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Autore: Mordreed    13/08/2013    2 recensioni
Mentre qui in Italia ci struggiamo in attesa dei due capitoli conclusivi di questa meravigliosa saga, nessuno ci impedisce di immaginare possibili situazioni e scenari futuri per ingannare il tempo e allevare le nostre sofferenze mentre aspettiamo che la Rizzoli pubblichi finalmente gli ultimi due libri. Perciò questa mia storia è la mia personale visione del quinto libro. Riprende subito dopo la fine di 'Promessa di Sangue' e descrive possibili scenari futuri. Cosa succederà a Rose ora che è tornata? Il rapporto con Lissa sarà ancora come quello di una volta? E Dimitri sarà per lei un sogno amaro o un piacevole incubo? Lo spirito spingerà le ragazze in direzioni impensabili? Per Rose e Dimitri c'è ancora speranza? E la società dei Moroi è a un punto di non ritorno?
Tutte domande che troveranno risposta in questa serie. Spero vi piaccia e ci tengo molto a sapere che ne pensate!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PROLOGO

 
Decisioni. Decisioni. Decisioni.
La vita intera era fatta di decisioni. Alcuni facili e prevedibili, altre meno belle e più dolorose.
Come quella che ero stata costretta a compiere circa un mese e mezzo fa. La vita, meglio nota con il nome di ‘grande bastarda’, mi aveva portato a operare una scelta tra l’amore della mia esistenza e la mia partner di vita. Ma come si può scegliere quando entrambi erano parte di me? Come potevo scegliere quale pezzo della mia anima seguire e quale lasciarmi dietro? Era impossibile, eppure è una decisione che ho preso.
Ho trascinato il mio cuore tritato e sanguinante per continenti voltando le spalle alla mia migliore amica e protetta Lissa, per onorare una promessa che tempo prima avevo fatto all’uomo della mia vita: Dimitri.
Solo pronunciare il suo nome mi fa ancora accartocciare l’anima e venire la pelle d’oca. Dimitri era il mio compagno di lotta. Era il mio mentore e il mio istruttore ed entrambi, in un futuro che ora appare così lontano e fantasioso, saremmo diventati i guardiani di Lissa, o meglio la principessa Vasilisia Dragomir, l’ultima discendente della sua casata reale. Nella società in cui vivo ci sono ben dodici casate reali. Tra queste casata viene letto un re o una regina che salgono a capo del governo Moroi. I Moroi sono vampiri viventi, in grado di esercitare uno dei quattro elementi della natura: terra, aria, fuoco, acqua. Sono i vampiri buoni, del tutto diversi dai personaggi che popolano i miei incubi ogni notte: gli Strigoi. Questi ultimi sono vampiri nel verso senso della parola. Sono non-morti che vagano per la terra mietendo vittime e dando sfogo ai più crudeli e distruttivi impulsi esistenti. Le loro prede preferite però sono i Moroi. E qui entriamo in gioco noi, i dhampir, mezzi vampiri e mezzi umani, nati originariamente dall’unione tra umani e Moroi e in seguito solo da Moroi e dhampir. Una stranezza genetica che non approfondiremo qui.
Il nostro compito è proteggere i Moroi dagli attacchi e dagli scopi oscuri e malvagi degli Strigoi, i nostri più acerrimi nemici. Sin da piccoli ci viene insegnato che il male ha un volto e un nome: Strigoi.
Questa è una legge e una convinzione imprescindibile del mondo a cui appartengo. Ma di recente è successo l’impensabile. Durante una spedizione di soccorso, per recuperare i prigionieri che gli Strigoi avevano fatto organizzando un attacco alla nostra scuola, la St Vladimir Academy, Dimitri, un dhampir come me nonché uno dei migliori guardiani in circolazione è stato rapito e tramutato in Strigoi. Questo evento mi ha del tutto sconvolto a tal punto da portarmi a compiere scelte estreme: ho voltato le spalle alla mia migliore amica per cercare Dimitri e ucciderlo. Sapevo che quella era la cosa giusta da fare e sapevo anche che se il vecchio Dimitri fosse stato ancora in vita e non solo un non- morto che vagava per la terra, avrebbe voluto così. C’è l’eravamo detti, o meglio c’è l’eravamo promesso. La morte era l’unica soluzione se uno di noi due fosse diventato uno Strigoi. Avevo macinato chilometri per trovarlo e alla fine c’ero anche riuscita. Avevo compiuto persino l’impensabile, ossia ucciderlo. O meglio, era quello che credevo di aver fatto. Naturalmente avevo commesso un errore perché avevo da poco ricevuto un biglietto nel quale lui stesso mi avvertiva che avevo fallito. Era ancora vivo, pardon, non-morto a gironzolare per l’affascinante e caotica Russia. E dalle sue parole avevo anche inteso la sottile e oscura minaccia che celavano: questa volta sarebbe stato lui a trovare me e ad uccidermi. O a tramutarmi in una Strigoi, cosa che desiderava maggiormente.
In tutto questo però c’è che ho appena ritrovato la mia sorella di sangue. Dico questo perché io e Lissa condividiamo un legame che in pochi hanno. Un legame che rende il nostro rapporto assai più speciale e complicato di qualsiasi altro. La nostra non è una comune e banale amicizia. Siamo vincolate per la vita e forse anche oltre. Lo so per certo perché io sono stata baciata dalla tenebre. Grazie a Lissa e al suo potere dello spirito sono tornata direttamente dall’oltretomba dopo un piccolo soggiorno, di cui non serbo alcun ricordo, nel regno dei morti. Il fatto che Lissa mi abbia resuscitata ha dato vita a un legame indissolubile. E tutto questo grazie al potere che possiede: lo spirito. Sono in pochi a possederlo, come il mio amico, ok, forse non dovrei chiamarlo così visto che gli ho dato l’opportunità di corteggiarmi come di deve, Adrian, un altro reale che proprio come Lissa possiede il dono dello spirito. Anche in Russia ho avuto modo di incontrare un altro conoscitore dello spirito e il suo guardiano, o meglio marito in questo caso, baciato dalla tenebra. L’incontro con loro è stato molto illuminante per me e mi ha permesso di capire molte cose sul legame che io e Lissa condividiamo.
Questo raro potere è un vero e proprio fardello per chi lo possiede. Sono molti i malfattori disposti a fare di tutto per impossessarsene e piegarlo ai propri voleri. Proprio come Victor Dashkov che ha rapito e torturato Lissa affinché lo curasse da una grave malattia che lo tormenta. Adesso è in prigione a pagare per gli errori che ha commesso. Ma ecco il fatto è che Victor rappresenta una mia possibile via di salvezza. Durante il mio soggiorno in Siberia ho scoperto che Victor conosceva bene il potere di Lissa perché suo fratello, un tale Robert, è un altro conoscitore dello spirito in grado di operare la più grande delle prodezze: riportare in vita uno Strigoi. Adesso capite perché sono alla disperata ricerca di un modo per far evadere di prigione Victor e farmi portare dal suo grande fratello il quale in un modo o nell’altro deve riportare indietro il mio Dimitri così che la mia vita possa tornare a scorrere nella giusta direzione.
Ah, a proposito.. mi chiamo Rose Hathaway, ho diciotto anni, l’uomo che amo è uno spietato assassino, la mia migliore rischia di impazzire e di far impazzire me due giorni si e uno no, frequento l’ultimo anno all’accademia e sto per diplomarmi.
Ehi, in fondo sono una liceale come chiunque altro, solo con qualche cruccio in più.

 

CAPITOLO 1

 
Mi svegliai di soprassalto avvertendo un’improvvisa urgenza e senso di paura attanagliarmi lo stomaco. Mi bastò un attimo per capire che non era la mia la paura che sentivo in quel momento.
Lissa.
Di notte, quando le difese erano basse e a volte del tutto assenti, era un gioco da ragazzi scivolare nella mente di Lissa e fondermi con lei. Era una cosa automatica come respirare o lavarsi i denti.
In quel momento attraverso il legame sentii che era agitata e sul punto di fare una cavolata.
‘No’ le urlai mentalmente anche se lei non poteva sentirmi. Il legame funzionava a senso unico. ‘Resta dove sei’.
Ero ancora nella sua mente e potevo chiaramente sentire e vedere quello che stava per fare. Lissa era seduta sul letto, avvolta nel soffice piumino di piuma d’oca, i capelli spettinati e gli occhi leggermente gonfi. La sua mente era turbata e si arrovellava su una questione in particolare: Io mi trovavo ancora all’accademia o ero fuggita un’altra volta senza dirle niente?
Aveva appena sognato che scappavo via nel cuore della notte e quando lei si svegliava ormai era troppo tardi. Aveva perso le mie tracce ancora e non sapere dove fossi o perché non l’avessi portata con me tenendo fede alla promessa che le avevo fatto. Adesso che quell’incubo era finito voleva solo controllare se fosse appunto solo un brutto sogno oppure si fosse tramutato in una realtà concreta, inaccettabile e dolorosa. Dovevo intervenire prima che commettesse qualche  imprudenza e si facesse sorprendere a vagare per i corridoi della scuola dopo il coprifuoco. Ero io quella che si beccava rimproveri e provvedimenti disciplinari. E mi andava bene così. Il suo curriculum doveva restare immacolato specie ora che mancava così poco al diploma. Non avrei permesso che altre pecche macchiassero la sua reputazione e la sua pagella scolastica dopo la fuga dall’accademia che ci aveva portato via per ben due lunghi anni. Ma se addirittura la regina in persona era disposta a passarci su e a dimenticare questa piccola pecca, allora non sarebbe stato un problema. Perciò non potevo proprio permettermi altre situazioni che avrebbero richiesto un intervento dai piani alti.
Senza pensarci due volte rotolai giù dal letto e corsi alla porta della mia camera. La socchiusi cercando di evitare il minimo cigolio e spiai il corridoio.
‘Merda’. C’era la tizia della sorveglianza alla reception e un guardiano che passeggiava silenziosamente canticchiando a bassa voce. Non sarei mai riuscita ad evadere da li e lo sapevo benissimo. Mi concentrai alla ricerca di un piano di fuga ma non c’era nemmeno uno che non contemplasse il corpo a corpo con il guardiano e la tipa della sorveglianza. E aggredire un superiore e il personale della scuola mi sarebbe costato minimo un espulsione immediata. Cosa che non potevo assolutamente permettermi.
Così richiusi la porta e tornai in camera mia sospirando frustrata. Un tempo mi sarei tirata fuori da quella situazione in un batter d’occhio. Mi sarebbe bastato fare il nome di Dimitri e avrei ottenuto il mio lascia passare per incontrare Lissa. Ma adesso era del tutto impossibile. Anche se stavo escogitando un modo per tirarmi fuori di li non potei non pensare a quello che Dimitri stava facendo in quel momento. Forse era a letto, anzi molto probabilmente era proprio così visto che fuori era giorno e per gli Strigoi il sole era un nemico giurato, a leggere o guardare la tv. O forse, e per un attimo quel pensiero scatenò in me una gelosia così potente da disintegrarmi, era con una preda a bere il suo sangue dal suo collo caldo e pulsante. Durante i miei giorni di prigionia con lui, gli avevo permesso di bere il mio sangue, un episodio che fosse venuto alla luce mi avrebbe costato l’appellativo di ‘sgualdrina di sangue’. Far bere il proprio sangue a un Moroi o a uno Strigoi era considerato al limite dell’indecenza. Qualcosa di sporco e osceno e di cui vergognarsi. Eppure io in quel momento non provavo affatto vergogna. Solo gelosia nell’immaginarlo con le labbra chine sul collo di un’altra e un profondo senso di impotenza. Perché sebbene la fuori, nel mondo reale avessi già impalato e ucciso un mucchio di Strigoi, adesso temevo di farmi beccare da uno stupido guardiano e da una sorvegliante. Ero soggetta a regole di cui solo qualche settimana prima ero convinta di essermene totalmente liberata. Forse furono proprio quei pensieri sulla mia condizione di studentessa liceale bloccata nel sistema scolastico a darmi l’idea per una mia possibilità di salvezza.
Se non potevo mettere in atto un piano di fuga che contemplasse lo scontro diretto con chi sorvegliava quei corridoi allora mi serviva un diversivo. E l’avevo eccome un diversivo.
Controllai se nel frattempo Lissa se la fosse svignata o peggio ancora se era stata beccata mentre lo faceva.
No, per fortuna era ancora li mentre misurava a grandi passi la sua camera indecisa sul da farsi: rischiare il coprifuoco per vedermi o attendere l’inizio delle lezioni per controllare se le sue paure erano infondate o meno?
Approfittai della sua indecisione per agire.
Aprii l’armadio e tra i vari vestiti, accessori e cianfrusaglie di cui non ricordavo nemmeno la provenienza, cercai quello che mi serviva. Finalmente la trovai. Era una piccola busta di carta di un negozio di Portland. Lissa e io avevamo fatto li gli acquisti per il Natale imminente solo un anno prima. Un Natale che non avremmo mai festeggiato perché un certo guardiano alto, incredibilmente sexy e con un lieve accento russo avrebbe pronunciato una frase che avrebbe interrotto i nostri piani e progetti futuri: “Mi chiamo Dimitri Belikov e sono qui per riportarla a scuola, principessa”.
E fine della storia.
Ma questo non ci aveva impedito solo qualche giorno prima di fare acquisti natalizi. Tra i vari regali e addobbi vari avevamo comperato anche dei petardi per festeggiare il nuovo anno. Era un’usanza a cui gli umani erano molto legati e per quei fuochi colorati spendevano interi stipendi. Solo cinque minuti più tardi, mentre con un accendino solleticavo la miccia di una strana bomboletta verde la lanciavo immediatamente nel corridoi capii perché gli umani erano disposti a spendere ogni anno milioni in fuochi e ingegni simili.
Il petardo che avevo appena lanciato si azionò roteando e sibilando su se stesso dando vita a uno spettacolo di fiamme colorate che illuminò il corridoio semi buio: blu, rosso, verde, arancio..
Il guardiano e la sorvegliante abbandonarono le proprie postazioni per accorrere allarmati da quello strano fenomeno che stava avvenendo sotto i loro nasi. Ero sicura che nessuno dei due avesse mai visto o sentito parlare di roba simile. Servendomi della loro distrazione e di tutto quel fumo che aveva strappato loro qualche colpo di tosse, ne lanciai un altro poco distante da dove i due si trovavano. Questo gli avrebbe tenuti occupati per un po’.
‘Bene Rose adesso o mai più’.
E fu allora che me la diedi a gambe.
Attraversai il corridoio in fretta e furia, ormai ero abituata a correre, qualcuno mi aveva addestrata perché diventassi il miglior corridore della scuola, e spalancai la porta gettandomi nelle scale che conducevano all’ingresso principale. In due minuti ero già fuori sotto la luce del sole. Non ebbi tempo di ammirare il freddo paesaggio del Montana che si risvegliava solleticato da quella frizzante aria primaverile e mi fiondai nell’edificio degli alloggi dei Moroi. Conoscevo la strada che conduceva alla camera di Lissa a memoria ormai. Avrei potuto arrivarci anche a occhi chiusi ma restava da eludere anche la sorveglianza di quel luogo. Così senza perdermi d’animo azionai altri due gioiellini pirotecnici che fecero subito il loro lavoro lasciandomi campo libero. Mentre salivo le scale e bussavo alla porta di Lissa pensai che avrei dovuto sempre portare con me una busta di quegli aggeggi li. Meglio di  un paletto d’argento in certe situazioni.
Alla seconda ondata di colpi Lissa venne ad aprirmi sconvolta da tanta irruenza ma anche allarmata. Si chiedeva chi mai potesse essere a quell’ora tarda. Lei non poteva percepire la mia presenza come io potevo fare tranquillamente con lei.
Quando i suoi occhi incontrarono i miei lessi tutte le emozioni che essi celavano. Niente aiuto del legame questa volta. Conoscevo Lissa come conoscevo alla perfezione tutte le mosse base del combattimento corpo a corpo.
Da allarmata la sua espressione divenne sorpresa e infine felice. Era felice di vedermi, felice perché ero li e non in chissà quale parte del mondo. E soprattutto perché il suo incubo era rimasto tale.
Mi gettai tra le sue braccia e lei fece lo stesso abbracciandomi come se da me dipendesse il suo sostentamento. E per certi versi era proprio così.
Entrammo in camera e con un calcio chiusi la porta alle mie spalle mentre mi sedevo sul letto accanto a lei.
“Dovrei essere offesa con te”
Le dissi assumendo un’aria d’un tratto seria e formale. La vidi irrigidirsi e un’espressione confusa pervase il nostro legame.
“Ti ho detto che non ti avrei mai lasciata più sola, a quanto pare non mi credi”
Conclusi fissandola di sottecchi. Le sue guance si imporporarono il che la rendeva ancora più affascinante e irresistibile. Non che Lissa avesse bisogno di trucchi o robe simili per esserlo. Lei era così di natura. Aveva un corpo snello e slanciato, così esile come lo erano tutti quelli della sua specie. Gli occhi chiari sembravano brillare nella semi oscurità della stanza, incorniciati da una massa, di solito perfetta ma ora artisticamente spettinata, di lunghi capelli biondi.
“Scusa”
Mormorò fissandosi le mani a disagio. Non potei impedirmi di sorridere per quella situazione fin troppo buffa.
Lei avverti i singulti della mia risata silenziosa e mi guardò spalancando la bocca.
“Stai ridendo”
Protestò scandalizzata colpendomi il braccio con un mano chiusa a pugno.
“Cos’era quello?”
Le domandai provocandola.
“Un pugno”
“E quello lo chiami pugno?”
Dissi inarcando le sopracciglia in una perfetta posa incredula.
Poi in un attimo tornammo entrambe serie.
“Mi dispiace”
Ripeté sinceramente colpita fissandomi con un’espressione così intensa da scuotermi dentro. Non potevo vederla così: fragile e sofferente. Era nella sua natura. Soffrire per tutto e per tutti. Era un’anima fragile e tormentata e quei poteri che il cielo le aveva dato erano un fardello ancor più grande per lei che per chiunque.
“Vieni qui”
Le dissi aprendo le braccia e lasciando che si accoccolasse sul mio petto.
“Siamo sorelle di sangue, ricordi? Non andrò da nessuna parte senza di te. Anche se questo significa schiantare la stronza regina reale o chiunque altro”
“Rose!”
Mi rimproverò con voce strozzata ma anche leggermente divertita.
“Promesso?”
“Promesso”
Si rilassò e sorrise. Il nostro legame mi inviò solo sentimenti positivi e luminosi come il sole che probabilmente splendeva oltre le persiane chiuse la fuori.
“Ti dispiace se dormo qui? Credo di aver esaurito diversivi per oggi”
Subito si fece da parte offrendomi una parte del suo letto, felice come se le avessi appena fatto un regalo la mattina di Natale.
 
Le giornate in accademia ripreso più frenetiche e impegnative che mai, soprattutto per me. Il mio breve soggiorno in Russia era qualcosa che non potevo affatto permettermi quando mancavano solo poche settimane al giorno del diploma. Perciò adesso mi ritrovavo di nuovo indietro col programma anche se dal punto di vista pratico ero sicura di essere molto più avanti rispetto a qualsiasi novizio della scuola.
Per fortuna potevo contare su un pezzo da novanta per rimettermi in pari col programma. Al mio ritorno, il capo dei guardiani della scuola, Alberta aveva fatto di tutto per convincermi a restare e ritornare a frequentare l’accademia come studentessa e non come semplice ospite. Mi aveva perfino offerto il suo aiuto come tutor. Una fortuna sulla quale non avevo mai sperato.
Evidentemente Alberta sapeva o intuiva il motivo della mia partenza. Forse aveva compreso la mia relazione e il mio rapporto che andava ben oltre quello professionale con il mio ex mentore Dimitri.
Parlare di lui al passato quando in realtà e in qualche modo vivo, o meglio non-morto da qualche parte la fuori, mi fa sempre sentire a disagio.
Cullata dai miei pensieri angosciosi mi diressi verso la palestra poco prima dell’inizio delle lezioni. Era li che avevo appuntamento con Alberta.
L’aria frizzante della notte mi solleticò il viso e i pantaloni della tuta che mi ero messa erano troppo leggeri per le rigide temperature del Montana. Nonostante fosse primavera, il termometro non superava i cinque gradi. Quando arrivai in palestra per un attimo vissi una pazzesca esperienza di dejavù. Tutto era così tremendamente simile e bizzarro. C’erano ancora decine di manichini fermi al centro della stanza, in attesa di un novizio che li impalasse con un paletto da esercitazione. C’erano corde e funi insieme ad altri attrezzi ginnici sparsi un po’ ovunque. Qualcuno aveva dimenticato di ordinare quella stanza.
Mi guardai introno spaesata mentre la luce dei neon diventava sempre più forte, accecandomi. Poi un rumore di porte spalancate lasciò entrare un’alta figura scura incappucciata.
“Dimitri”
Sussurrai senza fiato col cuore che perdeva un attimo. La sagoma nera mi raggiunse a passi svelti e felpati e si arrestò al debole suono della mia voce.
“Come hai detto scusa?”
Chiese perplessa Alberta sfilandosi il cappuccio dalla testa. Improvvisamente mi sentii una stupida. Privata di ogni forza ed energia, quello shock momentaneo mi privò della mia capacità di reagire e combattere. D’un tratto volevo solo rintanarmi in un angolo polveroso a piangere. Ma mi feci forza. Dovevo.
“Niente.. grazie di essere qui”
Risposi con la voce leggermente incrinata. Alberta mi scrutò preoccupata come se da un momento all’altro potessi mettermi a urlare e lanciare oggetti per la sala.
“Certo Rose.. grazie a te per essere rimasta, sono molto felice della tua decisione”
Era la seconda volta da quando la conoscevo che mi chiamava col mio nome e non il solito ‘Signorina Hathaway’. Correvo il rischio di affezionarmi a questa donna che già stimavo molto per la sua professionalità e impeccabile bravura nel combattimento. Ora che Dimitri era morto.. non-morto ecco, lei era senza dubbio la miglior risorsa che l’accademia avesse.
“Ti sei messa la tuta?”
Mi chiese scrutando il mio abbigliamento con un sopracciglio perfettamente inarcato. Cavolo, volevo riuscire a farlo anch’io.
“Certo”
Risposi confusa dalla sua domanda. Eravamo in palestra, cosa si faceva in palestra se non allenarsi e provare nuove tecniche di combattimento?!
“Rose.. non nascondiamoci dietro un dito. Modestia a parte, sappiamo tutti che sei la migliore nel combattimento di tutti i novizi che questa scuola abbia mai avuto”
Il suo complimento mi stordì e mi lasciò senza parole. Probabilmente la fissavo a bocca aperta come una stupida. Un conto era sentire quelle parole da qualcuno che mi voleva bene come Lissa o Adrian. Un conto era sentirle pronunciare dalle labbra di Alberta. Il capo dei guardiani.
“Perciò è inutile che insistiamo sul combattimento. Le lezioni giornaliere e del programma saranno più che sufficienti. Ciò che in realtà mi preoccupa sono le altre materie, soprattutto quelle teoriche..”
“Lei sarà il mio tutor di studio e non di combattimento?”
La delusione era esplicita nel mio tono di voce. Non potevo crederci. Alberta non rispose ma la sua espressione mi confermò quanto le avevo appena chiesto.
“Ma allora perché mi ha dato appuntamento in palestra?”
Domandai come una bambina capricciosa. Se avesse voluto studiare avremmo potuto incontrarci in qualsiasi altro posto. Mi aveva illusa, ecco. Era come sventolare un pacco di caramelle davanti a un bambino goloso per poi toglierle prima che lui potesse mangiarne una.
“Scusami Rose.. ma non ci sono aule libere al momento. E poi questo è il posto dell’accademia in cui mi sento più a mio agio. Magari potremmo inserire una sessione di riscaldamento muscolare tra un capitolo e l’altro di biologia”
La fissai come se avesse appena bestemmiato. ‘Sessione di riscaldamento?’ ‘Capitoli di biologia?’.
D’un tratto scappare e tornare in Russia a vivere con le Belikov mi sembrò la soluzione più giusta da seguire. Almeno li non avevano libri di biologia, solo romanzi western. Il che mi riconduceva a Dimitri, il che era un vero disastro.
“Va bene”
Risposi in fretta scuotendo la testa dai miei pensieri molesti.
“Facciamolo”
Tutto ciò che mi distraesse dal pensiero del mio sexy e affascinante mentore era gradito. Persino interi e inutili capitoli di Biologia liceale.
 
   
 
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