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Autore: Harriet    17/02/2008    3 recensioni
[Il giorno dell'inizio del mondo]
Hikari è un ragazzino fragile, alle prese con un potere che non sa controllare. Shuichi è un tipo solitario, sensibile a suo modo, ma fondamentalmente poco interessato ai rapporti umani. Il loro incontro porterà cambiamenti inaspettati.
La realtà non è così semplice. Ci sono cose nascoste dietro ciò che vediamo, e i ricordi, i desideri e le storie sono molto più reali di quanto si pensi...
CAPITOLO X Online: EPILOGO!
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, carissimi! Bentornati ancora a queste pagine. Oggi torniamo indietro nel tempo di circa quindici anni, e scopriamo la storia di Iori e Tsugumi.

Questo capitolo è dedicato in modo speciale alle persone con le quali condivido le storie. Quelle che me le raccontano e ascoltano le mie, quelle con cui le inventiamo, le giochiamo, le commentiamo... Perché le storie hanno un potere sorprendente, ma diventano invincibili solo quando le condividi con qualcuno.

Un grazie immenso a Shu, Wren, Kairi, Melchan, Dira Real, Renki, Mia, Eriol, che stanno seguendo la storia. Grazie a chi l’ha preferitata. Un grazie anche a tutti i lettori che passano da qui (siete tanti, lo so, la storia ha davvero molte letture per un’originale, e io ne sono commossa, ve lo giuro. Se poi mi fate anche sapere qualcosa al riguardo... XDDD -> il morbo del fanwriter petulante!)

Grazie ancora, e buona lettura.

...questo è il mio capitolo preferito.

(Citazione iniziale, che ha ispirato anche il titolo: “Key of the Twilight”, Fiction Junction)






VI – Dreams in the Land of Twilight


Come with me in the twilight of a summer night for a while

Tell me of a story never ever told in the past

Take me back to the land

where my yearnings were born

The key to open the door is in your hand

Now fly me there



Era una ragazza piccolina e sempre sorridente, piuttosto benvoluta da tutti. Il genere che le dava un po’ sui nervi, forse perché lei era proprio l’esatto contrario. Quando entrava in classe salutava sempre tutti col sorriso, anche lei, ma lei rispondeva a malapena con una mezza sillaba. Non avrebbe ottenuto più di quella, che se lo mettesse bene in testa.

Con quelle trecce e i suoi fermaglietti a forma di stelline e cuori. Con i quaderni sempre in ordine e la sua disgustosa disponibilità.

Una mezza sillaba era anche troppo.

E fu una mezza sillaba per tutto il primo anno. Mentre quella persona inutile, Iori, se ne stava al centro dell’attenzione, Tsugumi pranzava da sola, passando le ore a scrivere chissà cosa nei suoi disordinati quaderni. Non apparteneva a nessun club scolastico. Andava male un po’ in tutte le materie scientifiche e si riprendeva solo grazie ai suoi voti strabilianti in lingua e letteratura. E stava da sola.

Immaginava che Iori la considerasse un’odiosa asociale, e immaginava quasi bene. Iori pensava che Tsugumi fosse un’asociale, ma non la odiava. Un po’ la compativa, però. Riceveva da lei mezza sillaba al giorno, ma non voleva di più. E pensava che quella mezza sillaba sarebbe stata per sempre l’unico contatto tra di loro.

Come spesso succede, la realtà sarebbe stata diversa dall’immaginazione.

Era cominciato tutto su un tram, bloccato in mezzo al traffico cittadino. Erano lì, una davanti all’altra, e un po’ per gentilezza, un po’ per vincere la noia, si erano messe a parlare.

Quando erano scese, quasi due ore dopo, il mondo era cambiato.

No, anzi, si poteva dire che il mondo era stato distrutto, ed era rinato di nuovo.

Tsugumi scoprì che alla gente piaceva la semplicità di Iori e il modo in cui lei metteva tutti a proprio agio, e per questo spesso la ragazzina si trovava al centro delle attenzioni. Ma non lo desiderava. Quello che desiderava era avere chi andasse oltre la sua immagine di persona dolce, e si sforzasse di capire i suoi dubbi e i suoi lati oscuri. Questo, però, nessuno lo faceva, mai.

Iori capì che Tsugumi non aveva mai fatto amicizia per davvero con nessuno, a causa di un carattere timido e di una goffaggine innata che le aveva sempre portato nient’altro che derisione e sorrisi non proprio gratificanti. Per questo era tanto prevenuta nei confronti dell’intero universo.

Ma il mondo era finito ed era ricominciato tutto da capo, nelle loro parole, tra le loro mani. Quel giorno di fine marzo avevano siglato un’alleanza indistruttibile, e tutto sarebbe cambiato.

Molto più di quanto pensavano loro.


- Mi aspetti per andare a casa?-

- Ho la riunione del comitato, dopo la lezione. Ma se ti va, ci troviamo al Ponte, più tardi.-

- Va bene.-

Erano consapevoli degli sguardi stupiti che attiravano, che continuavano ad attirare dopo mesi di amicizia. La figura eterea e solare di Iori faceva un effetto strano accanto alla personalità cupa e imbronciata di Tsugumi. Ma da quel giorno di marzo, nessuno era più riuscito a staccarle.

- Il ponte, Iori-chan?-

Iori regalò il suo sorriso radioso e gratuito alla ragazza che le aveva fatto la domanda, e si preparò a rispondere – una di quelle risposte che andavano sempre bene per tutto – ma questa volta rimase senza parole.

- Quale ponte?- insisté l’altra. Sembrava trovare Iori molto piacevole, e la presenza di Tsugumi non l’aveva mai resa entusiasta.

- Oh...ecco...E’ un posto che chiamiamo così.-

- Tu...e lei?-

Iori sorrise di nuovo e alzò le spalle.

- Mi stavi parlando di cosa hai fatto ieri, Ami-chan.-

Una volta le pesava, mettere via se stessa per assorbire le parole e le vite degli altri. Adesso non aveva più importanza. Perché esisteva una persona che avrebbe ascoltato le sue parole, e non ne avrebbe lasciate svanire nel vento neanche una.


Il Ponte era un cortiletto tra due palazzoni, con alcune panchine e un’aiuola piena di fiori eternamente sull’orlo della decomposizione. Il nome che avevano scelto non aveva molta logica. O meglio, ce l’aveva per loro. Il resto del mondo probabilmente avrebbe faticato a capire, ma chi se ne frega del resto del mondo, in casi simili.

- Allora, hai inventato il background di Aoi?-

- Sì. Solo che adesso si chiama Natsumi.-

-...di nuovo? Possibile che con te i nomi durino tre giorni al massimo?-

- Ti prometto che questo è definitivo!-

- Come no...-

All’ora di cena Natsumi era diventata Makoto. E all’improvviso Iori aveva fatto comparire un disegno, dal suo ordinato quaderno dove raccoglieva le sue meravigliose produzioni.

- Cos’è?- le chiese Tsugumi, affacciandosi sul foglio, su cui erano tracciate linee confuse.

- Non lo so.-

- Come sarebbe a dire?-

- Che non lo so davvero.-

- Ma l’hai fatto tu?-

- Sì, l’ho fatto io. Non ricordo bene quando. E perché. Ma mi inquieta molto. E’ come se dovessi ricordarmi di qualcosa... come se ci fosse un significato, che non riesco a capire.-

La voce di Iori era così colma di angoscia che Tsugumi desiderò immediatamente di poter capire quel maledetto disegno, per sentirla parlare con la sua solita vocina leggera. Così prese il foglio tra le mani e ci si concentrò sopra.

- Uno degli scaffali dell’aula di musica crollerà domattina, e se non facciamo qualcosa due ragazze rimarranno schiacciate sotto.

-...Tsugumi-chan?-

Tsugumi si riscosse, rendendosi conto che aveva perso qualche minuto. La sua memoria si rifiutava di farle vedere cos’aveva fatto in quegli ultimi istanti. Tutto ciò che ricordava era di aver preso in mano il foglio, e poi una sensazione strana, come la sua mente che si estraniava, che galleggiava da qualche parte.

- Ho detto qualcosa?-

- Che uno scaffale dell’aula di musica crollerà domattina, schiacciando due ragazze.-

- Io...-

Tsugumi si alzò in piedi di scatto, stringendo convulsamente il foglio tra le mani.

- L’ho detto perché tu l’hai disegnato!-

- Tsugumi-chan, cosa stai dicendo?-

- Non lo so! Cioè...io...Credo che...-

La ragazza lasciò cadere il disegno, passandosi una mano sul viso, quasi per cacciare via la sensazione di disagio che la stava assalendo.

- Non lo sai?-

La vocina di Iori era sempre più fievole e spaventata. Tsugumi si sentì in colpa, ma allo stesso tempo quel maledetto disegno sembrava volerle risvegliare qualcosa, dentro. Le mandava indicazioni, la obbligava a parlare...

- Iori, hai già fatto disegni come quello? Senza senso, senza ricordarti quando li hai fatti?-

- Non lo so. Credo di sì, ma li nascondo in fondo al quaderno, perché mi fanno paura. Non lo so, non lo so!-

- Calmati, dai. Ci sarà una spiegazione, no?-

- Perché hai detto quella cosa dell’aula di musica?-

- Perché mi ha spinta il disegno, a dirlo.-

- Guardando il disegno hai avuto come una premonizione?-

- Non lo so.-

- Senti, Tsugumi-chan, cerchiamo di non spaventarci troppo. Forse è stata solo una sensazione.-

- E’ stata solo una sensazione, ma era così reale...- ansimò l’altra, scattando in piedi e guardandosi attorno, come alla disperata ricerca di una direzione da prendere.

- Calmati, ora. Ti dico cosa faremo. Domattina arriveremo a scuola presto, andremo nell’aula di musica e daremo un’occhiata a quello scaffale. Va bene?-

- Sì, ma se...-

- Ora è troppo tardi, sarà giù tutto chiuso. Non preoccuparti. Andrà tutto bene.-

- Ma tutto cosa?-

Iori abbassò gli occhi e scosse la testa. Il suo tentativo di trattenere la paura fallì.

- Dai.- mormorò Tsugumi, prendendole una mano tra le sue. – Calmiamoci. Faremo come hai detto tu. Andrà tutto bene.-


Se il tram di Iori non avesse trovato traffico... se il professore di matematica non avesse fermato Tsugumi nel corridoio...

- Dai, corri!-

Tsugumi arrancava dietro l’amica, più agile e scattante, lungo il corridoio affollato. Erano dirette verso il luogo che dalla sera precedente infestava le loro menti. L’aula di musica, lo scaffale. Una premonizione. Una sensazione inspiegabile, per colpa di quel disegno misterioso.

Iori spalancò la porta e si fermò sulla soglia, completamente a corto di fiato. Non vide quel che stava succedendo, finché non sentì Tsugumi che rantolava qualcosa alle sue spalle.

- Le ragazze...-

C’erano due ragazze, in effetti, ed erano sotto uno scaffale. Ma nient’altro.

- Spostatevi di lì, voi due!- urlò Tsugumi, trovando un po’ di voce.

- Cosa?- Le due si voltarono, sconcertate.

- Non avete sentito? Per favore, spostatevi da lì!- implorò Iori, sempre cortese anche nel momento del panico.

Le due si spostarono, con aria scettica.

Un attimo dopo lo scaffale dietro di loro crollò rovinosamente al suolo. Le ragazze urlarono, tutte e quattro.

- Com’è accaduto?- gemette, terrorizzata Iori.

- Se non ci fossimo state noi...- mormorò Tsugumi.

- Le abbiamo salvate.-

Sopraggiunsero altri studenti, poi alcuni professori, e presto l’aula si riempì. La folla le ingoiò, e per qualche istante furono lasciate sole, con i loro pensieri e il loro stupore.

Poi qualcuno fece la domanda fatidica.

- E voi, come facevate a sapere che lo scaffale sarebbe caduto?-


- Ero entrata per prendere una cosa che credevo di aver dimenticato nell’aula di musica, e mi sono accorta che lo scaffale era piegato in avanti. Davvero.- ripeté Tsugumi per la millesima volta. Lei e Iori erano sedute nell’ufficio del preside, vicino alle due ragazze che avevano rischiato la vita.

- Certo che è quasi impossibile accorgersi di una cosa del genere.- insisté una delle professoresse, una delle prime soccorritrici.

- E allora come avrei fatto a saperlo?- ribatté stizzita Tsugumi. – Pensa che abbia fatto cadere lo scaffale con la telecinesi?-

- No. Immagino di no.- sospirò la professoressa. Iori fece del suo meglio per nascondere un sorriso.

No, la telecinesi no. E’ un altro tipo di potere.

- Va bene. Potete andare.- decise il preside. – E’ una fortuna che ve ne siate accorte, o poteva accadere qualcosa di molto brutto.-

Ma và?, pensò Iori, che si sentiva stranamente leggera.

Quasi felice.

Completa.

Come se quella mattina avesse avuto la rivelazione che aspettava da una vita intera.


Il secondo disegno di Iori suggerì a Tsugumi che dovevano evitare un drammatico incidente stradale impedendo che una signora di settant’anni prendesse l’auto dimenticandosi gli occhiali. Fu più difficile e divertente del previsto, e ci riuscirono in maniera soddisfacente.

Poi fu la volta di un inquietante furto in un supermercato. Mentre stavano litigando per elaborare una strategia, Iori finì per crollare addosso al futuro ladro, rivelando a tutti che portava una pistola nella tasca interna del giubbotto. Anche dopo anni avrebbe ricordato quel momento come uno dei più spaventosi della sua vita. (Tsugumi invece come uno dei più divertenti, ma non lo diceva a Iori.)

E così via... Ogni due-tre giorni c’era qualcosa di nuovo da fare, da capire. Ma loro l’avevano accettato, con la semplicità con cui avevano accettato il fatto di essere diventate amiche.

Tutto si era fatto più complicato, nella loro vita, e le loro giornate erano sicuramente più varie. Scuola, ritrovo al Ponte, ore passate insieme a discutere su storie e mondi (a volte anche ore molto, molto tarde.) E poi visite a luoghi storici nelle città vicine, guidate da Iori e dalla sua passione artistica, incursioni in negozi insoliti, addirittura partecipazione in cosplay a qualche convention fumettistica.

E ogni tanto, piccole missioni in giro per la città.

Erano cambiate davvero molte cose, da quando si erano incontrate, anche se nessuna delle due riusciva davvero a rendersene conto. Erano cambiate loro. Pian piano, avevano iniziato ad emettere quella timida luce che sprigiona da coloro che stanno camminando per la strada giusta. Chi stava loro attorno se ne accorgeva, e ora c’erano davvero molte persone che stavano loro attorno. Tsugumi era diventata la regista del club scolastico di teatro. Iori aveva iniziato a dare lezioni di disegno ai bambini del suo vicinato.

Le cose erano cambiate, sì.

Quando era piccola, Tsugumi era convinta che la strada per i regni della sua mente si nascondesse oltre la fine del viale di casa sua. Di giorno era una normalissima strada. Ma di sera, al crepuscolo, quando le ombre della sera confondevano le forme, disperdevano i confini, la strada si trasformava. Allora si apriva il sentiero segreto per la Terra che Tsugumi sognava.

Solo che... lei non poteva raggiungerla. Non sapeva perché, ma quel luogo che lei desiderava le era precluso.

Poi era arrivata Iori. In pochi istanti, con la magia che possedeva, aveva disegnato la mappa per arrivare laggiù. Insieme a Tsugumi si era incamminata lungo la strada. E poi, insieme, oltre la Porta, verso la Terra.

Ora Tsugumi viveva più di là che di qua, ma del resto era Inevitabile...

Le cose erano cambiate.

- Il giorno in cui incontri una persona con cui condividerai un pezzo della tua vita è speciale.– aveva detto una volta Iori, fissando l’infinito dietro di loro. – Il giorno in cui ti ho incontrata è il giorno in cui il mondo ha avuto inizio.-


- No, ti prego, non vestirlo con quella roba tremenda!-

- E perché? Io trovo gli stia così bene! Comunque, vai avanti a raccontarmi la storia.-

- D’accordo. Eravamo rimaste alla chiacchierata notturna di Kaoru e Takeshi.-

- Sai che sarebbero veramente carini insieme?-

- Non sognartelo nemmeno!-

- Oh, perché no?-

- Perché ho detto di no! Non voglio risvolti romantici nella mia storia!-

- Ma sono così carini!-

- Ho detto di no!-

- Ma sono così canon!-

- Ma sono io, il canon!-

- E’ che tu ti ostini a negare l’evidenza!-

- Ma non esiste l’evidenza, sono io che decido come vanno le cose, è la mia storia!-

- Ricordati! Ogni volta che neghi una coppia canon, succede qualcosa di molto, molto brutto!-

- Il mio canon dice che non ci sono coppie!-

- Perché non vuoi vedere la verità!-

- Mi spieghi di che verità parli???-

- Dovrò farti un promemoria. Non puoi andare contro il canon!-

- Insomma, mi ascolti o no?-

- Va bene, vai avanti...-

- D’accordo. Dicevamo... Ehi, cosa cavolo stai disegnando? Iori! Non provarci nemmeno...-


Avevano diciannove anni, quando vinsero il primo concorso. Una rivista piuttosto famosa pubblicò il loro piccolo manga, una storia breve, senza storie d’amore, ma ugualmente bella e sentita, e disegnata splendidamente.

Il giorno prima della vittoria avevano salvato una libreria da un incendio.

Erano felici, ed erano certe che tutto sarebbe andato avanti così, per sempre. Inoltre avevano iniziato a progettare un personaggio che sarebbe stato il migliore del mondo, di tutti i mondi, di tutti i sistemi di mondi esistiti ed esistenti. Ci stavano mettendo tutte loro stesse, e la creatura di carta prendeva vita giorno per giorno, iniziava a sorridere dagli schizzi di Iori, e nei quadernini di Tsugumi spuntavano uno dopo l’altro i frammenti della sua vita. Che sarebbe stata una grande vita. Eroica e memorabile. Un cuore puro, una forza sorprendente. Ne avrebbero raccontato la storia al mondo intero, molto presto.

Il giorno in cui era uscita la rivista su cui era stata pubblicata la loro storia, erano andate a comprarla insieme. Avevano brindato con una cioccolata calda, e avevano commentato ogni singola vignetta, con gioia e orgoglio.

Poi si erano salutate, prendendo strade diverse. Si erano date appuntamento al giorno dopo.

Non si erano viste mai più.

Quel che era successo era difficile anche da spiegare. Era come se il mondo di ognuna avesse dimenticato l’esistenza dell’altra. Genitori, amici... nessuno ricordava l’altra. Erano spariti oggetti scambiati, libri prestati, fotografie. Tutto in un istante, tutto senza ragione. Al telefono, l’altra non rispondeva. Se una cercava di raggiungere la casa dell’altra, non ci riusciva.

Lo sgomento si era trasformato lentamente in rassegnazione. I giorni, i mesi, gli anni... E avevano imparato a convivere con quella maledizione. Le loro vite erano cambiate. Tsugumi era andata a vivere da sola. Era riuscita a diventare una sceneggiatrice famosa, ma le sue storie si erano fatte cupe e tristi. Aveva iniziato a fumare troppo, era diventata nervosa e sgradevole.

Iori aveva lasciato il suo fidanzato, incapace di raccontargli la verità. Era diventata una collezionista di piccoli oggetti inutili, che le ricordavano il passato e la intristivano ogni giorno di più. Lavorava per riviste importanti e si faceva strada nel mondo dell’editoria fumettistica, ma le mancava qualcosa.

L’una veniva a conoscenza dei successi dell’altra, leggevano i manga dove l’altra aveva lavorato, cercavano notizie in giro per la rete. L’altra esisteva, dunque.

Eppure... non si potevano incontrare.

La mancanza dell’altra feriva i loro cuori, ma non era quello che aveva ingoiato le loro speranze e la loro forza. Erano terrorizzate dal fatto di non comprendere cosa fosse accaduto. Era la sensazione tremenda che la loro missione, il segreto che custodivano, fosse stato ostacolato, distrutto, e loro non avessero potuto fare niente per salvarlo.

Era come se il mondo iniziato tra le loro mani fosse stato conquistato da un’ombra che gli aveva tolto bellezza e senso.

Poi una mattina Iori si era alzata con un’idea folle. Aveva preso uno dei suoi disegni misteriosi – aveva continuato a farli, anche se non aveva più chi glieli interpretasse. Aveva racchiuso quelle linee insensate in una delle tavole del manga a cui stava lavorando.

E aveva aspettato.

Due settimane dopo, nel fumetto sceneggiato da Tsugumi, un personaggio diceva una frase un po’ strana, di difficile comprensione. Ma non per lei. Nel linguaggio complice che solo loro conoscevano, Tsugumi le stava dicendo che aveva interpretato il disegno, che era andato tutto bene, e che lei c’era, c’era davvero.

E un po’ di luce era tornata.


Due mesi prima che Hikari e Shuichi si conoscessero, le due donne avevano fatto lo stesso sogno: dovevano portare due ragazzi a conoscersi e fare amicizia.

Non si erano fatte troppe domande. Non l’avevano mai fatto. Sicure della presenza dell’altra, si erano gettate nell’impresa.





...continua...








A onor del vero vanno fatte un paio di precisazioni. Se la signorina Tsugumi ha qualcosa di irrimediabilmente mio, Iori contiene in sé particolari raccolti da una collezione di persone che ho la fortuna di conoscere. Dai riccioli e il sorriso alla capacità di fare orari improponibili a parlare di storie (“prendo Bleach e vado via, eh!”), dalla sorprendente abilità di guida artistica alla mania di mettere in dubbio il mio canon, per non parlare poi del cosplay, Iori è un monumentale omaggio a chi ha portato me, nei luoghi dei miei sogni. Dunque... Grazie.

   
 
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