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Autore: leo rugens    13/08/2013    8 recensioni
Nevicava, quando incontrò Ed. Lo ricordava perché sentiva la punta del naso congelata e un sacco di fiocchi bianchi avevano deciso di fermarsi fra i suoi capelli, facendoli diventare elettrostatici.
Calcò meglio il berretto rosso in testa e accelerò il passo, fino al negozio di musica.
“Scusi, vorrei riaccordare il mio pianoforte.”
“Ho capito che la barba invecchia, ma dimmi, sembro davvero Albus Silente? Perché altrimenti la taglio!”
Appena lo vide, nella sua mente, apparve una parola: buffo.
Per la prima volta, si chiese: può buffo diventare sinonimo di amore?
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nina Nesbitt, Nina Nesbitt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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leo rugens' stories 2013 ©
Disclaimer: Questa storia è stata scritta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla.
Non si tenta in alcun modo di stravolgere il profilo dei caratteri noti.
Ed Sheeran e NinaNesbitt non mi appartengono in alcun modo.
Se copiate, giuro che vi prendo a sprangate
.




Salve a tutti! :)
Scrivo adesso e poi taccio per sempre, dopo queste cinque pagine totalmente piene di minchiate potrete offendermi quanto volete, davvero.
Preciso che la Shesbitt (Ed+Nina) non è frutto della mia immaginazione: è realmente esistita. (Giuro che se un'altra persona mi chiede "Ma davvero Nina è l'ex di Ed?" comincio a dare di matto sul serio, perché la cosa alla lunga è stancante e rompe l'anima) -non i coglioni, l'anima.-
Vorrei davvero ringraziare chiunque segua Shoes Laces, la mia long su Ed, mi meravigliate sempre.(recensioni in calo a parte, è estate per tutti)
Un ultima cosa (Madonna, quanto parlo, come fate a sopportarmi?)
Ho aperto un blog, su Tumblr, oltre al mio solito, vecchio, fangirloso leo rugens.
Si chiama Ven(to) -lo trovate pure nella mia bio- e ci scrivo qualunque cosa mi passi per la testa.
Ringrazio in anticipo chiunque lo apra, lo segua, reblogghi quello che scrivo e cazzi vari.
Sarei il niente senza di voi, sul serio.
Un grazie speciale a Vale, che mi sopporta e supporta nei periodi peggiori e che ascolta i miei sfoghi quando raggiungo il lv.100 di masturbazione mentale e, anche se sottointesa, alla mia Macca. Assolutamente polvere senza di te, Lupin.
Vi voglio bene, più di quanto immaginiate.
Adesso vi lascio ai due stupidi :)
Baci, pareri, abbracci e Haribo sono sempre ben accetti,

Sun.

ps. Ho scordato di dirvi che adesso su Twitter non sono più @bollhaz ma @leorugens, scusate :)






 

  Eco




È buio, troppo. Una luna strappata a metà da un branco di nuvole sanguina in cielo, ricoprendo tutto di un nero pece e un silenzio perfetto. Una macchina sfreccia ogni tanto sulla statale, schizzando il parafanghi nuovo montato il giorno prima, il vento soffia piano fra i primi fili d’erba, facendoli rabbrividire.
Un gatto apre e chiude gli occhi, pericolosamente gialli, sotto il rottame che per quella notte sarà casa sua. Edward, nella sua vita, ha sempre avuto orecchio per i rumori. I piatti che la mamma poggiava sul tavolo, il leggero brusio della televisione troppo vecchia del salotto, la lampadina del seminterrato che si fulminava: sentiva tutto. Esatto, sentiva. Perché adesso corre, ignorando il ticchettio della zip della felpa e i tuoni in lontananza.
Solo,
lontano,
grigio.
E mentre il cielo comincia a piangere piano, si asciuga una lacrima con il dorso della mano, sparendo dietro  una curva.


 

***


 


Il rumore della penna contro il foglio lo aveva sempre rilassato. Quando era nervoso o si annoiava, rubava una matita dal vecchio astuccio che teneva nella custodia di Lloyd e, seduto al tavolo di cucina, cominciava a disegnare e scrivere su un foglio totalmente bianco. La mancanza di righe, schemi, lo portava ad avvicinare  un disegno all’altro, creando un mondo di parole e faccine idiote. Smetteva solo quando sentiva la chiave girare nella porta e i tacchi dei suoi stivaletti marroni ticchettare contro il pavimento. Allora alzava la testa e sorrideva in direzione della porta: lei era sempre lì, poggiata contro lo stipite, scalza e con i capelli raccolti.
“Ehi.”
“Ciao.”
Non lo aveva mai ammesso a voce alta, ma gli piaceva quando Nina poggiava le mani sulle sue spalle e sbirciava i suoi fogli strizzando un poco gli occhi. Si incantava a guardarle le rughette di espressione vicino lo zigomo e, se vedeva le sue labbra storcersi anche solo di un millimetro, la baciava.
“Sei triste?”
“No, stanca.”
Chissà come, finivano sul divano, avvolti nel plaid blu, Nina addormentata sul petto di Ed, Ed a guardare Pingu alla televisione per tutta la notte.



 

I'm covered by nature and I'm safe now,
underneath this oak tree, with you beside me.

Ed Sheeran-Little Bird;

 


Se sentiva le foglie frusciare, automaticamente si addormentava. Non capiva mai se il vento avesse deciso di suonarle o corressero sui tasti di un piano invisibile a un ritmo simile a quello dei Coldplay. Lo trovavi lì, sotto una vecchia quercia del parco cittadino, le braccia incrociate dietro la nuca e il respiro pesante.
Non era tanto il dormire, quanto il risvegliarsi, la sua parte preferita: vedere tutto quel bianco sparire, mettere a fuoco i colori e Nina che lo guardava con un’espressione indecifrabile. A volte ci leggeva affetto, altre un pizzico di irritazione, ma bastava un po’ di solletico a farle sparire, tutte quante. Ed amava la risata di Nina, gli faceva venire una gran voglia di rincorrere la vita e urlargli che, se aveva lei, allora il mondo era bello, bello davvero. Passava ore a guardarla suonare il piano, sistemarsi il maglione troppo largo, leggere l’ennesimo libro di Sparks e si chiedeva se era sempre stato così. Se lei si accorgeva del suo sguardo insistente sorrideva e gli soffiava un bacio, che lui faceva finta di afferrare e mettersi in tasca.
Le labbra di Nina, quando schioccavano, facevano lo stesso suono delle bolle di sapone.



***




“Dimmi, innamorarsi è così?
Io non mi sento leggero, non ho farfalle nello stomaco, campane che suonano nel cervello.
Ho lei.
La vedo e mi basta, capisci?”


Ed continua a correre, ha il fiatone, è fuori allenamento, il cuore sta per scoppiare, non è sicuro di avere ancora entrambi i polmoni. È assurdo, crede di essere impazzito, salta addirittura, lì, sul ciglio della strada.
Si va sempre
avanti.




***




Di notte era tutto amplificato. I gufi fuori, le gocce che cadevano dal rubinetto del bagno, i piedi infreddoliti di Nina stretti intorno alla sua caviglia. Se ne stava lì, con gli occhi incollati al soffitto, aspettando qualcosa. Che finisse tutto, l’arrivo di una canzone, l’alba per scalciare via le coperte e far uscire Bellini sul terrazzo.
Proprio in quei momenti, inspiegabilmente, la mano di Nina passava sulla guancia di Ed e la sua testa si faceva più vicina. Le circondava la vita con un braccio e lei sospirava soddisfatta sulla sua spalla, facendolo rabbrividire. Nina era il suo scacciapensieri: finché era lì, con il suo sussurrare roco dopo una tazza di tè, Ed si azzardava a dirsi felice.
La musica sentita dalle cuffiette quando non le indossava era strana. Distingueva ogni singola parola e gli strumenti presenti nella canzone, ma era ovattata, come la voce la mattina, perché parlava con la faccia nel cuscino. I clacson delle auto, le bottiglie che tintinnavano se battute insieme, la suoneria del cellulare: tutto spariva, se Nina era nei paraggi, come se entrasse in un mondo fatto esclusivamente da loro due.



Una chitarra scordata, per lui, era come l’urlo straziante di una persona che stava per morire. Si tappava le orecchie e cercava di ignorare quella cosa insopportabile, non riuscendoci. Nina lo trovava spesso ad accordare con cura Trevor, mormorandogli qualcosa che solo lui poteva sentire.
“Ciao.”
“Ehi.”
Non alzava lo sguardo, lo teneva fisso sulle corde, finiva di passare lo straccio sulla cassa armonica, per togliere le impronte. Era come vedere un dottore alle prese con un’operazione chirurgica particolarmente difficile, ma che aveva fatto così tante volte da farla apparire una sciocchezza.
“Ciao anche a te, Trevor. Ed, ti va di andare da Nando’s per cena?”
Solo allora appoggiava la chitarra, le sfilava le chiavi di mano e la prendeva per mano.
Gli piaceva il cigolio tenue della porta del loro appartamento quando si chiudeva, gli ricordava il dondolio delle altalene.



***



“E com’è?”
“Bella, ma bella davvero. Mi batte ai videogiochi, si deve rifare sempre la coda due volte, perché la prima a detta sua viene sempre male, mangia il gelato dal barattolo. Prova su di me i suoi smalti, impreca, bestemmia, mi picchia, piange. Poi si tira su, e devo chiedere scusa, perché quando è arrabbiata ha sempre ragione. Tiene il muso per un po’, e sparisce sul terrazzo; mezz’ora dopo esco anche io con due birre in mano, e mi chiede scusa lei. Mi piacciono i suoi occhi, non voglio che gli angoli della sua bocca vadano giù, perché il suo sorriso è indescrivibile e allora la bacio, forte. Canta sotto la doccia, si sveglia tardi la mattina, dimentica sempre il cappotto, lascia la finestra aperta d’estate e parla sussurrando, come gli angeli. È da completo rincoglionito dirlo, lo so, ma Nina è il mio angelo: disgraziata quanto vuoi, ma forse è quello che la rende mia.”


Perché
continui
a
correre,
Ed?





***




Nina si era sempre definita lunatica. Insomma, per tre secondi le potevi piacere e poi per otto minuti riusciva a odiarti senza nessuno sforzo. Aveva chiesto più volte a suo padre di mandarla da uno bravo, uno di quei tizi che hanno a che fare con lapsiche, ma lui aveva scosso il capo, ridendo.
“Bambina mia, finiresti per far ammattire anche lui.”
Lei sbuffava e si prendeva una porzione extra di gelato, perché la cosa la tirava giù parecchio.
Sua madre, dopo cena, le bussava sempre alla porta di camera due volte e apriva, anche se Nina non le aveva detto di poter entrare.
“Sai che non lo dice sul serio, vero?”
“Sì, credo.”
“Beh, credo che al massimo potrei citarti Alice in Wonderland.”
“Tutti i migliori sono matti, lo so mamma, lo so.”
“So che lo sai, Nina. Allora perché non provi a crederci?”



Nevicava, quando incontrò Ed. Lo ricordava perché sentiva la punta del naso congelata e un sacco di fiocchi bianchi avevano deciso di fermarsi fra i suoi capelli, facendoli diventare elettrostatici.
Calcò meglio il berretto rosso in testa e accelerò il passo, fino al negozio di musica.
“Scusi, vorrei riaccordare il mio pianoforte.”
“Ho capito che la barba invecchia, ma dimmi, sembro davvero Albus Silente? Perché altrimenti la taglio!”
Appena lo vide, nella sua mente, apparve una parola: buffo.
Per la prima volta, si chiese: può buffo diventare sinonimo di amore?



***

 


Nina stringe un po’ più forte la ringhiera e, anche se l’anello le si conficca letteralmente nella pelle, fa finta che il dolore non ci sia. Veramente, vorrebbe che funzionasse così sempre. Sente che potrebbe cadere da un momento all’altro, totalmente priva di forze. Non dorme da giorni, ha mangiato dodici ore prima quella che doveva essere un’insalata e non ha suonato il pianoforte: sta male. Decide che, se può ignorare un anello che le stringe troppo il dito, può anche ignorare un’anima che vola via.


Attaccati alle apparenze Nina, fallo pure;
ricordati, però, che l’anello sull’indice ha lasciato il segno.




***

 

You're like the broken keys,
whilst I'm just a broken home.

Nina Nesbitt-Statues;



Quando Ed baciò Nina, lei aveva sulla punta della lingua la parola ‘felice’. Naturalmente, non la disse e si limitò a stringerlo più vicino e più forte, ma le rimase marchiata lì. Ogni volta che le loro labbra si sfioravano, anche per caso, la sentiva bruciare, esattamente come la prima volta. Si meravigliava di quanto quel ragazzo la conoscesse e facesse caso alle sue abitudini: il tè con due zollette di zucchero sul tavolo la mattina, il portachiavi a forma di tartaruga regalatole perché perdeva sempre il suo mazzo, le serate a sonnecchiare insieme sul divano. Se doveva dirla tutta, a volte aveva paura; paura di essere ovvia, non avere un briciolo di originalità. Poi, però, lo guardava negli occhi e, come aveva sempre detto sua madre, se lo faceva con un po’ più di attenzione, ci vedeva veramente l’amore là dentro.
La cosa difficile da ammettere era che quel ragazzo fosse sia la sua più grande paura, sia la sua più grande speranza.



Ed aveva l’influenza, era bloccato a letto da due giorni con Bellini sulla pancia e una pezza imbevuta d’acqua fresca sulla fronte. Nina aveva deciso di non andare in sala prove finché non fosse guarito o, perlomeno, la febbre non si fosse abbassata a trentasette.
“Non sto morendo, lo sai vero?”
Lei rise nervosamente, passandosi una mano fra i capelli e sedendosi sul letto, dimenticando di rispondere.
“Ehi.”
Si sentì prendere una mano e il pollice di Ed cominciò a disegnare dei piccoli cerchietti sul dorso, cercando di farla rilassare.
“Ciao.” Soffiò in risposta, sfinita.
“Non me ne vado da nessuna parte senza di te, capito testacchiona?”
Annuì poco convinta, mordendosi le labbra per non far vedere i suoi segni di cedimento. Nina leggeva terrore, in quella situazione. Nina era terrorizzata e segretamente ossessionata dal fatto che lui potesse lasciarla.
“Vieni qui, dai.”
Si sdraiò sul petto di Ed e lui cominciò ad accarezzarle i capelli, ignorando le lacrime e il mascara sulla maglietta che usava per dormire.
“Resta, ti prego.”
“Resto, Nina, resto.”



***




“Hai presente le promesse? Quelle con il ‘te lo giuro’ e la croce sul cuore. Lui quella sera non me la fece. È stato lì che ho capito che stavamo iniziando a finire.”


Nina afferra la chitarra, la borsa e chiude la porta con una mandata sola, perché ha troppa fretta. Ha un concerto e non vuole fare tardi, non è nel suo stile. I trucchi li lascia nel cruscotto della macchina, perché in realtà è tutto rotto.
Lei, la casa, le chiavi, l’asta del microfono di riserva.


Tutto
ha
un
prezzo.




***

 

Have we been seeing the world
through a piece of shattered glass?

Nina Nesbitt-Just Before Goodbye;



Nina era stata lasciata. Si sentiva particolarmente stupida e idiota con le mani abbandonate lungo i fianchi nel bel mezzo della cucina, le lacrime che pizzicavano, lei  ancora troppo orgogliosa per farle uscire. Si limitava a tremare in silenzio, guardando i resti di un bicchiere sparsi nel lavandino. Stava a testa china, ripercorreva ogni singolo momento della sua vita nella sua testa. Dov’era l’errore per cui aveva dovuto pagare? Perché proprio Ed?
Raccolse una scheggia di vetro minuscola, sfuggita alla scopa e alle sue mani attente e la osservò, avvicinandola all’occhio sinistro. Vedeva tutto offuscato, spezzato, perché il vetro era scheggiato. E capì che in realtà lo erano stati fin dall’inizio. Invece di preoccuparsi e riparare il danno, lo aveva solo peggiorato.
Lui se ne era andato, senza un addio o un arrivederci, sbattendo forte la porta, come per segnare quanto avrebbe inciso sulla sua vita. Ingoiò l’amaro che aveva sulla punta della lingua e si lasciò scappare un singhiozzo.
La felicità è come un fiore: devi prendertene cura, altrimenti appassisce. Quel piccolissimo ‘felice’ che Nina aveva sulla punta della lingua fin dal loro primo bacio, era sparito perché non lo aveva detto.


Allo specchio in bagno, si guardò da ogni singola angolatura. Si chiese come sarebbe stata con i capelli neri, rossi, castano scuro. Se le avessero donato gli occhi verdi, azzurri, blu o viola.
Avrebbe incendiato il mondo per sapere se Ed l’avesse amata, se fosse stata diversa. Se si fosse chiamata Alice e fosse venuta dal Suffolk.
Se non fosse stata Nina.



***




“Quindi non lo ami più?”
“Vorrei, davvero, ma non posso. Ogni tanto lo vedo ancora sullo sgabello in salotto a parlottare con il gatto e dire parolacce a caso perché non trova l’accordo giusto per una canzone e semplicemente mi rendo conto che non ci riesco. Non credo ci riuscirò mai, a smettere. Una parte di me vorrà sempre che sia lui a suonarmi il campanello con i sacchetti del take-away più vicino. Vedi, quella parte diventerà piccolissima, quasi invisibile, con il tempo. Il problema è che non andrà mai via del tutto. Semplicemente, lo amerò per tutto il resto della mia vita.”
Nina rigira un portachiavi sciupato fra le dita, a forma di tartaruga. Le sono sempre piaciute tanto, secondo lei danno ottimi consigli.
“E perché non ci riprovate? So che ci tiene ancora parecchio a te.”
“Perché il fiore è andato, Harry.”



***
 

 

And I know you say that I'm the only one,
but I know God made another one of me,
to love you better than I ever will.

Ed Sheeran-UNI;



Ed realizza per la centesima volta, seduto su un masso coperto di muschio, quanto in realtà ami Nina. Non sa spiegare perché abbia troncato tutto, bicchiere compreso. Magari perché lui non sarebbe mai riuscito ad amarla quanto lo amava lei, perché una sua, seppur infinitesima, parte pensava ancora a Alice. E lui voleva essere di Nina al cento percento, come lei lo era per lui.
“Basta giustificazioni Ed, non sei a scuola a cercare di coprire un’assenza che i tuoi non sanno.”
“Hai ragione, Harry- Sospira, guardando il suo migliore amico scendere dalla jeep e sedersi accanto a lui- Sono proprio un caso perso.”
I loro sguardi si incrociano un attimo per poi tornare a frugare fra le stelle, come se ci fosse nascosto qualcosa. Harry sa sempre a cosa pensa Ed, riesce quasi a prevederne le mosse. È come se fossero due facce della stessa medaglia, due fratelli con una madre diversa.
“La stai pensando ancora?”
“Beh, la penso sempre. Ogni minuto, ogni secondo. Ringrazio il cielo che non esista la telepatia o potrebbero già avermi arrestato per stalking.- Ridacchia fra sé e sé, grattandosi pensierosamente una guancia- Ma ormai mi sono arreso, perché non me la merito. Là fuori c’è qualcun altro che di sicuro saprà amarla meglio di me.”


 

 
*** 




Ed e Nina sono come l’eco. Si sono messi insieme al momento sbagliato, perché l’ostacolo da superare era troppo lontano per essere affrontato. Urlano, ma nulla torna indietro. Forse perché in realtà non c’è niente là fuori, ma troppo alle spalle.
Una cosa è certa: non è finita.



Non ancora.




***



 

E se non ti trovo?”
“Cercami nell’eco.
A(ma)mi nell’eco;
aspetto, Ed
.”



 

  
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