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Autore: Gilden    20/02/2008    1 recensioni
Solo quando un sogno diventerà realtà, i quattro frammenti potranno essere riuniti, e quando la gemma sarà completa, l'essere perfetto tornerà a camminare su queste terre.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sogno

 

 

Il Sogno

 

Un ragazzo entrò nella sua camera da letto sbattendo la porta. Il suo viso esprimeva irritazione, era appena cessata un’accesa discussione tra lui e suo padre, se solo il ragazzo ci avesse pensato, la discussione era cominciata per un motivo alquanto stupido; tuttavia il rancore verso il genitore lo saziava, come una distrazione in quella che lui definiva una monotona esistenza; e aveva intenzione di andare a dormire continuando a cibarsi di questo strano sentimento, aveva sempre odiato le incomprensioni, ed era fermamente sicuro di avere ragione, quindi decise di non riappacificarsi con suo padre, almeno non subito, avrebbe lasciato che si accorgesse da solo di aver sbagliato, così lui avrebbe dimostrato di non essere nel torto.

Il ragazzo si avvicinò al comodino, mise il telefono sotto carica, poi guardò il letto, come se fosse una sfida che doveva affrontare da molto tempo, allargò le braccia e fece un grosso sbadiglio, si diede un occhiata intorno, tutto era al suo posto, la scaffaliera in fondo, di fronte a lui, l’armadio sul lato destro era ancora li; poi decise di controllare la sua immagine allo specchio, aprì l’anta dell’armadio, e riflesso sulla lucida lastra si riconobbe, un ragazzo non molto alto, ma d'altronde era normale, in fondo tutta la sua famiglia aveva un’altezza tra il metro e cinquanta e il metro e sessanta; i suoi capelli erano tutti scompigliati, biondo cenere e finissimi, parevano quasi i capelli di una bambola tanto erano sottili, il ragazzo era parecchio muscoloso, e a petto nudo presentava un grosso tatuaggio sul braccio sinistro, raffigurante la testa di un lupo.

Il ragazzo evidentemente soddisfatto della sua immagine, fece un cenno di apprezzamento a se stesso riflesso sullo specchio, e chiuse l’anta; non si era mai lamentato, si piaceva, era abituato al suo aspetto fisico e vanitosamente si apprezzava; dopotutto come ragazzo era abbastanza carino.

Si strofinò i palmi delle mani, l’uno contro l’altro come per prepararsi ad una dura battaglia, scostò le coperte e vi si immerse fino al collo; spenta la luce cominciò a pensare al trattamento riservatogli da suo padre, e un moto di rancore lo pervase, dovette trattenersi dall’imprecare ad alta voce; ad un certo punto la sua rabbia, arrivata al culmine lo fece cadere in un gesto di debolezza, gli occhi gli si riempirono di lacrime, e si ritrovò a desiderare di risvegliarsi in un altro mondo, in un'altra persona, in un'altra vita.

E lo sanno tutti che bisogna prestare attenzione a quello che si desidera, perché qualcuno potrebbe decidere di accontentarvi.

Il sonno arrivò.

Quella notte fu la più burrascosa che avesse passato.

Quando ancora si chiamava Luca sognò la sua ragazza Federica, in uno sfondo nero, sembrava brillare di luce propria, bellissima, com’era sempre, i capelli neri sino alle spalle, gli occhi azzurro ghiaccio, il fisico perfetto, però la vedeva lontana, come se quella visione fosse l’ultima, come se fosse giunto il momento di dirsi addio.

Quando Federica, sempre con lo sfondo nero, ma non era nemmeno nero, era più intenso del nero, semplicemente non aveva un colore, quel paesaggio invisibile dietro di lei era completamente astratto, si allontanò, come scivolando su un pavimento che non c’era, fino a diventare un puntino appena percettibile dall’occhio, per poi svanire lasciando spazio al paesaggio inesistente; proprio in quel momento Luca provò un dolore straziante, un dolore inconcepibile, non un dolore preciso, era dappertutto, ogni recettore del suo corpo s’infiammò e urlò la sua disapprovazione verso l’improvviso disagio.

Il ragazzo non sapeva dire se quel dolore facesse parte del sogno, o se fosse reale, non era nemmeno sicuro di sognare ancora, il nero davanti e intorno a lui poteva benissimo essere il buio nella sua stanza, cercò di raggiungere il punto dove si trovava l’interruttore della lampada che utilizzava per leggere, ma non lo trovò; intanto, il dolore insopportabile lo lacerava, come una tortura; provò a spostarsi sul letto, ma si accorse che sotto di lui non c’era nessun letto, non possedeva nemmeno il senso del tatto, la forza di gravità non lo attirava verso il basso, non sentiva la pressione del suo peso su nessuna superficie; gli venne voglia di urlare, ma si accorse che non aveva la bocca per farlo, non vedeva nulla, non sentiva nulla, non poteva toccare nulla, era come se il dolore lo stesse consumando, come se si stesse mangiando tutto quello che era; anche i suoi ricordi cominciavano ad azzerarsi, incominciò a non ricordare chi fosse, dimenticò tutto, il lavoro, i conoscenti, la sua famiglia, dimenticò suo padre, e con  lui anche l’ultimo litigio, dimenticò i suoi due migliori amici, Erik e Veronica, dimenticò che loro due erano fidanzati, che erano una coppia immortale, e per ultima dimenticò Federica, gli balenò davanti a occhi che non aveva, per l’ultima volta la sua immagine, era sempre bella, i capelli sempre neri, e gli occhi sempre azzurri, poi dopo quell’ultima visione della sua vecchia vita, il dolore cessò, l’aveva consumato, si etra saziato di tutto ciò che era, allora Luca, se ancora così possiamo chiamarlo, capì che non era più nulla, non esisteva, non poteva nemmeno pensare di essere morto, perché non poteva capire la morte; tutti lo sanno che per sapere cos’è la morte, bisogna prima conoscere la vita, e quella non si poteva definire vita. E così fu, il processo inverso, contrario a quello appena accaduto, la prima sensazione fu il calore, poi il freddo improvviso, poi incominciarono a reinnestarsi ricordi che conosceva bene, ricordò Erik, Veronica, sua sorella, che ricordò chiamarsi Katya, sua madre, suo padre, e con lui anche il rancore che provava, ricordò Federica, il ricordo più importante, quello che gli fece capire di esistere di nuovo, gli fece capire di essere tornato. Provò a muovere un braccio, e sentì il tatto di una coperta, la forza di gravità era tornata, scorse della luce intorno a lui, da sotto le palpebre chiuse; capì di avere gli occhi, sentiva il vento soffiare vicino a lui, e pensò che si fosse dimenticato la finestra aperta; allora decise di alzarsi, però di tenere ancora gli occhi chiusi, così si mise in piedi di scatto, si sentiva riposato, una voce sembrava borbottare a fianco a lui, pensò che avessero sentito dei rumori, emessi da lui durante l’incubo, e che sua madre e suo padre fossero venuti, per vedere come stava, poi, facendosi coraggio, si decise ad aprire gli occhi, aveva voglia di riabbracciare i suoi famigliari, nonostante la rabbia che ancora provava verso suo padre, ma quando i suoi occhi si abituarono alla forte luce, quando misero a fuoco l’immagine, davanti a lui non c’erano i suoi genitori, e la sua camera era diversa, non era in una stanza, era uno spazio aperto, e quando preso improvvisamente dal panico, cercò di riassemblare il tutto, come pezzi di un puzzle, capì che qualcosa doveva essere andato storto, oppure invece era andato esattamente come aveva chiesto.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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