Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: mercatone    15/08/2013    5 recensioni
Irania, una ragazza di 22 anni, si reca a Londra per far visita a un vecchio amico d'infanzia, Davis, uno sceneggiatore dal perfetto accento inglese.
Nell'ultimo mese gli omicidi registrati nella capitale britannica sono aumentati considerevolmente. Come possono uno sceneggiatore affascinante e una ragazza ventunenne avere a che fare con tali omicidi?
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lo sguardo di Irania serpeggiò tra i mobili antichi dello studio, soffermandosi sulla scrivania. Sopra di essa, tra alcuni volumi scompostamente lasciati sul mobilio di legno, un portafotografie custodiva uno scatto di un bambino sorridente dai capelli corvini.
Si avvicinò e prese tra le mani il portafotografie con aria nostalgica.
Accanto al bambino, un uomo sulla trentina sorrideva all’obiettivo. Sullo sfondo un campo fiorito.
Irania fu assalita dai ricordi, che smossero qualcosa dentro di lei. Strinse la mano sinistra in un pugno, facendo scivolare il soprammobile sulla scrivania in noce.
Il sole stava tramontando regalando gli ultimi istanti di luce di quella stancante giornata.
Si grattò la testa un po’ confusa sul da farsi, quando la porta prese a cigolare. – Che fai, qui dentro?
La figura di un uomo alto e muscoloso comparse in controluce. Irania si affrettò a fare qualche passo verso l’uomo. – Scusa, cercavo la mia stanza. Potresti mostrarmela, Davis?
La nera figura restò in silenzio per qualche istante, dopodiché annuì, facendo qualche passo indietro che permise alla luce del corridoio di rivelare il suo volto. Era un ragazzo dall’aspetto autorevole dai capelli arruffati color liquirizia, che gli ricadevano spettinati sul volto. Due pozzi neri incastonati in un viso giovane gli davano un’aria solenne, quasi lugubre. Il ragazzo arricciò impercettibilmente le ciglia sottili. – Da questa parte.
Davis avanzò spedito tra i corridoi di quella villa situata nella periferia londinese, seguito a ruota da Irania.
Durante il tragitto, nessuno dei sue parlò.
Mentre camminavano, lanciò un’occhiata a quel ragazzo. Non poté fare a meno di notare le spalle larghe e possenti ciondolare al suo passo rapido, la camicia che esaltava i muscoli delle braccia.
Irania arrossì, respingendo quei pensieri. Dopotutto era lì per ben altri motivi.
Quando arrivarono alla stanza per gli ospiti, Dave la congedò con “la cena sarà servita alle sette”.
Ormai sola, Irania sospirò, lasciandosi cadere sul letto.
Era arrivata a Londra nel primo pomeriggio, con l’aereo, sette ore di viaggio per la tratta Washington – Londra.
Davis l’aveva raggiunta all’aeroporto di Heathrow per prenderla.
Era rimasta molto sorpresa nel vederlo. L’ultimo ricordo che aveva di Davis era di un ragazzino dodicenne esuberante e vivace. Ora, a distanza di dieci anni, si era trasformato in un bell’uomo in carriera. Dopo la morte del padre, quattro anni prima, si era dato da fare, e ora scriveva manoscritti e sceneggiature per il mondo cinematografico.
Qualcosa, però, era cambiato in lui. Non era più il ragazzino spensierato e sorridente di un tempo. Guardandolo negli occhi si avvertiva una scintilla sinistra, lugubre. Una scintilla che la metteva a disagio ogni volta che le capitava di incontrare lo sguardo di Davis, facendole sentire un forte disagio. Era solo una conseguenza alla morte del padre? O forse c’era qualcosa di più.
È quello che Irania doveva scoprire, quel che si celava dietro quello sguardo cupo.
Premette il palmo della mano destra sul volto, facendolo scivolare dalla fronte al mento. Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, invano. Al quel puntò scattò in piedi e saettò dentro il bagno. Si tolse i vestiti e lasciò l’acqua della doccia scorrere sul suo corpo.
Quando uscì dal bagno, si sentì un po’ meglio. Accese il computer, per controllare se ci fosse stato qualche aggiornamento sugli omicidi avvenuti a Londra nell’ultimo mese. L’ultimo era avvenuto quattro giorni prima, e sembrava non ci fossero state novità.
Irania controllò per l’ennesima volta l’identità delle vittime che si supponeva fossero state uccise dallo stesso assassino.
Il primo era un uomo di cinquantatré anni. Dopo averlo bendato e usato un fazzoletto per tappargli la bocca, l’assassino aveva inferto diversi colpi di lama nel torace dell’uomo. Alcuni erano solo ferite superficiali, altri erano penetrati più in profondità. Comunque, la causa del decesso era imputabile a due colpi ben assestati all’altezza del cuore. La vittima era stata ritrovata sdraiata sul pavimento nel laboratorio di ricerca che teneva nel seminterrato di casa.
Anche le altre tre vittime erano state uccise in maniera analoga, fatta eccezione per l’ultima. Si trattava di una donna di trentasei anni. Era stata ritrovata legata a una sedia, anche lei bendata con un fazzoletto che le serrava la bocca. Nessuna ferita era stata ritrovata sul torace della donna. La morte era attribuibile all’eccessiva perdita di sangue. Difatti, l’assassino le aveva mutilato in braccio sinistro, trasformando il pavimento in una pozza di sangue, all’incirca cinque litri. L’arto era poi stato abbandonato sciattamente su un tavolo ricoperto di alambicchi e provette.
Una cosa accomunava le vittime: erano tutti scienziati.
Irania rabbrividì al pensiero di come l’assassino avesse ucciso le vittime. Allungò le braccia per stirarle, dando un colpo di busto allo schienale della sedia.
Il caso affidatole era davvero un bel grattacapo.
Controllò per un’ultima volta l’identikit dell’assassino, facendo una smorfia. Non avrebbe dovuto accettare quel caso, ma orami era troppo tardi per un secondo pensiero al riguardo.
Chiuse il computer e controllò l’orario. Erano quasi le sette.
Si controllò allo specchio, quindi si precipitò per le scale, augurandosi di ricordare dov’era la sala da pranzo.
Davis abitava in un’incantevole villa a due piani, ma probabilmente definire che si erigeva su due piani è un eufemismo. Nessuna stanza era allo stesso livello di un’altra, tutte collegate di un intrigato sistema di scale e corridoi. Vista da fuori non sembrava una villa di modeste dimensioni, ma una volta dentro si cambiava certamente parere.
Dopo vari tentativi, Irania riuscì finalmente a trovare la sala da pranzo. Era una stanza alquanto grande, al centro del quale vi era un tavolo rettangolare nero piuttosto lungo. La parete di fronte all’entrata della stanza era completamente formata da una vetrata che dava sul retro del giardino, le cui torce e lanterne illuminavano le magnolie nelle aiuole perfettamente curate da un giardiniere che le potava ogni mattina.
La tavola era apparecchiata per due persone senza alcuno sfarzo: i piatti, le posate, due bicchieri e i fazzoletti rigorosamente di carta.
La stanza era collegata direttamente alla cucina dalla quale provenivano un ottimo profumo e un rumore di mestoli e pentole.
Entrando in cucina trovò Davis con un buffo grembiule bianco, alle prese con i fornelli.
Si avvicinò per sentire meglio l’odore dei cibi. – Non ero a conoscenza delle tue doti culinarie.
Davis schioccò la lingua. – È una delle poche cose in cui sono bravo.
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: mercatone