un po’ non ci vediamo?» chiese Carli con un po’ di affanno dato dalla preoccupazione e dal passo sostenuto messo in atto per raggiungerlo.
Enea si girò di scatto, e al posto di darle una risposta di senso compiuto decise di giocarsi al meglio le proprie carte: le accarezzò con il pollice per un breve istante il viso e poi posò le labbra sulle sue. Con la stessa impazienza con cui aveva compiuto il gesto, si insinuò tra le labbra arrendevoli di Carli, che sembrava non aspettassero altro.
Era sbagliato quel bacio, era ingiusto, era fuori tempo, fuori asse, fuori contesto, ma Carlotta non riusciva a credere valido uno dei motivi appena pensati.
Dopo mesi le sembrava di tornare a respirare. La ragazza che aveva rinunciato ai suoi sogni per un amore più maturo e meno passionale era tornata, e con lei tutte le aspettative, le righe lette, le scene viste; tutto ciò che Enea rappresentava. Le ginocchia tremolanti, le gambe molli, le vertigini… Tutte sensazioni che con Mattia erano fiamme tiepide, mentre in quel momento erano un incendio appena divampato.
Si era davvero convinta che le sue fossero solo sciocchezze, ma Enea le stava dimostrando il contrario: era vero.
Adorava il modo in cui giocava con le labbra e la lingua, come i capelli di lui scorrevano tra le sue dita, il modo in cui lui la sovrastava e proteggeva con la sua sola altezza.
«Te lo ripeto Carli: sta’ a te. Io ho fatto tutto quello che ho potuto». E l’aveva detto con una dolcezza e un’arrendevolezza che le creparono il cuore, perché voleva conoscere il motivo di quelle debolezze, le sarebbe piaciuto scoprire di esserne la ragione.
«Hai ragione, è vero. So cosa devo fare. Lasciami solo del tempo sistemare tutto». Fece per interromperla, ma Carlotta fu più veloce: «Devo chiarirmi le idee. Appena avrò qualcosa di certo mi faccio sentire. Fidati».
Come se ci fosse stato bisogno di precisarlo, era lei ad avere in mano il potere di decidere per tre persone, nonostante Enea fosse stato ai tempi il suo carnefice, nonché vittima di Stefania.
 
Dopo due giorni di silenzio forzato e dialoghi con se stessa era andata a casa di Mattia risoluta. Le idee chiare e la stessa convinzione per l’anima.
Poi l’aveva guardato mentre le tendeva le braccia per accoglierla nel gesto più intimo che potesse esistere e le certezze crollarono. La sicurezza dell’abbraccio di Tia poteva essere sostituita dall’incertezza che aveva potuto offrirgli un solo bacio?
Poteva quel tepore combattere la fiamma accesa da un altro?
Mattia sapeva solo che a rifugiarsi in quell’abbraccio era stata una Carlotta diversa, più fredda rispetto a quella che aveva imparato a conoscere in primavera. Era da più di un mese che provava una strana sensazione nei suoi confronti, da quando era andato a cena con i suoi vecchi compagni di liceo. Era assurdo; come se una cena e una serata da separati potesse cambiare tutto. Eppure la conosceva, e qualcosa gli diceva che non tutto andava bene, ma lui non era bravo a parlare, non lo era stato nemmeno con Mara, quindi era convinto che se Carli avesse avuto dei problemi gliene avrebbe parlato, perché lei era fatta così.
Si sedettero sul divano con una bottiglia di the freddo e una di birra da bere durante la visione del film; Carlotta inquieta e Mattia sospettoso. Si erano seduti come se ad ospitarli non fossero state sedute morbide ma letti di chiodi.
Fu Carli a lasciargli il telecomando senza lottare, una situazione estranea a loro due.
«Non funziona» disse Tia sovrappensiero, agitandolo nell’aria come se all’improvviso qualche interferenza – o la batteria – potesse tornare a fare il proprio dovere.
A quelle parole Carlotta scattò a sedere, quasi l’avesse punta uno di quei chiodi invisibili su cui pensava di essere seduta.
«Hai ragione, così non funziona. Mi dispiace Mattia, ma io non sono felice. È meglio finirla qui».
Lei aveva lo sguardo basso fisso sul tappeto bianco e morbido, e solo con la coda dell’occhio vide il telecomando atterrare senza un tonfo, attutito dal manto candido.
Non aveva il coraggio di alzare gli occhi, ma il peso della colpa che le opprimeva il petto un poco alla volta se ne stava andando.
«Io parlavo del telecomando»
«Io di noi» replicò sempre più dispiaciuta, aveva sentito la nota disperata nella voce di lui.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No. Sono io quella sbagliata. Se vuoi delle risposte, io sono pronta a dartele».
Non poteva prendere in giro entrambi: non si meritava di vivere un amore a metà quando aveva l’opportunità di provare davvero a mettersi in gioco, e non aveva nessun diritto di prenderlo in giro ancora. Ormai aveva deciso e sapeva di aver preso la scelta giusta, era inutile continuare a portare avanti una relazione che non aveva senso di esistere ancora.
Tia cercò di mostrarsi impassibile e razionale, ci sarebbe stata tutta la notte per capire in che punto della loro storia aveva commesso degli errori, imputando lo sbaglio sempre a se stesso, non sapendo vedere oltre il proprio naso.
Era durato molto poco, ma i secondi sembrano scanditi a rallentatore, perché l’autopsia di una relazione non durava poi molto, era più il funerale e i ricordi legati a essa a occupare la gran parte dei rimpianti e delle lacrime che ne scaturivano.
Incredibile come non volesse continuare quel discorso per non dimostrarsi ferito, inverosimile come nel caos della sua testa, in quel momento, non sentisse il bisogno di risposte, ma solo il bisogno di allontanarla per non umiliarsi ancora di più. Minuti infinitesimali della loro storia di quasi un anno, ma che sarebbero rimasti per sempre nella sua memoria.
Secondi interminabili di cui si sarebbe pentito in futuro, perché in quel momento le poche parole scambiate gli sembravano abbastanza, forse pure troppo, delle spiegazioni non se ne sarebbe fatto nulla.
«Come tu non vuoi più nulla da me, io non voglio niente da te a questo punto». Si complimentò della risposta dura che era riuscito a inventarsi, ma non aveva calcolato che, vista la situazione, di Carlotta, l’ultima cosa che avrebbe ricordato sarebbe stato il rumore di un naso gocciolante e lacrime soffocate.
Non avrebbe avuto l’opportunità di vedere i suoi occhi, anche se increspati dalla colpa, o il suo sorriso, solo quel rumore fastidioso e il pianto trattenuto, eppure se ne rese conto solo dopo aver sentito la porta chiudersi, mettendo fine alla relazione per cui aveva rinunciato alle sue sicurezze.
Perché Carlotta sarebbe stata disposta a raccontargli tutto, a dirgli di Enea, se lui lo avesse voluto; ma Mattia, ancora una volta, aveva rinunciato a dialogare per poter salvare se stesso oltre alla situazione. Mai avrebbe saputo, se non da amici in comune e in futuro, che quella sera aveva lasciato andare Carli, e l’aveva spinta tra le braccia di un altro senza lottare. Senza dire una parola.
Perdendo lei, aveva perso anche se stesso, ma questo non gliel’avrebbe più detto.
Le uniche parole che avrebbe trovato il coraggio di dirle.

♦ ♦ ♦

Buon pomeriggio a tutte! So che dovrei pensare al capitolo della long in corso, ma questa OS è stata un tormento da fine maggio, quando ho iniziato a scriverla. Quest'estate, sentimentalmente parlando, ha fatto più schifo dello schifo stesso, tanto che questa shot e il capitolo erano in alto mare e avevo deciso di fermarmi un po' nello scrivere. Poi questa shot, per quanto si sia rivelata più vera del previsto, è stata il pretesto per liberarmi di alcune brutte sensazioni e ho deciso di portarla a termine. Inutile dire che ci tengo molto, per motivi personali.
Cosa posso dire a riguardo? Beh, l'idea era nata perchè Mattia aveva l'aria di un bravo ragazzo e Carlotta non pensava di reggere questa bonta, se paragonata alla persona non proprio corretta che si vede. Invece Mattia tra tutte le persone conosciute in giro si è rivelato il più meschino. Ma tant'è, questa shot era nata così e così doveva finire.
Tutti vittime e tutti carnefici, dipende dai punti di vista. E siccome nelle relazioni si è in due, uno dei tre ne paga sempre lo scotto.
Spero che possa esservi piaciuta, anche se so che facevate il tifo per colui che si era accorto sin da subito della bellezza di Carli. Cosa posso dire a mia discolpa? C'est la vie, tutto qui.
Se volete mi trovate nel mio gruppo facebook per spoiler, notizie e quant'altro: Love Doses.
Nel caso vi avessi annoiata vi saluto e vi ringrazio per essere comunque arrivate fino a qui.
Alla prossima, sbaciucchiamenti, Cris.

 

   
 
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