- Ologramma. 

 

Mi distendo sui pollici

a voltare epidermidi sbiadite,

a scrutare i tuoi fumogeni

che farneticano sui muri

per avvinghiarsi alle cornici

rotte

di un paesaggio
che non hai brandito.

Raccolgo ologrammi:

i riflessi dei tuoi spazi siderali

a rifugiarsi in un epigrafe

di nomi che hai dimenticato,

in un labbro edematoso 

di cuciture allo specchio;

l'ergo dei tuoi passi saltuari

che migrano sul selciato

alle ore 10 

per elaborare pargoli

nelle cene autoritarie

di un orologio e un fucile

che articolano algoritmi

sul destino adornato

di un accendino trangugiato,

paralitico.

Hai vivisezionato istanti

in un'aiuola di pulsazioni

intuitive, 

un calcolo che persiste

in una ciste di geografie

arginate.

Perditi, 

brucia.

Raggiungimi per non farlo

un'altra volta,

con un laccio emostatico

che cinga il crocevia 

dei tuoi fianchi cadenzati,

a scorticare la tua intermittenza,

sfiorare

l'istinto atavico di pugnalare il tempo,

le stazioni che non ho incontrato,

la giuntura neonatale 

ormai satura

e colma di alleanze incastonate

come pietre miliari 

che da tempo ho riciclato.