Io credo
nella lussuria a prima vista
Continuava
a rigirarsi il cellulare tra le mani. Lo fece volare da un palmo
all’altro, lo
vide cadere a terra, lo tenne in equilibrio su due dita; ogni tanto
lanciava
un’occhiata allo schermo, avvicinava un polpastrello ai
tasti, lo ritirava e
tamburellava con la punta del piede sul pavimento del Vecchio
Mangaka. Le voci di Stefania e Leonardo, che sfogliavano i
nuovi arrivi nella stanza accanto, gli arrivavano come da molto lontano.
Guardò
per l’ennesima volta il messaggio che gli era arrivato
quaranta minuti prima:
“Quando vieni? Fede”.
A
distanza di settimane e a volte perfino mesi, capitava che il cellulare
di
Matteo squillasse per l’arrivo di un messaggio e che poco
dopo comparisse come
mittente un numero che non era mai riuscito a dimenticare, nonostante
lo avesse
cancellato dalla rubrica anni prima; sapeva che il proprietario di quel
numero
preferiva chiamare, non aveva bisogno di leggere la firma a fine
messaggio per
sapere che era stata un’altra persona a inviarlo.
Maledizione, dopo tanto tempo
ancora rischiava di cadere in trappola!
Si
chiese se lo avesse davvero mandato “Fede”, quel
messaggio. La domanda –
“Quando vieni?” – era sempre la stessa,
mutava la forma, ma non la sostanza, ed
erano due anni che gli veniva rivolta; fortunatamente per Matteo era
più facile
mantenere il controllo senza udire la voce del suo interlocutore, ma
alcune
volte aveva ceduto. E rischiava di cedere ancora.
“Ho
un uovo di Pasqua che dev’essere aperto…”
Avrebbe
potuto aspettare un altro po’. E se fosse andato a male? Se
si fosse sciolto,
con l’arrivo del caldo? Dopotutto aveva ancora un regalo da
parte, poteva
attendere quanto voleva.
“Questa
estate” pensò di rispondere. “Ad agosto.
A settembre.”
Avrebbe
rimandato all’infinito, lo sapeva, ma non poteva parlare di
una fantomatica
“prossima settimana” o di qualsiasi altro giorno di
aprile. Era troppo presto e
rivedere Federico avrebbe significato trovarsi di fronte anche
un’altra
persona.
«…
e così l’ha baciata.»
Stefania
apparve nella stanza, trasportando una collana con il ciondolo dei
Lannister e
una rivista presa poco prima dal bancone del negozio. Leonardo la
seguiva,
incredulo, e solo allora Matteo si rese conto che la ragazza non si
stava
facendo beffe di lui, pur non essendo più nelle vesti di
Robb Stark e Lysa
Tully: l’esperienza del Romics doveva avere fatto bene a
entrambi.
Fu
colpito anche dallo sguardo fugace e colpevole che Leonardo gli rivolse.
«Hai
visto la puntata stamattina?» tentò di cambiare
discorso il suo cliente
abituale, passandosi una mano sui capelli neri tagliati a spazzola.
«Secondo me
ti è piac-»
«Elfo,
esisti sul serio?» lo interruppe Stefania, sollevando un
sopracciglio. «Ti sto
dicendo che Marta e Roberto si sono baciati e tu mi parli di Game of Thrones? Una puntata magnifica,
ma prova a tenere i piedi per terra almeno una volta.»
Matteo
smise di giocare con il cellulare. Aveva appena dato loro le spalle e
doveva
sembrare assorto nell’inventario, perché nessuno
dei due cercò di inserirlo
nella conversazione. Non era turbato dalle parole di Stefania, ma non
aveva mai
pensato di poter ascoltare una notizia del genere. Marta? Con Roberto? Non gli era sembrata quel
tipo di ragazza…
«Sai
cosa significa “baciare”, elfo?»baciare
«Certo
che lo so!»
«Hai
presente quando i tuoi genitori avvicinano i volti e si toccano le
labbra?»
«Ti
ho detto che lo so!»
«L’hanno
fatto vedere anche in Game of Thrones,
quindi il concetto dovrebbe essere chiaro perfino a te.»
Però,
riflettendoci, una ragazza che si lanciava su qualcuno solo
perché la sua prima
scelta si era rifiutata di uscire con lei era proprio il tipo da
Roberto. Forse
aspettava solo di essere notata, non aveva importanza da chi.
D’altronde, se
fosse stata realmente interessata a lui, lo avrebbe davvero chiamato in
piena
notte, ubriaca, per chiedergli un appuntamento?
Già,
si era sbagliato ampiamente su Marta.
«È
successo al Romics, poco prima della nostra sfilata»
continuò Stefania, alzando
la voce. «Da quanto ne so, lei l’ha presa molto
bene!»
«Ma
io credevo… Cioè, voglio
dire…»
«Che
credevi?»
«Pensavo
che a Roberto piacesse… cambiare, ecco…»
«Alle
scale piace cambiare, ma quel dongiovanni forse vuole mettere la testa
a posto.
Dopotutto, perché baciare una ragazza che vedrà
sicuramente ogni venerdì,
rischiando di sentirsi in imbarazzo tutte le volte che
giochiamo?» Toccò la
spalla di Matteo, che sussultò. «Ehi, devo correre
a lezione, posso pagare?»
«Sì…
subito.»
Non
era più immerso nei pensieri che lo attanagliavano
dall’arrivo del messaggio,
però non sapeva dire se ciò fosse un bene: ora la
sua mente era occupata dal
risentimento nei confronti di Marta, che aveva anche cercato di
trattare
gentilmente negli ultimi giorni – lei aveva sbagliato a
chiamarlo a un’ora così
tarda, ma doveva essere stata guidata dall’alcol,
perciò Matteo aveva deciso di
mettere da parte la rabbia iniziale e comportarsi come se niente fosse.
Scelta
comunque ardua, dal momento che la ragazza non lo aveva chiamato per
fargli uno
scherzo telefonico, ma – in modo alquanto bizzarro e poco
produttivo – per dichiararsi.
Titubante,
leggermente impacciato, durante il Romics Matteo aveva provato a
scusarsi con
lei a suo modo, pensando che dovesse essere stato ben poco delicato
venire
rifiutati con una simile rabbia, ma a quanto sembrava si era sbagliato:
a Marta
non era mai realmente importato di lui o forse quello era stato davvero
uno
scherzo telefonico.
“Ma
perché chiamare proprio me?”
«Questa
collana costava meno al Romics» disse Stefania, poggiando il
ciondolo ancora
imbustato di fronte alla cassa. «Però non ho fatto
in tempo a comprarla, quindi
mi tocca prenderla qui.»
Matteo,
che era in piedi da appena due ore e già aveva patito e
ascoltato abbastanza,
le avrebbe volentieri suggerito dove poteva mettersi gratuitamente
quella
collana, ma il tema di Dead Space
risuonò nel negozio. Estrasse il cellulare dalla tasca dei
jeans, preoccupato,
ma sullo schermo lesse Giovanni;
rifiutò
la chiamata, fece pagare Stefania, mise da parte i manga per Leonardo e
solo
quando furono usciti entrambi compose il numero dal suo collega.
Che,
si rese conto in quel momento, non si era ancora fatto vedere in
negozio.
«Ciao,
Gianni!» lo salutò. «Come mai sei
a…?»
«Ho
bisogno di vederti» dichiarò subito la voce
dall’altra parte, con un’agitazione
che fece nuovamente preoccupare Matteo. Non era abituato a sentire il
pacato
Giovanni in preda all’ansia: l’ultima volta che lo
aveva trovato in quello
stato Cate gli aveva appena proposto la separazione.
«Cos’è
successo?»
«Dobbiamo
parlarne di persona. Ho… ho bisogno di un
consiglio.»
Aggrottò
la fronte, ancora più sorpreso. Giovanni il dispensatore di
consigli aveva
bisogno di un consiglio dalla persona che più gli chiedeva
consigli?
«Non
posso lasciare il negozio adesso.»
«Corri
qui. O vediamoci a pranzo. È una cosa importante.»
«Gia,
mi stai facendo preoccupare sul serio. Cos’è
successo?»
«Ieri
ho visto una persona.» Pausa. Matteo si interrogò
su chi potesse averlo gettato
in quello stato: di certo non si trattava di una persona qualsiasi
incontrata
per strada. «L’ho rivista, voglio dire.»
Sembrava piuttosto restio a parlare,
come se ne fosse imbarazzato.
Non
poteva trattarsi di Caterina, Matteo aveva saputo che era passata al Vecchio Mangaka tempo prima e Giovanni
glielo aveva riferito in tutta calma solo quando lui aveva finito di
sfogarsi
per… Oh, cavolo, doveva rispondere a quel messaggio.
«Si
tratta di tua sorella?» tentò. Un pensiero
agghiacciante gli attraversò la
mente. «È incinta?»
«No,
no, macché! Non vedo Lory da mesi, lei e Paolo non
c’entrano niente.»
Ringraziò
in silenzio le potenze divine per avere sventato un tale pericolo:
Loredana
poteva essere considerata un pericolo pubblico per un bambino.
«Ieri
sera sono stato alla cena di classe» continuò
Giovanni.
«Ah,
è vero, mi ero dimenticato.» Allora forse Cate
c’entrava qualcosa. «C’era anche
Caterina?»
«No,
non è venuta. Ecco…» Matteo lo
sentì deglutire e ispirare profondamente, prima
di parlare di nuovo. «C’era una mia compagna del
liceo. Era la nostra
rappresentante, a scuola.»
«Beh?»
Matteo stava cominciando a irritarsi: perché Giovanni non
gli diceva chiaro e
tondo cos’era accaduto, invece di farsi tirare fuori il
discorso con la forza?
«Si
chiama Miriam.» Altro momento di pausa. «Avevamo
bevuto un sacco, non so
neanche come sono arrivato a casa…»
«Giovanni?»
fu costretto a chiedere Matteo, davanti all’ennesimo silenzio.
«Me
la sono trovata nel letto.»
Dovette
reprimere una risata per rispetto nei suoi confronti. Ma come poteva
prendere
sul serio un trentacinquenne che lo chiamava in preda al panico
perché era
stato a letto con la seconda donna della sua vita?
«D’accordo,
chiudo il negozio e passo da te.»
Il
messaggio continuò ad attendere una risposta che non
arrivò.
♠
Non
aveva una precisa idea del perché avesse accettato
l’invito di Roberto. Certo,
era curiosa di ciò che voleva dirle con tanta insistenza, ma
la sua curiosità
non giustificava il filo di matita che si era messa sugli occhi,
né gli
orecchini che per l’occasione erano tornati a essere due
– a dispetto dei tre
buchi che avevano fatto guadagnare alle sue orecchie, a detta della
madre, il
titolo di “lobi martiri” – e neanche la
maglietta scollata proveniente ancora
una volta dall’armadio di Teresa.
Teresa
che non aveva fatto altro che esprimersi con gridolini e sospiri,
esclamando di
tanto in tanto: «Ah, che bello l’amore!»
Ora
Marta cominciava a comprendere come doveva apparire agli altri quando
si
comportava da fangirl.
Sistemandosi
il ciondolo che era sceso tra i piccoli seni, Marta si chiese se non
fosse
troppo in anticipo: Roberto le aveva chiesto di vedersi alle quattro e
mezza,
ma mancavano ancora venti minuti all’ora prestabilita. Di
solito lei era una
ritardataria e molte erano state le volte che Stefania glielo aveva
fatto
pesare, però aveva passato la mattinata a chiedersi, tra una
lezione e l’altra,
come sarebbe accaduto quel pomeriggio; sarebbe stato meglio se Roberto
non le
avesse inviato un messaggio alle sette, implorandola di vedersi
perché “aveva
bisogno di parlarle”. Forse, se si fosse fatto sentire
più tardi, Marta sarebbe
riuscita a concentrarsi durante almeno una lezione.
Tuttavia
sapeva che non sarebbe cambiato nulla: per tutta la notte si era
interrogata
sul motivo che aveva spinto Roberto a baciarla, senza trovare una
risposta di
cui fidarsi completamente. Se si fosse trattato di un altro ragazzo,
avrebbe
pensato che ci stesse provando con lei, ma con lui non si poteva mai
dire.
Anche se si era già sbagliata parecchio nei suoi
confronti…
Sospirò,
scuotendo la testa e attirando l’attenzione di due passeggeri
in metropolitana.
Forse doveva solo accettare la realtà che si parava davanti
ai suoi occhi, e in
altre parole che Roberto aveva una cotta per lei.
E
di se stessa cosa poteva dire? Era stata sorprendentemente lusingata
dal suo
bacio, le avevano fatto piacere anche le attenzioni che le aveva
riservato nei
giorni precedenti, durante il Romics, ma lei credeva di provare per
Matteo
qualche di forte. Qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto eclissare.
D’altronde, a farsi eclissare era stato lo stesso Matteo.
Quando
arrivò alla fermata del Circo Massimo, dove si era svolto
anche il loro primo appuntamento
– era certa di poterlo
definire così? – Marta riconobbe immediatamente i
capelli neri e gli occhi
verdi di Roberto. E per fortuna, perché se lui avesse
indossato un cappello o
un paio di occhiali da sole avrebbe rischiato di non vederlo neanche.
Roberto
attendeva in cima agli scalini, la schiena contro il muro e un mazzo di
fiori
in mano. Marta fu tentata di fare marcia indietro, ma in quel momento
anche lui
la vide. Alzò la mano in un saluto rapido e imbarazzato,
accennò un sorriso e
camminò verso di lei a testa bassa, come se non avesse il
coraggio di guardarla
negli occhi. Inspirò profondamente, poi le porse i tulipani
rossi.
«Sono
per te» le disse in tono di scusa. «Non
avevo… Non volevo presentarmi a mani
vuote.»
«Grazie,
sono bellissimi.» Non era una bugia, ma a Marta non piaceva
ricevere fiori; a
dire la verità, nessuno glieli aveva mai regalati e questo
la stava mettendo a
disagio. «Sei qui da molto?»
«Sì»
rispose subito Roberto, per poi scuotere la testa. «Scusa,
non volevo dirti che
hai fatto aspettare. Sei perfino in largo anticipo, sono io
che… che non
riuscivo a resistere dentro casa. Dovevo uscire.»
«Problemi
in famiglia?»
Il
suo sorriso spuntò improvvisamente e altrettanto in fretta
scomparve. «No,
niente del genere. Ero solo un po’… Mi sentivo in
colpa.» Marta stava per
rassicurarlo che non c’era motivo di biasimarsi per averla
baciata, che
potevano tornare a essere amici – erano amici, in fondo?
– come prima, ma
Roberto riprese subito a parlare. «Ah, se non dovessero
piacerti i fiori, ti ho
preso anche qualcos’altro, venendo qui.» Le porse
la busta che teneva nella
mano destra.
«Cos’è?»
«Sorpresa.»
Rimase in silenzio finché Marta non ebbe estratto un DVD
dalla busta di
plastica. «Non so se è il tuo genere, ma
è il mio film preferito e ho voluto…»
«FANTASTIC!»
esclamò lei, spalancando gli occhi e saltando sul posto.
«Apocalypse Now
è anche il mio film preferito!»
«Davvero?»
Roberto sembrava sollevato. «Oh, sono contento di averci
preso… Ma non lo avevi
già, allora?»
«Non
nell’edizione limitata! Come hai fatto a trovarla?»
«Segreto»
rispose con un sorriso più rilassato, ma altrettanto fugace.
«Credo che valga
la pena tenerlo per me, così se in futuro vorrò
farti un altro regalo saprò
come sorprenderti.»
In
quel momento Marta gli sarebbe volentieri saltata al collo per
ringraziarlo, ma
per fortuna il DVD e il mazzo di tulipani che stava reggendo glielo
impedirono.
Si limitò a sorridere a sua volta, profondendosi in una
lunga serie di
«Grazie!» venuti dal cuore.
«Camminiamo?»
propose Roberto, e Marta annuì, continuando a contemplare Apocalypse Now come fosse il suo sogno
nascosto nel cassetto fin da
bambina.
«È
l’edizione in tre dischi» pigolò
entusiasta. «Peccato sia in blu-ray…»
Roberto
si fermò di colpo. «Non hai il lettore blu-ray?
Perché non l’hai detto subito?»
«Oh
no, non importa: troverò sicuramente qualcuno a cui
scroccare il lettore!»
«Possiamo
sempre vederlo da me. Funziona anche nella Play Station.»
Marta
tentennò. Si accorse solo in quel momento di quanto poco
fosse durata la sua
tensione, giusto il tempo di ricevere il regalo, ma poi il ricordo
recente del
loro bacio, solo un pomeriggio prima, tornò a farsi strada
nella sua mente e a
farle palpitare il cuore. Perché, poi? Non era innamorata di
Roberto, lei
voleva Matteo.
Un
Matteo che non la cercava mai…
«Carini
i fiori!» esclamò, cambiando discorso.
«Come mai hai scelto i tulipani?»
«Non
ti piacciono?»
«Non
sono tra i miei fiori preferiti» ammise. «Ma dubito
che avresti potuto trovare
una stella alpina da queste parti.»
Roberto
si sedette sulle basse mura che delimitavano il Circo Massimo e le
prese la
mano libera per aiutarla a salire insieme a lui. Era lo stesso punto
dove si
erano fermati durante l’appuntamento precedente,
notò Marta, e per combattere
l’imbarazzo gli diede momentaneamente le spalle con la scusa
di mettere da
parte fiori e DVD, ma poté farlo solo per pochi secondi;
quando tornò a
guardarlo, Roberto stava fissando le rovine, con suo sollievo. Ancora
una volta
le parve ben diverso dal ragazzo con cui credeva di avere avuto a che
fare fino
a quel momento.
«Conosci
la leggenda del tulipano?»
«No.»
«Si
dice che le odalische lanciassero i tulipani attraverso le sbarre
dell’harem,
come pensiero ai fidanzati che erano state costrette a
lasciare» spiegò
Roberto, continuando a fissare un punto lontano. «Per questo
i tulipani rossi
sono il simbolo della dichiarazione d’amore.»
Marta
sarebbe volentieri sprofondata nella terra, ma non poté fare
altro che
mangiarsi le unghie per alleviare la tensione.
«Non
è questa la leggenda della loro nascita,
però» continuò il ragazzo, tornando
finalmente a guardarla. «Si dice che un pastore si
suicidò per amore, e allora
la regina delle fate ricoprì la sua amata terra
d’Olanda dei fiori che le sue
compagne abitavano. Si lasciò addormentare e
basta… Il contadino, intendo dire.
Per questo non sono le rose il vero fiore dell’amore, ma i
tulipani: sono il
simbolo dell’amore che non potrà mai essere
ricambiato.»
Marta
pendeva dalle sue labbra. Aveva ascoltato attentamente ogni sua parola,
cercando
tracce del Roberto Trani che era stato prima di quel giorno, ma non
c’era
riuscita: vedeva solo un ragazzo imbarazzato e allo stesso tempo
deciso,
pessimista e – forse, ma solo forse – innamorato.
Perché proprio di lei?
Si
disse che era stanca di porsi domande, di interrogarsi su cosa avesse
spinto
Roberto a chiederle di uscire, a baciarla e ora a dichiararsi. Non le
erano mai
interessati i ragazzi dolci, però – come era stato
per i fiori – il motivo
probabilmente era che non aveva mai avuto a che fare con loro. E forse
era arrivato
il momento di cominciare a lasciarsi andare a una visione di
felicità, invece
di ostinarsi a pensare a una persona che le rivolgeva la parola solo
nelle
vesti di Eddard Stark.
«Non
dobbiamo per forza guardare un film insieme» riprese Roberto,
e Marta si
accorse di quanto disperato fosse il suo tentativo di essere accettato
da lei.
«Potremmo fare quattro passi, prenderci un gelato o chiedere
al Dottore di
portarci su Saturno.» Fece una risata nervosa. «O
potremmo tornare a casa. Se
non sei interessata, potremmo finirla qui.»
«Roberto,
senti…»
«No,
un secondo, ascolta solo un’ultima cosa: non ti sto giurando
amore eterno, non
sto nemmeno dicendo che sono innamorato. Potremmo uscire e renderci
conto che
non siamo fatti l’uno per l’altra e tornare a
comportarci come prima, restare
anche amici visto che non stiamo mettendo in gioco sentimenti troppo
complicati. Il fatto è che, se dovessi mettere la testa a
posto, vorrei farlo
per te.»
Marta
sorrise spontaneamente e, altrettanto spontaneamente, cercò
la sua mano.
«Proviamoci.»
Finalmente
il sorriso di Roberto smise di scomparire.
♠
Faceva
maledettamente caldo per essere aprile e l’unico desiderio di
Roberto, in quel
momento, era tornare a casa e accendere il condizionatore nella sua
stanza –
dopo aver messo su un disco dei Queen, ovviamente. Dopo una giornata
simile,
poteva anche concedersi un paio di puntate di Squadra
Speciale Cobra 11, ma stando attento a sceglierle da una
delle stagioni con Tom Kranich.
Non
appena ebbe varcato la soglia dell’appartamento,
scoprì di essere solo: l’odore
delle lasagne che sua madre gli aveva promesso non aveva ancora invaso
alcuna
stanza e tutte le luci erano spente. Trovò un biglietto sul
tavolo della
cucina, tra il cesto della frutta e il telecomando, con un
“Sono da zia Elsa,
torno per cena. Metti le lasagne nel forno verso le otto”
scritto a matita.
Dando un rapido sguardo all’orologio accanto al frigo,
Roberto constatò che
anche il padre sarebbe stato via per un’altra ora.
Perfetto,
avrebbe potuto osare di più che qualche puntata di Tom e
Semir.
Gli
piaceva guardare gli hentai senza dovere indossare le cuffie, che
trovava
limitanti rispetto alle due casse a cui di solito era collegato il
computer; forse
i vicini, un giorno, sarebbero accorsi indignati alla sua porta per
lamentarsi
dei rumori inconsueti che provenivano dall’appartamento, ma
poco importava: lui
era Roberto Trani, l’affascinante figlio di “Peppe
dell’officina”, e avrebbe
sempre trovato un modo per quietare gli animi e trarsi di impaccio da
situazioni indesiderate.
Entrando
nella sua stanza, però, si chiese in che modo avrebbe potuto
giustificare le
foto appese al muro, nel caso in cui Marta avesse accettato il suo
invito a
vedere Apocalypse Now. La camera
era
sommersa di hentai e poster di belle ragazze decisamente accaldate, ma
come
spiegarle le foto che lo ritraevano con Viola? Per quanto ne sapeva
lui, Viola
era sempre stata nella sua vita e questo era il motivo della sua
presenza in
tutti gli scatti attaccati alla parete e nelle cornici poggiate sugli
scaffali
della libreria.
Da
qualche parte Roberto doveva avere una loro foto a tre anni, ma nella
camera la
più vecchia risaliva alla prima elementare. Lui e la piccola
Viola si tenevano
per mano e sorridevano all’obiettivo, forse entusiasti
all’idea di fare
amicizia con altri bambini – chi poteva ricordare cosa
avessero effettivamente
pensato in quel momento? Roberto sapeva solo di essere stato fin da
subito
felice di trovarsi in classe con la sua migliore amica.
Accanto
a quella foto, incorniciata con un lavoretto fatto a scuola in
occasione del
Natale, ce n’era un’altra più nitida,
scattata da un fotografo professionista
il giorno della loro comunione; i capelli ribelli di Viola erano tenuti
fermi
da un’acconciatura che prevedeva diverse mollette ed entrambi
i bambini avevano
le mani sui fianchi, fieri di sé. Avevano fatto il
ricevimento insieme, proprio
come successivamente quello della cresima, e anche i regali erano stati
simili
– fatta eccezione per le collane e gli orecchini destinati a
Viola.
Le
foto alla parete ritraevano svariati momenti degli ultimi quindici
anni: Roberto
addormentato sulla pancia dell’amica durante il campo scout
in prima media –
erano stati iscritti un solo anno e mai, per un solo momento, avevano
rinunciato a stare insieme; i padri dei due ragazzi che li tenevano
sulle
spalle, al mare; Roberto e Viola intenti a spegnere le candeline dalla
torta la
sera della festa dei loro diciotto anni.
Viola
era una figura costante nella vita di Roberto, quelle foto lo
testimoniavano;
tuttavia, pensò lui, forse sarebbe stato ancor
più difficile giustificare a
Marta la presenza di Viola sul suo letto.
«“Eleonora non aveva mai avuto un debole
per
i ragazzi dolci: se c’era qualcosa che detestava, era il modo
in cui credevano
che tutto gli fosse dovuto, solo perché avevano
l’accortezza di rivolgere un
complimento o fare dei regali di tanto in tanto…”»
Roberto
spinse il tasto dell’accensione del condizionatore, poi tolse
dalle mani di
Viola il suo tablet.
«Ehi!»
si lamentò lei, rizzandosi a sedere.
«Non
ti ho ancora dato il permesso di leggerla» la
rimproverò Roberto con un sorriso
irrisorio sulle labbra.
Come
per magia, Viola era comparsa nella sua stanza per
l’ennesima volta. Doveva sentire caldo anche lei,
perché
indossava una camicetta a maniche corte aperta fino alla scollatura del
seno e
un paio di pantaloncini di jeans; la riccia chioma nera non era
però tenuta su
da mollette come nella foto della prima comunione, ma lasciata libera
di
solleticarle la nuca. Se davvero qualcuno credeva alla storia che
fossero
cugini, avrebbero detto che il differente tono della loro pelle fosse
dovuto a
una precoce abbronzatura della ragazza.
«Come
sei entrata?» le chiese dopo avere acceso anche lo stereo ed
essere salito sul
letto accanto a lei.
«Ho
le chiavi» gli spiegò Viola, facendo tintinnare il
mazzo di chiavi davanti al
suo viso.
«Queste
sono le mie chiavi, ecco
dov’erano
finite!»
«Beh,
tu ti ostini a non farmene una copia e ho dovuto procurarmela da
sola» si
giustificò, stringendosi nelle spalle. «Non mi
sembra male, come inizio.»
Indicò con un cenno del capo il tablet.
«Devo
cambiarlo: ho appena scoperto che a Marta non dispiacciono i tipi
dolci.»
«Oooh,
racconta!»
Roberto
si passò una mano tra i capelli, soddisfatto. «Che
devo dirti? Il piano sta
funzionando alla grande. Sai già che ieri l’ho
baciata…»
«Certo,
ti ho suggerito io di darti una mossa.»
«Ma
era mia intenzione farlo il prima possibile, quindi mi avevi solo letto
nel
pensiero. A ogni modo, oggi pomeriggio sono uscito con lei.»
La
sua espressione tronfia doveva rivelare tutto, perché Viola
sorrise
malignamente a sua volta. «E l’hai convinta a
frequentarvi.»
«Ho
dovuto fare il bravo ragazzo tutto il tempo, è stato
estenuante» si lamentò
Roberto, lasciando cadere la testa sul cuscino. «Davvero
estenuante. Ho dovuto
perfino fare un cosplay!»
«Ah,
già, idea della grassona.»
La
fulminò con lo sguardo. «Preferisco chiamarla
Stefania.»
«Sì,
come ti pare… Beh, che hai dovuto inventarti oggi?»
«Un’espressione
da cucciolo bastonato, la mancanza del coraggio necessario a guardarla
negli
occhi, roba così… Le ho pure portato dei regali
per farmi perdonare del “bacio
rubato”.»
Viola
rise. «Un mazzo di fiori?»
«Già,
tulipani rossi.»
«Ancora?»
«Sai
come sono le donne: basta darle una drammatica storia
d’amore, infilare qualche
cazzata qua e là e ci cascano sempre. Sono
prevedibili.»
«Non
siamo tutte così, non mi avresti conquistata con una
leggenda olandese e
quattro fiorellini.»
«Ho
evitato il “voi” apposta»
sogghignò Roberto. Rimase in silenzio qualche
secondo, poi ammise: «Le avevo preso anche un’altra
cosa che ho trovato su
internet.»
«Cioè?»
«L’edizione
limitata di Apocalypse Now.
Stefania
mi aveva detto che è il suo film preferito, ho dovuto
guardarmelo stamattina
per fingere che fosse anche il mio.»
«Uh,
ma allora ti piace davvero questa tipa!»
Si
tirò a sedere e riprese il tablet. «No, mi piace
la gloria che otterrò dalla
pubblicazione di questa storia.»
«Su
un sito.»
«Va
bene lo stesso come punto di partenza. Ho intenzione di non scrivere
scene
erotiche per almeno dieci capitoli, voglio provare a misurarmi con me
stesso»
«Un
bel cambiamento. E nella realtà?»
«Proverò
a cercare di non saltarle addosso, o al diavolo il piano.»
Diede una rapida
lettura ad alta voce al prologo, cercando l’approvazione di
Viola. «Che ne
pensi? Vorrei pubblicarlo stasera.»
«Mi
piace» disse lei, annuendo. «Però
dovresti inserire altri personaggi, sennò
rischia di essere il solito triangolo amoroso.»
«No,
non metterò in mezzo Stefania e Leonardo»
dichiarò Roberto con decisione.
Viola
alzò le spalle. «Era solo un’idea. E so
che ci rifletterai.»
Gli
tolse il tablet dalle mani e lo poggiò sul comodino, poi si
mise a cavalcioni
sopra il suo amico. «Quanto tempo abbiamo?»
Roberto
sogghignò di nuovo. «Almeno
mezz’ora.»
«Può
bastare.»
La
osservò sbottonarsi completamente la camicetta e gettarla
dietro di sé, tra i
mucchi di vestiti da lavare del ragazzo; dopo che si fu liberata anche
del
reggiseno, le circondò i seni con le mani e
lasciò che si piegasse in avanti
per baciarlo, mentre una mano cercava la lampo dei jeans.
Dopotutto,
pensò, non c’era bisogno di raccontare proprio
tutto nella storia che stava
scrivendo, no?
Il titolo
è una citazione da Sex and the City.
MATTEO:
- “Alle
scale piace cambiare”: citazione da Harry
Potter.
MARTA:
- “FANTASTIC!”:
citazione da Doctor Who.
ROBERTO:
- Tom
e Semir: personaggi di Squadra Speciale
Cobra 11. Io adoro SSC11.
SSC11 è bello. SSC11 è slash.
SPAZIO AUTRICE
Buondì
e buon post-Ferragosto a tutti!
Finalmente
avete fatto la conoscenza di Viola, che credo già molti di
voi amer- ehm, no,
forse non sarà così.
stato divertente
scrivere questo capitolo, specialmente il terzo POV (che aspettavo da
tempo di
scrivere!), però mi ero arenata sul secondo
perché – e lo sa che legge altre
mie storie – a me i ragazzi “dolci e
gentili” non fanno impazzire e non sapevo
come rendere Roberto interessante pur dolce agli occhi di Marta; a
proposito,
ho trovato le leggende e il significato dei tulipani girovagando su
internet,
purtroppo per me non si è trattato di una mia invenzione.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto, ci vediamo tra due settimane con
il
prossimo ^^
Grazie
a tutti!
Medusa