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Autore: MagicRat    14/08/2013    1 recensioni
"Sono abbastanza intelligente da capire che quello che provo per te non è vero amore. Almeno, molte persone la penserebbero così. Direbbero che è un’ossessione, o peggio. Una devianza. Non conosco il termine adatto.
Io so solo che occupi gran parte dei miei pensieri"
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entri nel mio negozio di corsa, con la sciarpa ben avvolta intorno al collo sottile e una spolverata di neve sulle spalle e sui capelli.
“Scusa scusa! È troppo tardi? Stai per chiudere?” mi chiedi ansimando.
Io ti sorrido. Hai le guancie arrossate. Chissà come devi aver corso per arrivare qui in tempo.
Certo che è tardi, sono quasi le otto di sera. A chiunque altro avrei detto di tornare domani, ma non a te. Sei la mia cliente speciale.
“Fai con calma. Sai già dove trovare i dischi che ti interessano, vero?”
Tu annuisci e ti infili tra gli alti scaffali occupati da cd, vinili e dvd.
So già dove andrai: in fondo al negozio, nella sezione dedicata ai gruppi rock. Scorrerai le lettere dell’alfabeto fino alla P e poi inizierai a esaminare attentamente i vinili dei Pink Floyd.
È grazie a loro che mi hai conquistato. Una ragazza della tua età – venti, ventitre anni? – che sa apprezzare la loro musica è rara da trovare.
E poi diciamocelo, sei molto carina. Non bellissima, una di quelle ragazze che sceglierebbero per fare la pubblicità dei profumi o roba del genere, ma secondo me sei molto carina.
Non sei una bellezza, ma, ehi, sei apposto, come diceva qualcuno.
Comunque, tutto è iniziato quando sei venuta qui per comprare “The Dark Side of The Moon”. Avevo pensato che si trattasse di un regalo, di certo non era un disco che poteva interessarti.
Invece la settimana dopo sei tornata per comprare un altro disco, sempre dei Pink Floyd.
E quella dopo ancora, e anche quella seguente.
“Sono i tuoi preferiti?” ti ho chiesto la quarta volta.
Tu sei arrossita, devi essere molto timida.
Mi hai risposto di si, che li avevi scoperti da poco.
Ho dovuto faticare parecchio per riuscire a farti parlare. Forse non ti fidavi di me perché sono più grande.
In tutta sincerità, avresti fatto meglio a continuare a non fidarti, piccola.
Ad ogni modo, alla fine ti sei sciolta un po’. Ti fermavi a chiacchierare con me e cose del genere.
Un giorno sei perfino venuta a bere un caffè al bar qua di fronte.
È stata quella volta che ti ho seguita fino a casa .
Tu non te ne sei accorta, ovviamente. Dopo tutti questi anni sono diventato piuttosto bravo.
Da allora ogni tanto mi siedo su una panchina nei giardini davanti al tuo appartamento e ti osservo.
Abiti al secondo piano, seconda finestra a destra. Ti affacci spesso lì. Fumi una sigaretta e guardi l’orizzonte, i grattacieli della città.
Ti ho scattato diverse foto, mentre sei affacciata a quella finestra. E anche mentre sei intenta a scegliere un nuovo disco in negozio.
Le conservo tutte in un album. Di sera, quando sono a casa, accendo lo stereo, mi verso un bicchiere di vino e le osservo, pensando a… beh, a tutte le cose che mi piacerebbe fare insieme a te. Che mi piacerebbe fare a te.
Sono abbastanza intelligente da capire che quello che provo per te non è vero amore. Almeno, molte persone la penserebbero così. Direbbero che è un’ossessione, o peggio. Una devianza. Non conosco il termine adatto.
Io so solo che occupi gran parte dei miei pensieri e spero sempre di vederti entrare in negozio.
Se questo non succede, ogni tanto dopo la chiusura faccio una passeggiata fino a casa tua a osservare la finestra. Mi accontento anche solo di vedere passare la tua ombra dietro le tende.
Al contrario di molti miei “simili” non ti ho mai inviato mazzi di rose rosse, non ti ho mai telefonato a notte fonda per riattaccare subito. Non vorrei mai spaventarti.
Però un giorno non ho saputo resistere.
Ho lasciato chiuso il negozio, mi sono appostato sotto casa tua e appena sei uscita, io sono entrato.
Ah si, quasi dimenticavo. Le chiavi non le hai perse. Le ho prese io, quella volta che hai lasciato la borsa vicino alla cassa, ti ricordi?
Hai un appartamento davvero carino, con tutti quei vinili e mensole cariche di libri. È piccolo, ma per una ragazza della tua età basta e avanza.
Comunque non mi sono fermato troppo a lungo, il tempo di prendere un fazzoletto di stoffa -  ho sempre considerato volgare rubare indumenti intimi -  da un cassetto e spruzzarci sopra qualche goccia del tuo profumo. Anche se è molto più buono sulla tua pelle.
Ora quel fazzoletto è all’interno dell’album.
Mi era venuta una mezza idea di nascondere una microcamera nella tua stanza da letto, mi piacerebbe tento vederti dormire, ma anche questo sarebbe stato un rischio troppo grande, purtroppo.
Finalmente vieni alla cassa con un vinile in mano.
“A Momentary Lapse of Reason. Ottima scelta” ti dico.
“Grazie” mi dai una banconota, ma io te la restituisco.
“È il tuo compleanno. Non posso farti un regalo?”
Tu arrossisci. Mi piace quando arrossisci, l’ho già detto?
“Come fai a sapere che è il mio compleanno?”
“Facebook fa magie” io odio Facebook, ma ho creato un account per il negozio e tu ti sei aggiunta.
Appena ti ricordi di queste cose fai un sorriso.
“È vero. Beh, allora grazie”
Mi aspetti mentre chiudo il negozio. Fuori ha smesso di nevicare, ma fa freddo ed è buio.
Facciamo la strada insieme fino a casa tua e ci fermiamo davanti al portone d’ingresso.
“Esci per festeggiare?” ti chiedo.
“No, i miei amici oggi non possono. Usciamo sabato. Oggi… oggi sto a casa”
“Da sola?”
“Si. Da sola”
Sappiamo tutti e due che queste parole vogliono dire molto di più. Da qui in poi il meccanismo è semplice: io mi avvicino un po’ a te, tu ti avvicini un po’ a me.
E appoggi le tue labbra sulle mie.
Devo ammettere che questo mi lascia un poco sorpreso, pensavo che avrei dovuto fare io la prima mossa.
Mi prendi per mano e mi guidi fino al tuo appartamento, non puoi sapere che conosco già la strada.
Dentro è bello caldo.
Appoggi il vinile, ci togliamo le giacche e le scarpe e andiamo nella tua camera.
Non sul letto, però. Non subito. Prima ti prendo in braccio e ti faccio sedere sulla scrivania per toglierti il resto dei vestiti. Ci spogliamo a vicenda.
Ecco, adesso ti sollevo di nuovo – nuda fra le mie braccia sembri molto più piccola, lo sai? – e ti distendo sul letto.
Ovviamente non “concludo” subito, mi prendo tutto il tempo di questo mondo.
Sarà la nostra unica volta, voglio che sia speciale, soprattutto per te.
E a giudicare dal risultato, direi che ci sono riuscito.
Dopo restiamo sotto le coperte ad accarezzarci, con gli U2 che ci osservano dalla parete.
“Ti va una cioccolata calda?” mi chiedi ad un tratto.
Io ti prendo il mento fra le dita della mano e ti bacio a lungo prima di risponderti che si, certo che mi va.
Quando esci dalla camera resto ancora un po’ disteso sul letto. Sei stata davvero brava, forse la migliore.
Indosso solo i jeans e senza fare nessun rumore vengo fino alla porta della cucina. Non entro, resto lì a guardarti.
Ripenso alla tua pelle calda sotto le mie mani, al tuo corpo piccolo sotto al mio.
Il tuo collo. È stato un piacere baciarlo. È così morbido.
Estraggo il coltellino dalla tasca.
Non ti sei accorta della mia presenza, continui a trafficare con tazze e latte.

Faccio scattare la lama.
Devvero, il collo più morbido di tutti.
Il coltellino te l'ha squarciato senza problemi.


  
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