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Autore: Kastania    19/02/2008    2 recensioni
*Una breve,romantica one-shot su Vicky&Henry, la mitica coppia di Blood Ties*
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vicky si alzò dal grande letto, pigramente, rotolando con voluttà e una certa grazia disinvolta fra le lenzuola rosse di seta

 

 

Vicky si alzò dal grande letto, pigramente, rotolando con voluttà e una certa grazia disinvolta fra le lenzuola rosse di seta.

Si avvolse, con un brivido, nella grande vestaglia da camera di lui.
Non si era ancora abituata a quella incredibile sensazione di.. freddo.
Non esisteva un termine diverso per descriverla, non nella lingua umana, pensò.

La lunga notte che aveva vissuto era diventata di colpo la più intensa, la più importante della sua vita.

Negli ultimi mesi molte cose erano irreversibilmente cambiate, nella sua vita. I segni del male che portava su di sè, indelebilmente tatuati sui suoi posti sottili, ne erano un chiaro esempio, ma aveva la sensazione che quello fosse stato il cambiamento meno evidente e meno incisivo.

Solo qualche settimana fa pensavo che sarei tornata con Mike, prima o poi. Pensavo che la nostra coppia, com'era stata combattuta eppure a prova di bomba nel lavoro, sarebbe tornata ad esserlo almeno nella vita.

Mike.

Povero Mike, in fondo probabilmente ci aveva pensato anche lui,ad un eventuale ritorno di fiamma.
Aveva un debole per le donne come lei, donne determinate, coraggiose, eppure piene di contraddizioni. Quello, alla fine, l'aveva allontanata da lui. Lei non possedeva contraddizioni, era caparbiamente coerente nella sua follia: Mike su di lei si era sbagliato totalmente.
Per questo, nonostante una piccola fitta le pungesse distrattamente il cuore, l'aveva coscientemente spinto fra le braccia di Katie, la sua nuova partner.
Quasi certamente, litigi lavorativi a parte, sarebbero stati felici insieme.

Ripensò, quasi distrattamente, alle mille cene di take away cinese che lei e Mike avevano condiviso.
Altre cene l'avrebbero attesa ora, e certamente avrebbe rimpianto l'unta, pesante eppure deliziosa cucina orientale.

Ma poi, perchè lo aveva fatto? perchè aveva lasciato che accadesse?

No, non mentire, almeno non a te stessa. Non hai permesso che accadesse, lo hai desiderato a lungo, lo hai voluto fino all'ultima fibra del tuo vecchio essere.

Aveva desiderato intensamente provare ciò che provava lui, vedere e sentire come lui vedeva e sentiva.
Soprattutto, provare ciò che lui provava.

Ed ora lo aveva ottenuto.

Che abissale differenza, la notte scorsa, rispetto alla prima volta in cui si era.. nutrito di lei.
La mera sopravvivenza contro il desiderio più sfrenato ed incontrollabile, fino al momento in cui le parti si erano invertite, ed era stata lei a suggere, per la prima volta, la sua eterna e gelida linfa vitale.

Henry aveva lottato a lungo per resisterle, per contrastare quella sua ultima, folle idea.
Ma l'amore, o qualunque altra cosa fosse, che provava per lei non era stato sufficiente a fargli controllare i suoi impulsi.

Era rimasto incredibilmente scottato,secoli prima, da ciò che era successo fra lui e Christina, la vampira che lo aveva creato.

Il loro grande amore era diventato puro odio, era degenerato in una lotta senza esclusione di colpi per il territorio, per l'alimentazione.
Un desiderio, una necessità primaria,pensò. Come in tutti gli animali.

"Dovrò comprare un'altra vestaglia, per te. Non è mia abitudine permettere che una donna passi la notte qui, e prima di oggi nessuno aveva mai rubato i miei vestiti."
Henry, silenzioso e guardingo come un gatto, le era scivolato di fianco.

Vicky accennò un debole sorriso.
"Meno male che non hai ereditato il caratteraccio di tuo padre, o a quest'ora sentirei nostalgia della mia testa."

Henry rise, in quel suo modo indefinibile, basso e musicale, circondandola da dietro, con le braccia.
La cullò piano, mentre entrambi fissavano la città e le sue mille luci, sotto di loro.

"Se pensassi che Dio può ancora ascoltarmi, invocherei il suo perdono. Vicky..."
Il suo tono da ironico si fece duro.
"Non avrei mai dovuto permettere che accadesse, non avrei dovuto starti a sentire. Ho controllato i miei impulsi per quasi cinque secoli, ed ora.."

Vicky si sciolse dal suo abbraccio, e gli prese il viso fra le mani.
"Per cinque secoli, semplicemente non hai incontrato me."

Lui la allontanò, senza però smettere di stringerle le mani.
"Vicky, non è un gioco! Lo sai cosa succederà. Quello che è successo con Christina. Per un po' resteremo insieme, io ti insegnerò a sopravvivere, avremo bisogno l'uno dell'altra. Saremo indissolubilmente legati, ma poi...", e qui Henry tacque. Un nodo gli stringeva la gola, pensando a ciò che sarebbe inevitabilmente successo.

Vicky gli voltò le spalle, tornando a guardare la città che si stendeva ai loro piedi.
"No Henry, non succederà.Non permetterò che accada, nè ora nè mai."

Il tono di lui si accese d'ira.
"Certo, perchè tu sei Victoria Nelson, la più forte, la migliore in tutto. Colei che sfida la magia nera senza calcolarne le consegueze, colei che .. Vicky, a questo punto credo proprio che tu non abbia riflettuto affatto prima di trascinarmi in tutto questo!"

Vicky in un lampo si trovò dietro di lui, immobilizzandogli le braccia dietro la schiena.
Comodissimo, questo nuovo potere. Peccato non averlo avuto quando lavoravo in polizia.

"Henry, credimi" gli sibilò all'orecchio, la bocca deformata dai suoi nuovissimi, appuntiti canini, gli occhi improvvisamente neri e fondi come le notti senza luna.
" Ho riflettuto moltissimo prima di .. diciamo, indurti in tentazione. E se ti dico che non permetterò che la fame ci divida, è perchè so quel che dico. Ho una soluzione diversa."

Lui la sfidò.
"Vedi, non mi sbagliavo. Vicky Nelson, la donna che ne sa una più del diavolo...nonchè più di un vampiro, naturalmente."

Vicky lo lasciò andare, e tornò a sedersi sul letto. Lui la raggiunse poco dopo.

"Perdonami Vicky." Sembrava dispiaciuto per l'alterco di poco prima.
"Temo che le mie buone maniere siano significativamente peggiorate, almeno negli ultimi duecento anni. E'solo che... dimentico come ci si sente, all'inizio. La confusione, il senso di smarrimento totale."

Lei gli prese le mani fra le sue, e iniziò a giocherellare con le sue lunghe, affusolate dita.

"Non ti biasimo per le tue parole. Mi ha sempre ferito, però, ogni tua più piccola mancanza di fiducia in me. Ed ora non è diverso.. anzi, sì, lo è. E' peggio."

Henry la rovesciò sul letto, accarezzandola, giocherellando con i suoi capelli sciolti sul cuscino.
"Che ne dici di riprendere il discorso più tardi?"

E senza aspettare risposta, le tappò la bocca con un lungo, appassionato bacio.

******************************************

Vicky continuava a guardare Henry, steso nel letto accanto a lei.
Le volgeva le spalle, ma anche nel buio, ormai per lei reso chiaro dalla sua nuova condizione, poteva indovinare la curva del suo viso, la linea morbida delle sue labbra, la spigolosità della sua fronte.

Con un dito, ne tracciò il profilo, soffermandosi ad accarezzargli i lunghi riccioli neri. Poi si alzò,ed uscì sulla terrazza.

L'aria estiva era profumata e tiepida.
I suoi sensi, amplificati, coglievano particolari che da mortale non era in grado di apprezzare.

Il profumo della magnolia in piena fioritura, dolce e quasi nauseabondo, eppure incredibilmente attraente.
Come quello del sangue.

Il rumore regolare del traffico, dei locali, della musica suonata da un ragazzino tre piani più sotto.
Il sordo pulsare di mille, diecimila, centomila cuori umani intorno a lei.

Quelle nuove sensazioni le davano quasi la vertigine.

"Pensi che non abbia capito perchè mi hai implorato di ... trasformarti?"
Henry era di nuovo al suo fianco. La sua pelle diafana brillava alla luce della luna.
"Non sono così stupido Vicky, anche se ogni tanto probabilmente tu lo credi."

"Henry, io.. ne avevo bisogno. Bisogno, capisci?"
Volse il viso in un'altra direzione, evitando ostinatamente di guardarlo negli occhi.
"Avevo bisogno di sentire ciò che senti,di essere come te. Solo così avrei potuto farti sentire davvero.. farti capire.. ciò che provo per te. Ed ora l'ho fatto, e puoi credere quello che vuoi, ma non sono pentita. Anche se so cosa mi aspetta."

Henry la strinse con forza a sè.
"Non sei obbligata, Vicky. Forse noi.. forse potremo sconfiggere la maledizione della solitudine che grava sulla nostra razza. Forse saremo in grado di sconfiggerla, di essere felici, di restare per sempre insieme. Per sempre Vicky, fino alla fine del mondo, fino alla fine dell'ultima era, senza mai dividerci. Forse.."

"Troppi forse, Henry Fitzroy. Non mi piacciono i forse. E se non andassi fino in fondo, so che arriverei ad odiarmi, e quel che è peggio a odiare te. Probabilmente, arriverei a pentirmi della mia decisione. E l'ho meditata troppo a lungo per doverla ritrattare."

Si sciolse dalla sua stretta.
Lui la fissava, senza capirla totalmente.
"Ma perchè hai voluto farlo? per un'unica notte? come se.."

Lei gli chiuse la bocca con un dito.
"Milioni di persone al mondo non hanno nemmeno una notte. Noi l'abbiamo avuta, ed io so che se avessi vissuto anche cent'anni senza ciò che ho provato con te, fra le tue braccia, sarebbe stata una vita inutile.

Non rimpiango ciò che ho vissuto come umana, sono tutti ricordi bellissimi. Ma sapevo, a un profondo livello di coscienza, che se non avessi valicato la linea di confine fra gli umani.." fece una breve pausa "e noi, non sarei stata in grado di capirti, di amarti nel modo giusto. Sarebbe stato un amore a metà, un infinito sospeso.

Henry Fitzroy, dopo questa notte insieme ho la certezza che mai avrei potuto amare qualcuno più di quanto ami te, ora, qui."

Henry taceva. Il suo non era imbarazzo, era quasi commozione, e non pensava di essere più in grado di provare qualcosa di così sublime, di così... divino. O umano, forse.

"Credo di capire. E' per lo stesso motivo che ti ho permesso di seguirmi nella mia maledizione, nonostante mi fossi giurato ostinatamente il contrario. Non ho saputo agire con razionalità, forse perchè non credevo di avere ancora un cuore capace di scombinare le mie azioni, i miei pensieri. Victoria, " volutamente la chiamò con il nome completo, "credevo che la mia vita... o qualunque cosa sia, fosse finita la notte in cui Christina mi ha trasformato. Invece ho vissuto solo un lungo, agonizzante procedere di anni, lustri, secoli, fino al mio incontro con te. Era quello, quello soltanto il fine del mio destino. E ora non posso lasciarti andare, continuare a camminare su questa terra come se nulla fosse successo. Non posso davvero."

Vicky sembrò esitare, ma solo per pochi secondi. Era troppo testarda - determinata, avrebbe detto lei - per abbandonare i suoi piani.
"Sono pronta,ora me ne vado."
Lo baciò, cercando di trasmettere in quel contatto tutta la passione, l'amore, la tenerezza che provava per lui sin da quando lo aveva conosciuto.

Lui le serrò un polso con la mano.
"Tu non vai da nessuna parte."

Vicky sospirò.
"Ma allora non vuoi capire? Io.."

"Ho capito benissimo. Ma non voglio che accada chissà dove, da sola. Voglio che tu stia qui, con me, esattamente in questo punto. Fra mezz'ora sorgerà il sole."

Un brivido la scosse. E non era freddo, ma paura.
"Questa è una cosa mia, Henry. Se non ti fossi alzato, non staremmo nemmeno qui a fare questa stupida conversazione.Stanne fuori, oppure..."

"Oppure cosa, Vicky? credi di potermi spaventare con qualche minaccia? ormai l'unica cosa al mondo di cui mi importa sei tu, e l'unica paura sarebbe vivere senza di te. Vivere, buffo come termine, no? senza di te anche la morte sarebbe più invivibile."
La strinse ancora più forte, e la costrinse a sedere sulle sue ginocchia.

"Shh, Vicky, è inutile qualunque protesta. Tanto, proprio come te, ho preso la mia decisione."

Se fossero ancora stati in grado di piangere, lo avrebbero fatto. Ma il dolore che provavano non sapeva palesarsi all'esterno.

Attesero, mentre la loro prima notte insieme si trasformava nella loro ultima notte assoluta.

Rimasero in silenzio, allacciati teneramente l'uno all'altra, i visi pallidi rivolti ad est, ascoltando i reciproci pensieri scorrere nelle loro vene come il sangue soleva fare quando erano in vita, mentre il sole si alzava, lento e inesorabile, su di loro...

  
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