Salve,
carissimi! Bentornati ancora a queste pagine. Oggi torniamo indietro
nel tempo di circa quindici anni, e scopriamo la storia di Iori e
Tsugumi.
Questo capitolo è
dedicato in modo speciale alle persone con le quali condivido le storie. Quelle
che me le raccontano e ascoltano le mie, quelle con cui le inventiamo, le
giochiamo, le commentiamo... Perché le storie hanno un potere sorprendente, ma
diventano invincibili solo quando le condividi con
qualcuno.
Un grazie immenso a Shu,
Wren, Kairi, Melchan, Dira Real, Renki, Mia, Eriol, che stanno seguendo la
storia. Grazie a chi l’ha preferitata. Un grazie anche a tutti i lettori che
passano da qui (siete tanti, lo so, la storia ha davvero molte letture per
un’originale, e io ne sono commossa, ve lo giuro. Se poi mi fate anche sapere
qualcosa al riguardo... XDDD -> il morbo del fanwriter
petulante!)
Grazie ancora, e buona
lettura.
...questo è il mio
capitolo preferito.
(Citazione iniziale, che
ha ispirato anche il titolo: “Key of the Twilight”, Fiction
Junction)
VI
–
Dreams in the
Come
with me in the twilight of a summer
night for a while
Tell
me of a story never ever told in the past
Take
me back to the land
where
my yearnings were born
The
key to open the door is in your hand
Now
fly me there
Era una ragazza piccolina
e sempre sorridente, piuttosto benvoluta da tutti. Il genere che le dava un po’
sui nervi, forse perché lei era proprio l’esatto contrario. Quando entrava in
classe salutava sempre tutti col sorriso, anche lei, ma lei rispondeva a
malapena con una mezza sillaba. Non avrebbe ottenuto più di quella, che se lo
mettesse bene in testa.
Con quelle trecce e i
suoi fermaglietti a forma di stelline e cuori. Con i quaderni sempre in ordine e
la sua disgustosa disponibilità.
Una mezza sillaba era
anche troppo.
E fu una mezza sillaba
per tutto il primo anno. Mentre quella persona inutile, Iori, se ne stava al
centro dell’attenzione, Tsugumi pranzava da sola, passando le ore a scrivere
chissà cosa nei suoi disordinati quaderni. Non apparteneva a nessun club
scolastico. Andava male un po’ in tutte le materie scientifiche e si riprendeva
solo grazie ai suoi voti strabilianti in lingua e letteratura. E stava da
sola.
Immaginava che Iori la
considerasse un’odiosa asociale, e immaginava quasi bene. Iori pensava che
Tsugumi fosse un’asociale, ma non la odiava. Un po’ la compativa, però. Riceveva
da lei mezza sillaba al giorno, ma non voleva di più. E pensava che quella mezza
sillaba sarebbe stata per sempre l’unico contatto tra di
loro.
Come spesso succede, la
realtà sarebbe stata diversa dall’immaginazione.
Era cominciato tutto su
un tram, bloccato in mezzo al traffico cittadino. Erano lì, una davanti
all’altra, e un po’ per gentilezza, un po’ per vincere la noia, si erano messe a
parlare.
Quando erano scese, quasi
due ore dopo, il mondo era cambiato.
No, anzi, si poteva dire
che il mondo era stato distrutto, ed era rinato di nuovo.
Tsugumi scoprì che alla
gente piaceva la semplicità di Iori e il modo in cui lei metteva tutti a proprio
agio, e per questo spesso la ragazzina si trovava al centro delle attenzioni. Ma
non lo desiderava. Quello che desiderava era avere chi andasse oltre la sua
immagine di persona dolce, e si sforzasse di capire i suoi dubbi e i suoi lati
oscuri. Questo, però, nessuno lo faceva, mai.
Iori capì che Tsugumi non
aveva mai fatto amicizia per davvero con nessuno, a causa di un carattere timido
e di una goffaggine innata che le aveva sempre portato nient’altro che derisione
e sorrisi non proprio gratificanti. Per questo era tanto prevenuta nei confronti
dell’intero universo.
Ma il mondo era finito ed
era ricominciato tutto da capo, nelle loro parole, tra le loro mani. Quel giorno
di fine marzo avevano siglato un’alleanza indistruttibile, e tutto sarebbe
cambiato.
Molto più di quanto
pensavano loro.
- Mi aspetti per andare a
casa?-
- Ho la riunione del
comitato, dopo la lezione. Ma se ti va, ci troviamo al Ponte, più
tardi.-
- Va
bene.-
Erano consapevoli degli
sguardi stupiti che attiravano, che continuavano ad attirare dopo mesi di
amicizia. La figura eterea e solare di Iori faceva un effetto strano accanto
alla personalità cupa e imbronciata di Tsugumi. Ma da quel giorno di marzo,
nessuno era più riuscito a staccarle.
- Il ponte,
Iori-chan?-
Iori regalò il suo
sorriso radioso e gratuito alla ragazza che le aveva fatto la domanda, e si
preparò a rispondere – una di quelle risposte che andavano sempre bene per tutto
– ma questa volta rimase senza parole.
- Quale ponte?- insisté
l’altra. Sembrava trovare Iori molto piacevole, e la presenza di Tsugumi non
l’aveva mai resa entusiasta.
- Oh...ecco...E’ un posto
che chiamiamo così.-
- Tu...e
lei?-
Iori sorrise di nuovo e
alzò le spalle.
- Mi stavi parlando di
cosa hai fatto ieri, Ami-chan.-
Una volta le pesava,
mettere via se stessa per assorbire le parole e le vite degli altri. Adesso non
aveva più importanza. Perché esisteva una persona che avrebbe ascoltato le sue
parole, e non ne avrebbe lasciate svanire nel vento neanche
una.
Il Ponte era un
cortiletto tra due palazzoni, con alcune panchine e un’aiuola piena di fiori
eternamente sull’orlo della decomposizione. Il nome che avevano scelto non aveva
molta logica. O meglio, ce l’aveva per loro. Il resto del mondo probabilmente
avrebbe faticato a capire, ma chi se ne frega del resto del mondo, in casi
simili.
- Allora, hai inventato
il background di Aoi?-
- Sì. Solo che adesso si
chiama Natsumi.-
-...di nuovo? Possibile
che con te i nomi durino tre giorni al massimo?-
- Ti prometto che questo
è definitivo!-
- Come
no...-
All’ora di cena Natsumi
era diventata Makoto. E all’improvviso Iori aveva fatto comparire un disegno,
dal suo ordinato quaderno dove raccoglieva le sue meravigliose
produzioni.
- Cos’è?- le chiese
Tsugumi, affacciandosi sul foglio, su cui erano tracciate linee
confuse.
- Non lo
so.-
- Come sarebbe a
dire?-
- Che non lo so
davvero.-
- Ma l’hai fatto
tu?-
- Sì, l’ho fatto io. Non
ricordo bene quando. E perché. Ma mi inquieta molto. E’ come se dovessi
ricordarmi di qualcosa... come se ci fosse un significato, che non riesco a
capire.-
La voce di Iori era così
colma di angoscia che Tsugumi desiderò immediatamente di poter capire quel
maledetto disegno, per sentirla parlare con la sua solita vocina leggera. Così
prese il foglio tra le mani e ci si concentrò sopra.
- Uno degli scaffali
dell’aula di musica crollerà domattina, e se non facciamo qualcosa due ragazze
rimarranno schiacciate sotto.
-...Tsugumi-chan?-
Tsugumi si riscosse,
rendendosi conto che aveva perso qualche minuto. La sua memoria si rifiutava di
farle vedere cos’aveva fatto in quegli ultimi istanti. Tutto ciò che ricordava
era di aver preso in mano il foglio, e poi una sensazione strana, come la sua
mente che si estraniava, che galleggiava da qualche parte.
- Ho detto
qualcosa?-
- Che uno scaffale
dell’aula di musica crollerà domattina, schiacciando due
ragazze.-
-
Io...-
Tsugumi si alzò in piedi
di scatto, stringendo convulsamente il foglio tra le mani.
- L’ho detto perché tu
l’hai disegnato!-
- Tsugumi-chan, cosa stai
dicendo?-
- Non lo so!
Cioè...io...Credo che...-
La ragazza lasciò cadere
il disegno, passandosi una mano sul viso, quasi per cacciare via la sensazione
di disagio che la stava assalendo.
- Non lo
sai?-
La vocina di Iori era
sempre più fievole e spaventata. Tsugumi si sentì in colpa, ma allo stesso tempo
quel maledetto disegno sembrava volerle risvegliare qualcosa, dentro. Le mandava
indicazioni, la obbligava a parlare...
- Iori, hai già fatto
disegni come quello? Senza senso, senza ricordarti quando li hai
fatti?-
- Non lo so. Credo di sì,
ma li nascondo in fondo al quaderno, perché mi fanno paura. Non lo so, non lo
so!-
- Calmati, dai. Ci sarà
una spiegazione, no?-
- Perché hai detto quella
cosa dell’aula di musica?-
- Perché mi ha spinta il
disegno, a dirlo.-
- Guardando il disegno
hai avuto come una premonizione?-
- Non lo
so.-
- Senti, Tsugumi-chan,
cerchiamo di non spaventarci troppo. Forse è stata solo una
sensazione.-
- E’ stata solo una
sensazione, ma era così reale...- ansimò l’altra, scattando in piedi e
guardandosi attorno, come alla disperata ricerca di una direzione da
prendere.
- Calmati, ora. Ti dico
cosa faremo. Domattina arriveremo a scuola presto, andremo nell’aula di musica e
daremo un’occhiata a quello scaffale. Va bene?-
- Sì, ma
se...-
- Ora è troppo tardi,
sarà giù tutto chiuso. Non preoccuparti. Andrà tutto
bene.-
- Ma tutto cosa?-
Iori abbassò gli occhi e
scosse la testa. Il suo tentativo di trattenere la paura
fallì.
- Dai.- mormorò Tsugumi,
prendendole una mano tra le sue. – Calmiamoci. Faremo come hai detto tu. Andrà
tutto bene.-
Se il tram di Iori non
avesse trovato traffico... se il professore di matematica non avesse fermato
Tsugumi nel corridoio...
- Dai,
corri!-
Tsugumi arrancava dietro
l’amica, più agile e scattante, lungo il corridoio affollato. Erano dirette
verso il luogo che dalla sera precedente infestava le loro menti. L’aula di
musica, lo scaffale. Una premonizione. Una sensazione inspiegabile, per colpa di
quel disegno misterioso.
Iori spalancò la porta e
si fermò sulla soglia, completamente a corto di fiato. Non vide quel che stava
succedendo, finché non sentì Tsugumi che rantolava qualcosa alle sue
spalle.
- Le
ragazze...-
C’erano due ragazze, in
effetti, ed erano sotto uno scaffale. Ma nient’altro.
- Spostatevi di lì, voi
due!- urlò Tsugumi, trovando un po’ di voce.
- Cosa?- Le due si
voltarono, sconcertate.
- Non avete sentito? Per
favore, spostatevi da lì!- implorò Iori, sempre cortese anche nel momento del
panico.
Le due si spostarono, con
aria scettica.
Un attimo dopo lo
scaffale dietro di loro crollò rovinosamente al suolo. Le ragazze urlarono,
tutte e quattro.
- Com’è accaduto?-
gemette, terrorizzata Iori.
- Se non ci fossimo state
noi...- mormorò Tsugumi.
- Le abbiamo
salvate.-
Sopraggiunsero altri
studenti, poi alcuni professori, e presto l’aula si riempì. La folla le ingoiò,
e per qualche istante furono lasciate sole, con i loro pensieri e il loro
stupore.
Poi qualcuno fece la
domanda fatidica.
- E voi, come facevate a
sapere che lo scaffale sarebbe caduto?-
- Ero entrata per
prendere una cosa che credevo di aver dimenticato nell’aula di musica, e mi sono
accorta che lo scaffale era piegato in avanti. Davvero.- ripeté Tsugumi per la
millesima volta. Lei e Iori erano sedute nell’ufficio del preside, vicino alle
due ragazze che avevano rischiato la vita.
- Certo che è quasi
impossibile accorgersi di una cosa del genere.- insisté una delle professoresse,
una delle prime soccorritrici.
- E allora come avrei
fatto a saperlo?- ribatté stizzita Tsugumi. – Pensa che abbia fatto cadere lo
scaffale con la telecinesi?-
- No. Immagino di no.-
sospirò la professoressa. Iori fece del suo meglio per nascondere un
sorriso.
No, la telecinesi no. E’
un altro tipo di potere.
- Va bene. Potete
andare.- decise il preside. – E’ una fortuna che ve ne siate accorte, o poteva
accadere qualcosa di molto brutto.-
Ma và?, pensò Iori, che si
sentiva stranamente leggera.
Quasi
felice.
Completa.
Come se quella mattina
avesse avuto la rivelazione che aspettava da una vita
intera.
Il secondo disegno di
Iori suggerì a Tsugumi che dovevano evitare un drammatico incidente stradale
impedendo che una signora di settant’anni prendesse l’auto dimenticandosi gli
occhiali. Fu più difficile e divertente del previsto, e ci riuscirono in maniera
soddisfacente.
Poi fu la volta di un
inquietante furto in un supermercato. Mentre stavano litigando per elaborare una
strategia, Iori finì per crollare addosso al futuro ladro, rivelando a tutti che
portava una pistola nella tasca interna del giubbotto. Anche dopo anni avrebbe
ricordato quel momento come uno dei più spaventosi della sua vita. (Tsugumi
invece come uno dei più divertenti, ma non lo diceva a
Iori.)
E così via... Ogni
due-tre giorni c’era qualcosa di nuovo da fare, da capire. Ma loro l’avevano
accettato, con la semplicità con cui avevano accettato il fatto di essere
diventate amiche.
Tutto si era fatto più
complicato, nella loro vita, e le loro giornate erano sicuramente più varie.
Scuola, ritrovo al Ponte, ore passate insieme a discutere su storie e mondi (a
volte anche ore molto, molto tarde.) E poi visite a luoghi storici nelle città
vicine, guidate da Iori e dalla sua passione artistica, incursioni in negozi
insoliti, addirittura partecipazione in cosplay a qualche convention
fumettistica.
E ogni tanto, piccole
missioni in giro per la città.
Erano cambiate davvero
molte cose, da quando si erano incontrate, anche se nessuna delle due riusciva
davvero a rendersene conto. Erano cambiate loro. Pian piano, avevano iniziato ad
emettere quella timida luce che sprigiona da coloro che stanno camminando per la
strada giusta. Chi stava loro attorno se ne accorgeva, e ora c’erano davvero
molte persone che stavano loro attorno. Tsugumi era diventata la regista del
club scolastico di teatro. Iori aveva iniziato a dare lezioni di disegno ai
bambini del suo vicinato.
Le cose erano cambiate,
sì.
Quando era piccola,
Tsugumi era convinta che la strada per i regni della sua mente si nascondesse
oltre la fine del viale di casa sua. Di giorno era una normalissima strada. Ma
di sera, al crepuscolo, quando le ombre della sera confondevano le forme,
disperdevano i confini, la strada si trasformava. Allora si apriva il sentiero
segreto per
Solo che... lei non
poteva raggiungerla. Non sapeva perché, ma quel luogo che lei desiderava le era
precluso.
Poi era arrivata Iori. In
pochi istanti, con la magia che possedeva, aveva disegnato la mappa per arrivare
laggiù. Insieme a Tsugumi si era incamminata lungo la strada. E poi, insieme,
oltre
Ora Tsugumi viveva più di
là che di qua, ma del resto era Inevitabile...
Le cose erano
cambiate.
- Il giorno in cui
incontri una persona con cui condividerai un pezzo della tua vita è speciale.–
aveva detto una volta Iori, fissando l’infinito dietro di loro. – Il giorno in
cui ti ho incontrata è il giorno in cui il mondo ha avuto
inizio.-
- No, ti prego, non
vestirlo con quella roba tremenda!-
- E perché? Io trovo gli
stia così bene! Comunque, vai avanti a raccontarmi la
storia.-
- D’accordo. Eravamo
rimaste alla chiacchierata notturna di Kaoru e Takeshi.-
- Sai che sarebbero
veramente carini insieme?-
- Non sognartelo
nemmeno!-
- Oh, perché
no?-
- Perché ho detto di no!
Non voglio risvolti romantici nella mia storia!-
- Ma sono così
carini!-
- Ho detto di
no!-
- Ma sono così
canon!-
- Ma sono io, il canon!-
- E’ che tu ti ostini a
negare l’evidenza!-
- Ma non esiste
l’evidenza, sono io che decido come vanno le cose, è la mia
storia!-
- Ricordati! Ogni volta
che neghi una coppia canon, succede qualcosa di molto, molto
brutto!-
- Il mio canon dice che non ci sono
coppie!-
- Perché non vuoi vedere
la verità!-
- Mi spieghi di che
verità parli???-
- Dovrò farti un
promemoria. Non puoi andare contro il canon!-
- Insomma, mi ascolti o
no?-
- Va bene, vai
avanti...-
- D’accordo. Dicevamo...
Ehi, cosa cavolo stai disegnando? Iori! Non provarci
nemmeno...-
Avevano diciannove anni,
quando vinsero il primo concorso. Una rivista piuttosto famosa pubblicò il loro
piccolo manga, una storia breve, senza storie d’amore, ma ugualmente bella e
sentita, e disegnata splendidamente.
Il giorno prima della
vittoria avevano salvato una libreria da un incendio.
Erano felici, ed erano
certe che tutto sarebbe andato avanti così, per sempre. Inoltre avevano iniziato
a progettare un personaggio che sarebbe stato il migliore del mondo, di tutti i
mondi, di tutti i sistemi di mondi esistiti ed esistenti. Ci stavano mettendo
tutte loro stesse, e la creatura di carta prendeva vita giorno per giorno,
iniziava a sorridere dagli schizzi di Iori, e nei quadernini di Tsugumi
spuntavano uno dopo l’altro i frammenti della sua vita. Che sarebbe stata una
grande vita. Eroica e memorabile. Un cuore puro, una forza sorprendente. Ne
avrebbero raccontato la storia al mondo intero, molto
presto.
Il giorno in cui era
uscita la rivista su cui era stata pubblicata la loro storia, erano andate a
comprarla insieme. Avevano brindato con una cioccolata calda, e avevano
commentato ogni singola vignetta, con gioia e orgoglio.
Poi si erano salutate,
prendendo strade diverse. Si erano date appuntamento al giorno
dopo.
Non si erano viste mai
più.
Quel che era successo era
difficile anche da spiegare. Era come se il mondo di ognuna avesse dimenticato
l’esistenza dell’altra. Genitori, amici... nessuno ricordava l’altra. Erano
spariti oggetti scambiati, libri prestati, fotografie. Tutto in un istante,
tutto senza ragione. Al telefono, l’altra non rispondeva. Se una cercava di
raggiungere la casa dell’altra, non ci riusciva.
Lo sgomento si era
trasformato lentamente in rassegnazione. I giorni, i mesi, gli anni... E avevano
imparato a convivere con quella maledizione. Le loro vite erano cambiate.
Tsugumi era andata a vivere da sola. Era riuscita a diventare una sceneggiatrice
famosa, ma le sue storie si erano fatte cupe e tristi. Aveva iniziato a fumare
troppo, era diventata nervosa e sgradevole.
Iori aveva lasciato il
suo fidanzato, incapace di raccontargli la verità. Era diventata una
collezionista di piccoli oggetti inutili, che le ricordavano il passato e la
intristivano ogni giorno di più. Lavorava per riviste importanti e si faceva
strada nel mondo dell’editoria fumettistica, ma le mancava
qualcosa.
L’una veniva a conoscenza
dei successi dell’altra, leggevano i manga dove l’altra aveva lavorato,
cercavano notizie in giro per la rete. L’altra esisteva, dunque.
Eppure... non si potevano
incontrare.
La mancanza dell’altra
feriva i loro cuori, ma non era quello che aveva ingoiato le loro speranze e la
loro forza. Erano terrorizzate dal fatto di non comprendere cosa fosse accaduto.
Era la sensazione tremenda che la loro missione, il segreto che custodivano,
fosse stato ostacolato, distrutto, e loro non avessero potuto fare niente per
salvarlo.
Era come se il mondo
iniziato tra le loro mani fosse stato conquistato da un’ombra che gli aveva
tolto bellezza e senso.
Poi una mattina Iori si
era alzata con un’idea folle. Aveva preso uno dei suoi disegni misteriosi –
aveva continuato a farli, anche se non aveva più chi glieli interpretasse. Aveva
racchiuso quelle linee insensate in una delle tavole del manga a cui stava
lavorando.
E aveva
aspettato.
Due settimane dopo, nel
fumetto sceneggiato da Tsugumi, un personaggio diceva una frase un po’ strana,
di difficile comprensione. Ma non per lei. Nel linguaggio complice che solo loro
conoscevano, Tsugumi le stava dicendo che aveva interpretato il disegno, che era
andato tutto bene, e che lei c’era, c’era davvero.
E un po’ di luce era
tornata.
Due mesi prima che Hikari
e Shuichi si conoscessero, le due donne avevano fatto lo stesso sogno: dovevano
portare due ragazzi a conoscersi e fare amicizia.
Non si erano fatte troppe
domande. Non l’avevano mai fatto. Sicure della presenza dell’altra, si erano
gettate nell’impresa.
...continua...
A onor del vero vanno
fatte un paio di precisazioni. Se la signorina Tsugumi ha qualcosa di
irrimediabilmente mio, Iori contiene in sé particolari raccolti da una
collezione di persone che ho la fortuna di conoscere. Dai riccioli e il sorriso
alla capacità di fare orari improponibili a parlare di storie (“prendo Bleach e
vado via, eh!”), dalla sorprendente abilità di guida artistica alla mania di
mettere in dubbio il mio canon, per non parlare poi del cosplay, Iori è un
monumentale omaggio a chi ha portato me, nei luoghi dei miei sogni. Dunque...
Grazie.