Caso di cronaca
“Studente ventiduenne aggredisce vicina di casa. La vittima ricoverata con prognosi di dieci giorni”.
La vicina di casa era una donna single, di circa quarant’anni; come poi si appurò, non aveva mai avuto problemi col suo aggressore, non si era mai lamentata per il volume della tv troppo alto o fatti simili. Il giovane aveva suonato alla sua porta, verso le dieci del mattino di un giorno feriale, e quando lei aveva aperto, l’aveva spinta dentro, buttandola per terra e infierendo su di lei a calci per più di dieci minuti, senza aprire bocca. Aveva smesso soltanto quando si era sentito troppo esausto per proseguire. Allora era successo l’episodio più incredibile: la vittima, ripiegata su se stessa per reggere meglio i colpi, aveva trovato il fiato per chiedergli: “Hai finito?...” A quelle parole il ragazzo si era irrigidito d’improvviso, e dopo pochi secondi era uscito di corsa dall’appartamento. I suoi amici, con cui doveva vedersi poco dopo, raccontarono che quando si era unito a loro era bianco in faccia, ed era rimasto muto per tutto il tempo.
Quando gli inquirenti gli chiesero il motivo dell’aggressione, lo studente rispose, guardando fisso davanti a sé, con voce atona:
“Mi faceva schifo, schifo, quella grassona, quella sciattona. E anziché andare a nascondersi, anziché sparire dalla faccia della terra, se ne stava tutta contenta, puliva casa cantando, era sempre gentile, e io non potevo sopportare la gentilezza di quello... quello schifo...”