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Autore: MelKaine    19/02/2008    17 recensioni
Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi essere felice. Quando viene portato via dalla famiglia dei suoi zii la sua vita è destinata ad intrecciarsi con quella di Severus Snape, giovane maestro di Pozioni. Una storia sulla compassione e l'affetto, il cuore di tutto ciò che è amore.
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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The Heart of Everything 12
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Oh, salve! Grazie mille per i commenti!!! Siete spettacolari! Domani aggiungo le mie risposte, stasera sono troppo stanca...
Mh, che dire, non riesco ancora a tirare le fila di tutto, ho deciso di procedere lentamente... spero il capitolo sia di vostro gradimento, fatemi sapere se desiderate che nei prossimi accada qualcosa in particolare, se posso, sarei felice di accettare richieste!!
Oh, non posso fare a meno di anticiparvi che se riesco inserirò il link di due cose splendide che bombottosa ha fatto per me. Un banner ed una fanlisting su The Heart of Everything... Oddio, come sono belli!!! Grazie, my dear!!

Buona lettura

Mel Kaine

 

 

 

 

                                                                    The Heart of Everything

 

 

 

12 - / Where sinners fear to tread /


 



La quiete empiva gli spazi vuoti, sospesi fra i due adulti ancora svegli ed il piccolo uccellino.
Il sole non riusciva a filtrare le nubi, non riusciva a trovare un varco per donare calore.
Ciò che non era stato detto era come un sipario sulle loro teste, pronto a cadere sulla scena e nascondere per sempre attori e comparse.

Il tempo parve riprendere a scorrere monotono.
Finalmente, dopo un intero giorno di travagli, tutto era calmo.
Severus si rialzò, deciso a lasciare Potter in quel letto e a chiedere subitanea udienza ad Albus.

L’anziano, potente mago aveva molto da spiegare e ancor di più da rimediare.

Snape si diresse alla porta.

“Dove credi di andare con quel piede, Severus?” domandò accigliata Madam Pomfrey.

“Dumbledore mi attende”.

“Attenderà. Sul letto, Severus, fammi controllare anche le tue condizioni”.

L’uomo sospirò mentalmente. Conosceva la donna abbastanza bene da sapere che qualsiasi protesta sarebbe stata severamente punita con lunghe, asfissianti ore di rimproveri e prediche.
Mh, prospettiva orribile.
E comunque alla fine l’avrebbe avuta, come sempre, vinta lei. Quindi rassegnarsi subito aveva molti più punti favorevoli di un’aperta tendenza alla ribellione.
Semplicemente non c’era modo di sfuggire a Poppy quando lei decideva di avere un nuovo paziente…


Snape si sedette, con molta, sfrontata, lentezza.
Subito la donna prese ad affaccendarsi attorno alla sua caviglia e Severus la sentì pronunciare un paio di incantesimi di guarigione. Dopo aver bendato l’estremità in questione Poppy effettuò un breve esame generale e si ritenne un poco più soddisfatta.

“Riposo per tre, quattro giorni, un buon pasto ed una buona notte di riposo e potrai tornare ad avanzare minacciosamente per i corridoi e spaventare a morte quei poveri studenti”.

Severus rispose con un sorrisetto ironico.

Nuovamente la quiete interruppe il loro parlare.
O probabilmente era stato il contrario…

Severus si appoggiò ai cuscini, quasi seduto su quel letto immacolato e candido, e guardò il bambino-Potter riposare.
La sua voce a stento si poté udire al di sopra del silenzio.

“Parlami delle sue condizioni…”

La donna sospirò, amareggiata.

“In tanti anni di servizio in questa infermeria, Severus, non ho mai visto un bambino tanto malnutrito. Il piccolo Harry dimostra almeno tre anni meno della sua età e la sua crescita è pericolosamente rallentata. Le ossa sono sottili e fragili e la spalla sinistra si è calcificata in una posizione anomala…temo sarà necessario un piccolo intervento…”

Madam Pomfrey tacque un istante, abbassando gli occhi umidi.

“Evidentemente è stato picchiato più e più volte. Ho trovato molte vecchie ferite. Bruciature, graffi, lividi, piccole deformità ossee. Dio misericordioso, Severus, chi mai può avergli fatto una cosa simile? Quale essere vivente? Quale disgustosa, abominevole creatura?”

“Il suo zio Muggle e la sua famiglia, Poppy” e gli occhi dell’uomo si fecero neri come le profondità dell’inferno.

“Oh, cielo. I suoi stessi parenti? Proprio coloro che dovevano occuparsi di lui e crescerlo? Ma com’è possibile tutto questo? Oh, Merlino, che orrore, che orrore…”

Silenzio.

“Poppy, mi hai riferito tutto?”

“No”.

La donna raddrizzò la schiena e si portò le mani in grembo.
“Il bambino, ovviamente, è anche malato. Un’infezione acuta allo stomaco è la causa dei frequenti attacchi di vomito di cui mi hai parlato. Anche le vie respiratorie sono irritate e le difese di tutto l’organismo sono così basse che un semplice raffreddore potrebbe trasformarsi in polmonite e… ucciderlo in meno di un giorno. Povero piccolo. Oh, povero piccolo!” gemette afflitta la donna.

Severus si alzò dal letto.

“Devo andare. Fa’ in modo che il bambino non si svegli mentre non ci sono”.

“Severus dovresti riposare...”

“Non lasciare che si svegli, Poppy”.

E senza voltarsi uscì dall'infermeria, diretto a grandi passi verso lo studio di Dumbledore.

Severus entrò senza scomodarsi a bussare, certo che l’anziano e potente mago già sapesse della sua imminente visita.
Si diresse alla finestra, cercando senza sapere perché, un modo calmo e distaccato di iniziare quel lungo, furibondo discorso che teneva attanagliata la sua anima adesso un po’ meno nera.
Improvvisamente, senza una parola, si sedette, gli occhi neri fissi in quelli azzurri dell’uomo anziano dietro la pesante scrivania intagliata.

“Ho bisogno di sentirmi dire che non lo sapevi, Albus. Ne ho bisogno”.

Nessuna luce nel ciano di quelle iridi, ma seria preoccupazione.
“Potrei soddisfare la tua richiesta e dirti quello che vuoi sentirti dire, ragazzo mio, ma non è mia abitudine assentire senza prima aver compreso la domanda...”

Severus osservò Minerva, compostamente seduta accanto al vecchio mago.
La loro relazione era un segreto ad Hogwarts e quindi, naturalmente, tutta la scuola ne era a conoscenza.

“Albus, dimmi che non sapevi niente. Dimmi che quel giorno, quando hai lasciato Potter a quella famiglia di Muggle eri positivamente sicuro che ne avrebbero avuto cura. Dimmi che hai agito nell’ignoranza”.

La fronte del vecchio mago si corrugò leggermente. Minerva parve preoccupata.
“Caro ragazzo, le tue parole mi lasciano inquieto...”

Severus si alzò di scatto. L’aria parve spostarsi com’era avvezza a fare quando veniva frustata dal lungo mantello nero dell’uomo, anche se adesso egli ne era sprovvisto. Ormai l’aveva donato ad un piccolo uccellino.

“Per il sacrosanto Merlino, Albus. Una risposta concreta, per una volta!”

“Ragazzo mio, non ho veramente afferrato il senso delle tue parole…”

Severus si appoggiò con le mani alla scrivania, lo sguardo duro come diamante.

“Il bambino è stato abusato, Albus. Crudelmente picchiato, vessato, affamato. Per cinque anni”.

L’esclamazione inorridita di Minerva riecheggiò nel silenzio.
Per la prima volta da quando lo conosceva, Severus vide una sottile lama di confuso malessere in quel cielo, solitamente limpido, che erano gli occhi di Dumbledore.

Severus ritornò alla finestra.
Il cielo fuori Hogwarts era già carico di venti e di pioggia.

Senza che nessuno chiedesse il giovane uomo prese a narrare.
Guardando oltre i bordi della Foresta Proibita, rivisitò con le parole gli avvenimenti di quel dannato pomeriggio. Dell’improvviso rapimento del bambino. Dell’attacco di Sorier. Del loro imprigionamento. Della sofferenza fisica del figlio dei Potter.

“...e quando tutto cominciò a ricomporsi, quando intuii la verità, non ebbi il tempo di pentirmene e, sinceramente, non me ne pento nemmeno adesso”.

Si volse verso i due maghi più anziani e li osservò fieramente.

“Dovevo sapere, dovevo vedere. Ed ho visto”.

Gli occhi di Minerva si fecero grandi tanto quanto lo stupore che provava, mentre Albus sospirava.

Severus continuò, come se non ci fosse nessuno ad ascoltarlo.
“Ho visto cose che pensavo di aver lasciato indietro, cose che mi ero messo alle spalle quando ho abbandonato la fidata cerchia di seguaci del Signore Oscuro. Erano cinque anni, Albus, che non assistevo nuovamente ad una prolungata, efficace seduta di torture”.

Minerva si coprì il viso con le mani, scuotendo la testa, affranta.

“E adesso il bambino ha paura persino di respirare senza permesso. Ha paura di qualunque cosa si muova e non mangia perché non si ritiene meritevole del cibo”.

Severus si volse ancora una volta, avvicinandosi.
“Quel giorno ha bevuto la mia Wolfsbane perché credeva fermamente che la colazione sul vassoio fosse troppo ‘buona’. Che non potesse essere per lui, Albus”.

Minerva singhiozzò apertamente.

Di nuovo Severus si ritirò alla finestra.
Adesso pioveva.

Quasi come fosse il mondo stesso, attorno a loro, a versare lacrime amare e copiose.
Nessun tuono. Silenzio commemorativo.

E quanto bruciava sapere che certamente Lily Potter non si era sacrificata per lasciare poi che suo figlio venisse così barbaramente abusato…

Un lampo lontanissimo, un lampo quieto, illuminò una parte del suo viso pallido, una parte dei suoi occhi profondi, stracolmi, eppure tristemente vuoti.

“Adesso puoi rispondermi, Albus. Adesso puoi dirmi la verità. Il bambino è in infermeria ed io devo sapere come agire. Devo sapere se Hogwarts è ancora un posto sicuro per lui o se in realtà non lo è mai stato”.

Minerva ancora piangeva.
Una mano anziana le si posò su una spalla, cercando di portare conforto, ma la donna, risoluta nella sua apparente fragilità, la scostò.

“Albus, per l’amore di tutto ciò a cui tieni, per amore mio e di Severus e per la memoria di Lily e James. Rispondi. Ti supplico, dimmi che non sapevi, dimmi la verità”.

L’anziano, triste mago si alzò.
Solennemente pose le mani davanti a sé sulla scrivania.
Gli occhi umidi e decisi.

“Io, Albus Percival Wulfric Brian Dumbledore, confermo di non essere mai venuto a conoscenza delle condizioni in cui il giovane Potter è stato tenuto. Per la prima volta ne sento menzione adesso. E sono pronto a giurare questo sotto Veritaserum. Scendi pure nei tuoi quartieri, giovane maestro di Pozioni, e prendi una boccetta del tuo filtro della verità più potente, la forma più pura che hai distillato. Ed io la berrò”.

Severus si stupì impercettibilmente.

Il silenzio si trascinò a lungo fra loro tre.

Severus scosse la testa.
Il suo animo si era già placato con la semplice offerta di quella possibilità.

Ma Albus Dumbledore era un uomo risoluto, quasi più della sua compagna.
“Temo di dover insistere, mio buon ragazzo. E’ in gioco la fiducia di due delle persone che mi sono più care al mondo. Va’, adesso”.

E Severus andò e quindi fece ritorno.
Fra le dita stringeva la più potente forma pura del Veritaserum. Da lui stesso preparata, da lui stesso sperimentata. Tre gocce e persino un mago potente come Albus non avrebbe potuto contrastarne l’effetto. Tre gocce e di nuovo avrebbe potuto trovare un luogo sicuro dove riposare oppure un altro inferno di menzogne dal quale fuggire.

Albus, attentamente, si fece servire quelle tre gocce.
Dopo un lungo, tirato minuto, egli parlò di nuovo.

“Giuro solennemente di non essere mai venuto a conoscenza delle condizioni in cui il giovane Potter veniva tenuto e davanti a voi me ne dolgo profondamente”.

Severus incrociò quegli occhi azzurri.
Uno sguardo ed annuì.

Era come dire ‘Ti credo’.

E subito gli consegnò l’antidoto.
Non sarebbe stato eticamente corretto, altrimenti, continuare a discorrere.

Albus sorrise affabile.

“Tè, miei cari?”



Severus bevve lentamente dalla sua tazza.
Minerva sedeva ancora quieta accanto al Preside.

Come se non fosse mai stato interrotto il giovane mago riprese a narrare.
Raccontò della magia senza bacchetta e della loro fuga nella foresta.

“E quindi non hai idea di come abbiate fatto, tu ed il giovane Harry, a tornare qui?”

Severus scosse la testa.

“Mi sono risvegliato forse qualche minuto prima che tu, Minerva e Lupin irrompeste nei miei quartieri”.

“Hai pensato a come questo è stato possibile?”

Severus lanciò uno sguardo ancora fuori dalla finestra.

“Sì”.

Severus si alzò.

“Ma ironicamente la spiegazione più plausibile è la meno probabile o, a parer mio, la più fantasiosamente impossibile. Inverosimile in ogni aspetto – si volse verso Albus. – Ma dannazione, l’unica a cui posso pensare”.

Dumbledore si fece serio.

“L’unica vera, ritengo, ragazzo mio. Questa mattina, poco prima di trovarvi nelle tue stanze, Minerva si è precipitata a chiamarmi. Le barriere di Hogwarts erano state infrante. E come sai bene, Severus, soltanto pochissimi avvenimenti ne possono esser stati responsabili”.


Silenzio.

“Stai forse assecondando il mio folle pensiero, Albus? No… deve esserci un’altra spiegazione… un bambino così piccolo non può smaterializzare se stesso ed un’altra persona…”

“Severus…”

“No, non senza dividerci a metà, non così lontano, non attraverso due barriere anti-apparizione, Albus. Non una, due!”

Lo sguardo azzurrò si fece lievemente condiscendente.
“Una volta raccolto il potere per infrangerne una, mio caro ragazzo, perché mai una seconda dovrebbe fermarlo? La magia accidentale è qualcosa di eccezionalmente imprevedibile. Evidentemente il nostro giovane Harry è un mago ancor più grande di quanto già si riteneva…”

Severus, per l’ennesima volta, si ritirò presso la finestra.
Aveva molto su cui pensare.
Un bambino così potente… nelle mani di un uomo affascinato dal potere?
E non era Albus l’uomo di cui aveva pensato…

Dumbledore attese, sorseggiando quietamente il suo tè, una mano dolcemente posata su quella della donna al suo fianco, ancora segretamente scossa a causa delle orribili verità scoperte.

Improvvisamente la voce del giovane uomo domandò: “Il signor Sorier, invece? Ha fornito una spiegazione coerente che giustifichi le sue azioni? Gradirei conoscere il motivo per il quale io e Potter siamo stati costretti a prestarci per quell’insulsa commedia di seconda categoria…”

Albus sospirò.
“Ah. Mi dolgo ancora della reticenza del tuo ex-alunno, Severus, non posso fare altro che consegnarlo al Ministero. Provvederanno al suo processo nelle settimane a venire e forse riusciranno a stabilire l’identità di alcuni dei suoi ‘collaboratori’ ed i loro piani ”.

“Se può aiutare mi sono sentito in diritto di lasciare la mia prigione solo dopo aver raccolto un adeguato, e spero quantomai utile, risarcimento”.

Severus consegnò al Preside il Pensatoio e la bacchetta strappata all’uomo che li aveva raggiunti nella foresta. In seguito riportò i nomi che aveva udito e fece per congedarsi.

“Mio caro ragazzo, Hagrid ha gentilmente raccolto la tua bacchetta. E’ giusto che torni in tuo possesso”.

Con soddisfazione Snape strinse le dita attorno a quel legno conosciuto e sentì una piacevole scossa di potere magico salirgli lungo il braccio.

Di nuovo fece per andarsene.

“Severus, ragazzo mio, c’è ancora molto di cui parlare. Sicuro di non poterti trattenere con noi qui a cena?”

Uno sguardo duro.
“A tempo debito, Albus, te lo assicuro. La mia presenza, adesso, è richiesta altrove”.

E con un leggero cenno del capo si accomiatò.



Nella penombra di quello che orami era pomeriggio inoltrato, Severus si sentì vincere dalla stanchezza.
Senza fare rumore rientrò in infermeria e subito lanciò uno sguardo al letto in cui il bambino dormiva.

Pareva che niente fosse cambiato e tutto era quieto.
Poco dopo Poppy lo raggiunse.

“Il piccolo Harry non si è destato. Perché non ti riposi un poco, Severus?”

L’uomo quasi sospirò. Doveva essere propriamente sfinito per aver pensato di accettare serenamente quel suggerimento e restare sotto l’occhio vigile della donna, piuttosto che ricercare immediatamente la sicurezza e l’isolamento dei suoi quartieri.
Ed inoltre non poteva ignorare che Potter avrebbe avuto piacere nel trovarlo accanto a sé al suo risveglio.
Possibile, realmente, non desiderasse allontanarsi?

Senza ulteriori parole, né indugi, Snape si sdraiò in uno dei letti ed il sonno lo rapì quel medesimo istante.




Nel conforto del suo studio, quella sera, Albus si immerse nelle prime memorie contenute nel Pensatoio offertogli da Severus.



Il giovane uomo si destò al sorgere, nell’alto dei cieli, della luna.
Madam Pomfrey gli sorrise e gli servì una cena leggera.

Nel silenzio di un pasto ormai consumato, che non poteva più permettergli di procrastinare, egli parlò:

“Quanto tempo ti occorre con il bambino, Poppy?”
La donna sospirò.

“Domani mattina pensavo di sistemare la spalla. Nel pomeriggio volevo somministrargli alcune pozioni specifiche per i suoi problemi di salute e per la crescita. Il suo organismo è depauperato, Severus. Ma non sarebbe salutare tentare di correggere questa situazioni tutta in una volta e con il solo aiuto delle tue pozioni. Il suo corpo ha bisogno di buon cibo, di vitamine, di elementi nutritivi in rapporti equilibrati, poco per volta, per dargli il tempo di abituarsi ad assimilare”.

Severus annuì, senza aggiungere niente.
Concordava.

“Il bambino pare molto affaticato. Penso dormirà ininterrottamente tutta la notte. Rimarrai qui, Severus?”

“Sì”.

“Domani mattina riterrei opportuno somministrare una pozione soporifera al bambino prima di procedere con la spalla. Cosa ne pensi?”

“Sì, mi sembra indicato. Il giovane Potter non si trova a suo agio con persone sconosciute ed evitargli dolore e paura renderà senz’altro migliore anche il tuo intervento”.

La donna annuì.

Silenzio.

“Questo pomeriggio ho visto ricomparire la cicatrice sulla sua fronte. L’avevi occultata tu?”

“Diciamo che c’era la possibilità di fare incontri spiacevoli ieri. Una semplice pozione coprente. L’effetto dura un giorno solo”.

Di nuovo Madam Pomfrey annuì.

Silenzio.

“Domani desidererei assistere…”

“Naturalmente. Nel pomeriggio, se lo desideri, potremmo controllare quali pozioni abbiamo a disposizione e quali hanno bisogno di essere nuovamente distillate…”

“Eccellente”.

E Madam Pomfrey lo lasciò, concedendogli quel tempo che fin dal momento in cui aveva abbandonato le stanze di Albus temeva di ritrovarsi fra le mani.
Tempo per riflettere.
Tempo per ricordare ed analizzare.


Quelle ultime ore, dal preciso istante in cui aveva lasciato i suoi quartieri per portare fuori il bambino fino a quel momento, erano state come una lunghissima, indesiderata parentesi di avvenimenti imprevisti ed inimmaginabili.

Il passato e gli abusi subiti dal bimbo lo avevano lasciato inquieto nel profondo, per un motivo che oscillava pericolosamente verso memorie sepolte e rancori mai dimenticati, come una perfetta, bianca e levigata cicatrice.
Lui fra tutti, allevato sul filo di una tragedia sempre imminente, indesiderato e malvoluto, per primo avrebbe potuto accorgersene, ed anche a distanza di ore ed avvenimenti, il sapore aspro della colpa stagnava nell’aria.
Ed avrebbe voluto urlare contro la cecità di Albus, per coprire i propri peccati e sentirsi più libero e puro, ma si era rifiutato tale ignominiosa ipocrisia. Gli anni al servizio del Signore Oscuro lo avevano lasciato proprietario di una radicata idiosincrasia verso coloro che non sapevano farsi carico delle proprie responsabilità. Ogni azione può avere un prezzo o una ricompensa. A seconda di cosa si è donato o preso quando è stata commessa. E davvero il ricordo di Lily era sempre più simile a filo spinato ricoperto di miele. Realmente una dolorosa abnegazione era il cammino giusto?
In quei tragici momenti di prigionia e di rivelazione la sua prospettiva si era piegata sotto al peso degli eventi, ma adesso, in un luogo sicuro, steso in un letto confortevole benché impersonale, le domande fluivano, ondeggiando come spighe in un campo battuto dal vento.

Harry Potter era un bambino eccezionale.
Capace di infrangere senza difficoltà potenti barriere erette da maghi ancor più potenti.
Ma Harry Potter era, al tempo stesso, anche una vittima.
E la cicatrice sulla sua fronte era, e per sempre sarebbe stata, il suo passato, pieno di violenze e soprusi, ed il suo futuro, pieno di lotte e dolore.
Oh, sì. Perché Severus poteva immaginare tutto quello. Poteva immaginare il peso e la responsabilità e l’onere ed il dovere.
Harry Potter era un bambino destinato.
Solo ed unico, infelice e spezzato nell’anima.

E Severus sapeva che se avesse, adesso, rifiutato con convinzione avrebbe potuto mantenere la propria promessa di proteggerlo anche da lontano. Avrebbe per sempre vagato nei corridoi di Hogwarts osservandolo crescere da lontano, sconfiggendo per lui i nemici, eliminando per lui le avversità ed i pericoli.
Ed il suo debito sarebbe stato pagato appieno.
Anche soltanto così.

Adesso che tutto era chiaro e le carte scoperte gridavano di scegliere una direzione, quale cammino avrebbe seguito?

Lunghe ore insonni giunsero e se ne andarono.
E fu mattina.

Ma nessuna decisione apparve assieme al sole, mentre l’aria si riscaldava e la sua mente veniva assaltata impietosamente da dubbi ed ansietà.

Il suo sguardo nero, ancora una volta, si posò leggero sul bambino.

 

 




Continua…

 

 

 

Nota grammaticale: per mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati, ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’. Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.
 

 

Note del capitolo: Il Veritaserum è un potente filtro, estremamente complesso da preparare, che costringe chi ne assume tre gocce a rispondere sempre dicendo la verità, confessando anche i più nascosti segreti posseduti.

 

   

   
 
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