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Autore: TheStoryteller    14/08/2013    8 recensioni
Dieci anni dopo il suo arrivo a Volterra con l'intento di salvare Edward, Bella ha perso ogni memoria del proprio passato e, vampira, è divenuta parte della Guardia dei Volturi. Offuscata da una coltre di menzogne si appresta ad usare i suoi talenti per regalare ai suoi Signori la vittoria di una guerra della quale non conosce davvero le trame, che la condurrà verso i propri ricordi e alla scoperta di una verità antica che sconvolgerà l'intera Corte di Volterra.
"Fuoco ardente che divampa e divora le membra duttili.
Si ciba di sospiri spenti.
Porta con sé ricordi di dolori e gioie, di risa e pianti.
Due occhi amorevoli mi osservano e poi scompaiono nei meandri del sonno eterno.
Chi sei?
La domanda si dissolve nel buio tormentato di una notte senza ritorno"
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Demetri, Edward Cullen, Isabella Swan, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Chi conosce le mie trame è ben consapevole che amo scozzare un po' le carte, così da potermi divertire, nel corso della storia, a rimetterle in ordine. 
Non fatevi quindi spaventare dai cambiamenti...
Oggi affrontiamo un intero capitolo dedicato al punto di vista di Edward. Contenta RobySwanCullen? ;)
Lo troverete cambiato dal contesto originario, incattivito dalle circostanze e dal percorso che ha scelto di affrontare per superarle. 
Spero di averlo reso anche solo lontamente interessante. 
Buona lettura,
Thestoryteller
 
 
 
 
Forks, 17 maggio 2016
Edward
 

Il silenzio che avviluppava i boschi intorno a Forks possedeva la medesima atmosfera dei luoghi di sepoltura. La selvaggina era fuggita al semplice fiutare la presenza di un predatore più temibile, lasciando soltanto un suolo arido ad accogliere i miei passi, a popolare quella terra che rimandava al passato e al dolore dei ricordi.
Si stava avvicinando qualcuno…
Le mie percezioni si erano acuite durante il mio pellegrinare, affinate nella maggiore consapevolezza e nell’omicidio. C’erano modi oscuri che consentivano di acquisirne il totale controllo, procedure segrete, destinate alla conoscenza di pochi, che permettevano di strappare ad un vampiro le innate abilità e farle proprie. Più di una vita eterna era cessata per forgiare le mie armi, il potere che mi scorreva lento nelle vene. Quale prezzo avevo pagato per carpire simili nozioni?
Proseguii nella più totale assenza di suoni, facendomi spazio nel sottobosco, tracciando una via segreta tra i rami più alti degli abeti dai tronchi secolari. Un salto dopo l’altro, una corsa ininterrotta per raggiungere la fonte di un pensiero, ridondante nella mia mente… Un’istigazione.   
Scesi al livello del suolo soltanto all’ultimo momento e, con un unico balzo, raggiunsi la minuscola radura in cui lei aveva deciso di attendermi. Fui così cauto da non farle percepire la mia presenza fintanto che non le ero già alle spalle.
“Rose”
Colta di sorpresa si voltò fulminea nella mia direzione, celando la propria sorpresa con una serie di pensieri inutilmente vacui. Mi osservò un momento, coi suoi begli occhi castani e la chioma color miele abbandonata in ampi riccioli sulle spalle nude. Indossava un abito aderente, completamente stonato con la realtà circostante.
“Perché sei qui?”
“Per essere la prima a darti il benvenuto”. I tratti dolci del viso di Rosalie, così piacevoli alla vista, si guastarono a causa della posa troppo altezzosa delle sue labbra.  “Dicono che tu sia diventato pericoloso…” disse e, con cautela, prese a girarmi intorno. “…volevo verificarlo di persona”
Aveva appena raggiunto le mie spalle quando, con una mossa veloce quanto imprevedibile, flettei la gamba sinistra e con un secco mezzo giro le travolsi le caviglie, riducendola a terra. Non ebbe neanche il tempo di capire cosa fosse accaduto che la mia mano era stretta intorno al suo collo elegante e il suo corpo immobilizzato sotto di me. “Hai commesso un grave errore”.
“Non ho paura di te”
Mi chinai su di lei fino a raggiungere il suo orecchio. “Dovresti averne”
Il riverbero di quella telefonata avuta luogo tanti anni prima mi tornò alla mente in ogni suo più piccolo dettaglio, come l’ascia del boia che cala su un arto non vitale, dando la piena cognizione della sua perdita, in ogni stilla di sangue, in ogni brandello di pelle sottratto alla carne. “Edward, ho notizie da Forks… Si è verificato un incidente, Bella… Si è gettata da una scogliera nel territorio Queileute. Alice è già in viaggio, vuole tentare di capire cosa sia successo… Non sapeva come dirtelo, voleva aspettare di avere notizie più precise prima di chiamarti, ma ho pensato fosse giusto avvisarti... Io, al tuo posto, avrei voluto saperlo. Mi dispiace tanto”.
I suoi occhi mi cercarono irrequieti, come richiamati dal flusso stesso dei miei pensieri. “Non mi farai del male” dichiarò con ingenua sicurezza. “Se avessi veramente voluto farmene Alice avrebbe già mandato Emmett e Jasper a fermarti”
La mia stretta sulla sua gola si fece più salda, tanto che appena una leggera flessione delle dita avrebbe potuto staccarle la testa. “Credimi Rosalie, non sarebbe bastato”
Con un balzo mi ritrassi, lasciandola libera di dare aria ai polmoni. Si portò istintivamente le mani alla gola e, colma di indignazione, si rialzò con tutta l’intenzione di dar sfogo alla sua rabbia. “Ti ha raggiunto sin qui solo per metterti a parte di quella verità che nessuno avrà neanche il coraggio di abbandonarsi a pensare” tuonò, carica di risentimento. “Non sei il benvenuto, Edward. Per dieci interi anni hai avvelenato di rimorso l’esistenza di ogni membro della nostra famiglia. Con che diritto ti ripresenti, col tuo nuovo bagaglio di straordinarie abilità, per convergerci nella tua ennesima ossessione suicida? Qui non c’è niente per te. Nell’intero mondo non c’è più niente per te. Dovresti scomparire dalle nostre vite, una volta per tutte”.
Un silenzio carico di inquietudine seguì il disperdersi delle sue ultime parole nella foresta. L’aspettativa nei suoi occhi, fissi nei miei, e la tensione dei suoi muscoli, pronti a difendersi dal mio prossimo attacco, si consumarono nell’attesa di una mia reazione che non venne.
“Non ci sono altre alternative”
Davanti a me c’era una venere guerriera pronta a dare una battaglia disperata con le sole armi della propria bellezza e spirito di conservazione per salvare sé stessa e la propria famiglia da una fine che credeva certa. Stupida sciocca. La disperazione nella sua voce era profonda, la rabbia indomita trattenuta per anni affliggeva uno sguardo affilato e pugni stretti fino a far male. “Ti seguiranno, tutti quanti, con l’intento disperato di riportarti alla ragione” sentenziò, ornando di collera la propria maledizione. “Ci condannerai tutti a morte”
La guardai, senza provare nulla. “Così sia”
 
***
 
Raggiungere la residenza dei Cullen significò perdersi nel ricordo di anni di felicità effimera e artefatta: le complici risate condivise nelle notti d’estate, l’affetto fraterno, il profondo senso di appartenenza e comprensione che appartengono alle relazioni familiari… imbrattati da un tradimento terribile e condiviso, perpetrato tra quelle stesse mura, dalle mani gentili di colei che più di ogni altra mi era stata cara negli anni che avevamo trascorso insieme.
Alice.
Erano là ad aspettarmi, Carlisle ed Esme, armati di sorrisi sinceri e preoccupati. La pena dei loro visi era coperta da sguardi sereni e pensieri positivi.
“Bentornato”
Il sorriso di Esme era l’unico che, forse, nei passaggi più duri del mio girovagare, avevo sperato di poter rivedere, almeno una volta. “Non stare sulla porta, tesoro. Sei a casa, adesso”. La guardai con magnanimità, quasi con tenerezza, ma non mi avvicinai ad abbracciarla come lei avrebbe voluto.
Era cambiato tutto, troppo.
Feci una panoramica della stanza, ritrovandola la stessa. Nessun ammodernamento, nessuna espressione di quella mania che era semplice passatempo ad una vita senza uno scopo. “Sono stati tempi movimentati” spiegò Carlisle, seguendo il mio sguardo. “La nostra filosofia di vita ha avuto una straordinaria diffusione e molti clan desiderano beneficiare dei nostri insegnamenti. Passiamo soltanto brevi periodi in questa casa… Avremo dovuto venderla, è un rischio tornare in queste zone. Sono passati troppi anni perché la nostra immutabilità non cominci a destare sospetti… ma abbiamo preferito aspettare il tuo ritorno per prendere qualsiasi decisione”.
“Non ho nessun interesse per questo posto”
“Potresti averne in futuro”
Lo guardai con una tale indifferenza che parve ferirlo. Il futuro… Se esisteva anche una sola possibilità di realizzare la mia vendetta senza morire nel tentativo, un patto stretto con un vecchio avversario mi condannava ad una morte violenta, la pena per avergli sottratto, contro ogni avvertimento, qualcosa di insostituibile.
“Ho incontrato Rose poco fa. Dove sono gli altri?”
“Emmett e Jasper sono stanziati in una riserva naturale poco più a nord del confine canadese. Hanno predisposto un campo di addestramento dove, gradualmente, stanno riunendo i nostri amici. Non abbiamo ancora notizie certe, ma le nostre alleanze hanno attratto l’attenzione di Volterra. È per questo, in fondo, che sei tornato”
Mi astenni da qualsiasi conferma.
L’opportunità di affrontare i Volturi in uno scontro diretto, alla guida di un gruppo numeroso e ben addestrato, era soltanto il primo dei motivi che mi avevano indotto a tornare. C’era un’altra importante questione che meritava la mia attenzione…
“Lei dov’è?”
Carlisle esitò un attimo prima di rispondere, interrogandosi su quali potessero essere le mie intenzioni. “Sta rientrando” disse, infine. “Era con Jasper ed Emmett, ma, prevedendo il tuo arrivo, ha preso il primo aereo”
“A questo proposito, Edward” Esme riprese parola, con un tono fermo, ma condito di diverse insicurezze. “Alice ha pagato in molti modi la sua scelta. Ha perso molto quel giorno e quanto è accaduto più tardi, dopo la tua partenza…”
La mia reazione, ne fui consapevole, fu commisurata all’affetto che un tempo avevo riservato nei confronti di quella madre adottiva che con tanta determinazione si era impegnata nel comprendermi ed educarmi ad una condizione che nessuno meno di lei aveva desiderato. Per anni avevo punito con la morte chiunque, per puro caso, avesse osato il più piccolo riferimento al mio passato, scoperto chissà come, chissà dove, nel ridondante richiamo di una storia curiosa avvenuta davanti al tribunale dei Volturi.
Se si fosse trattato di qualcuno che non era Esme l’elegante pavimento in parquet lucidato avrebbe riportato un’ustione scura e una vita immortale avrebbe cessato di esistere, ma il semplice osservare il suo viso, segnato dalla perdita di un figlio e il suicidio fu sufficiente a reprimere ogni istinto violento. Il suo sguardo celava la preoccupazione di una madre per un figlio, la convinzione che l’eternità avrebbe lenito quella ferita familiare che aveva causato tanto dolore in tutti i membri di quella famiglia. Così non sarebbe stato, ma lei non ne aveva raggiunta la consapevolezza. Sarebbe stata quella, in fondo, la punizione più grande…
“Dopo tutto questo tempo dovresti concederle l’opportunità di spiegarsi” aggiunse con cautela, trattando la questione al pari di un tafferuglio tra ragazzi. Era il suo limite, la convinzione che fossimo tutti poco più che bambini, anziché pluricentenari, che della gioventù mantenevano soltanto l’aspetto.
“Non ti farò alcuna promessa”
 
***
 
Dopo aver ottenuto qualche informazione sulla situazione canadese informai Carlisle che avrei raggiunto Jasper ed Emmett al campo di addestramento. I Volturi, secondo le ultime stime, non sarebbero arrivati prima di qualche settimana. Non era previsto un attacco, ma una semplice ricognizione da parte di un gruppo ristretto. L’intento era apparentemente quello di una missione perlustrativa che consentisse loro di avere piena consapevolezza del numero e delle capacità dei clan che meditavano di sopprimere. Era stato stranamente incauto da parte loro mostrarci così apertamente le loro intenzioni…
Ad ogni modo, avevamo ancora del tempo per sviluppare una strategia e Jasper stava sicuramente già svolgendo un ottimo lavoro di allenamento.
“Edward, non abbiamo bisogno di un generale” aveva detto Carlisle, sulle soglie del commiato. “I nostri alleati sono persone pacifiche che non hanno altra ambizione se non quella di vivere quanto più serenamente possibile la loro esistenza. Non vogliono una guerra”
Come avevo previsto, non sarebbe stato facile convincerlo a darmi il proprio sostegno. La sua vena antimilitarista lo rendeva determinato ad affrontare ogni situazione, anche le più estreme, con la sola arma della parola. Questa volta, però, la sua risolutezza nell’evitare ogni scontro non sarebbe bastata. Se i Volturi avevano dichiarato guerra non c’era niente che la voce di Carlisle avrebbe potuto fare. Sarebbero sopraggiunti gli scontri e, insieme ad essi, le prime logoranti perdite. Era solo questione di tempo prima che si rendesse conto di dover reagire…
Rientrai in albergo e, fin dalla hall, un particolare flusso di pensieri attrasse la mia attenzione.
Ad una regolare velocità, raggiunsi l’ultimo piano del Plaza, dove avevo prenotato una stanza appartata, dando l’indicazione di non essere disturbato per alcuna ragione. Mi chiusi la porta alle spalle e volsi lo sguardo verso il piccolo salotto che arredava l’ingresso. Un gradevole profumo femminile proveniva da quella zona, dolce e determinato, come un tempo era stata la persona che lo portava.
Alice mi guardava con l’aria tranquilla di chi conosce le sorti del mondo, compresa la propria. “Quanto tempo ho prima che tu mi uccida?”
Presi posto nella poltrona di fronte alla sua. Il tavolo di cortesia che ci divideva aveva improvvisamente assunto la consistenza di un muro alto, spesso e impenetrabile. “Come potrei mai uccidere una creatura che è in grado di prevedere ogni mia mossa?” le domandai, a puro beneficio della retorica e con l’intenzione, neanche troppo nascosta, di appurare fino a che punto le tappe del mio viaggio le erano note.
“Non prendiamoci in giro, Edward” pregò e il tono della sua voce assunse una sfumatura leggera, ma quanto mai distante dalla consueta spensieratezza. “Le tue nuove abilità ti garantiscono espedienti capaci anche di superare le mie difese”. I tratti affilati del viso mi osservavano attenti, ma privi di quel guizzo di allegria che affollava i miei ricordi. Gli occhi scuri e la pelle straordinariamente pallida, velata appena da un leggero strato di trucco, denotavano uno scarso e inefficace nutrimento, una generale mancanza di forze fisiche e psichiche che era una vera propria offesa al prezioso dono di cui era portatrice. I vestiti anonimi, la pettinatura nient’affatto studiata, erano espressione di un cambiamento che doveva aver coinvolto la sua intera personalità. “Quanti vampiri hai dovuto uccidere per procurartele?”
“Ti interessa davvero saperlo?”
“Non molto, in realtà” valutò, con schietto disinteresse. “Immagino di stare soltanto guadagnando qualche minuto prima che tu decida di avvelenarti col mio sangue”.
“Se fin dall’inizio eri consapevole delle mie intenzioni, perché sei venuta qui?” chiesi e la mia domanda si tinse di genuina curiosità. Presentarsi là, in quella stanza d’albergo, lontano da chiunque potesse difenderla, era un rischio al quale si era deliberatamente sottoposta. Le mie abilità erano tali che avrei potuto avere ciò che desideravo in un attimo, rendendo fatua ogni sua opposizione: prosciugare il suo sangue in un atto di violenza e carpire da esso ogni potere, fino a sottometterlo ai miei comandi. Perché rischiare? Scandagliai la sua mente alla ricerca di una risposta, ma vi trovai soltanto il vuoto. 
“Concederti il mio dono servirebbe ad ottenere il tuo perdono?”
C’era disillusione nelle sue parole, neanche una punta di speranza da poter infrangere.
“Non esiste perdono per ciò che hai fatto”
“Per cosa? Per averti salvato la vita?”
“Per averla condannata a morte”
Mai più avevo pronunciato il suo nome ad alta voce, tanto da dimenticare la consistenza che quelle singole lettere potevano assumere sulle labbra. Mai più avevo fatto riferimento a quegli accadimenti, sentendomi indegno anche soltanto di ricordare il modo abietto con cui avevo violato l’atto di fede di colei che amavo. “Edward, mi fido di te”. Quanta follia nella fiducia incondizionata che aveva riposto nel mio autocontrollo, nell’umanità di un mostro... Il sentore del suo sangue mi torturava ancora nelle mie notti più oscure, ardendomi nella gola e istigandomi alla ricerca di una soddisfazione feroce nelle carni di una donna o di un vampiro.
“Ti ho salvato la vita” ribadì, come se quella circostanza potesse giustificare tutto il resto.  
“L’hai condotta a Volterra con la certezza che non sarebbe tornata”
“Non ne avevo la certezza”
Erano parziali verità, fondate su possibilità tanto remote da essere irrealizzabili.
“Mi hai indotto a bere il suo sangue, rassicurandomi, facendomi vedere un futuro in cui saremmo stati felici, insieme. Sapevi che non mi sarei fermato, che sarebbe morta per mia mano”
Sostenne il mio sguardo con una tale fermezza che aveva la consistenza di un affronto. “Saremmo periti inutilmente, nel tentativo di salvarla. L’avrebbero uccisa comunque”
“Hai condannato a morte colei che dicevi di considerare una sorella
“Per salvare te”
“Non volevo essere salvato”
“Mi dispiace, Edward” concluse e la sua convinzione vacillò, minata nelle sue fondamenta da un sentimento profondo e controverso. “Ma non potevo lasciarti morire”.
Guardava in basso, adesso, tenendo gli occhi puntati sulle proprie mani.
Cosa stava cercando di dire?
Improvvisamente lasciò libero corso ai propri pensieri, inondandomi la mente di una serie di avvenimenti verificatisi negli ultimi dieci anni. I giorni spesi nel buio di una stanza, afflitta dal rimorso e dal desiderio costante di comprendere il motivo delle sue azioni. Le liti continue con Jasper, i lunghi mesi di silenzio, la necessità di nuova vicinanza dettata dalle circostanze canadesi. Le notti trascorse ad occhi aperti, con la compagnia della foresta, a tormentarsi per la sofferenza che mi aveva inflitto e la disperazione che leggeva nel mio vagabondare, solo, per il mondo. Pensieri dubbi e incerti, congiunti dal desiderio di raggiungermi.  
“Mi hai salvato perché mi amavi?” le chiesi e il mio tono, nonostante tutto, aveva smaltito la rabbia e assunto una cadenza più neutra.
“Jasper ne è convinto”
“E tu?”
Sospirò, stancamente. “Non so più che cosa credere”
“Qualunque fossero i tuoi sentimenti non ti davano il diritto di fare ciò che hai fatto”
“Lo so” ammise, con una punta di tristezza. Quel giorno, in quel palazzo di una terra lontana, aveva perso tutto, anche sé stessa e le proprie certezze. “Ma non potevo fare altrimenti… Come adesso non posso che rimuovere l’unico freno ad una guerra diversamente evitabile”. Si alzò in piedi e percorse lo spazio che ci separava con passi decisi. Si accoccolò ai miei piedi e mi strinse le mani tra le sue. “Guarda”
Chiusi gli occhi e scandagliai i suoi pensieri, cogliendo l’immagine di uno splendido panorama al tramonto. Il cielo era limpido al di là del parapetto di pietra antica, sulle cui soglie sostava una figura femminile, girata di spalle e con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. Lunghi boccoli scuri si muovevano al ritmo di un vento leggero, coprendole metà della schiena dritta e sottile. La pelle candida delle braccia e della gambe, lasciata scoperta dal vestito chiaro e dal taglio elegante, rilucevano del brillio leggero e attraente che contraddistingueva la razza immortale, circondandola di una luce particolare, quasi onirica.
Per lunghi minuti la ragazza restò immota, scossa soltanto dal lento saliscendi del respiro nel suo sterno.  Qualcosa, però, all’improvviso, lo sbattere di una porta o il sopraggiungere di qualcuno alle sue spalle, la indusse a volgere appena lo sguardo, mostrando un profilo affascinante e… inconfondibile.
Aprii gli occhi di scatto, rivolgendo un’occhiata furiosa ad Alice, ancora accucciata innanzi a me. “Tu menti”
Le scosse la testa, con cautela. “È accaduto ieri, a Volterra. Ho trovato questo frammento per caso mentre scandagliavo le sequenze temporali di Jane, così da capire se avrebbe fatto parte della prossima spedizione”
“È un trucco” considerai, mantenendo l’assoluto distacco. Mi aspettavo qualcosa di simile, mi ero preparato ad evitare ogni coinvolgimento e impedire ad Aro di farmi cadere nelle sue trappole. “Non è lei, non può essere. È morta tra le mie braccia…” rammentai a me stesso con quella consapevolezza che annienta ogni speranza. Per quanto ne sapevo i Volturi potevano aver scandagliato il mondo alla ricerca di una ragazza che le somigliasse abbastanza da trarci tutti in inganno e indurci ad affrettare uno scontro, magari recandoci a Volterra, armati di false speranze, e destinati ad una sconfitta terribile.
“La somiglianza è impressione, Edward” obiettò Alice con comprensione. Si era attesa una reazione ben diversa. “Io non ho dubitato neanche un secondo che…”
“Potrebbe essere una somiglianza o un’illusione” valutai. “Io stesso sono in grado di produrne, adesso. Sono passati dieci anni… Se Lei fosse ancora viva non avrebbe senso mostrarcela, se non per tenderci una trappola. Ultimamente stanno facendo trapelare troppe informazioni. C’è sotto qualcosa…”
 “Come puoi restare così impassibile?” domandò e con una mano raggiunse l’altezza del mio petto. “Non pronuncia mai il suo nome, Bella” la scoprii a pensare. “Allora è proprio vero che il tuo cuore è diventato di pietra”
   
 
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