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Autore: whateverhappened    11/08/2013    4 recensioni
«No, signorina! Deve usare il nome completo, non un diminutivo! Deve chiamarlo Edward» spiegò l'uomo, ottenendo come risultato solo una sonora risata di Andromeda. Il mago guardò confuso Ted, che però si limitò ad alzare le spalle e a sorridere divertito, come se la risata di Andromeda fosse la cosa più normale del mondo.
«Mi scusi...» disse lei, dopo essersi ripresa dalle risate. «Mi scusi, ma 'Edward'? Le sembra che potrei mai sposare un Edward? No, è Theodore».

Tre brevi momenti nella vita dei due Ted, padre e figlio di Tonks, e qualche precisazione sul loro nome di battesimo. Perché non c'è affermazione ufficiale che tenga, nella mia mente Ted e Teddy non potranno mai chiamarsi Edward :)
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, James Sirius Potter, Ted Tonks, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Ted/Andromeda, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Nuova generazione
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L'aria settembrina era frizzante sotto al pergolato, ancora spoglio dalle piante che lo avrebbero ricoperto da lì a qualche giorno. Il sole stava tramontando e l'atmosfera era idealmente la stessa che ci sarebbe stata quando tutto quello per cui stavano provando sarebbe diventato realtà.

Andromeda rivolse lo sguardo al celebrante, che stava spiegando a Ted i punti chiave dei matrimoni fra maghi. In realtà Andromeda non pensava che il suo fidanzato avesse davvero bisogno di quelle delucidazioni, ma lui aveva insistito dicendo che voleva che tutto fosse fatto alla perfezione e non ci aveva messo molto a convincerla.

«A questo punto dovrete scambiarvi i voti» disse l'uomo, rivolgendo finalmente un'occhiata anche a lei. «Provate».

A quelle parole Ted iniziò ad arrossire, come sempre quando si trovava a disagio, e Andromeda non poté fare a meno di sorridergli incoraggiante. Poteva capirlo: anche lei sperava di non dover provare anche quella parte, ma il copione esigeva anche quel passaggio. Gli prese una mano, che strinse forte prima di cominciare a pronunciare le fatidiche parole.

«Io, Andromeda Black, prendo te, Ted...» cominciò a dire, ma il celebrante la fermò subito con un agitato gesto della mano. La ragazza lo guardò stupita, non capendo cosa lo avesse turbato tanto.

«No, signorina! Deve usare il nome completo, non un diminutivo! Deve chiamarlo Edward» spiegò l'uomo, ottenendo come risultato solo una sonora risata di Andromeda. Il mago guardò confuso Ted, che però si limitò ad alzare le spalle e a sorridere divertito, come se la risata di Andromeda fosse la cosa più normale del mondo.

«Mi scusi...» disse lei, dopo essersi ripresa dalle risate. «Mi scusi, ma Edward? Le sembra che potrei mai sposare un Edward? No, è Theodore».

«Ci tiene alla precisazione. Credo che Edward fosse il nome di qualche suo compagno di Casa particolarmente odioso» scherzò Ted, rivolgendosi al celebrante, che però rispose solo con un sorriso tirato.

Andromeda poteva capire che l'uomo non vedesse l'ora di sbrigarsi da quell'impiccio, probabilmente il loro era il matrimonio più scomodo che gli fosse capitato di celebrare e non vedeva l'ora di levarselo dalla mente. A lei non importava cosa pensasse, ma poteva capire dallo sguardo di Ted che la cosa, a lui, continuava a dar fastidio. Il suo fidanzato – ormai prossimo marito – prendeva ogni occasione per ricordare al mondo che il loro matrimonio era legittimo tanto quanto quello fra due Purosangue e, in quanto tale, pretendeva di avere le stesse attenzioni di qualsiasi altra coppia. Strinse la presa sulla mano di Ted, sperando di metterlo a tacere prima ancora che iniziasse a parlare. Non ne valeva la pena e non voleva che il suo matrimonio venisse celebrato da qualcuno che aveva discusso con lo sposo.

«Allora, dicevamo?» disse, una volta che lo sguardo di Ted fu tornato sereno. «Io, Andromeda Black, prendo te, Theodore Tonks...»

Andromeda pronunciò le parole guardando Ted negli occhi e ignorando del tutto l'uomo in piedi accanto a loro, come se non fosse affatto esistito. Si immaginò a ripetere quella scena, pochi giorni più tardi, con i loro amici più cari ad assistere. Sorrise, guadagnandosi un occhiolino da parte di Ted, e all'improvviso non le importò più delle precisazioni sul suo nome o delle occhiate quasi imbarazzate del ministro. Si immaginò a firmare i registri del matrimonio come Andromeda Tonks e, al momento, niente le pareva più bello.

 

*

 

Le vacanze estive stavano per finire e, come ogni anno, Teddy stava trascorrendo quelle ultime due settimane a casa del padrino. Sarebbe rientrato a Hogwarts da lì a poco per il suo quarto anno, da cui si aspettava grandi cose. Stava sistemando le sue cravatte di Tassorosso nel baule quando venne investito da quello che, se non fosse stato abituato, avrebbe definito l'attacco di un grizzly.

«Teddy!»

Il ragazzo sorrise, abbassando lo sguardo fino ad incontrare quello del bambino che gli aveva stretto con forza le braccia attorno alle gambe, come a volerlo bloccare sul posto. Gli scompigliò i capelli come d'abitudine, arruffando ancora di più quella zazzera scura che, da buona eredità paterna, non ne voleva sapere di rimanere a posto.

«Ehi, James. Non avevamo detto che mi avresti chiamato Ted?» gli disse. Tutti, in famiglia, lo avevano sempre chiamato “Teddy” ma, a quattordici anni ormai compiuti, iniziava a sembrargli un soprannome un po' infantile. Sapeva di non avere speranze di convincere sua nonna ed Harry a chiamarlo in altro modo, ma su James poteva ancora lavorare ed evitare che lo chiamasse in quel modo fino ai cinquant'anni.

«Ted...» gli rispose il bambino, rivolgendo lo sguardo ad un punto imprecisato della stanza. Teddy sapeva che la sua mente stava lavorando sulla parola e decidendo se gli piacesse o meno e, inconsciamente, si ritrovò a sperare che il bambino approvasse. A soli sette anni, se James si fissava su qualcosa non c'era verso di distoglierlo. Gli diede una pacca sulla spalla, come ad incitarlo a prendere quella decisione che ai suoi occhi pareva giusta come poche.

«Ted, sì. Ti piace?»

A quelle parole, James tornò a guardarlo. «No. È noioso».

Teddy non poté fare a meno di scoppiare a ridere. James lo stava guardando con espressione seria, evidentemente non capendo cosa ci fosse di così divertente nelle sue parole.

«Ah, quindi ho un nome noioso?»

James scosse la testa. «No. Ted lo è, ma tu non sei Ted, sei Teddy».

Teddy non poté fare a meno di sorridere di fronte a quel discorso che, dal punto di vista di James, era inattaccabile. Si chiese cosa avrebbe detto il bambino se gli avesse rivelato che Ted era già di per sé un diminutivo del suo vero nome, Theodore. Probabilmente gli avrebbe detto che quel nome era barboso e gli avrebbe vietato di usarlo per il resto della sua vita. James sapeva essere parecchio autoritario nei suoi confronti, colpa probabilmente sua e della sua incapacità di dirgli di no. Anche in quell'occasione seppe che non avrebbe mai potuto tenergli testa e che James lo avrebbe chiamato Teddy per tutta la vita, nonostante le sue obiezioni.

«Mangiamo la torta della nonna, Teddy

 

*

 

Poche cose erano paragonabili ad una passeggiata sulla spiaggia di fronte a casa, per Victoire Weasley. Il senso di pace che le infondeva l'infrangersi delle onde sulla battigia e l'ombra rassicurante di Villa Conchiglia era unico. Su quella spiaggia aveva dato il suo primo bacio a Teddy, quando aveva sedici anni, ed era lì che ora lui la stava aspettando.

«Sei scappato da mia nonna?» gli chiese una volta che lo ebbe raggiunto, sdraiandosi accanto a lui sulla sabbia. Teddy scosse la testa, sorridendo.

«Pensavo che nessuno potesse battere Molly, evidentemente mi sbagliavo».

«Ho un buon patrimonio genetico! Ti farà piacere sapere che nonna Apolline ti adora» rispose, ridacchiando all'espressione sconvolta del ragazzo. La stava fissando ad occhi sbarrati e con una mezza smorfia. «Ho come il sospetto che tu non mi creda».

«Non pensavo che fare interrogatori e commenti acidi fosse sinonimo di approvazione, in Francia» disse lui, roteando gli occhi. «Sono uscito prima che mi proibisse di uscire con la sua preziosa nipotina».

Victoire gli tirò un leggera gomitata, ridendo poi della smorfia del ragazzo. «Non fare la vittima, adesso. Piaci alla nonna, davvero, solo che non ammetterà mai che, dopo sua figlia, anche sua nipote abbia preferito un inglese tutto pallore ed efelidi a una “calda bellezza francese”, come dice lei».

Le parole di Victoire evidentemente non ebbero presa su Teddy, che rimase in silenzio con lo sguardo fisso verso il mare. Victoire non capiva perché il comportamento di sua nonna avesse avuto così effetto su Teddy, che era stato temprato, durante la crescita, da donne come Andromeda Tonks e Molly Weasley. Evidentemente, però, per lui era importante conquistare uno dei pochi membri della sua famiglia che non aveva conosciuto fin dall'infanzia.

«Il fatto è che volevo proprio assaggiare quel dolce di Natale francese di cui parlate sempre, quello che sembra possa fare solo lei» disse Teddy dopo qualche minuto di silenzio, senza perdere la sua espressione seria, anche se Victoire riusciva benissimo a capire che stava trattenendo un sorriso.

«Ed ecco cosa succede quando trascorri troppo tempo con Jamie: vieni contagiato dalla sua ossessione per i dolci» scherzò. «Comunque posso rassicurarti: avrai la tua fetta di torta. La nonna ha detto esplicitamente che vuole fare lei i dolci per le nozze... anzi, dovresti dirle che ti chiami Theodore: vuole mettere le nostre iniziali e, non so come, le è venuta l'idea che il tuo nome sia Edward».

A quelle parole, il ragazzo scattò a sedere e la guardò spaventato. Victoire dovette mordersi il labbro per non scoppiare a ridere.

«Cosa?»

«Lo so, è assurdo, non è vero?» rispose, sospirando melodrammatica. «Non hai proprio la faccia da Edward!»

«Victoire...» Teddy era impallidito. «Di che cosa stai parlando? Nozze?»

A quel punto, Victoire non riuscì più a trattenere le risate. Si rotolò nella sabbia, godendosi l'espressione prima dubbiosa, poi stupita e infine consapevole di Teddy mentre arrivava a capire lo scherzo. Riuscì a calmarsi solo quando lui le tirò la treccia in cui aveva raccolto i capelli, proprio come quando erano bambini e lei gli faceva i dispetti.

«Merlino, Teddy... certo che credi proprio a tutto!»

«Eri tremendamente seria, sai com'è» borbottò lui, guardandola male. «E, dato che tua madre già ha iniziato a lanciare frecciatine, non era difficile crederti. Siete una famiglia di matti».

Victoire sbuffò, cercando di non ridere di nuovo. «Sei un credulone. Come se papà potesse essere d'accordo con un piano del genere... Sai bene che, chiunque voglia sposare me o Domi, dovrà affrontare delle prove peggio del Tremaghi. È papà» concluse semplicemente, alzando le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Come dicevo, matti» bofonchiò di nuovo Teddy, prima di lasciarsi andare ad un sorriso. «Carina l'idea del dubbio sul nome, te lo concedo. Dovresti raccontarla a mia nonna, sono sicurissimo che le piacerà».

Victoire si voltò appena verso Teddy, osservandone il profilo e i tratti rilassati. Sorrideva in quello strano modo che, da piccoli, lasciava sempre presagire qualche scherzo all'orizzonte. Harry lo aveva chiamato il suo sorriso malandrino. Era tanto che Victoire non lo vedeva con quell'espressione e, considerò lasciandosi andare ad un sorriso, valeva pur la pena di essere vittima di qualche dispetto per poterlo vedere.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Semplicemente non potevo accettare che si chiamassero Edward :)

 

 


   
 
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