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Autore: Ilarya Kiki    14/08/2013    2 recensioni
Diciamo pure che sono quel tipo di persona che attira l’attenzione con un solo sguardo, perché sì, il mio sguardo ha qualcosa di magnetico, e di inquietante anche, questo lo so bene ed un filo sottile di vanitoso autocompiacimento mi piega le labbra ogni volta che vedo qualcuno impallidire ed accartocciarsi su se stesso davanti ai miei occhi oscuri.
Il mio nome? Non vi interessa.
Il mio villaggio di appartenenza? Mai esistito, e se vi chiedete dove io sia nata beh, non è importante.
Chiamatemi Tsukaiko, e fatevelo bastare.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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- Questa storia fa parte della serie 'Jiyū Kunoichi No Monogatary - Story of a Free Kunoichi'
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La sensazione è stupenda.
È potente come un pugno nel cuore, e un po’ dolorosa, anche, un po’ dolceamara, ma mi piace, la adoro. Non aspettavo altro, non volevo vedere altro.
Ce l’abbiamo fatta.
L’esplosione si allarga per un centinaio di metri con luce abbagliante, espandendosi all’infinito nel tempo e nello spazio dopo quel brevissimo momento di raccoglimento che rende il tuono ancora più potente e terrificante.
Deidara mi stringe forte, accucciato con me sul suo rapace d’argilla in volo, rapito dall’estasi.
Tutto ciò che ha ammorbato la mia vita dall’istante in cui sono nata si sta sublimando sotto i miei occhi in un istante eterno di fulgida bellezza.
Dura qualche secondo, pochi attimi, e solo quando il fuoco si spegne e la polvere comincia a diradarsi mi rendo conto di aver trattenuto il respiro.

“Ce l’abbiamo fatta…” mormorò Deidara, poco prima di allargare il viso in un sorriso liberatorio.
“Sì! Il bastardo è morto!”
Tsukaiko semplicemente si voltò con gli occhi lucidi e scoppiò a ridere, tremando come una foglia.
Poi scoppiarono a gridare entrambi, ulularono al vento la loro vittoria, cacciando urli esultanti misti a risa, alzando i pugni al cielo.
Era una sensazione bellissima.
Erano liberi!
Tsukaiko smise di urlare soffocata da un paio di colpi di tosse, e scostando la mano dalla bocca vide che era sporca di sangue. “Mi sa che ho esagerato…” disse con un sorriso leggiadro.
“Devi farti guarire sul serio, adesso, Tsuka-chan. Devi metterti a riposo. Ci hai dato dentro!”
“Sì…mi ha dato del filo da torcere. Ho dovuto metterci tutta la mia abilità, come mai mi era successo.”
“…ed io ho quasi finito le scorte di esplosivi.”
“Ahahah…siamo troppo forti!”
La mora kunoichi abbracciò il suo senpai, e lui la strinse forte, sentendosi felice come non lo era stato mai, così tanto che faticava persino a rendersene conto, lui che la felicità non l’aveva mai conosciuta.
“Hai fatto un ottimo lavoro, tutti gli altri ninja sono spariti.” Si complimentò Tsukaiko sorridendo.
“Sono scappati, in realtà…non ho capito perché.”
“Non importa.”

L’aria era ferma, ma fresca e pura. Sembrava irreale il silenzio, infranto solo dal lieve battere delle ali del rapace d’argilla, che regnava dopo il clamore della battaglia, intorbidito da sottili fumi che aleggiavano ancora.
Poi però si sentì un’esplosione.
I due artisti si voltarono subito nella direzione da cui veniva il botto, e videro le tracce di fumo in mezzo agli alberi, in un punto molto distante da dove si trovavano loro.
Poi ce ne fu un’altra, poi altre sette in successione, tutte fra gli alberi a grande distanza.
“Che succede…?”
“Sono le mie sentinelle, le avevo lanciate prima…”
Rimasero entrambi in silenzio per un paio di secondi, confusi.
“Sono predisposte ad esplodere a contatto con un flusso di chakra diverso dal mio, non capisco come possa essere…”
Deidara non fece in tempo a finire la frase, che la terra sotto di loro cominciò a tremare, come se un passo gigante l’avesse calpestata. Tsukaiko percepì d’improvviso un chakra potentissimo, bruciante, scorrerle sulla pelle come una scarica elettrica e trattenne il respiro.
“Oh, no…” mormorò… “…questo è…”
Una specie di terribile grugnito attraversò l’aria, perforando i timpani dei due shinobi, e dalle fronde degli alberi, in lontananza, emerse un qualcosa di orribile e terrificante.
E, soprattutto, enorme.
Tre code ricoperte di scaglie, simili a deformi pinne di gambero, saettarono tra i rami più alti facendoli volare lontano, ed un nuovo ruggito scosse l’atmosfera, ancora più potente del primo.
“Oh, fantastico” mormorò Deidara, con un sorriso sconcertato dipinto sul volto, “missione compiuta.”

Merda.
Il Sanbi.
Il fottuto trecode !
Devono averlo evocato loro, allora era vero che era sotto il loro controllo! Non appena hanno visto che con noi c’erano poche speranze con i mezzi tradizionali, avranno deciso di tirare fuori il loro asso nella manica. Beh, eccolo qui. Mi verrebbe quasi da dire “due piccioni con una fava”, se non fosse che nelle borse mi sono rimasti solo pochi grammi di C3. E che Tsuka-chan tossisce sangue.
La sento irrigidirsi come un pezzo di ghiaccio.
Deve aver capito subito anche lei che hanno cercato di incastrarci. Ma per come la vedo io, abbiamo fatto più che abbastanza, e star qui a giocare con quel grosso ammasso orribile di chakra non è proprio l’idea migliore, in questo momento; possiamo sempre catturarlo la prossima volta.
Faccio per far voltare il mio volatile d’argilla, quando Tsuka-chan mi afferra per un braccio e lo stritola come se dovesse strangolare una serpe a mani nude…ma che diavolo le prende!?
Tento di divincolarmi dalla presa scuotendo le spalle, e solo ora mi rendo conto che, fra i ruggiti del demone ed i boati dei suoi passi, nell’aria è scossa anche da un altro suono.
Una risata.
E purtroppo, una risata che ho già sentito.
Mi sporgo in avanti e appollaiato sul ramo di un albero sotto di noi lo vedo, pallido e ricoperto di una disgustoso liquido viscido, che ride e ci osserva con i suoi feroci occhi gialli.
Non siete altro che due folli!

Maledetto Orochimaru!” strillò Tsukaiko, livida in volto, stringendo il braccio del suo compagno dietro di lei un po’ per stare in equilibrio sulle membra malferme dalla stanchezza, un po’ per la terribile frustrazione che le imbestialiva l’anima.
Il ninja del Suono, sotto di loro, continuava a ridere, osservandoli, senza perdersi un secondo di quello spettacolo pietoso.
Come hai potuto restare in vita!? Maledetto!
Passò un istante da quando Deidara si accorse della sfera di energia che il Sanbi aveva tra le fauci a quando spintonò giù dall’uccello d’argilla Tsukaiko, gettandola fra le braccia frondose dei rami al di sotto, e venisse investito in pieno dal cannone di energia.
La ragazza non fece in tempo ad aggrapparsi ai rami che cedettero tutti sotto il suo peso, e si schiantò pesantemente sul suolo ricoperto di foglie incenerite e polvere. Tossì, scossa da un dolore lancinante alla schiena, e volse gli occhi sgomenta alla terribile luce bianca che occupava il cielo sopra di lei. Dimenticò ogni cosa, il sanbi, suo padre, la sua ferita. Aveva solo un nome nella mente.
Deidara-senpai!!!
Le gambe le facevano troppo male per stare in piedi, dopo il colpo alla schiena della caduta, così cominciò a strisciare trascinandosi coi gomiti e le ginocchia, strofinando la pelle bianca contro il duro suolo, verso il punto dove supponeva potesse essere caduto il suo senpai.

Deidara…

Emerse quasi subito dall’ombra delle piante, emergendo sulla piccola radura devastata dal combattimento, e cominciò ad affannarsi intorno urlando il suo nome. Le parve di continuare ad udire il demone ruggire ed Orochimaru sghignazzare, immobile da qualche parte dietro di lei, ma se ne disinteressò completamente. Non le sarebbe importato più di nulla se fosse successo qualcosa a…

Deidara, Deidara, ti prego…

Si trascinò nello spazio aperto fino a raggiungere un avvallamento dietro ad un grosso masso, da dove giungevano lamenti sommessi.
“Meno male, meno male che sei vivo…”
È steso con la schiena appoggiata alla pietra, la faccia ricoperta di sangue ed una gamba piegata in modo innaturale, ma è vivo, grazie agli dei, è vivo…
“Stai…stai bene Tsuka-chan?”
“Ho pensato che fossi morto! Come…come stai tu…?”
Fa una smorfia nell’issarsi sulle braccia e nel mettersi un po’ più dritto, ed io mi precipito a tenerlo su, sostenendolo con il mio peso. Sentendomi stracciare dentro dal dolore e dal sollievo, non riesco a fare a meno di aggrapparmi a lui e di stringerlo, col pretesto di aiutarlo a non cadere di lato.
“Sto…sto bene. Mi sono protetto parzialmente con la mia opera, ma ora è andata.”
Mi separo da lui e guardo accigliata la sua gamba, spezzata poco sotto il ginocchio. Non può muoversi così…
“Grazie per avermi salvata…”
“Lascia perdere. Orochimaru, perché non ci sta attaccando…?”
“Non…non lo so…”
“Ok, ok, senti, Tsuka-chan, dobbiamo andarcene. Ho argilla rimasta per un’opera piccola…ma dovremmo farcela.”
“…”
“….cosa…cosa c’è?”
“…no.”

Vedo i suoi occhi neri cerchiati di stanchezza fissarmi intensamente come mai avevano fatto.
“No.”
No.
“Tsuka-chan, cosa…?”
Alza una mano sulla mia bocca e mi zittisce, premendomela delicatamente sulle labbra.
“Ascoltami senpai. Ascoltami bene. Abbiamo qualche minuto prima che il sanbi riesca a raggiungerci, e qui dietro non può vederci, quindi con un po’ di fortuna non ci lancerà addosso un altro dei suoi attacchi, perché non è abbastanza intelligente da capire dove ci troviamo. Orochimaru non sembra intenzionato ad attaccarci, o sarebbe già qui. Non so perché non voglia muoversi, ma sospetto che il fatto sia legato a quando lo abbiamo fatto esplodere, prima: giuro sulla mia vita che sono sicura che non era una copia, quindi per scappare deve aver usato una qualche tecnica. Dato che non si muove, forse era una tecnica ad alto costo di chakra.”
Resto paralizzato ad ascoltare questo discorso, e a guardarla negli occhi. Ho una pessima sensazione.
“…se per caso dovesse subire un’altra esplosione come quella, magari sarebbe così danneggiato da non muoversi affatto. E un’esplosione del genere fermerebbe anche il sanbi, basterebbe ferirlo abbastanza da convincere quelli del Suono a farlo scomparire.”
Quello che sto ascoltando non ha nessun senso. Non può avere un senso. Scuoto la faccia per liberare la bocca:
“Cosa, Tsuka-chan, cosa!? Stiamo perdendo tempo, dobbiamo scappare via subito!”
Non possiamo scappare senpai!” grida, spaventandomi.
“Non possiamo…non possiamo in queste condizioni!” il suo bel volto si distorce in una smorfia di pianto, e lacrime trasparenti iniziano a rigare la polvere sulle sue guance.
“Se… proviamo a scappare ora, moriremo, senpai…moriremo tutti e due…tu non puoi camminare ed io non ho più chakra e a stento mi reggo in piedi, ti resta argilla a sufficienza per un’opera troppo piccola per poterci portare in salvo…e Orochimaru è ancora vivo, e il trecode ci sta dando la caccia…!”
A sottolineare le sue parole, l’ennesimo ruggito del demone scuote l’aria attorno a noi, spaventosamente più vicino di prima.
“…abbiamo poco tempo, senpai…”
Si protende verso di me, e allunga le mani alle borse che ho appese alla cintura.
“Ferma! Che stai facendo!?”
Non si fa arrestare dai miei tentativi di fermarla e apre le cerniere, ma invece di prendere la mia poca argilla rimasta, mi afferra le mani e le tiene strette, tornando a guardarmi negli occhi.
Ha smesso di piangere, ma la sua espressione non mi piace per niente.
Proprio per niente…
“E’ me che vogliono, senpai.”
Sento il cuore perdere un battito. No, più di uno.
Decisamente più di uno.
Resto a guardarla senza trovare la forza o la lucidità per ribattere qualcosa, è inutile che ci giro intorno, ho capito quello che vuole fare. Merda, ho capito quello che vuole fare.
L’unico suono che riesco ad articolare è un “…no…” detto fra le labbra, strattonato appena fuori dai miei polmoni che si rifiutano di respirare, annegato in uno dei ruggiti della bestia che si avvicina.
“E’ me che vogliono, senpai…se tu resti insieme a me, se proviamo a scappare, morirai di sicuro perché sei con me. Ma se tu fossi senza di me…allora potresti salvarti, e nessuno verrebbe più a disturbarti.”
“…no…”
“Se ora riesco a danneggiare il sanbi e a far esplodere di nuovo Orochimaru, tu potresti andartene con tutta calma…”
“…no…”
“…è l’unica via che ci resta…”
“No!”
“Sì! Senpai!”
“No! Non puoi farlo!” mi ritrovo a urlare, come un pazzo, strattonandole le mani per tenerla vicina a me, perché lei non può lasciarmi qui, non può neanche pensarci…
È scoppiata di nuovo a piangere, ed io mi porto le sue mani sul petto, strofino il viso contro il suo, incapace di fare qualsiasi altro gesto.
I passi del sanbi diventando sempre più vicini, abbiamo pochissimo tempo, un minuto, forse neanche quello.
Percepisco le sue mani stringerei forte le mie, poi singhiozzando mi appoggia le labbra sulla fronte, e la sento respirare.
“Sai anche tu che non c’è altra via, senpai, lo sai benissimo. Non ho quasi più chakra, ma posso unirlo al potere esplosivo della tua argilla, se ci provo, concentrandolo in un solo punto. Posso farlo, sarà meraviglioso.”
Respira di nuovo, io no.
“Senpai…io non posso permettere che tu muoia. Tu…sei davvero eccezionale, sei la persona più geniale che abbia mai conosciuto. Non puoi morire, la gente dovrebbe conoscere la bellezza sconvolgente che hai trovato tu, che porti ovunque tu vada, che cambia la vita una volta che la conosci.”
“Tsuka-chan….”
“Io…io non sono nulla, invece, sono solo un’ombra. Ho vissuto nel fango per tutta la mia vita, ma tu…tu come un sole l’hai presa e l’hai trasformata, l’hai resa davvero degna di essere vissuta. Per me sarà meraviglioso, raggiungerò finalmente la perfezione…”
No…
No!
Col cavolo!
Allungo le mani alle sue spalle e mi isso sulla mia unica gamba buona, tirandomi in piedi e scagliando lei nella polvere per il troppo peso. La vedo mentre mi guarda esterrefatta con le guance rigate di lacrime, accasciata a terra come una bambola senza fili.
“Non ti permetterò mai di fare quello che hai in mente. Un vero artista non demorde mai. Sta a vedere ed ammira.”
La vista mi tradisce per qualche secondo e fatico a mantenere l’equilibrio, la gamba mi fa un male allucinante. Non riesco quasi a respirare dal colpo di prima. È la determinazione che mi tiene in piedi, ma basta e avanza.
No, non la determinazione, la disperazione. Non posso perdere.
Infilo le mani nelle borse appese alla cintura dondolando pericolosamente su una gamba sola, e con le mie ultime energie raccolgo tra le mie mani ogni singola stilla di chakra che mi rimane, tranne lo strettissimo necessario per continuare a far funzionare i miei organi dopo la tecnica.
Richiamo le sentinelle rimaste tra gli alberi.
Davanti a me, con un disastroso boato, si erge il demone a tre code, ruggente.
È il momento di giocarsi tutto.
Esplosione!



Stava in piedi a braccia spalancate, con gli occhi puntati nel cielo aperto.
Fuochi riempivano l’aria, squassata e lacerata mille e mille volte con un boato incessante che penetrava nella carne e scuoteva ogni fibra come se fosse fatta di carta di riso.
La ragazza era gettata a terra, dimentica dell’Apocalisse, e sembrava capace solo di guardarlo.
Per lei era un dio.
Seppe che quel momento dava senso a tutta la loro vita, che ogni cosa era avvenuta solo per risolversi in quell’istante superbo di bellezza, e si gonfiò di gioia.
Le loro vite si stavano sublimando con il mondo tutto attorno a loro, in un crescendo di magnificenza abbagliante.
Arte.



“Si dice che il valore di un ninja si deduca dalla sua morte, e la mia morte sarà stata ricordata nei secoli come la mia apoteosi, come il mio momento più elevato, il capolavoro assoluto.”

Lo so.
È la fine.
È per tutto questo che ho combattuto?
Non lo so, aver perso ogni speranza è un po' triste. Ma mi piace. Mi piace molto.
Finalmente tutto avrà un senso e oh…la bellezza perfetta, finalmente sarà mia.
La mia vita, un’opera d’arte. Della durata di un istante.
E la cosa migliore, è che il mio capolavoro sarà in onore della persona che amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, e distruggerà coloro che odio.
Ho un solo rimpianto.
Mi mancherà, tantissimo, e sicuramente soffrirà.
Ma è il mio solo rimpianto.

“Sei sempre il solito, senpai.”
Deidara dischiuse gli occhi. La voce dolce di Tsukaiko gli arrivava da un posto lontanissimo, e non riusciva nemmeno a distinguere bene i suoi lineamenti.
Il trecode ruggiva ancora, circondato dal fumo della tecnica del nukenin, e Orochimaru, nascosto da qualche parte, rideva come un folle.
L’argilla non era bastata, e la tecnica non aveva sortito gli effetti previsti. Tsukaiko lo sapeva già da prima, l’aveva previsto, aveva avuto la situazione chiara fin da subito.
Aveva rubato un pugno di argilla al suo compagno, piccolo, solo un morso.
Deidara sentì un bacio soave posarglisi sulle labbra.

“Perdonami, senpai, per me non c'è altra via, ormai.
Mi mancherai, tu hai messo le ali a questo serpente.
Diventerò la cosa più bella che tu abbia mai visto.
Ti amo, addio.
E grazie.”

Deidara la intravide spiccare un salto in direzione del demone, mettendo il bocca qualcosa.
Poi tutto il suo chakra rimasto si concentrò in un unico punto dentro di lei, nei pressi del cuore.
E poi fu solo luce.


Ti amo, addio.
E grazie.


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(perdonate il ritardo, mi ci è voluto un po' per decidermi a scriverlo)
Kiki
  
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