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Autore: SherryThea93    10/08/2013    0 recensioni
"La loro era un'amicizia antica, non ricordavano il giorno esatto in cui si conobbero, ma ricordavano perfettamente quei lunghi pomeriggi passati a giocare nel parco dietro la scuola, le notti l'una a casa dell'altra e i mille segreti che ancora le tenevano unite."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  << Perfetta. >> Esordì Madison osservando la sua immagine riflessa nello specchio.

Si sistemò i capelli, passando le mani tra le folte ciocche castane, portandone una dietro l'orecchio e pettinando le punte biondo cenere con le dita appena smaltate di rosso. Non distolse nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo riflesso, quasi ne fosse innamorata. Allungò una mano verso il comodino ed estrasse dal beauty case una matita nera, brillantinata, con cui delineò il contorno felino dei suoi grandi occhi blu. Una riga incredibilmente lineare comparve sulle sue palpebre, lasciando una lieve sbavatura nell'angolo inferiore dell'occhio sinistro.

<> Esclamò, corrugando la fronte. Inumidì con la saliva il polpastrello dell'indice e aggiustò l'errore madornale commesso pochi istanti prima.

<> Ripeté, lasciando che un piccolo sorriso di soddisfazione si dipingesse sul suo viso. Prese il rossetto rosso, di cui aveva probabilmente perso il tappo, e lo passò sulle labbra, una passata, due passate, tre... Perfetta! Non c'era nulla che Madison agognasse più della perfezione, quel limite irraggiungibile ed invalicabile, quella meta tanto lontana che sembrava impossibile da conquistare eppure, guardando la sua immagine riflessa in quello specchio concavo, poggiato sulla parete bluastra della sua stanza, lei si vedeva così, si vedeva perfetta.

Erano le due di notte, la casa era silenziosa e sua madre, forse sconfitta da qualche Martini di troppo, russava profondamente sul divano del salone, sognando di incontrare Brad Pitt durante un party a Beverly Hills.

Madison si avvicinò di soppiatto alla borsa della madre, lasciata impunemente incustodita sul bancone della cucina, e frugando tra i mille scontrini contenuti nel portafogli estrasse una banconota da cento dollari che infilò con un gesto repentino nella tasca destra dei suoi pantaloncini.
<> Disse intravedendo il suo corpo inerme nella stanza accanto, mandandole un bacio con la mano e lasciandosi sfuggire una leggera risatina, che subito tentò di soffocare temendo di essere scoperta.

Prese lo zaino che aveva abbandonato la sera prima accanto alla porta di ingresso, ricoperto di scritte e portachiavi rumorosi, lo sollevò, cercando di evitare qualsiasi rumore molesto e, poggiandolo sulla sua spalla sinistra, infilò la chiave nella serratura della porta, prendendo poi un lunghissimo sospiro uscì di casa.

Le strade erano deserte, tutto taceva, la notte aveva portato con sé il silenzio e la desolazione, ma per Madison non c'era nulla di più magico del buio, in cui smarrirsi e perdersi lentamente.

<> Una voce squillante interruppe bruscamente quel silenzio quasi ovattato che per qualche istante l'aveva fatta sentire protetta.

<> Replicò Madison, sporgendosi in avanti con sguardo interrogatorio, tenendo ben salde tra le dita le bretelle del suo zainetto. Nessuna risposta.

<> Chiese nuovamente, deglutendo.

<> Esclamò, tentando di mantenere il tono di voce il più basso possibile.

<< Solo mio padre mi chiama così, sai quanto lo odi. >> Da dietro un lampione comparve una figura longilinea, una folta chioma rossiccia si adagiava su un paio di spalle ossute che si muovevano sinuosamente seguendo il ritmo dei fianchi mentre due occhi verde smeraldo illuminavano la strada facendo sembrare l'erba del giardino degli Hamilton quasi inaridita.

<< Per questo amo chiamarti così. >> Disse Madison, avvicinandosi all'amica e stampandole un bacio sulla guancia lentigginosa.

La loro era un'amicizia antica, non ricordavano il giorno esatto in cui si conobbero, ma ricordavano perfettamente quei lunghi pomeriggi passati a giocare nel parco dietro la scuola, le notti l'una a casa dell'altra e i mille segreti che ancora le tenevano unite.

<< Sbrigati! Faremo tardi! >> L'ammonì Shoshanna asciugandosi con una mano la guancia umidiccia, abbozzando sul viso una piccola smorfia.

Le due ragazze s'incamminarono, bruciando velocemente i metri di strada che le separavano dalla loro meta.

<< Credi che gli altri siano già arrivati? >> Chiese Madison, lasciando trasparire una leggera preoccupazione.
<< E anche se fosse? Siamo noi l'anima della festa! >> La rassicurò Shoshanna, poggiando una mano sulla spalla gelida dell'amica, che la guardò con occhi languidi.

<< Se non ci fossi tu non so davvero che farei. >> In un certo senso Madison aveva sempre dipeso da Shoshanna, lei era quella che le aveva impedito a quattro anni di mangiarsi una putrida cavalletta accogliendo la sfida lanciatagli da Craig Anderson, che l'avrebbe altrimenti destinata all'eterno titolo di “mangia-cavallette-Becker”, lei era quella che a sette anni l'aveva consolata dopo che il padre, John Becker, aveva lasciato la madre, Olivia, per una ventenne di New Orleans, lei era quella che in prima superiore le aveva consigliato di smetterla di ingozzarsi di dolci e di iniziare a prendersi più cura del suo corpo o non sarebbe mai entrata nella taglia 40 che ora invece indossava così fieramente.

Insomma, lei era quella che era, una gran rompiscatole, ma che c'era sempre stata e sicuramente ci sarebbe stata sempre. Madison le strinse la mano e insieme si diressero verso la boscaglia ai confini della città. La gambe ossute di Sho si muovevano svelte tra le radici sporgenti che tempestavano il suolo, mentre Madison la seguiva impacciatamente imitando i suoi movimenti, poggiando i piedi tra un cespuglio e l'altro, impegnandosi nel mantenere l'equilibrio.

<< Sho, quanto manca? Mi sembrano secoli che camminiamo. >> Non appena terminò la frase ecco che l'amica indicò una vecchia cascina dismessa, nel centro del bosco, la musica iniziò piano piano a raggiungere le orecchie di Madison che non contenne l'entusiasmo e fece un piccolo saltello, stringendo la mano di Sho con una forza via via crescente.

Shoshanna bussò un paio di volte contro la vecchia porta in legno che sembrava potesse crollarle addosso da un momento all'altro, mentre Madison giocherellava ansiosamente con un ciocca dei suoi capelli, arrotolandola prima in senso orario, poi in senso antiorario.

Un ragazzo alto, con una barbetta incolta e degli occhi azzurri come il ghiaccio aprì la porta, chiudendola immediatamente dietro di sé.

<< E voi siete? >> Chiese sfrontatamente rivolgendosi con fare inquisitorio alle due ragazze.

<> Intervenne subito Shoshanna, fulminandolo con lo sguardo.

<< Io sono Matt. >> Senza aggiungere altro Matt diede un leggero colpetto con il piede alla porta che si aprì cigolando dietro di lui << Entrate. >> Disse scostandosi, lasciando così passare le due ragazze, che si guardarono complici, scoppiando in una fragorosa risata.

Era il 18 giugno del 2012, Shoshanna Clarck e Madison Becker, due diciassettenni di Keepwood, erano state invitate ad uno dei party più esclusivi dell'anno e tutto grazie alle conoscenze di Sho, che con il suo sguardo da cerbiatta avrebbe potuto convincere un ateo ad acquistare una Bibbia per cento dollari o più.

Eric era stato l'aggancio della serata. Era uno studente del college di Keepwood che, come molti altri, non era riuscito a resistere al fascino di Sho. I due si erano conosciuti in biblioteca, per quanto venale e superficiale potesse sembrare, Sho amava leggere e passava interi pomeriggi seduta sui polverosi divanetti della biblioteca, sfogliando libri di letteratura russa dai titoli impronunciabili. Un pomeriggio, girovagando tra gli scaffali, sentì alcune ragazze confabulare riguardo ad una festa che si sarebbe tenuta nel bosco qualche settimana più in là, vedendola interessata e smanioso di un argomento con cui attaccare bottone, Eric le si avvicinò per invitarla.

<< Eric. >> Sussurrò Sho, indicando un ragazzo alto e muscoloso, stretto in una maglia giallo limone.

<< Quello-è-Eric! >> Scandì ogni parola affinchè anche Madison potesse capire.

<< Andiamo! >> Continuò, intrecciando le sue dita smaltate di nero corvino con quelle di Mads che si lasciò trascinare nel centro della stanza.

L'aria era pesante e il luogo angusto, una cinquantina di ragazzi sudaticci si muovevano a ritmo di musica, strusciandosi fragorosamente sui corpi ossuti di altrettante studentesse smaniose. Facendosi largo tra la folla le due raggiunsero Eric, intento a scolarsi un grosso bicchiere di birra, saldamente stretto nella sua grande mano callosa. Senza pensarci un secondo Sho si avventò sul quel bicchiere e portandoselo alle labbra lo bevve tutto d'un sorso, suscitando le urla e i fischi dei ragazzi seduti di fronte a lei. Madison rimase a guardarla, lasciandosi sfuggire un lieve sussulto, seguito da un flebile “Oh mio Dio”.

<< Coraggiosa la tua amica. >> Una voce roca si accostò a Mads, che annuì senza voltarsi.

<< Vuole sempre essere al centro dell'attenzione, è fatta così. >> Sorrise, scuotendo la testa, osservando l'amica che ora era intenta a scolarsi un'intera bottiglia di vodka alla pesca, tenendo ben incollate al beccuccio le sue labbra ormai violacee.

Era davvero fatta così, Sho. I suoi lunghi capelli rossicci le erano costati il soprannome di “Diavoletta” all'età di sei anni, soprannome che da lì si sarebbe portata fino alla tomba. Strano come quel nomignolo rispecchiasse in pieno il suo carattere, ribelle, frenetico, senza controllo, sciolto da ogni qualsivoglia catena, sia terrena che morale, Sho faceva quello che voleva quando ne aveva voglia, senza rimorsi, senza rimpianti come se per lei non esistessero leggi, non esistesse religione, come se la sua coscienza fosse partita per una vacanza senza fine. Mads, da un lato, ne invidiava la forza, gelosa segretamente di quella tempra che non avrebbe mai potuto far sua, la osservava nell'ombra prendersi gioco dei più deboli e si rallegrava di non essere una delle sue vittime ma, bensì, una complice, silenziosa e beffarda che, sapeva, l'avrebbe aiutata in ogni suo crimine.

<< Sean! M-mi chiamo Sean.>>  

  
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