Libri > Animorphs
Segui la storia  |       
Autore: mysticmoon    17/02/2008    0 recensioni
Sono trascorsi sette anni dalla fine della guerra tra Yeerk e umani.
Uno degli Animorphs è caduto in battaglia e gli altri ora sono separati, distanti sotto tutti i punti di vista.
Alcuni hanno completamente tagliato i ponti con i vecchi amici. Altri si odiano.
Un obiettivo comune riuscirà a riavvicinare i vecchi amici? Oppure saranno l'astio e il rancore ad averla vinta? Attenzione: inserito nuovo prologo. Il precedente prologo è stato modificato ed è diventato il primo capitolo quindi invito tutti a dargli almeno una scorsa
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Uno
SETTE ANNI
DOPO...


Pachulia, Capitale del Pianeta Madre degli Andaliti

Nei fioriti giardini dell’Accademia Artistica della Metamorfosi, un istituto specializzato nell’addestramento dei migliori estreen, camminava l’unica insegnante di quell’accademia che non proveniva dal mondo andalita.
Si trattava di una donna umana di circa ventiquattro anni dagli occhi neri. I suoi capelli, mossi e tagliati molto corti, erano stati modellati con della pasta gelatinosa e brillavano sotto la luce dei due soli del pianeta madre degli Andatiti, sul quale la donna viveva da ormai sette lunghi anni terrestri.
La sua pelle color cioccolato si era ben adattata al calore di quel pianeta. All’inizio aveva fatto fatica ad abituarsi al fatto che le giornate fossero più lunghe di quelle terrestri di circa quattro ore e che il periodo di vero buio era limitato a sole cinque ore su ventotto, ma nel giro di un mese era riuscita a prendere il ritmo e adesso dormire soltanto sei ore ogni notte era perfettamente normale.
In quel momento, come sempre da quando era arrivata in quei luoghi, aveva un’espressione non delle più felici. Chiunque non avrebbe potuto darle torto se non sembrava felice: in fondo in quel mondo lei era solo un’estranea.
Per molti Cassie era un’aliena arrivata lì grazie alla sola esperienza militare sul suo pianeta madre, la Terra; una rozza terrestre che aveva ottenuto per puro caso il potere della metamorfosi ma che non meritava il titolo di estreen e quindi non avrebbe meritato neanche di frequentare quell’accademia, figurarsi insegnare!
Neppure dopo aver mostrato le sue reali capacità di passare da una forma di metamorfosi all’altra con molto senso artistico era riuscita ad essere accettata e nonostante avesse vinto il concorso indetto dall’accademia per essere una istruttrice di secondo livello ben pochi erano coloro che la rispettavano per le sue doti.
Per sua sfortuna il rispetto non trasmetteva calore ed era questo che più le mancava in quelle lunghe e soffocanti giornate: tra quelli che frequentavano l’accademia non vi era un singolo andalita che Cassie potesse chiamare amico.
Per questo motivo confidava tutto ad una specie di agenda elettronica donatale dalla moglie del principe Elfangor Sirinial Shamtul in occasione del loro primo ed unico incontro come pegno di amicizia, l’unica che la ragazza avesse in quell’ameno angolo di universo.
Cassie aveva visto anche i figli dell’andalita che le aveva donato i poteri, anche se solo di sfuggita, ma quei giovani andaliti avevano scatenato in lei il ricordo di quel suo grande amico, figlio di Elfangor e di Loren, una donna che neppure rammentava di averlo mai conosciuto. Pensare a Tobias, il caro amico a cui lei era molto affezionata, la faceva soffrire immensamente e da quando la notizia che Elfangor aveva avuto un figlio da una terrestre, il simbolo del connubio tra specie aliene tanto differenti, non era più tornata da quell’Andalita e allo stesso modo non aveva più chiesto di lei. Cassie supponeva che alla luce dei nuovi eventi l’Andalita non avrebbe più voluta vedere perché le aveva nascosto questo fatto o che forse era la femmina aliena che si vergognava di mostrarle la rabbia che covava in sé vedendo l’amica di quel simbolo del tradimento del suo impeccabile marito, l’eroe perito sulla Terra tre anni prima.
Adesso, sola in quel mondo alieno, la giovane estreen stava confidando al suo diario le emozioni di quel giorno, data vicinissima al settimo anniversario della fine della guerra.

Dal diario dell’estreen Cassie
11 Novembre 2006

Oggi, come ogni altro giorno, ho guardato le mie mani. E come ogni altro giorno ho visto il sangue macchiarle. Sono consapevole che non si tratta di vero plasma. So che si è trattato solo della mia fervida immaginazione che mi faceva immaginare di rivedere il sangue di Rachel mentre, in forma umana, giaceva tra le mie braccia con quello squarcio profondo nel petto. Il sibilo del suo respiro difficoltoso risuona ancora nelle mie orecchie ed è impossibile dimenticare il suo pallore cadaverico mentre il sangue impregnava la stoffa che copriva il suo corpo squarciato. E’ morta tra le mie braccia, senza poter dire una sola parola di addio a noi due che cercavamo di assisterla in quel tubo di cemento durante l’ultimo scontro tra noi Animorphs e gli Yeerk. Sento ancora il calore del braccio di Tobias che mi cingeva le spalle mentre Rachel stringeva la mano di Tobias con la poca forza che le stava scivolando via dal cuore. Ancora adesso, a sette anni da quel giorno, vedo il sorriso lieve che illumina il suo volto cereo mentre una lacrima bagna le sue guance, sento le sue costole smettere di muoversi mentre la mano di Rachel molla la presa di quella di Tobias per divenire fredda e vuota, e soprattutto il silenzio che scese tra noi mentre quel rantolo vitale si spegne per sempre, avvolgendoci in spire di ghiaccio che ci hanno annientati.
La verità?
Mi sento responsabile della sua morte.
Se le fossi stata più vicina forse Rachel la bella non si sarebbe tramutata in quella belva sanguinaria che si era buttata a capofitto in quella battaglia senza speranza, facendosi ferire a morte per poi agonizzare sotto i miei occhi.
Ricordo ancora la disperazione di Naomi quanto le dissi che sua figlia era morta, il modo in cui si è afflosciata mentre le sue due figlie l’abbracciavano nel tentativo di trovare un poco di conforto in quella madre coriacea che stava collassando sotto il peso della morte della sua figlia maggiore.
Loro tre piangevano.
Piangevo anche io.
Avevo perso la mia migliore amica.
O forse mi ero resa conto soltanto allora di averla persa. In fondo la cara vecchia Rachel se n’era andata molto prima di quella tragica battaglia, soffocata dal peso di quel conflitto come tutti noi.
Una regola fondamentale di questa esistenza che nulla è eterno e che le cose tendono naturalmente a cambiare.
Ne ho avuto conferma il giorno della vittoria dal sapore amaro della sconfitta.
Dopo la fine della guerra la vita di tutti noi è cambiata radicalmente.
Io, incredibile ma vero, sono stata chiamata a frequentare l’Accademia Artistica della Metamorfosi a Pachulia, la capitale del pianeta madre degli Andatiti, prima come allieva e, da tre anni a questa parte, come insegnante di secondo livello.
Chi l’avrebbe mai detto, dieci anni fa, che avrei fatto l’insegnante di metamorfosi su un pianeta alieno. Avrei preso per pazzo chiunque mi avesse detto una cosa simile eppure adesso sono qui, una ex guerriera che non torna sulla Terra da ben sette anni e che si è mai fatta sentire dai suoi genitori.
Fa male pensare a loro.
Fa male mentire riguardo alla mia vita quassù.
Come del resto fa male pensare a Jake, Marco, Rachel e Tobias.
Anche pensare ad Ax, come lo chiamavamo, mi causa un grande dolore, ma per un motivo molto diverso.
L’ho rivisto solo una volta dai tempi della guerra, due anni fa, durante la visita del principe alla nostra accademia.
Se qualcuno mi vedesse adesso direbbe che sono cambiata ma alla sottoscritta il proprio cambiamento sembra nulla rispetto a quello di Ax.
Lui sì che è cambiato, e molto!
E’ diventato un arrogante principe andalita, totalmente sicuro di sé. Ha persino raccontato ai miei allievi come LUI abbia guidato il gruppo degli Animorphs, ai tempi della resistenza sulla Terra e di quanto NOI fossimo un impiccio per i suoi grandiosi piani in cui LUI puntualmente ci salvava da un centinaio di controller armato fino ai denti!
Come avrei voluto alzarmi e rifilargli un bel ceffone… Se non fosse stato per il mio essere una semplice straniera e tutte quelle guardie del corpo che lo circondavano l’avrei fatto sicuramente.
Questa è la riconoscenza che porta a Jake?
E non si ricorda più del suo caro amico Marco?
Ha dimenticato quanto felice fosse sul nostro pianeta?
Non avrei mai pensato che il nostro Ax, nel suo ambiente naturale, potesse dimostrarsi un ingrato. Non mi ha mai rivolto la parola quel giorno, né io ho voluto rivolgere a lui una singola sillaba.
Lui è l’unico che ho rivisto, dei miei vecchi compagni, se non si conta la visita alla tomba di Rachel di due anni fa, quando sono andata a portarle dei fiori per l’anniversario di morte. Lascia su quella lapide un mazzo di candide rose, ma non ho avuto il coraggio di lasciare scritto il mio nome.
Vorrei tanto rivedere gli altri… ma so anche che risveglierebbe in me un dolore immenso.
Io li abbandonai per gli Andatiti.
Non salutai nessuno, neppure i miei genitori.
Loro seppero che ero qui solo grazie ad una comunicazione di Jafal Hishir Makul, colui che mi propose di frequentare quest’accademia; un messaggio che lui mandò loro dalla nave sulla quale stavamo viaggiando.
Questo spiega anche la mia preoccupazione per i miei amici.
Non so come l’abbiano presa Marco, Tobias e soprattutto Jake.
In parte fu anche per non rivedere lui che sono partita in fretta e furia.
Alla fine del conflitto il suo volto, un tempo tanto dolce, era completamente cambiato. Si è atteggiato a duro, insensibile persino alla morte del fratello maggiore Tom e della cugina Rachel, ed io non avrei potuto sopportare di vedere in quello stato lo stesso ragazzo per cui tradii tutta la mia gente, riuscendo però a trovare una soluzione alla guerra contro gli Yeerk. Ogni volta che penso a lui il mio pianeta mi manca ancora di più…
Eppure, nonostante io qui sia libera di fare ciò che voglio, non riesco a decidermi al partire per la Terra.
Mi vergogno troppo per tornare.
Dovrei ammettere di aver sbagliato a non averli salutati, ma non è questo che mi spaventa.
E’ la paura delle novità, la paura di scoprire quanto siano cambiati, come Ax, a spingermi a non incontrarli.
E, anche un po’, la paura che Jake possa essersela presa con me.
Lo so che è naturale che lui mi odi… ma averne la conferma sarebbe devastante.


***

New York, pianeta Terra

11 Novembre 2006

Jake Berenson, con aria assente, guardava il cielo plumbeo fuori dalla finestra della sua stanza, steso sulla misera branda che la signora Peters gli aveva donato l’anno precedente e con una coperta infeltrita a proteggerlo dal freddo pungente che penetrava da quell’apertura senza vetri né imposte. Era ben diverso dal ragazzo pulito e gentile di quando aveva appena iniziato a combattere gli Yeerk: il suo volto era coperto da una folta barba castana ed i capelli, unti e lunghi, erano tutti ingarbugliati. Solo gli occhi erano rimasti gli stessi di nove anni prima. Non gli dispiaceva vivere così, alla ventura, senza inutili preoccupazioni, per una volta tanto.
Peccato che quella volta durasse da più di sei anni!
Era successo tutto quando Jake era esploso dopo l’ennesima scena patetica dei suoi genitori. Loro avevano paura che lui fosse rimasto traumatizzato dalla violenta morte del fratello e della cugina, e avevano proposto di frequentare assieme uno studio psichiatrico.
Era stato allora che Jake era esploso, dicendo loro che tre anni da capo degli Animorphs lo rendevano abbastanza maturo e responsabile da sapere cosa doveva fare e cosa no. Loro, naturalmente, gli avevano ricordato che aveva soltanto diciassette anni ed era stato allora che il ragazzo aveva preso la porta, lasciandosi dietro la sua vita.
Aveva iniziato a passare da un posto all’altro, lavorando temporaneamente in una fattoria o in una fabbrica, per guadagnarsi un po’ di denaro, e presto avrebbe abbandonato la grande metropoli per recarsi in qualche altra città.
Sapeva di essere ancora sulla lista delle persone disperse ed il fermarsi troppo a lungo tra la stessa gente avrebbe solo attratto l’attenzione generale. Certo, a New York non correva certi rischi e se la passava bene ultimamente con il suo lavoro di accompagnatore ma il suo spirito vagabondo stava avendo nuovamente in sopravvento e presto sarebbe salito in cima a qualche grattacielo, sarebbe diventato un falco e sarebbe partito alla volta di altri lidi. Spesso il pensiero di tornare dai suoi l’aveva toccato, ma mai abbastanza a fondo per fargli decidere di tornare in quella casa che gli riportava alla mente solo brutti ricordi di morte e di battaglia.
Si chiedeva cosa avrebbe detto Cassie del suo comportamento, ma poi si ricordava che di lei non doveva più importarne nulla, dato che lei aveva abbandonato la Terra poco dopo la fine della guerra, per una sfavillante carriera sul pianeta madre degli andatiti, e non aveva neppure avuto il coraggio di salutare lui o gli altri suoi amici. Il ricordo di Cassie era un’altra delle motivazioni per cui non tornava a casa. Vedere la fattoria di Cassie, i suoi genitori e la Clinica degli Animali Selvatici lo faceva pensare troppo a quella ragazza che l’aveva abbandonato nel momento più doloroso della sua vita.
Ricordava perfettamente quanto dolore gli avesse provocato la notizia della partenza di Cassie: si era sentito abbandonato e profondamente deluso dalla ragazza a cui lui aveva voluto molto bene.
Agli altri Animorphs pensava un po’ meno, nonostante gli capitasse spesso di leggesse sulle prime pagine dei giornali notizie che riguardavano Tobias e Marco.
Erano i presidenti del Consiglio di Cooperazione, rispettivamente andalita ed umano, all’ambasciata andalita di Ginevra, ed erano spesso sui giornali che lui raccoglieva per portarli ai depositi e ricevere una piccola quota per il servizio offerto.
Non sapeva esattamente che fine avesse fattto Ax, ma già immaginava il suo compagno, l’alieno che l’aveva chiamato molto spesso Principe Jake, su una nave andalita, con molti soldati al seguito, con il titolo che una volta rivolgeva a lui.
Erano stati separati nei diversi campi di accoglienza durante la ricostruzione della loro città e lui non aveva neppure cercato di contattarli. A quel tempo era ancora troppo shoccato dalla morte di Rachel e Tom. Di persona, non aveva più incontrato nessuno.
L’unica eccezione era stata l’incontro con Marco mentre era per la prima volta a far provviste all’emporio del suo campo ma non aveva voluto parlare con lui, evitandolo con un “Ho molto da fare. Sarà per la prossima volta”. Lui aveva tentato di dirgli qualcosa, ma lui l’aveva evitato e mai più si erano incontrati.
Forse, si diceva, voleva dirgli che aveva avuto fortuna, ma si diceva che lui non l’avrebbe mai saputo. Era stato quello l’ultimo incontro con un Animorphs fa sette anni a quella parte.
Aveva sempre pensato, durante la guerra, che quello sarebbe stato il periodo più infelice della sua vita ma ogni giorno di più abbracciava l’idea della sua ormai deceduta cugina Rachel: quello era stato il periodo più felice della sua vita.
Non perché la guerra gli mancasse, questo se lo ripeteva almeno dieci volte al giorno, ma non aveva mai avuto amici così importanti come i suoi compagni di battaglia. Non sapeva se il loro rapporto d’amicizia fosse dovuto solo alla naturale coesione tra generale e soldati, ma per lui era stata una vera e solida amicizia, e non semplice spirito di camerata. Un’amicizia che Jake Berenson credeva persa definitivamente, in quell’uggioso giorno di novembre.

***

Nave Madre XzQ-98072

Il principe Aximili-Esgarrouth-Isthill guardava con attenzione il suo plotone. Era normale procedura che una volta alla settimana dovesse fare una rivista delle sue truppe, nonostante considerasse questa un’operazione piuttosto inutile e noiosa dato che i tempi della guerra erano lontani.
Passò davanti a tutti, per poi fermarsi di fronte a lui, il più giovane degli aristh, entrato solo da un paio di giorni nel suo plotone. Era Oscar Sirinial Karzak, il degno figlio di suo fratello Elfangor. Era praticamente la copia vivente del suo glorioso padre ai tempi del suo primo ingaggio su una nave da guerra. Quella vista gli faceva sempre provare una fitta ai suoi tre cuori.
Quell’andalita rimasto orfano di padre dieci anni prima era il simbolo della crudeltà di Visser III.
E dell’incapacità umana, ammetteva qualche volta.
Quando era giovane e inesperto, sulla Terra, non aveva mai pensato di incolpare Jake e gli altri di non essere intervenuti per proteggere il fratello dal terribile andalita-controller ma adesso, dopo diverso tempo che non aveva più contatti con loro, tendeva a dare loro tutte le colpe.
Per vendicarsi aveva persino sminuito quello che per anni aveva chiamato Principe, ossia Jake.
Per non parlare di Cassie, vista nuovamente due anni prima all’accademia.
Lei la odiava con tutte le sue forze.
Il fatto che lei fosse stata l’anello debole degli Animorphs non l’aveva mai abbandonato e, sinceramente, non gli andava proprio giù il fatto che lei avesse avuto la geniale idea di donare agli Yeerk la possibilità di compiere una metamorfosi, avendo così tutte le caratteristiche per le quali gli Yeerk erano diventati parassiti.
Il dono di un corpo in grado di percepire odori, colori e suoni, essere un grado di avere sensazioni tattili, con la metamorfosi, era stata sì l’arma vincente per la guerra, ma aveva avuto un duro colpo sull’immenso ego di Ax, nonché tratto tipico del popolo andalita.
Il fatto di aver eliminato dal codice andalita la legge della cortesia di Seerow era stato un duro colpo per l’intero sistema, ma aveva permesso ad Ax di diventare Principe.
Nessun andalita che fosse ancora in vita sapeva che colui che aveva donato a cinque ragazzi terrestri il potere della metamorfosi non era stato Aximili-Esgarrouth-Isthill, ma il glorioso principe Elfangor-Sirinial-Shamtul, a cui era stata dedicata la Sala del Concilio nell’ambasciata andalita di Ginevra.
Anche questo bruciava nell’animo di quell’orgoglioso principe. Il fratello aveva sbagliato ma lui, essendo un eroe, non poteva essere macchiato di questo disonore. Era toccato a lui, al tempo aristh, prendersi quelle responsabilità ed essere disprezzato dalla sua gente.
La sua fortuna era stata l’idea di Cassie ma allo stesso tempo il fatto che lei fosse umana l’aveva sminuito ancora di più, assieme a tutta la sua razza. Era proprio perché era geloso di lei che l’aveva trattata con sdegno quel giorno, oltre che per la remota possibilità che la giovane donna potesse narrare la vera storia degli Animorphs al mondo andalita.
Si rendeva conto di essere succube del suo orgoglio e delle sue menzogne sul periodo terrestre, ma non voleva perdere la faccia davanti al suo popolo. Non di nuovo.
Aveva impiegato quattro anni per rifarsi un nome, ed ora non voleva perdere la faccia per Cassie.

***

La sala era immensa e luminosa, strutturata in modo che in essa potessero accomodarsi comodamente sia umani che andatiti. Ad un lato c’era un enorme seggio a due posti, dove i presidenti di entrambi i comitati potessero prendere posto in maniera equa e paritaria, come del resto voleva la convezione andalito-terrestre, firmata nel giugno 2003 dai presidenti delle varie nazioni della Terra e dai vari Principi andatiti, che sanciva un accordo bilaterale di paritaria convivenza tra i due popoli.
Il Concilio della Cooperazione dell’ambasciata andalita sulla Terra stava per avere inizio eppure c’era ancora una postazione vuota, quella del presidente del comitato umano. In molti in quella stanza pensavano che quell’uomo fosse inadeguato ed inesperto per quel genere di compito, anche per il fatto che fosse ancora giovane, ma era il massimo esperto in materia di trattative con gli Andatiti e la sua favella era nota a tutti.
Il giovane uomo, dai capelli corvini trattenuti in una coda ed eterno ritardatario dello staff dell’ambasciata giunse trafelato nella stanza, stringendosi la cravatta mentre per poco non si schiantava contro un corpulento andalita del corpo di guardia, per poi sedersi accanto al rappresentante della razza andalita.
- Sempre in ritardo, vero Marco?- gli chiese il biondo rappresentante seduto accanto a lui.
- Mi conosci, no Tobias!- sghignazzò lui, guardando l’amico che scoteva la testa, divertito dall’espressione del vecchio compagno di battaglia – Noi umili esseri umani siamo sempre ritardatari.
- Guarda che anche se mi hanno riconosciuto come successore di Elfangor, essendo suo figlio nonchè ambasciatore terrestre della specie Andalita, non sono mica diventato uno di loro!- esclamò divertito il giovane, mentre tutti i presenti li osservavano, spazientiti per il comportamento poco professionale dei due giovani uomini.
- Credo che la dovremmo smettere, vero?- chiese Marco all’amico, accennando con il capo agli Andatiti dalle code frementi ed agli umani che con le dita tamburellavano nervosamente sui braccioli delle loro sedie.
- Penso anche io- sussurrò Tobias.
- Bene! La seduta è aperta… - annunciò Marco, dando inizio alla sessione di dibattito.
Dopo la fine della guerra tra le vecchie cose di Visser I gli Andatiti avevano trovato anche la lettera di Elfangor che trattava della sua paternità terrestre ossia di Tobias. L’allora ragazzo era stato sottoposto alle più strane ed approfondite analisi della tecnologia andalita ed avevano scoperto che le dichiarazioni di quella lettera corrispondevano alla realtà.
Lui e sua madre da quel momento erano stati sotto la protezione degli Andatiti che l’avevano addestrato, sul piano militare, come un vero Andalita, ma l’avevano anche istruito sulla civiltà di suo padre per fargli prendere, l’anno precedente, il posto di Presidente del Consiglio di Cooperazione.
La sua vita non era stata troppo facile neppure dopo la guerra.
Vivere tra gli andaliti lo aveva costretto a diventare qualcosa che lui non era e lui, libero come il falco che lui era da tre anni, non era mai riuscito a convincersi della vita da andalita, meritandosi il disprezzo di coloro che lo circondavano e, inevitabilmente, isolandosi da loro. Ma l’essere solo non era una cosa nuova per lui e, rifugiandosi nella sua parte di falco aveva superato ogni difficoltà, forgiando ancora di più il suo carattere che in tre anni si era già rafforzato molto.
Per un breve periodo, poco dopo la fine della guerra, anche Marco e i suoi genitori erano stati accolti nella stessa base andalita dove Loren e Tobias si trovavano per approfondite indagini sulla madre di Marco. Avevano trascorso lì solo sei settimane durante le quali Eva era stata interrogata per ore ed ore mentre il padre di Marco dava un aiuto pratico agli Andatiti per far loro comprendere le tecnologie prettamente umane come la cucina.
Quando gli interrogatori avevano fine erano stati trasferiti a Washington, sotto la stretta sorveglianza dello stesso Presidente degli Stati Uniti d’America, dove Marco, già noto per l’aver convinto il Governatore dell’esistenza degli Yeerk, aveva potuto studiare Legge fino a laurearsi nel 2005. Dopo la tesi era stato chiamato immediatamente a Ginevra ed aveva scalato rapidamente le gerarchie della parte umana del comitato fino a diventare ciò che adesso era ossia il Presidente.
L’essersi ritrovati, almeno loro due, dava la forza a entrambi di andare avanti, anche se entrambi avevano nostalgia dei loro compagni di battaglia.
L’unica traccia di uno di loro l’aveva trovata Tobias, un paio d’anni prima. Erano dei fiori posti sulla tomba di Rachel. Non c’era nessun nome, ma un segno, tra le splendide rose bianche: una piuma di falco pescatore. A meno che Jake o Ax non avessero acquisito quel volatile era stata Cassie a lasciare i fiori.
Di suo zio Ax, Tobias aveva avuto notizie soltanto dai bollettini dal pianeta di suo padre, ma di Jake nessuna notizia. Era stato Marco, l’anno prima, a rivelargli che aveva saputo anche lui da poco tempo che Jake era ormai disperso da diversi anni. Questo aveva immensamente addolorato Tobias, consapevole del fatto che il suo amico fosse crollato senza che lui potesse farvi nulla. Lui era sempre stato molto legato a Jake, anche se nell’ultimo periodo della loro battaglia era diventato un freddo essere.
Sapeva che cosa provava, almeno in parte.
Jake aveva perso sì una cugina ed un fratello, ma lui, Tobias, aveva perso la ragazza che amava e, solo dopo se n’era reso conto, l’unica che avrebbe mai amato.
Mai nessun altra era riuscita a toccare il suo cuore, dopo la morte di Rachel.
Non che avesse incontrato molte donne, ma nessuna di quelle che aveva frequentato era minimamente paragonabile alla sua Rachel ed aveva rinunciato del tutto a trovare qualcuna che gli piacesse.
Sentiva che per lui Rachel non era morta.
All’inizio si era sentito tremendamente responsabile per la sua dipartita, pensando che lui potesse almeno calmarla un po’ oppure salvarle la vita, ma con il tempo aveva perso questa idea ed aveva capito che non avrebbe potuto fare nulla.
Rachel era una tipa talmente testarda che nulla e nessuno sarebbe stato in grado di fermarla.
Per Marco era diverso.
Aveva perso a sedici anni il suo più grande amico e la notizia della sua sparizione aveva fatto scattare in lui una molla: voleva ritrovare Jake a tutti i costi. Così aveva ingaggiato un detective privato, che ogni mese pagava profumatamente per rintracciare il vecchio amico.
Sapeva che quel giorno all’emporio era troppo scosso per parlare con lui, ed aveva lasciato correre, ma dopo quella volta Jake era sparito dalla sua vita, e, dopo un anno, anche da quella dei suoi genitori.
Non si poteva lamentare, dato che era una persona piuttosto importante ed aveva un vecchio amico al suo fianco, ma Tobias, per quanto buono e caro fosse, non sarebbe mai stato Jake. Si sentiva immensamente colpevole per “illudere” in un certo senso il biondo, ma non poteva vivere senza amici e lui, essendo un Animorphs, era stato emarginato da tutti. Certo, in molti si erano avvicinati a lui, ma mai per stringere un legame sincero e leale d’amicizia, che con Jake, e lui li aveva allontanati.
Ironia del destino, i cinque non sapevano che il destino di isolamento e solitudine era stato comune per ognuno di loro, anche se si era manifestato ed era stato combattuto o accettato in modo autonomo e diverso per ognuno di loro.

***

Improvvisamente, ognuno di loro sentì l’aria fermarsi.
Nessuno di loro aveva più provato una sensazione del genere da anni, ma era inconfondibile: c’era qualcosa che non andava e l’Ellimist aveva in serbo, una nuova missione. Nessuno sapeva che sarebbero stati nuovamente insieme, per una nuova missione.
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Animorphs / Vai alla pagina dell'autore: mysticmoon