gettin’
closer
Da
lontano lo guarda guardare un punto indefinito dell’orizzonte, forse quello in
cui il mare sfuma nel cielo, e pensa che non è cambiato quasi nulla da quando
si arrampicava sui davanzali delle finestre della vecchia piscina per spiare onii-chan che si
allenava con i suoi amici. Allora le sembravano così grandi, così distanti – oggi
le sue gambe sono abbastanza lunghe da permetterle di affacciarsi direttamente ai
vetri, di avvicinarsi, persino di raggiungerli e toccarli; eppure loro, alcuni
di loro, sembrano ancora
incredibilmente distanti.
Da lontano lo guarda nascondere lo sguardo, il
sorriso – per un attimo vorrebbe essere altrove, vorrebbe che lui fosse altrove, o magari vorrebbe
essere altrove con lui. Non ha modo di raggiungerlo adesso, non ha neppure
parole da dirgli. Ma guardarlo da lontano fa male; allora sospira e di nuovo si
allontana.
E Makoto si volta.
Gou resta immobile, il
piede gelato sul rametto traditore, il fiato sospeso e gli occhi che cercano spasmodicamente quel sorriso,
quello sguardo. Li trova entrambi e di colpo, si rende conto, non vuole
essere che qui.
«Scusa. Non volevo disturbarti» borbotta,
nervosa, ma lui sorride – sorride – il
suo sorriso che non dovrebbe mai nascondersi, che non dovrebbe mai affogare nel
punto in cui il cielo ingoia il mare.
«Non mi disturbi. Vieni.»
La sua voce è sincera, è morbida, e non è lontana,
per niente; prima che lei se ne renda conto, la distanza tra loro si è davvero annullata.
Eppure ha cura di non toccarlo, quando gli siede accanto, perché non è sicura
di poterlo fare, non ancora, non lei.
«Suppongo di avere una storia da raccontarti, Gou-chan.»
Questa volta non lo guarda. Makoto è così – è il
tipo di persona che si ferma per strada, anche quando è in ritardo, a giocare
con un gattino; che lascia ogni giorno fiori freschi sul cumulo di terra che ricopre
un vecchio pesce rosso; che indovina tutto di te, perché le cose che si tiene
dentro non gli impediscono di guardare e ascoltare e sentire. E aiutare. È il tipo di persona che per
convincerti a entrare in acqua non ti schizza, non ti tira giù, ma ti tende la
mano. Ed è una persona così bella
che, dopo un po’, è difficile non distogliere lo sguardo.
Farfuglia qualcosa in cui l’unica sillaba districabile
suona come Kou,
senza chiedergli come abbia capito a cosa stava pensando. Makoto è così: l’ha
sentita arrivare e ha saputo il perché.
«Potrebbe volerci un po’» aggiunge lui,
indicando il cielo che si fa scuro, dal rosa al rosso, dal viola all’indaco,
mentre l’unica traccia che resta del mare sono i riflessi delle poche prime
stelle.
Gou si stringe nelle
spalle. «Ama-chan russa. Ho tutto il tempo che vuoi.»
Lo sente ridere, piano, un suono più fresco
delle onde che vengono a lambire i loro piedi. «Ama-chan? Passi troppo tempo con Nagisa.»
«Forse.» Si avvolge più stretta nella felpa di onii-chan, pronta
ad ascoltare.
Prima che la storia sia finita, le loro spalle già
si sfiorano.
[ 500 parole ]
Spazio
dell’autrice
Free! è uno di quegli anime che
mi sono piaciuti fin dall’inizio ma su cui non mi sarei mai aspettata di
scrivere. Eppure eccomi qui. La colpa è tutta di Mako-chan,
del mare e della botta di angst che è sicuramente in
arrivo per tutti noi con il sesto episodio. ;////;
Ora, per quanto riguarda la
ship. Giuro che non so il perché. Li shippo e basta. Li shippo pur
riconoscendo che Makoto è ben più vicino ad altri che non a Gou
– quel non lei non l’ho piazzato lì a
caso – e pur avendo un debole dichiarato per il Nagisa/Gou e, ultimamente, anche per il Rin/Gou – sono pessima. E mi è venuto in mente che Gou, se ho capito bene, a differenza dei ragazzi non ha (ancora)
idea di quale sia il fantomatico trauma di Makoto legato al mare (Gou una di noi u__ù), e questa
considerazione mi ha convinta a prendere la penna in mano e a fare finalmente
capolino attivamente nel fandom.
E niente, un ringraziamento
tutto speciale a manubibi e a Bea per avermi incoraggiata
in primis a entrarvi.
Aya ~