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Autore: lady hawke    13/08/2013    0 recensioni
Siamo abituati a considerare i difetti la parte peggiore di noi. A volte li combattiamo e a volte, molto più semplicemente, li ignoriamo. Eppure, se avessimo un po' di obiettività, capiremmo che i difetti sono quelli che ci definiscono come persone, tanto quanto i nostri pregi. Se ci osservassimo meglio e se ci lasciassimo osservare impareremo molto di noi stessi.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cornelia, Sirius e la famiglia Lethifold'
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Note: cosciente di non sapere cosa sto per scrivere, me ne sbatto per una volta di quello che dovrei o non dovrei fare, e scrivo quello che la mente detta. In realtà lo faccio sempre, ma stasera a maggior ragione. Seguendo la vecchia iniziativa della One Hundred Prompt Project, ho preso cinque simpatici prompt  (pigrizia, collera, vanità, invidia e insaziabilità) e ho scelto di rifilarli al mio OTP personale, ovvero Sirius Black e un pg originale di nome Cornelia con cui ho giocato troppo spesso, in un What if post prima guerra magica da cui ho salvato i Potter dalla morte e Black dalla gattabuia.
Cinque parole e cinque significati diversi, attribuiti all’uno e all’altro personaggio. Non conto di fare riferimenti troppo specifici, dunque penso siano comprensibili a chiunque. Credo. Spero.
… ma ha senso quel che dico?
Let’s go.


Pigrizia

Sirius ha un concetto tutto suo di dolce far niente. Non è una cosa fine a se stessa, ad esempio, perché stare fermo gli è quasi impossibile, ma è la quiete consapevole di chi prende una pausa dal mondo dopo una lunga corsa. È stendersi su un prato in un martedì mattina di una giornata d’estate dopo essere fuggito da una Londra calda e caotica; è il potersi permettere di respirare, di sentire il vento sulla faccia, fuori da quell’antro buio che è il Ministero della Magia. È aver sequestrato qualcuno all’alba buttandolo fuori dal suo letto, mentre covava una pigrizia ovattata e soffice come una coperta, per avere un po’ di compagnia, perché tutte le avventure, anche le più stupide, in compagnia sono un’altra cosa.
Cornelia è supina accanto a lui, gli occhi chiusi e l’aria di chi è altrove, in tutti i sensi.
- Ti sei addormentata? – una domanda brevissima e sufficiente a rompere il silenzio della giornata, altrimenti interrotto solo dai corvi in volo.
La ragazza apre un solo occhio e volta la testa verso di lui: - No, ma credo ne avrei il diritto. Mi hai svegliato alla cinque.
- La strada da percorrere era lunga.
Ci sono volute ore, anche con la sua moto, perché da Londra all’Irlanda, verso Muckross House, le miglia sono molte. Cornelia tiene il suo occhio castano fisso su di lui ancora un po’, con aria sospettosa, poi lo richiude, e torna a voltarsi verso la luce, come farebbe un girasole. La colpa di tutto questo, alla fine, è proprio sua. Se non fosse stato per Nel difficilmente avrebbe mai rimesso piede nei vecchi possedimenti della sua famiglia ormai felicemente estinta. Troppe sgradevolezze, troppe memorie indegne di essere ricordate. Cornelia l’ha avuta vinta solo per la testardaggine che le è propria, e perché, certe volte,  per andare avanti bisogna anche guardare indietro. Alla fine, il grande parco di Muckross House, con il lago che ci si affaccia davanti, con la grande casa scura alle spalle, è diventato il luogo dove essere pigri.
E’ il luogo della fuga perfetta, quando le abitudini diventano costrizioni troppo pesanti e insopportabili. E’ dove Sirius si sente un cane sciolto senza camminare a quattro zampe. In questo, deve ammetterlo, Cornelia si dimostra alla fine sempre paziente, nell’assecondarlo. Urla sempre un sacco di parolacce, quando la convince a partire nei momenti e negli orari meno opportuni del mondo, ma alla fine si lascia sempre trascinare, sonnecchia sull’erba come fanno i gatti, e si gode le sue giornate di svago non previste. Del resto nessuno sa mai dove si trovino, quando spariscono a quel modo, ed entrambi rivivono il brivido dei ragazzini che disobbediscono ad un coprifuoco e che provano la gioia dell’essere sovversivi, senza l’obbligo di dover poi doverlo essere davvero.
Il vento inizia a soffiare più forte, e porta a loro le note un po’ distorte di un pianoforte che suona.
- Marius è sveglio. – Cornelia parla con ancora gli occhi chiusi. A suonare è Marius, il fantasma di Muckross House, disgraziato membro della dinastia Black, unico occupante fisso dell’edificio, assieme a due Elfe Domestiche complessate.
- Depresso come al solito.
Nel apre gli occhi, e si tira un po’ su, appoggiandosi sui gomiti. – Ha suonato lagne peggiori. Non è musica triste, oggi.
- Non è nemmeno allegra.
Altra folata di vento, il lago davanti a loro si increspa, e anche Sirius si tira un po’ su. La musica che arriva dalle loro spalle non è, in effetti, né triste né lieta, ma piuttosto leggera. Sono suoni metallici che scivolano via sul vento come l’acqua dai ruscelli, riuscendo a sposarsi perfino con i rumori degli stormi di uccelli che volano sopra di loro.
- Perché siamo qui? – benché subisca questi rapimenti con fare piuttosto docile, Nel ha sempre il vizio di sapere il perché. E’ di natura curiosa, del resto, dettaglio che, soprattutto con Sirius, l’ha sempre messa in situazioni spiacevoli, ma negli anni non è mai stata in grado di moderarsi del tutto.
- L’idea di rimanere tutto il giorno al Dipartimento Auror mi deprimeva.
Cornelia annuisce, e si corica di nuovo, presto imitata da Sirius.
- Ha ragione James, dovresti fare il cane molto più spesso. 
- Frequentarti sarebbe stato più complicato.
- Ah, ma io adoro i cani. Sarei stata un’eccellente padrona. – Cornelia ridacchia come farebbe una iena.
- E’ proprio questo il problema, non sono il genere di cane che ama i padroni. – ed era vero. Aveva passato i primi venticinque anni della sua vita a sfuggire ogni forma di controllo e di autorità, perché non aveva mai sopportato il rumore delle catene che i più si trascinano dietro.
- Non lo sei, no… - Cornelia lascia la frase in sospeso, lasciando a Black il dubbio se lo stia prendendo in giro o meno, ma si stiracchia di nuovo e allunga una mano verso di lui. Senza pensarci troppo Sirius prende la mano della ragazza e la posa sul suo petto, continuando a stringerla. È una mano fredda di chi si è tolto la felpa per usarla come cuscino, ma che fatica a sopportare l’aria a tratti pungente. E infatti, poco dopo, quando alcune nuvole più spesse di altre coprono il sole e lasciano raffreddare il vento, la ragazza trema, e il suo braccio allungato mostra i segni della pelle d’oca.
Marius, in lontananza, continua a dar voce ai suoi pensieri e alle sue malinconie con il pianoforte.
- Vuoi andare dentro?
per un attimo Nel non risponde, quasi si fosse addormentata sul serio. In realtà sta attentamente considerando le sue opzioni.
- Se lo facessimo, dovremmo dar retta a Nesbitt e Umney, e interromperemmo il tuo  caro estinto. Se isolamento è ciò che vuoi, che sia completo. Però non ho mai visto l’altro lato del lago, e non mi ci sono mai immersa.
- Dubito che a qualcuno piaccia farlo, è acqua gelida. – Sirius in realtà ci si è lanciato, in quelle acque, da bambino, tuffandosi da un pontile sgangherato, in piena estate, sfidando suo fratello a fare altrettanto, ed è per questo che sa che quelle acque sono come una morsa d’acciaio. Sempre scure e fredde, da ammirare possibilmente a distanza. Ciononostante tira il braccio di Nel in modo che lei sia costretto a guardarlo, le bacia la mano che ha ancora stretta nella sua e poi si rimettono in piedi. Ci vuole più di mezzora per raggiungere il punto in cui, da bambino, più di una volta ha sfidato suo fratello e l’acqua blu. E si ritrovano entrambi con le gambe a penzoloni su un pontile dal legno annerito dagli anni e dalle piogge, solitario e dimenticato.
Cornelia è all’oscuro dei ricordi che quel luogo porta, e Sirius ci tiene che le cose rimangano così. Non ama e non tollera che qualcuno si insinui nei suoi ricordi prima che sia lui a deciderlo, non ama confrontarsi con quello che gli riporta alla mente rabbia o dolore, e quando viene messo all’angolo per farlo, ringhia come il cane che è. Non ama mentirle, ma preferisce lasciare un solco tra sé e lei, una piccola trincea difensiva tra il suo universo e quello di Nel, perché loro due, in fondo, sono impegnati da tempo in una silenziosa guerra di logoramento.
- E’ un bel posto, per oziare.  – commenta Cornelia, vaga. Sa da tempo che Sirius cela sempre qualcosa, dietro a quello che dice o che fa, e da tempo è determinata a scoprire cosa.
La musica di Marius non arriva più alle loro orecchie, ma è come se ci fosse, e ad entrambi porta pensieri di altre passeggiate, altri silenzi e altri giorni.
-  Se ti tirassi un bastone in acqua correresti a riprenderlo? – chiede ad un certo punto lei, incrociando le gambe.
- Non prima di averti buttato nel lago.
- Non è degno di un gentiluomo del tuo lignaggio.
Non lo è, pensa Sirius, ma non si è mai sentito tale. Del resto, nemmeno Cornelia ha mai avuto la stoffa di una lady.
- … ma dimenticavo che sei solo un cane randagio. – aggiunge prontamente Nel.
L’idea di lanciarla in acqua, a quel punto, si fa strada in Sirius per davvero. Ma qualcosa nella sua espressione deve averlo tradito, perché Nel è già in piedi.
- Ti ho rubato le chiavi della moto. – dice. – Buttami in acqua e io le faccio andare a fondo.
Nel tempo che Sirius impiega ad alzarsi, Nel ha già cominciato a correre indietro verso la terraferma sul bordo del lago. Sirius sa che Nel ha poca resistenza, e che si ritroverà presto con il fiatone, ma non per questo intende concederle del vantaggio.
Senza quasi volerlo, si ritrova a correre su quattro zampe, nelle vesti di Felpato, con la bocca aperta e la lingua penzoloni, come solo un cane in un giorno di ozio può stare.
  
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