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Autore: Fefy_07    16/08/2013    7 recensioni
La notte prima di andare in guerra non è stata facile, né per Damon né per suo fratello. Una paura giustificata si è messa tra i due, ma non è mai troppo tardi per cambiare idea e Damon lo capisce in tempo, per fortuna.
Questa storia si è classificata prima al contest "Salvatore brothers in live [The Vampire Diaries contest]" indetto da Soqquadro04 sul forum di EFP
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Stefan Salvatore
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: Fefy_07
Titolo: Per te, sempre
Rating: Verde
Pacchetto: n°2 (Elementi: Salotto della pensione, Hurt/Comfort, Malinconico)
Genere: Angst, Malinconico, H/C
Avvertimenti: Sottilissimo Incest, What if…?, Missing Moment
Personaggi: Stefan Salvatore, Damon Salvatore
Introduzione: La notte prima di andare in guerra non è stata facile, né per Damon né per suo fratello. Una paura giustificata si è messa tra i due, ma non è mai troppo tardi per cambiare idea e Damon lo capisce in tempo, per fortuna..
NdA: Ho eliminato l’avvertimento OOC perché in realtà io reputo abbastanza possibile sia il comportamento di Damon, considerato il fatto di non essere mai stato abbastanza per il padre, che quello di Stefan, visto che lui e il fratello erano molto molto legati da umani. L’Incest è molto accennato, un gesto che potrebbe essere benissimo un pre-incest a dire il vero. La scena narrata si svolge nel 1864 e la pensione è introdotta come elemento “in costruzione” per il futuro. L'avvertimento What if…? si riferisce a tutta la scena in generale, mentre il Missing Moment è perché nella serie tv non c’è mai stato un flashback su questa particolare notte. La storia partecipa alla challenge "Sfida dei duecento prompt" indetta da msp17 sul forum di EFP con il prompt 38: Partenza
 

Per te, sempre
 

A quel tempo, la pensione non era altro che una costruzione perlopiù vuota, arredata con pochi mobili e due letti in una stanzetta che fungeva da camera da letto quando i due Salvatore decidevano che tornare a casa nel bel mezzo della notte sarebbe stata una scelta poco saggia. Solo il salotto era già da allora la camera più importante della costruzione, quella riservata agli alcolici, al calore del camino e alle conversazioni serie.
Lì, su uno dei due divani, sedeva Stefan, le spalle ricurve e l’aria pensierosa, specchio dell’espressione che avrebbe assunto così spesso nei centocinquanta anni successivi. In quel momento, tuttavia, non erano vampiri assassini il suo problema più pressante, ma un fratello maggiore potenzialmente autodistruttivo pronto per andare in guerra.
Ci aveva pensato più volte nel corso della serata; l’aveva capito dalle battute non troppo a cuor leggero che Damon aveva fatto alla taverna a chi gli chiedeva quando sarebbe tornato, dal sorriso un po’ forzato e lo sguardo un po’ stanco.
Prima di uscire di casa, Damon e suo padre avevano litigato di nuovo, Stefan lo sapeva. Li aveva sentiti urlarsi contro tutti i generi di cattiverie, prima che il genitore lo cacciasse in malo modo dal suo studio, con un gelido «Va’ a farti le ossa in guerra» dalla nota così definitiva da far rabbrividire il ragazzo.
Da quel momento, Damon era stato molto silenzioso e solo molte ore più tardi era entrato in camera e aveva detto a Stefan di radunare qualche vestito per restare a dormire nella pensione. I due adoravano quel posto, per loro padre era praticamente inutile confrontato a Villa Veritas, perciò era diventato il loro rifugio personale.
Adesso a Stefan sembrava quasi inospitale, un bicchiere di cristallo colmo di bourbon la sua unica compagnia.
«Che ci fai in piedi a quest’ora?»
Stefan sussultò ma non parlò subito. La domanda del fratello sembrava quasi rassegnata e il minore non ebbe dubbi che Damon sapesse già la risposta ma che non fosse pronto ad affrontare la conversazione. Nemmeno lui stesso si sentiva così propenso a cominciarla. Perché fare domande quando non sei certo che la risposta ti piacerà?
«Non riuscivo a dormire» rispose alla fine, senza osare voltarsi a guardare Damon negli occhi.
Accorgimento vano, dato che lui si decise a muoversi e andò a sedersi davanti a Stefan, fissando lo sguardo chiaro negli occhi verdi del fratello, in attesa. «Dimmi» gli disse solo, come se quella semplice parola bastasse a districare il groviglio di ansia, paura, tristezza e preoccupazione che era cresciuto nel più piccolo da quando la notizia che suo fratello si sarebbe arruolato gli era giunta per la prima volta alle orecchie.
Eppure Stefan, senza neanche sapere come o per dire cosa, aprì la bocca e cominciò: «Domattina parti.»
Damon annuì, un’ombra scura ad offuscargli solo per un attimo lo sguardo. «E allora?»
«Tornerai, vero?»
La speranza e l’incertezza dietro quella richiesta furono tali da costringere Damon ad abbassare gli occhi. Ci aveva pensato molto da quando aveva deciso di arruolarsi, più per accontentare il padre che per vera fede nella causa. Sarebbe potuto essere un buon soldato, avrebbe aiutato le truppe e sarebbe caduto in battaglia, due placche di metallo la garanzia del fatto che il suo corpo non sarebbe rimasto senza nome e senza una sepoltura. Suo padre sarebbe stato fiero di lui, per una volta. Sarebbe stato ricordato come un valoroso combattente.
Damon non riusciva a vedere un finale diverso per lui, non in quel momento, almeno. Era il massimo in cui poteva sperare senza cedere alle continue minacce del padre, senza doversi addossare la proprietà di famiglia e restare un burattino nelle mani di quell’uomo egoista, com’era suo malgrado Stefan. Non aveva niente a tenerlo legato a quella casa, eccetto il fratellino che ora lo fissava con occhi imploranti dal divano di fronte. Il fratellino che aveva passato la vita a proteggere e a crescere, il suo migliore amico e il suo primo confidente. Il fratellino che lo vedeva come un modello, nonostante la fama di Damon di donnaiolo e giocatore d’azzardo non lo rendesse particolarmente ben voluto agli occhi della società in cui viveva. Il fratellino per cui era già un eroe, senza la divisa sporca di terra e sangue a testimoniare il suo impegno per il Paese.
«Chiedimelo domani, Stef» rispose finalmente Damon, rialzando gli occhi rassegnati sul volto del più giovane, un sorriso indulgente sulle labbra. Stefan sarebbe stato bene, avrebbe portato avanti la proprietà di famiglia al suo posto e si sarebbe presto sposato, magari avrebbe anche avuto dei figli. Stefan aveva una possibilità in quella società che non era adatta a suo fratello maggiore.
Damon fece per alzarsi, ma il fratellino gli bloccò il polso e sussurrò «No, non te lo lascerò fare. Dimmi che tornerai, Damon.»
E nonostante la nota di supplica, le parole successive del più grande furono amare, intrise di rabbia e disprezzo: «Per cosa, Stefan?! Dovrei tornare per una vita che non mi appartiene, per un padre che non mi apprezza qualunque cosa faccia?! Sono nato per essere un soldato, non per portare avanti la baracca. Quello è il tuo destino.» Scrollò il braccio, facendo mollare la presa a Stefan, dopodiché si diresse di nuovo verso la camera da letto. «Tutte le guerre hanno le loro vittime, fratellino…» concluse, quando sentì lo sguardo del minore sulla schiena. «Forse sarò una di quelle o forse no. Lo scopriremo presto, in ogni caso.»

La mattina dopo, Damon si diresse alla porta principale della Pensione con la divisa già addosso e il borsone in spalla. Non aveva dormito per niente la notte precedente dopo la sua piccola discussione col fratello, che non aveva sentito crollare nel letto accanto al suo nemmeno alle prime luci dell’alba, quando finalmente aveva deciso di arrendersi e alzarsi.
Passando per il salotto, Damon intravide la figura di Stefan esattamente dove lo aveva lasciato la notte precedente. Desideroso di chiarire prima della partenza, si diresse verso di lui e gli poggiò una mano sulla spalla. Stefan non diede segno di averlo sentito, ma si irrigidì impercettibilmente sotto il suo tocco.
«Stai andando?» chiese con voce monocorde, tentando di nascondere il nervosismo per quello che stava per fare. Aveva avuto una notte intera per riflettere sul modo migliore per far capire al fratello quanto avesse bisogno di lui, ed era arrivato a una conclusione scomoda e imbarazzante, che poteva benissimo solo peggiorare le cose. Ma il tempo era agli sgoccioli e non poteva permettersi di esitare.
«Sì, Stefan» rispose Damon, e strinse impercettibilmente la spalla del fratello, prima di lasciare la presa e voltarsi. Non fece in tempo però a fare un passo, che il suo fratellino gli si parò davanti. Damon ebbe appena un attimo per osservare gli occhi lucidi e rossi per via della mancanza di sonno – o forse del pianto, ma il maggiore non poteva proprio permettersi di pensarlo in quel momento – prima di ritrovarsi le braccia occupate dal corpo caldo e possente di Stefan, che lo strinse con urgenza, quasi con disperazione.
Preso di sorpresa, per qualche secondo Damon fu indeciso sul da farsi. Lui e suo fratello avevano praticamente smesso coi contatti fisici da qualche anno, ma da bambini Stefan non aveva mai fatto segreto di bramare il tocco del fratello maggiore, l’unico conforto durante le notti buie popolate da incubi e l’unico premio quando raggiungeva un grande traguardo – la prima parola, i primi passi, la prima cavalcata, la prima sbronza. Tutte le tappe importanti della sua vita erano state scandite dalla presenza rassicurante del suo fratellone, dalle sue parole orgogliose e dai suoi abbracci possenti.
Stefan sospirò felice, quando finalmente Damon si riprese dallo shock e lo strinse al suo petto, deglutendo una volta sola il magone che quel gesto gli aveva stretto in gola. Stettero così per qualche minuto o forse per qualche ora, il tempo non contava più molto. C’erano solo loro, stretti in un abbraccio un po’ più forte del solito, che sapeva di ultima volta.
Quando alla fine si staccarono, Stefan fissò gli occhi verdi dritti in quelli azzurro cielo del fratello. Nella loro limpidezza, Damon lesse tutti i significati di quell’abbraccio. Torna per questo, Damon. Torna per me. E non fece in tempo a rispondere a parole, perché in una carezza silenziosa, le labbra del suo fratellino strusciarono sulle sue,  morbide, delicate, quasi esitanti, preoccupate di spingersi troppo oltre. Fu un contatto di pochi secondi e talmente fuggevole da non sembrare neanche accaduto, ma Damon si aggrappò alla sensazione di benessere e di casa che percepì in quel momento, e seppe che sarebbe tornato sempre per Stefan.
«Tornerai, vero?» La domanda risuonò nella quiete della mattina, che cominciava a illuminare di un bagliore dorato il salotto della loro pensione, e stavolta la risposta lasciò le labbra di Damon prima ancora che venisse formulata razionalmente nella sua testa, perché era semplicemente troppo giusta per ignorarla.
«Tornerò.»


«Sei sposato?»
La domanda dell’uomo colse un po’ di sorpresa Damon, che era sovrappensiero e non stava realmente prestando attenzione al soldato anziano seduto di guardia al suo fianco. «Come?»
«Sei sposato, ragazzo?» ripeté l’uomo, grattando brevemente la barba e studiandolo con gli occhi socchiusi.
«No» rispose Damon, lievemente interdetto.
«Allora hai famiglia?» domandò ancora il compagno, e Damon sentì una fitta di irritazione, ma cercò di mantenersi cordiale, se non altro per non incappare nell’ennesima rissa.
«Neanche, perché?» L’uomo sembrò tutto a un tratto stanco, guardò il cielo stellato e sospirò, per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione a Damon. «Hai quella luce nello sguardo, quella scintilla… è lo sguardo di chi ha ancora qualcosa per cui valga la pena lottare.»
Damon rimase stupito dalla sagacia dell’altro, e si fece scappare un breve sorriso. Lui non pensava di partire con quella scintilla nello sguardo, ma se adesso c’era davvero, era sicuramente tutto merito di un diciassettenne impacciato, che per un «sì, tornerò» aveva dato tutto. Era una scintilla di occhi verdi sinceri e di un sorriso sollevato e felice all’udire finalmente le agognate parole.
«Ho un fratellino che mi aspetta a casa. Si chiama Stefan.»


Angolino dell'autrice :)

Torno dopo un po' di tempo con questa breve shot sui nostri fratellini preferiti, su cui non scrivevo da...boh, decadi? xD Questo è un momento che ho immaginato spesso ma che non avevo mai scritto, prima che apparisse questo contest con il pacchetto perfetto :3 L'unica cosa diversa dalla versione originale è che non doveva essere la pensione ma il salotto di Villa Veritas, però col senno di poi sono più contenta così, anche il luogo è più personale!
Non ho molto da dire sulla storia, mi sembra di aver spiegato tutto ciò che c'era da spiegare nelle note introduttive, dunque rubo questo spazio per ringraziare chi ha letto e ancora di più chi recensirà dicendomi cosa ne pensa. Ci tengo tanto ai vostri pareri! *-*
Un bacione, ci vediamo presto!
  
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