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Autore: Francine    16/08/2013    0 recensioni
Lemuria. Mu. Atlantide. Babilonia. Gerusalemme. Atene. Roma. El Dorado. Alessandria. Shangri-là e il suo mondo di ghiaccio. I Califfati della Spagna del Sud. Che rimane di quei fasti perduti?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La caffetteria elegante ha aperto da poco. Il pavimento è lucido e odora di cera d'api che si mescola alla pioggia che viene da fuori ed entra con lei in una nuvola di vapor acqueo. Si accomoda davanti all'ampia vetrata blu, sotto il simbolo stilizzato di una rosa. Anche all'Accademia c'erano vetrate così. Il ferro era piegato secondo il disegno di quell'artista scozzese che tanto aveva amato la tremenda simmetria dei petali della regina dei fiori. Vetrate, stemmi ricamati sui colletti delle uniformi, marchi che segnavano con eleganza il mondo ovattato che si svegliava ogni mattina oltre il Cancello dell'Accademia.
Lei entrava al suo fianco, più bassa e minuta, la cartella tra le mani che rimbalzava sulle ginocchia, e gli occhiali sempre puliti, e dalla montatura tonda e grande, come a volerla proteggere dagli altri. Proteggere... No, non era quello il verbo adatto. Allontanare, piuttosto. Voleva mantenere un certo distacco tra lei e gli altri; non avevano nulla da dirsi, dopo tutto. E lui credeva fosse tempo sprecato avere a che fare con gli inferiori che sguazzano nel proprio guano.
Adesso quei tempi sono lontani. Adesso lei è seduta davanti alla grande rosa blu e aspetta. Man mano che i secondi si susseguono assecondando le gocce di pioggia, il suo cuore batte sempre più veloce, sempre più forte nel suo petto minuto. È di spalle alla porta, come a voler sadicamente accentuare il dolce senso dell'attesa. Ogni trillo del campanellino all'ingresso è un piccolo infarto che le mozza il respiro. Come se il suo cuore si accorgesse di non avere alcuna ragione di pompare il sangue attraverso le vene, come se i polmoni si chiedessero perché mai si stiano dilatando e contraendo alla disperata ricerca dell'ossigeno.
Aspetta, e rivive con gli occhi della mente quella scena tanto immaginata. Arriverà. Il campanellino trillerà in maniera diversa, come se assieme al suono si dipanasse nell'aria una luce calda e rosata. La chiamerà, mettendole una mano sulla spalla destra - fa sempre così - e lei sorriderà. Senza parole. Le parole non servono. E uno splendido mazzo di rose rosse, avvolte da una delicata carta di riso bianca.
Si accorge di stare stringendo la stoffa del vestito che indossa e apre di scatto le mani. Mani affusolate. Lunghe unghie curate e dipinte di un delicato tono pastello. Albicocca. Si sposa alla perfezione con il suo incarnato. Sposa. A volte la lingua umana è buffa.
E anche lei lo è. Ad esempio, il vestito: non sa perché lo abbia scelto, perché proprio quello, comprato durante i saldi di pochi mesi prima. È così... diverso dalla nuova immagine che sta tentando di costruire. È un abito azzurro, con lo scollo rotondo e una romantica gonna a ruota che scende fin sotto i polpacci. Era nella vetrina centrale del negozio sotto casa, su un manichino triste e vecchio. Probabilmente un sopravvissuto di qualche anno prima, di qualche collezione non smaltita. Un abito semplice. Da signorina educata. Perfetto per arrivare fino alla stazione per prendere il pane e il bagnoschiuma alla ciliegia che le piace tanto. Non lo avrebbe mai e poi mai scelto per un appuntamento importante come quello.
Eppure, quando poco prima ha aperto l'armadio, le sue mani sono andate a colpo sicuro e hanno preso quel vestito che la sembrare una bomboniera vivente. Certo, l'effetto è un po' smorzato dal paio di calosce giallo anatroccolo che sta facendo andare su e giù sotto la sedia per ingannare l'attesa; ma con quella pioggia era utopico pensare di indossare le sue ballerine bianche.
Pazienza, si dice assaggiando una fetta di Cheese-cake alle rose. Gliel'ha fatto preparare il suo Principe. E le cameriere vestite di bianco gliel'hanno servito accompagnato da una fragrante tazza d'infuso alla rosa canina.
Il suo Principe lo trova disgustoso, sostenendo che l'odore caldo ed intenso delle rose non può essere paragonato al gusto aspro e selvaggio della rosa canina. Ma a lei piace proprio perché così acidulo e ferino. E l'odore della pioggia aumenta le sue percezioni.
La vetrata blu sembra piangere malinconica l'acqua che cade dal cielo di Ottobre. Fa ancora caldo, stranamente, ma sa che durerà poco. Sa che senza accorgersene, il calendario scivolerà verso Novembre e dopo un paio di giravolte, puff, ecco Dicembre e il freddo morso dell'Inverno.
Il suo compleanno si avvicina. È buffo pensare di condividere anche la stagione in cui si è nati. L'Inverno. Il Cardinale di Terra, così volitivo e caparbio, e il Mutevole d'Acqua, così incline a rincorrere sogni e visioni di mondi lontani. Solo che lei, quei mondi li ha visti. Li ha visti sorgere, brillare come fari guida per l'umanità e poi cadere rovinosamente, come castelli di sabbia che si sgretolano al vento caldo dell'estate.
Lemuria. Mu. Atlantide. Babilonia. Gerusalemme. Atene. Roma. El Dorado. Alessandria. Shangri-là e il suo mondo di ghiaccio. I Califfati della Spagna del Sud. Che rimane di quei fasti perduti? Rovine. Templi e reperti che soffocano dentro i musei. E turisti paganti che si riuniscono in file ordinate, tante brave e ligie formiche che assistono all'agonia incessante della storia.
Sorride di nuovo, scoprendosi a giocare con un pezzo di dolce. Lo sta schiacciando sotto i rebbi della forchetta, insistente, come farebbe un bambino curioso con gli occhi telescopici delle chiocciole. O con una medusa arenata.
Scopre che, tutto sommato, rompere quel dolce le piace. E a quel pensiero, un brivido le corre lungo la schiena.
Come le diceva sempre lui? Non si può imbavagliare troppo a lungo la propria natura.
Rammenta che una sera - era d'Ottobre e pioveva, proprio come adesso - Akio le lesse una favola, mentre le fiamme danzavano stanche. Lui la stringeva forte contro il suo petto caldo. Avevano da poco concluso il loro amplesso e lui aveva allungato una mano a prendere quel libro antico, ritrovato per caso da un virtuoso grecista italiano. La favola della rana e dello scorpione. Oh, com'era bello il suo viso alla luce guizzante delle fiamme. Com'erano profondi i suoi occhi e come brillavano mentre inseguivano le parole sulle pagine ingiallite. E com'era buffa la sua voce mentre imitava il timbro gracidante della rana e quello, più basso e curiosamente sensuale, dello scorpione.
Strano. Suo fratello riusciva ad essere così... poliedrico e versatile. Qualsiasi cosa intraprendesse, gli riusciva alla perfezione. Lei stessa rimaneva spiazzata da lui, ma non tanto dal repentino cambiamento che subivano i suoi occhi o la sua voce; quello che la lasciava incredula era constatare come ogni volta azzeccasse il momento preciso in cui lui reagiva al mondo circostante. Era quella precisa simmetria a lasciarla stupita. Possibile che fossero legati a tal punto? Che non vi fosse alcuno stacco tra di loro? E soprattutto: Akio se n'era accorto, oppure era troppo preso dalla sua ossessione per vedere la Realtà urlare davanti ai suoi occhi?
Suo fratello era così: volitivo, affascinante, caparbio sino a rasentare l'ottusità. Era lei il burattino tra le sue mani, oppure... oppure lui il pupazzo, la bambola con cui baloccarsi?
Compagno, sposo, amante, fratello, un dio minore il cui unico scopo è quello di fecondare la dea, per poi essere fatto a pezzi da lei e risorgere al mutare delle stagione. Mutare. Anche suo fratello è un Segno Mutabile, lo sfuggente Gemelli.
Si è accorta che è risorto, che la sta chiamando, per terra e per mare. Perché ha bisogno di lei. Patetico. Il Confine del Mondo, la Soglia da varcare per cominciare la Rivoluzione preme perché mamma chioccia rompa il guscio.
E pensare che una ragazzina di quattordici anni è stata capace di prendere quella porta e varcarla con la leggerezza e la regalità di chi si appresta a fare qualcosa di speciale. Rivoluzionario.
Utena è diventata un Principe a tutti gli effetti, fratello. E tu? Cosa sei se non una patetica creatura che cerca di corrompermi con soavi parole? No, fratello, non ti aiuterò. Non questa volta.
Anthy prende un'altra sorsata di infuso di rosa canina e lascia che Chuchu pasteggi con il resto del dolce. Su una cosa sola concorda con suo fratello. Non si può tradire la propria natura. La stessa frase che lui le ha sibilato all'orecchio mentre lei se ne andava da quel mondo folle. Niente urla, niente strepiti, niente sceneggiate. Solo lui che si avvicina a lei e le parla all'orecchio con voce suadente ma canzonatoria nel tono.
Vuoi andare da lei, Anthy? Vuoi raggiungere Utena? Cercarla nei più infimi recessi del Cosmo? Vai, Anthy, vai pure. Spendi le tue energie, ma ricorda: la tua natura è tradire. E non puoi non tenerne conto. Hai tradito me, tua carne e tuo sangue, e tradirai lei.
Anthy sorride. La sua natura è tradire. Vero. Lo ha fatto innumerevoli volte. Ma se tradisse la propria natura? Resterebbe fedele a se stessa? O, piuttosto, si renderebbe complice di un perverso gioco di specchi?
Chi tradirò, stavolta? Lei? Te? O me?
Il campanello trilla, spandendo nell'aria una luce rosata e calda. E odore di arancio e cannella. È qui. Posa la sua mano sulla spalla, pelle chiara che si amalgama con l'ebano caldo di Anthy. Sussulta, sentendo le sue dita sfiorarle il collo da cigno. Ha fatto la sua scelta.
"È tanto che aspetti, Anthy?"
"No, Utena. Sono arrivata da poco."
Utena sorride, depone il bouquet di rose rosse in carta di riso bianca davanti a lei, e si siede.
Chuchu finisce di mangiare il dolce. Fuori piove ancora.


Dedicata a Lan Awn Shee.

   
 
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