Vicky si
alzò dal grande letto, pigramente, rotolando con voluttà e una
certa grazia disinvolta fra le lenzuola rosse di seta.
Si avvolse, con un brivido, nella grande vestaglia da camera di lui.
Non si era ancora abituata a quella incredibile sensazione di.. freddo.
Non esisteva un termine diverso per descriverla, non nella lingua umana,
pensò.
La lunga notte che aveva vissuto era diventata di colpo la più intensa,
la più importante della sua vita.
Negli ultimi mesi molte cose erano irreversibilmente cambiate, nella sua vita.
I segni del male che portava su di sè, indelebilmente tatuati sui suoi
posti sottili, ne erano un chiaro esempio, ma aveva la sensazione che quello
fosse stato il cambiamento meno evidente e meno incisivo.
Solo qualche settimana fa pensavo che sarei tornata con Mike, prima o poi.
Pensavo che la nostra coppia, com'era stata combattuta eppure a prova di bomba
nel lavoro, sarebbe tornata ad esserlo almeno nella vita.
Mike.
Povero Mike, in fondo probabilmente ci aveva pensato anche lui,ad un eventuale
ritorno di fiamma.
Aveva un debole per le donne come lei, donne determinate, coraggiose, eppure
piene di contraddizioni. Quello, alla fine, l'aveva allontanata da lui. Lei non
possedeva contraddizioni, era caparbiamente coerente nella sua follia: Mike su
di lei si era sbagliato totalmente.
Per questo, nonostante una piccola fitta le pungesse distrattamente il cuore,
l'aveva coscientemente spinto fra le braccia di Katie, la sua nuova partner.
Quasi certamente, litigi lavorativi a parte, sarebbero stati felici insieme.
Ripensò, quasi distrattamente, alle mille cene di take away cinese che
lei e Mike avevano condiviso.
Altre cene l'avrebbero attesa ora, e certamente avrebbe rimpianto l'unta,
pesante eppure deliziosa cucina orientale.
Ma poi, perchè lo aveva fatto? perchè aveva lasciato che
accadesse?
No, non mentire, almeno non a te stessa. Non hai permesso che accadesse, lo
hai desiderato a lungo, lo hai voluto fino all'ultima fibra del tuo vecchio
essere.
Aveva desiderato intensamente provare ciò che provava lui, vedere e
sentire come lui vedeva e sentiva.
Soprattutto, provare ciò che lui provava.
Ed ora lo aveva ottenuto.
Che abissale differenza, la notte scorsa, rispetto alla prima volta in cui si
era.. nutrito di lei.
La mera sopravvivenza contro il desiderio più sfrenato ed
incontrollabile, fino al momento in cui le parti si erano invertite, ed era
stata lei a suggere, per la prima volta, la sua eterna e gelida linfa vitale.
Henry aveva lottato a lungo per resisterle, per contrastare quella sua ultima,
folle idea.
Ma l'amore, o qualunque altra cosa fosse, che provava per lei non era stato
sufficiente a fargli controllare i suoi impulsi.
Era rimasto incredibilmente scottato,secoli prima, da ciò che era
successo fra lui e Christina, la vampira che lo aveva creato.
Il loro grande amore era diventato puro odio, era degenerato in una lotta senza
esclusione di colpi per il territorio, per l'alimentazione.
Un desiderio, una necessità primaria,pensò. Come in
tutti gli animali.
"Dovrò comprare un'altra vestaglia, per te. Non è mia
abitudine permettere che una donna passi la notte qui, e prima di oggi nessuno
aveva mai rubato i miei vestiti."
Henry, silenzioso e guardingo come un gatto, le era scivolato di fianco.
Vicky accennò un debole sorriso.
"Meno male che non hai ereditato il caratteraccio di tuo padre, o a
quest'ora sentirei nostalgia della mia testa."
Henry rise, in quel suo modo indefinibile, basso e musicale, circondandola da
dietro, con le braccia.
La cullò piano, mentre entrambi fissavano la città e le sue mille
luci, sotto di loro.
"Se pensassi che Dio può ancora ascoltarmi, invocherei il suo
perdono. Vicky..."
Il suo tono da ironico si fece duro.
"Non avrei mai dovuto permettere che accadesse, non avrei dovuto starti a
sentire. Ho controllato i miei impulsi per quasi cinque secoli, ed ora.."
Vicky si sciolse dal suo abbraccio, e gli prese il viso fra le mani.
"Per cinque secoli, semplicemente non hai incontrato me."
Lui la allontanò, senza però smettere di stringerle le mani.
"Vicky, non è un gioco! Lo sai cosa succederà. Quello che
è successo con Christina. Per un po' resteremo insieme, io ti
insegnerò a sopravvivere, avremo bisogno l'uno dell'altra. Saremo
indissolubilmente legati, ma poi...", e qui Henry tacque. Un nodo gli
stringeva la gola, pensando a ciò che sarebbe inevitabilmente successo.
Vicky gli voltò le spalle, tornando a guardare la città che si
stendeva ai loro piedi.
"No Henry, non succederà.Non permetterò che accada,
nè ora nè mai."
Il tono di lui si accese d'ira.
"Certo, perchè tu sei Victoria Nelson, la più forte, la
migliore in tutto. Colei che sfida la magia nera senza calcolarne le
consegueze, colei che .. Vicky, a questo punto credo proprio che tu non abbia
riflettuto affatto prima di trascinarmi in tutto questo!"
Vicky in un lampo si trovò dietro di lui, immobilizzandogli le braccia
dietro la schiena.
Comodissimo, questo nuovo potere. Peccato non averlo avuto quando lavoravo
in polizia.
"Henry, credimi" gli sibilò all'orecchio, la bocca deformata
dai suoi nuovissimi, appuntiti canini, gli occhi improvvisamente neri e fondi
come le notti senza luna.
" Ho riflettuto moltissimo prima di .. diciamo, indurti in tentazione. E
se ti dico che non permetterò che la fame ci divida, è
perchè so quel che dico. Ho una soluzione diversa."
Lui la sfidò.
"Vedi, non mi sbagliavo. Vicky Nelson, la donna che ne sa una più
del diavolo...nonchè più di un vampiro, naturalmente."
Vicky lo lasciò andare, e tornò a sedersi sul letto. Lui la
raggiunse poco dopo.
"Perdonami Vicky." Sembrava dispiaciuto per l'alterco di poco prima.
"Temo che le mie buone maniere siano significativamente peggiorate, almeno
negli ultimi duecento anni. E'solo che... dimentico come ci si sente,
all'inizio. La confusione, il senso di smarrimento totale."
Lei gli prese le mani fra le sue, e iniziò a giocherellare con le sue
lunghe, affusolate dita.
"Non ti biasimo per le tue parole. Mi ha sempre ferito, però, ogni
tua più piccola mancanza di fiducia in me. Ed ora non è diverso..
anzi, sì, lo è. E' peggio."
Henry la rovesciò sul letto, accarezzandola, giocherellando con i suoi
capelli sciolti sul cuscino.
"Che ne dici di riprendere il discorso più tardi?"
E senza aspettare risposta, le tappò la bocca con un lungo, appassionato
bacio.
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Vicky continuava a guardare Henry, steso nel letto accanto a lei.
Le volgeva le spalle, ma anche nel buio, ormai per lei reso chiaro dalla sua
nuova condizione, poteva indovinare la curva del suo viso, la linea morbida
delle sue labbra, la spigolosità della sua fronte.
Con un dito, ne tracciò il profilo, soffermandosi ad accarezzargli i
lunghi riccioli neri. Poi si alzò,ed uscì sulla terrazza.
L'aria estiva era profumata e tiepida.
I suoi sensi, amplificati, coglievano particolari che da mortale non era in
grado di apprezzare.
Il profumo della magnolia in piena fioritura, dolce e quasi nauseabondo, eppure
incredibilmente attraente.
Come quello del sangue.
Il rumore regolare del traffico, dei locali, della musica suonata da un
ragazzino tre piani più sotto.
Il sordo pulsare di mille, diecimila, centomila cuori umani intorno a lei.
Quelle nuove sensazioni le davano quasi la vertigine.
"Pensi che non abbia capito perchè mi hai implorato di ...
trasformarti?"
Henry era di nuovo al suo fianco. La sua pelle diafana brillava alla luce della
luna.
"Non sono così stupido Vicky, anche se ogni tanto probabilmente tu
lo credi."
"Henry, io.. ne avevo bisogno. Bisogno, capisci?"
Volse il viso in un'altra direzione, evitando ostinatamente di guardarlo negli
occhi.
"Avevo bisogno di sentire ciò che senti,di essere come te. Solo
così avrei potuto farti sentire davvero.. farti capire.. ciò che
provo per te. Ed ora l'ho fatto, e puoi credere quello che vuoi, ma non sono
pentita. Anche se so cosa mi aspetta."
Henry la strinse con forza a sè.
"Non sei obbligata, Vicky. Forse noi.. forse potremo sconfiggere la
maledizione della solitudine che grava sulla nostra razza. Forse saremo in
grado di sconfiggerla, di essere felici, di restare per sempre insieme. Per
sempre Vicky, fino alla fine del mondo, fino alla fine dell'ultima era, senza
mai dividerci. Forse.."
"Troppi forse, Henry Fitzroy. Non mi piacciono i forse. E se non andassi
fino in fondo, so che arriverei ad odiarmi, e quel che è peggio a odiare
te. Probabilmente, arriverei a pentirmi della mia decisione. E l'ho meditata
troppo a lungo per doverla ritrattare."
Si sciolse dalla sua stretta.
Lui la fissava, senza capirla totalmente.
"Ma perchè hai voluto farlo? per un'unica notte? come se.."
Lei gli chiuse la bocca con un dito.
"Milioni di persone al mondo non hanno nemmeno una notte. Noi l'abbiamo
avuta, ed io so che se avessi vissuto anche cent'anni senza ciò che ho
provato con te, fra le tue braccia, sarebbe stata una vita inutile.
Non rimpiango ciò che ho vissuto come umana, sono tutti ricordi
bellissimi. Ma sapevo, a un profondo livello di coscienza, che se non avessi
valicato la linea di confine fra gli umani.." fece una breve pausa "e
noi, non sarei stata in grado di capirti, di amarti nel modo giusto. Sarebbe
stato un amore a metà, un infinito sospeso.
Henry Fitzroy, dopo questa notte insieme ho la certezza che mai avrei potuto
amare qualcuno più di quanto ami te, ora, qui."
Henry taceva. Il suo non era imbarazzo, era quasi commozione, e non pensava di
essere più in grado di provare qualcosa di così sublime, di
così... divino. O umano, forse.
"Credo di capire. E' per lo stesso motivo che ti ho permesso di seguirmi
nella mia maledizione, nonostante mi fossi giurato ostinatamente il contrario.
Non ho saputo agire con razionalità, forse perchè non credevo di
avere ancora un cuore capace di scombinare le mie azioni, i miei pensieri.
Victoria, " volutamente la chiamò con il nome completo,
"credevo che la mia vita... o qualunque cosa sia, fosse finita la notte in
cui Christina mi ha trasformato. Invece ho vissuto solo un lungo, agonizzante
procedere di anni, lustri, secoli, fino al mio incontro con te. Era quello,
quello soltanto il fine del mio destino. E ora non posso lasciarti andare, continuare
a camminare su questa terra come se nulla fosse successo. Non posso
davvero."
Vicky sembrò esitare, ma solo per pochi secondi. Era troppo testarda -
determinata, avrebbe detto lei - per abbandonare i suoi piani.
"Sono pronta,ora me ne vado."
Lo baciò, cercando di trasmettere in quel contatto tutta la passione,
l'amore, la tenerezza che provava per lui sin da quando lo aveva conosciuto.
Lui le serrò un polso con la mano.
"Tu non vai da nessuna parte."
Vicky sospirò.
"Ma allora non vuoi capire? Io.."
"Ho capito benissimo. Ma non voglio che accada chissà dove, da
sola. Voglio che tu stia qui, con me, esattamente in questo punto. Fra mezz'ora
sorgerà il sole."
Un brivido la scosse. E non era freddo, ma paura.
"Questa è una cosa mia, Henry. Se non ti fossi alzato, non staremmo
nemmeno qui a fare questa stupida conversazione.Stanne fuori, oppure..."
"Oppure cosa, Vicky? credi di potermi spaventare con qualche minaccia?
ormai l'unica cosa al mondo di cui mi importa sei tu, e l'unica paura sarebbe
vivere senza di te. Vivere, buffo come termine, no? senza di te anche la morte
sarebbe più invivibile."
La strinse ancora più forte, e la costrinse a sedere sulle sue
ginocchia.
"Shh, Vicky, è inutile qualunque protesta. Tanto, proprio come te,
ho preso la mia decisione."
Se fossero ancora stati in grado di piangere, lo avrebbero fatto. Ma il dolore
che provavano non sapeva palesarsi all'esterno.
Attesero, mentre la loro prima notte insieme si trasformava nella loro ultima
notte assoluta.
Rimasero in silenzio, allacciati teneramente l'uno all'altra, i visi pallidi
rivolti ad est, ascoltando i reciproci pensieri scorrere nelle loro vene come
il sangue soleva fare quando erano in vita, mentre il sole si alzava, lento e
inesorabile, su di loro...