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Autore: _Woodhouse_    13/08/2013    2 recensioni
"La verità è che sapere voleva dire cominciare a sperare."
Un segreto - quello di Aido e Yuki - che cambierà le sorti di un'eterna partita a scacchi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabusa Aido, Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 3



Se c’era una cosa inopinabilmente oggettiva, quella era la mia capacità di ferire le persone e, Zero, avendo la sventura di essere il mio compagno da tempi immemori, era senza dubbio la vittima che più volte aveva presenziato ai rituali della mia sciocca crudeltà.
Dopo il freddo battibecco che ci aveva visti protagonisti successivamente al mio abbandono ad una dimensione impregnata di Kaname, io e Zero, per qualche giorno, continuammo a passarci accanto senza dirci molto, se non il necessario. Quando mi diede l’impressione di aver dimenticato l’episodio, riuscii a sentirmi meno colpevole. In più, considerando che non vedevo Hanabusa da giorni, la faccenda che ci vedeva complici mi appariva meno vivida e logorante e, considerato che non desideravo altro che Zero mi sorridesse, presi a concentrarmi su un metodo per tornare nelle sue grazie.
Certo, come no, piuttosto il pianeta degli unicorni è in fondo a destra.

Una settimana più tardi, Zero, dopo aver fatto ritorno da tre giorni di caccia tanto intensa da non lasciargli il tempo di rientrare, si presentò alla porta del salottino in cui usavo rilassarmi con un’aria tutt’altro che pacifica. I suoi occhi lanciavano scaglie di meteoriti, volendone dire una.
«Zero… eccoti.», esclamai in tono monocorde senza nemmeno sollevarmi dalla mia poltrona, «devi essere sfinito. Vuoi che ti prepari un bagno? O ti andrebbe prima un tè?» gli sorrisi cercando di addolcire i suoi tratti. Inutile specificare che fu del tutto inutile.
«Sta’ zitta.» mi ordinò avvicinandosi al tavolino del brandy.
Riempì un bicchiere di cristallo con del liquido scuro e se ne liberò frettolosamente tracannandolo con rabbia. Si asciugò le labbra con la manica della camicia e ricacciò il bicchiere sul tavolo, facendo tremare quest’ultimo. Il mio cuore fece lo stesso.
«Perché ti senti così offeso? Parlami. Non c’è motivo di portare avanti questo sciocco silenzio.»dissi nel modo più dolce che riuscii a confezionare.
«Non mi sento offeso in nessun modo. Non esiste alcuno sciocco silenzio. Voglio solo che tu stia zitta.»
Senza guardarmi, si posizionò di fronte alla vetrata della porta finestra, dandomi le spalle per specchiarsi e dare una sistemata al nodo della cravatta consumata che portava al collo.
«Ti saluto. Non aspettarmi.» si avviò lentamente verso l’uscio.
«Potresti degnarmi di uno sguardo o ti faccio schifo fino a tal punto?» lo provocai con tono stizzito ed alterato.
«Quanto sei sciocca.»mormorò gelidamente.
« Non osare uscire di qui!» gridai.
«Non sono il tuo servitore, Kuran.»
« Zero… vorrei non ripugnarti tanto.» dissi afflitta.

A quel punto lui mi raggelò con uno sguardo ed iniziò a fissarmi poggiato con la schiena contro la porta.
Rimase in silenzio.
Non riuscii più a sopportare quella sua freddezza e quel suo sguardo così colmo di disprezzo.
Perché non riusciva a smettere di odiarmi?
Perché non ci riuscivi, Zero?
Raccolsi le mie forze e mi scagliai contro di lui puntandogli un dito contro il viso.
«Se pensi che io ti permetta di trattarmi così, sei fuori strada, Kiryu. Non pretendo che tu possa considerare con disinvoltura quello che è successo quella mattina. Quello che pretendo è che tu mi parli. Che tu abbia a cuore la pace tra di noi. Se ti barrichi dietro i tuoi silenzi non farai altro che incrinare il nostro rapporto.»
« Sei fastidiosamente melodrammatica.»
« Forse sei tu che sei il solito insensibile!» sbottai irritata, col dito tremante ancora puntato contro il suo naso.
«D’accordo.» tagliò corto lui.
« Smettila di odiarmi, dannazione!» gridai ormai sull’orlo del pianto.«Smettila di trattarmi come un mostro! Se mi odi tanto, se ti ripugna tanto la mia vista, perché continui ad illudermi?»
In un attimo mi ritrovai in lacrime, sconvolta dalla rabbia e da un senso di colpa latente che albergava in me in maniera viscida e sordida.
«Hai finito?» mi domandò seccamente.
«Sì. Se vuoi che la smetta, be', ho finito.» mormorai con la voce distorta dal pianto.
Zero mi lanciò un’occhiata spaventosamente imperscrutabile e quando credei di averlo perso ancora, per l’ennesima, dolorosissima volta, sentii le sue mani afferrarmi per i polsi. Continuò a fissarmi con ferocia e sempre trattenendomi nella sua stretta mi costrinse contro il muro. Il suo petto schiacciò in maniera opprimente i miei seni e il suo sguardo penetrante, ormai pericolosamente vicino al mio, mi confessò il suo pentimento e la sua rabbia.
«Non ti odio, stramaledetta Kuran. Vorrei che fosse vero. Vorrei esserne capace», disse a denti stretti.
«Yuki… tu devi… tu devi essere onesta con me, capisci? Vorrei non conoscerti da secoli riuscendo così ad ignorare ogni tuo piccolo cambiamento. Vorrei troppe cose che non potrò mai avere. Però ho te, Yuki, ho te. Ho solo te.» aggiunse queste ultime parole con un filo di fiato e chinò il capo, continuando a tenermi stretta per i polsi.
«E cosa c’è di sbagliato in questo?» gli chiesi con una goccia di lacrime tra le labbra.
«Scusami, Yuki… » sussurrò col capo ancora chino ma abbastanza vicino da permettermi di sentire il suo respiro sul viso.
«Sta' tranquillo.» lo rassicurai con voce leggermente tremante.
Allentò impercettibilmente la presa su di me e tornò a guardarmi, ma stavolta con occhi differenti.
Tutto in loro era dolcezza e dolore. Anche questo era Zero.
Mi sollevai sulle punte andando in cerca delle sue labbra e quando le mie le trovarono, lui anticipò le mie intenzioni coinvolgendomi in un bacio senza respiro.
Fu un bacio sofferto, colmo di sentimenti che ci erano rimasti impigliati alle labbra, colmo di passione, di rabbia, vampirismo e umanità. Lui mi strinse forte tra le sue braccia ed io, travolta da quella cascata di emozioni, mi aggrappai con le dita ai suoi capelli per attirarlo ancor più strettamente a me.
Le mani di Zero divennero frettolose e ardite, tastarono le mie curve e si liberarono del mio abito di seta.
Rimasi nuda di fronte a Zero, davanti allo stesso uomo che mi aveva spogliata e che adesso mi teneva distante tenendomi per le spalle. Uno sguardo fu sufficiente per comprendere la sua frustrazione e il dubbio che si erano insinuati in lui. Zero aveva percepito l’onta del pericolo, sentiva con ogni senso che dentro di me si muoveva qualcosa che lui non riusciva a decifrare ed io, capii con tutto il mio essere, che in quel momento la sua fiducia in me si era nuovamente piegata. Per questo e solo per questo, adesso si allontanava da me. Ogni fibra del mio essere, inzuppata di segreti, gli palesava di fronte la mia vera natura.
Ai suoi occhi ero mostruosamente una Kuran. Ai suoi occhi ero tale a quale ai Sangue Puro che aveva odiato.
So bene che i quel momento  Zero Kiryu avrebbe voluto uccidermi.
Rimase alcuni istanti con gli occhi incastrati ai miei, poi si chinò a raccogliere gli stracci da terra e me li porse voltando il capo di lato di fronte alla mia nudità. Accolsi tra le mani ciò che mi porgeva e non dissi nulla. Non riuscivo a staccare gli occhi da lui, dal suo collo. Mi sentii schiacciata al suolo dall’impotenza e dalle verità del mio sangue.
 Mi rivestii in fretta, mostrandomi completamente sottomessa al suo volere.
Zero sfilò dalla tasca un pugno di pillole ematiche che trangugiò in un solo boccone.
« Adesso devo andare. » annunciò ad occhi bassi.
« Credi che tornerai presto?» domandai intimidita.
«Tornerò quando sarà opportuno farlo.» sentenziò seccamente.

Torna presto, Zero. Ti amo con tutta me stessa, per quanto sporca io sia.

«Come vuoi.» mi limitai a dire.

Zero se ne andò, forse all’associazione, forse a meditare in qualche sperduta caverna lontana, forse in una cella. Non mi era dato sapere le sue intenzioni né potevo pretenderlo. L’omissione era il cancro del nostro amore e nessuno dei due avrebbe saputo liberarsene.
Per tutto il giorno rimasi in un limbo, alienata dal mondo circostante e totalmente rapita dai miei pensieri.
Col passare delle ore il pensiero di Zero scemò, dando spazio al pensiero del mio prezioso segreto. Una spina sul cuore mi annunciò quanto tutto questo mi facesse sentire orribile, ma non potei farci nulla.
Volevo assolutamente vedere Aido e fare ciò che andava fatto. Lo avrei costretto ad affrontare qualsiasi ostacolo con le nostre sole forze. L’associazione era ormai gestita da Zero e non avremmo potuto contare sul suo appoggio, anche perché ci avrebbe senz’altro ostacolato. A nessuno ormai faceva comodo il ritorno di Kaname Kuran, meno che meno a Zero. Sapendolo morto, Zero era riuscito ad apprezzare di più alcuni aspetti dell’uomo che tanto aveva odiato, adesso, però, le cose gli sarebbero apparse diverse.
Un conto era per lui vivere all’ombra di Kaname, un conto era non doversi curare di lui per sempre.

Il giorno dopo mi feci ricevere in casa di Hanabusa. Sua moglie Mew mi accolse benevolmente e mi pregò di attenderlo nel suo studio giacché Aido stava concedendosi un bagno.
Comunque, non passò molto tempo prima che potessi incontrarlo. Probabilmente avendo saputo della mia presenza si era precipitato ad accogliermi come da copione.
Quando si accomodò al mio fianco sul divano di pelle di un nero lucido e setoso, mi fece presente che si riteneva completamente pronto ad assecondare ogni mia richiesta.
«Prima di tutto», gli dissi con tono greve, «dobbiamo assolutamente metterci in cammino. Più tempo passa più il cuore di Kaname rischia di indebolirsi. Non possiamo permetterlo.»
«E perché mai?» mi chiese confuso.
«Naturalmente perché potrebbe non avere abbastanza forza da riportarlo in vita.»
«Ma il compito del cristallo è proprio questo. Assorbire tutto il trascorso del cuore nella fornace donandogli in cambio la sua energia rigeneratrice. Ciò può avvenire, appunto, unicamente se i due poli di scambio si trovano in mezzo alle fiamme. Il fuoco sprigiona il potere del cristallo, mentre il cuore del Sangue Puro diventa come una calamita in grado di attrarre a sé il sangue dell’erede.»
«Ne sei certo, Hanabusa?»
«Assolutamente.» dichiarò serio.
«Ma allora perché potrebbe non funzionare? Non capisco.» confessai sentendomi improvvisamente ingenua.
«Perché è possibile che il cristallo non si trovi dove crediamo.»
«Pensi che qualcuno possa essersene già impossessato? E a che scopo? Possibile che qualcuno possa trarre profitto dal ritorno di Kaname?»
«Possibile.»
«Ma non hanno il sangue dell’erede.» obiettai.
«Ma è anche possibile che qualcuno se ne sia impossessato per assicurarsi che nessuno lo riporti in vita.» mi fece notare Aido.
«Questo è anche vero. Ma chi arriverebbe a tanto?» chiesi scettica.
«Kaname Kuran, per esempio.»
   
 
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