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Autore: umavez    12/08/2013    4 recensioni
"Non le piaceva solo fare sesso con lui, le piaceva dettare le regole, le piaceva il fatto di essere stata la prima ad intavolare la conversazione, le piaceva la possibilità di presentarsi a villa Uchiha a qualsiasi ora del giorno e della notte senza sentire il bisogno di piangere o di dichiarare qualcosa.
Le piaceva non essere rifiutata.
E le piaceva averlo in pugno.
Ed erano mesi che lo aveva in pugno, e lui, come già detto, non se ne era accorto.
Sasuke decise che non gli piaceva essere nel pugno di nessuno, nemmeno in quello di Sakura Haruno.
Soprattutto in quello di Sakura Haruno."
Una storia davvero senza pretese. Sono un po' insicura se mettere o no l'avviso OOC per Sasuke, aspetto vostri suggerimenti al riguardo! :) Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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In pugno

 
 
 
 
Era giunto ad una conclusione che lo aveva spiazzato.
 
Quella che per sei mesi era stata quasi una routine, in quel momento gli parve essere del tutto inadeguata e fuori dal mondo, se non surreale.
 
Sakura lo aveva in pugno.
 
Lo aveva capito solo qualche giorno prima, sentendosi ridicolo per non averlo  scoperto fin dall’inizio, fin da quando Sakura si era presentata alla sua porta in piena notte prendendo l’unilaterale decisione di fare l’amore insieme.  
 
Era entrata a passo deciso e, seppur con grandissimo imbarazzo, si era tolta la maglia che portava, scoprendo il seno. La reazione di Sasuke quando si voltò subito dopo aver richiuso la porta non fu delle più espressive – Sasuke non sapeva neppure cosa significasse la parola espressione – ma comunque non se ne era lamentato, e gli occhi increduli e più sgranati del solito avevano lasciato intravedere una qualche traccia di stupore.
 
E Sakura in quel momento aveva approfittato di quell’indizio, di quella testimonianza di umanità per continuare nel suo piano. Aveva quindi sfilato le calzature da ninja e poi, molto lentamente, aveva fatto scivolare giù i suoi pantaloncini, con tanto di mutande.
 
Si era voltata e, senza indugiare, si era diretta in camera da letto.
 
Da quel momento era iniziato un circolo vizioso di incontri prima sporadici e delle volte quasi imbarazzanti, data la mancata esperienza di entrambi e la paura di fare la mossa falsa che avrebbe compromesso tutto – per non parlare di ricordi spigolosi di dichiarazioni d’amore cadute nel vuoto e di abbandoni che sempre aleggiavano e rischiavano di rovinare ogni istante, ritornando a galla. E poi si erano trasformati in coinvolgenti e sempre più frequenti appuntamenti.
 
Col passare del tempo avevano tacitamente deciso, senza nessun accordo verbale, di vedersi un giorno sì e uno no, alternando la casa di Sakura alla sua.
 
Nessuno rimaneva mai a dormire, non si faceva colazione insieme, delle volte quasi non ci si parlava.
 
Sakura era solita giustificare tutto quel distacco – anche se lui non aveva mai chiesto spiegazioni - come un semplice modo per mantenere le cose normali, così come erano. Eppure Sasuke era certo che lei non temesse un coinvolgimento emotivo da parte sua, da parte di colui che, se lei non si fosse presentata alla sua porta, non l’avrebbe nemmeno cercata, non avrebbe nemmeno sentito il più lontano bisogno di averla vicina. Probabilmente lo aveva detto più per auto convincere se stessa a non lasciarsi andare alle emozioni.
 
“Così non ci sono problemi” aveva detto una volta mentre era intenta a rivestirsi per poi andarsene da villa Uchiha “Tutte le persone hanno bisogno di...questo” aveva sussurrato, arrossendo, riferendosi a quei loro istinti carnali del tutto naturali.
“Noi siamo amici, e così non complichiamo le cose”.
 
Sasuke aveva un’opinione al riguardo, l’aveva sempre avuta, a avrebbe anche potuto esprimerla sin dalla prima volta che tutto quello era successo, ma i suoi geni Uchiha gli imponevano il silenzio. Almeno per le cose che non erano di vitale importanza.
 
E Sakura e tutto quello loro stare insieme ad ore non erano di vitale importanza per lui, quindi se li era fatti andare bene, e piano piano avevano cominciato a scandire la sua giornata.
 
Dopo poco tempo aveva notato – non con un certo disappunto – che quegli incontri miglioravano il suo umore, e che vedere Sakura dopo una litigata con Naruto o dopo una paternale di Kakashi o anche dopo un giorno intero di solitudine, gli faceva bene. Lo faceva sentire sollevato. Lo faceva sentire come se avesse un compito da svolgere, come se avesse qualcuno da non deludere, come quando si ha un parente in ospedale da andare a trovare regolarmente.
 
Aveva quindi iniziato a chiedersi se fosse stato davvero il caso di continuare, vista la strana reazione che Sakura provocava in lui, ma poi aveva concluso che era semplicemente questione di organismo, di bisogni e di bassi desideri comuni a tutti quanti. E soprattutto, era semplicemente questione di endorfine, o dopamine, non sapeva bene quale fosse la differenza.
 
Era quindi continuata per altri mesi, erano addirittura cambiate le stagioni, ma sembrava filare tutto liscio.
 
Sakura stava bene – non aveva il cuore spezzato – e lui stava bene, e insieme, o da soli, o davanti agli altri, nessuno di loro due sembrava essere particolarmente strano o a disagio. Anzi, il team sembrava quasi più affiatato, come se non ci fosse più stata quella certa tensione...
 
Sessuale, gli suggerì il suo cervello, ma cacciò via il pensiero, perché quella non era giornata “da Sakura”, ed era consigliabile non pensarci troppo, per non correre rischi e per non cadere in meschine tentazioni.  
 
Sasuke del resto era certo che la compagna di squadra non mancasse di provare dentro di sé, oltre a quell’indifferenza che esibiva egregiamente, una certa soddisfazione, una certa gratificazione data dalla consapevolezza di essere stata l’unica a riuscire a farsi amare – diciamo pure così -, seppur a tempo determinato.
 
Si sentiva apprezzata come non lo si era sentita in interi anni di adolescenza, e riusciva quasi a comprendere quel suo sentirsi speciale ed unica, e non gli dava particolarmente fastidio, anzi: essere riuscito per una volta nella vita a farle del bene invece che del male, faceva sentire soddisfatto anche lui, come se avesse così dimostrato al mondo di essere capace di molte cose, anche quelle che non comprendevano il fratricidio o le arti ninja. Ma ciò che non riusciva né a capire né a comprendere era come potesse Sakura essere così felice senza essere amata come avrebbe voluto lei.
 
Con le colazioni a casa dell’altro, con le parole dolci, con le coccole.
 
Che non ne abbia bisogno?, si era chiesto molte volte. Che non voglia ricevere da me ma da qualcun altro, tutte queste attenzioni? Non se lo sapeva spiegare bene.
 
Ma osservando attentamente ogni atteggiamento della ragazza, ogni smorfia accennata e subito mascherata, ogni tremore ed ogni sorriso, Sasuke era arrivato ad un conclusione, a quella conclusione che lo aveva un po’ stravolto e un po’ indignato e di cui, anche se ancora non del tutto provata, aveva deciso di vendicarsi.
 
Sakura lo amava, di quello ne era certo. Eccome se lo amava: Sasuke aveva sondato attentamente il territorio esibendosi in gesti dolci e apprensivi, come quello di passarle un indumento mentre lei era intenta a vestirsi, o come quello di accompagnarla alla porta e darle la buonanotte prima che lei se ne andasse. E quei suoi esperimenti gli avevano fatto notare che Sakura, al di fuori del letto, non riusciva a nascondere così bene i suoi sentimenti: perché quando le loro mani si incrociavano per passarsi qualcosa, lei arrossiva; perché quando le sussurrava un “buonanotte, Sakura” inaspettato e docile, lei non riusciva a rispondergli e si incartava su se stessa, e arrossiva di nuovo. Quali prove sarebbero potute essere più esaudenti delle guance di lei che si tingevano di rosso? Forse nemmeno un “Ti amo” urlato a squarciagola avrebbe potuto raggiungere lo stesso impatto.
 
Quindi Sakura lo amava ancora, e dopo quella scoperta – più che altro dopo quella conferma – arrivare alla conclusione per Sasuke era stato semplice: Sakura non voleva darlo a vedere.


Si chiese per molti giorni i motivi per cui lei credeva necessario non darlo a vedere, e sempre dopo accurate osservazioni e riflessioni, era giunto ad un’altra conclusione: perché quella strana cosa che avevano messo su facendo finta che non ci fossero sentimenti, funzionava.
 
Funzionava bene, oltretutto, e l’amore e cose simili probabilmente avrebbe potuto rovinarlo irrimediabilmente. Per questo fingeva di non amarlo, si disse: perché temeva un suo rifiuto, se lui avesse scoperto che tutte quelle effusioni non erano dettate da voglie primordiali, ma dalla necessità di stargli accanto in qualche modo. Di riuscire ad amarlo.
 
Sasuke gliene diede atto: del resto, se quel giorno di sei mesi prima Sakura si fosse presentata alla sua porta dicendo “Ti amo Sas’ke-kun, facciamo l’amore”, lui l’avrebbe rifiutata poco garbatamente, vedendo probabilmente quella richiesta più come l’obbligo di soddisfare lei piuttosto che come la possibilità di soddisfare se stesso, o entrambi.
 
Quindi fingeva di non amarlo, di non voler rimanere a casa sua per colazione, fingeva in tutto. Ma a Sasuke non sembrò sufficiente quell’unica ragione per giustificare la sua elaborata indifferenza. Sapeva bene che la paura del rifiuto non era nemmeno paragonabile all’amore di Sakura, e se quella fosse stata davvero la sua unica ragione di menzogna, non sarebbe stata in grado di reggere la tensione, e avrebbe ceduto lasciando il passo a confessioni spassionate e accorate.
 
Evidentemente doveva esserci qualcos’altro. Qualcosa di così grande che permetteva a Sakura di nascondere la vera se stessa e i suoi veri sentimenti sotto a quintali di terra e cemento tanto da non consentirle di riemergere. Qualcosa che le aveva permesso di seppellirsi viva e di lasciare in superficie un’altra se stessa, più glaciale e più vuota.
 
E uno dei primi giorni d’autunno, in casa Haruno, se ne accorse. Si accorse di quella spinta in più che permetteva a Sakura di vivere nella menzogna. Era una cosa che aveva già notato, ma che aveva maldestramente sottovalutato, considerandola un semplice sfizio. Quella soddisfazione che Sasuke le aveva intravisto negli occhi non era semplice contentezza per essersi tolta un sassolino dalla scarpa o per aver fatto breccia nella sua quotidianità. Era qualcosa di molto più profondo.
 
Era rivincita.
 
E quella era una cosa che non aveva saputo fingere abbastanza bene. Sakura, a modo suo, in un modo che nessun uomo si sarebbe mai potuto immaginare, si stava prendendo la sua rivincita per tutte le sofferenze di una vita, per tutte le perdite e tutte le lacrime versate a causa sua.
 
E Sasuke riuscì quindi a leggere in quei sorrisi melliflui che lei faceva dopo aver avuto un rapporto non l’appagamento per aver avuto un orgasmo, ma l’appagamento inconfondibile di chi ha vinto, e se sua madre gli aveva insegnato qualcosa in quel breve periodo in cui entrambi erano stati in vita contemporaneamente, era che in amore non ci sono né vinti ne vincitori. Ma se Sakura si sentiva superiore, se Sakura si sentiva vittoriosa, allora quella sua gioia e quei suoi sorrisi non erano dettati da amore, né dalla soddisfazione sessuale.
 
Era il suo cervello a farla sorridere, era la consapevolezza che nella loro relazione erano avvenuti radicali cambiamenti e un altrettanto radicale cambio di ruoli.
 
Le piaceva essere divenuta evanescente e irraggiungibile, e le piaceva vederlo alla sua mercé, come colui che non dice mai di no, che si sottopone alla sua volontà.
 
Ecco perché mentiva, Sakura: perché quella strana cosa stava funzionando e perché le piaceva sopra ogni limite. Non le piaceva solo fare sesso con lui, le piaceva dettare le regole, le piaceva il fatto di essere stata la prima ad intavolare la conversazione, le piaceva la possibilità di presentarsi a villa Uchiha a qualsiasi ora del giorno e della notte senza sentire il bisogno di piangere o di dichiarare qualcosa.
 
Le piaceva non essere rifiutata.
 
E le piaceva averlo in pugno.
 
Ed erano mesi che lo aveva in pugno, e lui, come già detto, non se ne era accorto.
 
Sasuke decise che non gli piaceva essere nel pugno di nessuno, nemmeno in quello di Sakura Haruno.
 
Soprattutto in quello di Sakura Haruno.
 
 


Sapeva cosa fare e come farlo. Sapeva che forse l’avrebbe distrutta psicologicamente, e che quando se ne fosse andato lei sarebbe scoppiata a piangere. Ma Sakura si era crogiolata per troppo tempo nell’illusione di una supremazia del tutto fallace e fittizia, e la corrente doveva cambiare.
 
Per quello bussò alla porta di casa di Sakura in un giorno non “da Sakura”, e attese.
 
L’ora era normale – approssimativamente le quattro del pomeriggio -, e quel suono ovattato di qualcosa che cozza sul legno che preannuncia visite, almeno finché lui fosse rimasto ben coperto dalla porta, non avrebbe destato sospetti. Se avesse avuto fortuna lei sarebbe anche potuta arrivare all’ingresso e aprirgli senza nemmeno domandarsi chi ci fosse effettivamente dietro.
 
E così successe, difatti. La porta si aprì all’improvviso lasciando intravedere una Sakura sovrappensiero e disordinata nell’abbigliamento e nei capelli. Stava leggendo qualche foglio stropicciato e alzò lo sguardo su di lui giusto per un attimo.
 
Un attimo che le bastò per metabolizzare la visione.
 
« Sas’ke-kun? » chiese sorpresa ma ancora particolarmente tranquilla, un sorriso che si allargava sul suo volto. Pensava forse che fosse venuto lì per avvertirla di una nuova missione o per avvisarla di una nuova chiamata da parte di Tsunade in ospedale? Sorrise anche lui, ma non per gli stessi motivi di Sakura. Non per semplice cordialità.
 
« Posso esserti utile? » gli chiese, tornando con gli occhi a studiare attentamente i fogli, certa che la questione “Sas’ke-kun alla porta” si sarebbe risolta in men che non si dica.
 
« Aha. » disse senza entusiasmo, in segno di affermazione.
« Cosa ti serve? » chiese senza alzare gli occhi dai documenti. Sasuke sorrise di nuovo senza che lei potesse vederlo, perché aver scoperto la menzogna in ogni singolo comportamento di lei e in ogni suo calibratissimo gesto di disinteresse lo appagava enormemente.
 
Si affrettò ad entrare dentro casa, che ormai conosceva bene. Sakura lo guardò addentrarsi nel salone senza poterlo ormai fermare. Chiuse quindi la porta e lo raggiunse,  vedendolo vagare per la stanza, curioso.
 
« Ti sei fatto male? Ti servono cure? » chiese preoccupata. Forse quella era l’unica spiegazione che le veniva in mente per un’invasione di campo così sfrontata.
 
Scosse la testa, avvicinandosi a passo molto lento alla ragazza che, alla stregua di indizi, ormai cercava di individuare una plausibile ragione per giustificare la sua presenza lì su ogni centimetro del suo viso.
 
Ma Sasuke Uchiha non conosceva la parola espressione.
 
Agguantò Sakura per i fianchi facendole cadere quei pochi fogli che teneva in mano. Sentì un suo gemito e anche il fallimentare tentativo di dire qualcosa, che però si interruppe in uno smorzato “Sas’k” detto a bassa voce.
 
La accompagnò a passi lenti al centro del salone, proprio tra il tavolino da tè e il divano. Non reputò che fosse il caso di andarsene in camera da letto. La camera sarebbe risultata troppo romantica.
 
Quindi la fece inginocchiare sul divano, spinse la testa di lei in avanti intrigando la sua mano nei suoi capelli, costringendola così a chinarsi sulla spalliera del sofà.
 
Trovava quella posizione tremendamente eccitante, e non solamente perché Sakura aveva un fondoschiena che, anche se il suo essere Uchiha gli imponeva contegno nelle manifestazioni d’apprezzamento, considerava divino, ma anche e soprattutto perché Sakura a quel modo non sarebbe riuscita a tenere in pugno proprio nessuno. Né lui, né tantomeno se stessa.
 
« Sas’ke-kun, ma oggi-» aveva balbettato mentre la mano di Sasuke prima stretta intorno ai suoi capelli era scesa sul seno, stringendolo tra le dita da sopra la canottiera leggera.
 
« Oggi non è giornata! » disse, manifestando tutto il suo debolissimo dissenso. Sasuke cominciò a posare baci irruenti sul collo fino a tutta la spalla. Morsicò, ad un certo punto.
 
Il gemito di Sakura fu balsamo per le sue orecchie. Cominciò a fare scorrere l’altra mano dalla schiena fino al sedere con esasperante lentezza, sentendo i muscoli di lei irrigidirsi e poi lasciarsi andare alle carezze.
 
« Qualcosa è andato storto? » chiese, fraintendendo volontariamente le sue parole. Avrebbe voluto portarla all’esasperazione, avrebbe voluto manipolarle la mente e farle ammettere ogni singola bugia su cui per mesi si era basato il loro rapporto. La mano dalla schiena si spostò all’interno coscia.
 
« No, non in quel senso Sas’ke-kun, tu...tu lo sai! » si affrettò a dire lei prima di un altro gemito. Sasuke continuò con movimenti terribilmente lemmi, ma con un tocco di prepotenza in più.
 
« Non pensavo ci fossero giornate e sì e giornate no, per questo. » le sussurrò all’orecchio dopo essersi chinato su di lei, i bacini quasi aderenti. Afferrò contemporaneamente il margine della tuta che lei portava e delle mutande, e sempre con insolita calma li calò, giusto il necessario, facendo poi lo stesso con i suoi indumenti.
 
Ancora mezza vestita, in posizione del tutto sottomessa sul divano di casa propria, presa alla sprovvista e insicura: Sasuke si sentì tremendamente soddisfatto nel vedere come tutte le bugie di Sakura fossero state smascherate con un minimo di polso fermo.
 
Sorrise sulla pelle della sua spalla, e decise di interrompere – questa volta bruscamente – la sua nuova giustificazione che iniziava con un promettentissimo “Ho da fare, oggi non è il caso” prendendo l’iniziativa, e privandola di ogni contegno. Con il gemito sorpreso che lei emise, il suo piano aveva avuto inizio.
 
 


E poi che goduria quando, giunta all’apice del piacere, si era tolto lo sfizio di privarla anche della libertà di gridare il suo orgasmo, premendo una mano sulla sua bocca.
 
 


Sakura aveva gettato tutto all’aria dentro all’appartamento. Era infuriata, furibonda, del tutto fuori di sé. Sasuke si era presentato lì e l’aveva umiliata, usata, sfruttata in un gioco fuori da ogni regola.
 
E non lo aveva fatto solo perché quel giorno si era svegliato con l’insolita voglia di fare sesso, certo che no. Sapeva che Sasuke Uchiha sapeva resistere bene a tutti gli umani desideri tranne che a quello della vendetta, per il quale aveva una predisposizione particolare.
 
Se aveva fatto una cosa del genere – una cosa così crudele!, pensò lei – doveva esserci un motivo.
 
Che fosse solo per il gusto di vederla in quel modo? Indifesa e fragile?
 
A Sakura non sembrava sufficiente.
 
C’era qualcosa di molto più bollente sotto, qualcosa di grosso e che scottava. La ragazza sussultò, guardandosi allo specchio – una delle poche cose ancora integre nella casa.
 
Che avesse capito tutto?
 
 


Sasuke si aspettava una ritorsione, ma aveva deciso di non organizzare nessuna controffensiva. Per il momento se ne stava tranquillamente sdraiato sul suo letto, un libro alla mano, la schiena poggiata al muro, e attendeva.
 
Quella, secondo il ritmo regolare che lui il giorno prima aveva deciso di interrompere bruscamente, era giornata “da Sakura”, a villa Uchiha. Si sarebbe presentata? Non si sarebbe presentata?
 
Sasuke si sentiva irritato, riconoscendo di non sapersi rispondere.
 
Poi però qualcuno bussò alla porta più violentemente del solito.
 
Sorrise compiaciuto e si alzò dal letto, lasciando il libro aperto sulla pagina che gli interessava. Del resto ancora non sapeva se sarebbe tornato in camera con Sakura o da solo.
 
Mentre scese le scale sentì i bussi continuare.
 
Aprì la porta di casa sorprendendo una Sakura fuori di sé.
 
Non che fosse del tutto fuori controllo, o in lacrime, e nemmeno arrabbiata. Ma era tesa. Non più rilassata, non più sorridente, non più tranquilla, non più sicura di quello che stava facendo.
 
Entrò a passo meno deciso del solito, e se delle volte lo aveva subito braccato a muro ricoprendolo di baci o di carezze incapace di attendere oltre, quella volta si allontanò subito dall’uscio addentrandosi verso il salone. Sembrava più in vena di una litigata che di altro.
 
La raggiunse. Quel suo sguardo strano, verde ma spento, ebbe il potere di creare in lui dei terribili ripensamenti su ciò che aveva fatto giusto il giorno precedente. Che avesse esagerato? Aveva davvero dovuto smascherare Sakura o avrebbe dovuto lasciarla stare nel suo equilibrio precario che però sembrava renderla felice?
 
Pensando a tutte quelle domande all’inizio non si accorse nemmeno che Sakura aveva cominciato a spogliarsi e che si era diretta verso la camera, su per le scale. Vide la maglia rossa abbandonata per terra. La raccolse e la seguì.
 
Sakura aveva ricominciato a prendere decisioni, seppur senza la stessa sicurezza di prima. Sasuke pensò che stesse cercando di riprendere il controllo su tutto, di riprenderlo in pugno, ma non si preoccupò, cosciente che oramai era impossibile, sia per lei che per lui, andare avanti come prima facendo finta di niente.
 
La trovò in camera. Aveva scostato malamente il libro facendolo cadere a terra. Sasuke ripensò alla pagina a cui era rimasto per non dimenticarsene.
 
Centoventi...tre? No. Centoventisette?...centoventi...
 
« Centoventinove. » disse lei senza neanche guardarlo, intenta a togliersi il reggiseno. E quando si fu spogliata del tutto si mise sul letto, prima gattoni, e poi alzandosi sulle ginocchia dopo aver raggiunto il centro del materasso.
 
Sasuke si concesse qualche momento per osservarla attentamente.
 
Sakura sembrava allo stesso tempo impaziente e spaventata. Forse non aveva la minima idea di come comportarsi, e stava improvvisando, indecisa tra il lasciar perdere l’episodio del giorno precedente e la possibilità di rivendicarsi.
 
Salì sul letto anche lui, e quando fu abbastanza vicino da poterla respirare, Sakura chinò leggermente la testa di lato, segno che avrebbe voluto essere baciata sul collo. E Sasuke, diligentemente, obbedì.
 
Fece tutto quello che lei, esplicitamente o no, richiedeva. Le baciò il collo, poi il seno, e quando lsi fu sdraiata, Sakura lo obbligò con la testa tra le sua gambe aperte che sapevano di estrogeni e di donna, e senza lasciargli la possibilità di alzare la testa oltre il suo ombelico, Sasuke acconsentì ancora a baciarla tutta, senza remore.
 
Era quello il suo nuovo modo di primeggiare? Fargli fare tutto ciò che lei voleva privandolo della libera iniziativa?
 
Il giorno prima Sasuke lo avrebbe trovato svilente, ma anche Sakura probabilmente si era resa conto che non stava funzionando, che non aveva più senso.
 
Forse fu per quello che, poco prima di iniziare a fare sesso,  Sakura lo spinse via e si sedette a bordo letto, riprendendo le proprie cose buttate per terra e ricominciando a vestirsi.
 
Sasuke aveva messo in conto un crollo emotivo, ma avrebbe preferito che si fosse verificato o prima o dopo il sesso, non proprio durante.
 
« Che fai? » chiese tra il sorpreso e lo snervato, sdraiato nudo sul letto dove fino a pochi secondi prima lei si stava dilettando nello strusciarsi prepotentemente su di lui.
 
« Me ne vado. » rispose seccamente infilandosi la maglietta e andando a cercare i suoi pantaloni, stranamente lunghi per una volta, visto l’autunno inoltrato. Se li infilò velocemente e Sasuke dovette concentrarsi con il massimo delle sue forze per non prestare attenzione al fondoschiena di Sakura messo in bella mostra.
 
« Oggi è giornata. » rispose, puntando sul riassestamento della routine, anche se dopo quello che aveva fatto ieri Sakura non ci sarebbe stata in modo così arrendevole.  
 
« Ah sì? » chiese infatti irritata, voltandosi già completamente vestita e sull’orlo di una crisi di nervi. Le mani messe  imponentemente sui fianchi. Sasuke si alzò e si rivestì minimamente, rinfilandosi di malavoglia – e anche scomodamente, vista l’evidente voglia – le mutande e i pantaloni.
 
Sakura aveva interrotto la sua lettura solo per interromperlo di nuovo, quindi anche lui aveva i suoi buoni motivi per essere arrabbiato. Eppure lei sembrava essere così infuriata da non permettere al suo fastidio in confronto irrilevante di venir fuori.
 
« Ieri non era giornata, eppure te ne sei fregato, non è vero?! » gli urlò contro. Senza nemmeno attendere la sua risposta, si avvicinò alla porta pronta per andarsene dopo quelle parole che in realtà preannunciavano una sfuriata con i controfiocchi.
 
Sasuke si mise davanti alla porta della camera, lo sguardo decisamente poco dolce e nemmeno lontanamente arrendevole, proprio come quello di lei.
 
Avrebbe preferito che Sakura avesse capito tutto da sola, senza lasciargli l’ingrato compito di spiegarle le vere dinamiche dell’accaduto. Non avrebbe voluto dirle che aveva smascherato il suo infantile gioco di supremazia e sottomissione e di essersi vendicato, di nuovo.
 
Si sentì stupido lui stesso quando capì la portata delle parole che aveva appena pensato, e nemmeno pronunciato. Vendetta, si disse, sempre vendetta. Si sentì quasi stupido per quello.
 
« Resta qui. » le disse, imponendosi un tono autoritario e deciso cercando di non farla sembrare una supplica. Sakura si stava sforzando così furiosamente di non piangere che gli sembrava di sentire sulla sua pelle la fatica che faceva per trattenersi.
 
« E per cosa? Per sentirmi usata un’altra volta? Tu- » lo accusò, senza poi avere il coraggio di continuare. La vide posarsi una mano sulla fronte e chiudere gli occhi, esausta e spaesata, cominciando a gironzolare per la stanza. Sasuke rimase fermo davanti alla porta.
 
« Perché hai avuto il bisogno di farlo, eh? Non stava andando tutto abbastanza bene? Avevi bisogno di rovinare qualche altra cosa, nella tua vita, o nella mia? » disse furibonda, le lacrime che si erano affacciate agli occhi color smeraldo.
 
Sasuke cercò di calibrare bene le parole, anche se non sapeva nemmeno cosa le avrebbe dovuto dire. Aveva cercato di rovinare tutto? No, pensò, non ho rovinato nulla, ho solo cercato di rendere tutto più vero.
 
Grazie a quella riflessione venuta quasi istintiva, in un attimo lo colse la consapevolezza che tutto ciò che aveva fatto lo aveva fatto solo perché Sakura smettesse di mentire, e non per una sua soddisfazione personale o per perfidia, come pensava lei.
 
« Era tutto normale, Sasuke! » urlò, dimenticandosi o forse omettendo volontariamente il kun.
 
« Non c’era nulla di strano o che non andava! E tu ti sei presentato a casa mia...» la vide arrossire al solo ricordo « Perché l’hai fatto, eh? Per farmi male? Per...mettermi davanti a qualcosa? Io non ne avevo bisogno! Io stavo  bene! »
 
« Smettila Sakura. » la interruppe alla fine, esasperato. L’ultima parola da lei pronunciata lo aveva mandato su tutte le furie. Era assurda, Sakura. Continuava a mentire senza tregua senza nemmeno accorgersi di far del male a se stessa. Si allontanò dalla porta e a passi lunghi si avvicinò alla sua compagna di squadra, attonita per il tono decisamente troppo alto di voce usato dall’Uchiha.
 
« Sai perché l’ho fatto? Perché devi smetterla di mentire. »
 
Sakura trattenne a malapena un gemito di stupore.
 
« Vuoi far finta che non te ne freghi nulla? Beh, non ne sei capace Sakura. Tu vuoi fare l’amore con me più di qualsiasi altra cosa al mondo. Vuoi continuare con questa storiella solo perché ti fa piacere non essere gettata via come uno straccio. E ieri? Ieri ti ho gettata via come uno straccio, e come ti sei sentita? » le disse, senza un minimo di rincuoro nella voce. Posò le sue mani sulle spalle di lei.
 
« Smettila di mentire, Sakura. Non l’hai capito che mi ami? Non l’hai capito che ad andare avanti così ci rimarresti solo male? » le chiese. In quel momento, subito dopo aver pronunciato quelle parole, ebbe il timore che Sakura se ne sarebbe potuta andare in lacrime senza più guardarlo in faccia, senza più svegliarlo nel cuore della notte perché “era giornata”, senza più sentire il bisogno di fare l’amore con lui.
 
E allora come sarebbero passati, i suoi giorni? Tutti uguali e tutti senza senso, senza attendere nulla, né un bussare alla porta, né con l’urgenza di presentarsi alla porta di qualcun altro. Fece per parlare, ma lei lo zittì con il suo semplice sguardo sconfitto e smascherato.
 
Per un attimo desiderò di non averla mai trattata in quel modo.
 
« Smettila, Sakura...» la supplicò. La sua mano andò a posarsi sulla guancia di lei. «...non ce n’è bisogno. »
 
Poi, senza un motivo logico, la baciò, trascinandola nuovamente sul letto.
 
 


Come si era arrivati a quel punto, poi? Sasuke non se ne ricordava. Se ci si fosse impegnato per un attimo forse tutto gli sarebbe tornato alla mente, ma non riusciva a concentrarsi.
 
I gemiti di Sakura lo distraevano, e lo privavano di qualsiasi capacità di ragionamento.
 
Sentì la mano di lei andarsi ad aggrappare alla sua schiena in concomitanza di un gemito che sembrava quasi un grido soffocato, piuttosto.
 
Non aveva intenzione di tapparle la bocca, quella volta. Si permise di baciarle le labbra, interrompendo quasi del tutto i movimenti in modo da non privarla di una qualsiasi manifestazione di piacere. Sakura portò entrambe le braccia dietro al suo collo, e la sentì di nuovo partecipe e sicura e tranquilla quando con quel gesto così amorevole approfondì quel bacio dato per istinto.
 
Che andasse bene in quel modo? Che quello fosse il loro equilibrio? Non fare l’amore a giorni alterni, ma solo fare l’amore? Per quanto tutta quella novità fosse snervante, Sasuke ancora non riusciva a capirne il peso.
 
Lo era davvero? Perché sentire e guardare Sakura avere un orgasmo non glielo faceva sembrare.
 
 


Non riusciva nemmeno a credere ai suoi stessi occhi. Sasuke si era sdraiato comodamente su di lei, la testa poggiata sulla sua pancia, e aveva ricominciato a leggere il libro.
 
Non che si sentisse offesa per le mancate coccole o cose del genere – sapeva di non potersele aspettare – ma tutto era confuso nella sua mente.
 
Cosa era accaduto? Sasuke l’aveva preso di petto, intimandole di smettere di mentire.
 
E adesso che aveva smesso? Cosa sarebbe successo? Non avrebbero più fatto l’amore insieme? Non si sarebbero più visti? Ci sarebbe stato un imbarazzo insormontabile?
 
Mentre pensava a tutto quello stava carezzando dolcemente i capelli di lui che ricadevano sulla sua pancia. Strano come quella fosse la prima volta che lo faceva in tutti quei mesi.
 
« Io ti amo. » gli disse. Sasuke interruppe bruscamente la lettura, un po’ sorpreso ma comunque non sconvolto, quasi come se si stesse aspettando quella dichiarazione taciuta per mesi. Alzò gli occhi nella sua direzione senza spostarsi di una virgola. Lei di rimando continuò a carezzargli i capelli. Sasuke e quei suoi occhi scuri e intensi, pensò, quanto sono belli...
 
« Io ti- »
 
« Va bene così. » rispose lui, ritornando a leggere.
 
Sakura bloccò la mano che scorreva tra le ciocche nere di capelli, stordita. Si sentì un po’ messa da parte con quella risposta lapidaria, come liquidata.
 
« In che senso va bene così? Ti ho detto che ti amo! » riprese, interrompendolo in modo molto più radicale togliendogli il libro di mano e gettandolo per terra, sempre dopo aver dato un’occhiata alla pagina.
 
Vide il ragazzo chiudere gli occhi e sospirare pesantemente, come per cercare di trattenere la rabbia.
 
« Centosessantadue. » gli disse, sperando che almeno quella rivelazione l’avrebbe messa sotto una luce migliore e non l’avrebbe resa l’oggetto del suo odio.
 
Sasuke si alzò e si mise a sedere a fianco a lei, sospirando ancora. Probabilmente non avrebbe voluto affrontare l’argomento subito, ma del resto era lui quello che aveva voluto rendere tutto più vero, e quindi avrebbe dovuto affrontare le conseguenze delle sue azioni.
 
« Allora? » lo incalzò, vedendo che le cose non si muovevano. Sasuke aveva solamente iniziato a massaggiarsi le tempie, forse sperando che un’idea geniale gli illuminasse il cammino.
 
« Sakura, va bene così. » ribadì, sempre ad occhi chiusi e sempre massaggiandosi le tempie.
 
« Va bene così come, Sasuke? » lasciò intravedere la rabbia nel tono di voce per la mancanza di una risposta esplicita. Non aspettò nemmeno che lui cercasse un altro modo ambiguo per metterla a tacere. Si alzò dal letto alla ricerca dei vestiti. Se Sasuke non voleva darle una risposta, allora non c’era bisogno di perdere altro tempo.
 
 


Le prese gentilmente i fianchi e la fece sedere a cavalcioni sopra di lui, sgusciato fino a bordo letto per non farla andare via. Era vero: non aveva voglia di parlarne, in quel momento, e avrebbe solamente voluto leggere quel malcapitato libro, ma Sakura sembrava impaziente e confusa ed alla fine era giusto, pensò, darle una spiegazione.
 
Cosa sarebbe successo da quel momento in avanti?
 
Sasuke sapeva benissimo cosa avrebbe voluto dire, solamente non sapeva come, e il modo in cui lo aveva detto Sakura, con quei “ti amo” sinceri e amorevoli, lo disgustava e lo imbarazzava all’inverosimile, quindi cercò di trovarne un altro.
 
Appoggiò il volto sul petto di lei, i seni soffici a farli di cuscino e una clavicola spigolosa che gli premeva sulla fronte, sperando che quel gesto romantico l’avrebbe tranquillizzata facendogli guadagnare tempo. Era difficile dimostrare ad una persona quanto fosse importante senza dirglielo, e a quanto pareva “va bene così” non aveva funzionato.
 
« Niente più bugie. » disse, le labbra a pochi millimetri dalla sua pelle. Sasuke chiuse gli occhi, lasciandosi coccolare dal profumo di Sakura.
 
« Mi hanno mentito in molti, e anche troppo. Io odio le bugie. E tu non sai dirle. » sentì Sakura ridacchiare e non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso anche lui.
 
«Niente più giornate sì e giornate no, niente più casa tua o villa Uchiha. Solo...quando capita. »
 
Con l’orecchio teso in ascolto sul petto di Sakura, gli sembrò quasi di sentire il suo cuore perdere un battito. La sentì irrigidirsi e sussultare un attimo. Quando capita? Forse nemmeno quelle erano le parole giuste per dirle che l’amava.
 
« Nel senso che...» cercò di rimediare « andrebbe bene sempre, per me. »
 
 


Si era affrettato a baciarla prima che Sakura comprendesse seriamente il significato delle sue parole. Si lasciò cadere delicatamente all’indietro sul letto, trascinando Sakura con sé e accertandosi di tener bene incollate le sue labbra alle proprie, perché altrimenti Sakura sarebbe stata capace di dire qualcosa che lo avrebbe infastidito.
 
Quando le sembrò abbastanza presa da quelle nuove effusioni, lasciò che le mani scivolassero da dietro alla nuca fin sul sedere di lei. Oh Kami, che bellissimo sedere.
 
Eppure Sakura si allontanò giusto di qualche centimetro per sussurrare quelle odiosissime parole che, effettivamente, si aspettava.
 
« Ti ho in pugno. » ghignò, tremendamente soddisfatta ma, finalmente, non più bugiarda.
 
Sasuke avrebbe potuto mettere in scena una nuova guerra ninja appena sentì quelle parole, ma la sua seconda reazione fu quella di sorridere.
 
« Non essere troppo soddisfatta per questo. »
 
Alla fine lo aveva in pugno sul serio, quella volta.
 
Ah, ma quel fondoschiena magnifico ne valeva la pena! 
 
 
  
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